Specie aliene invasive: nei mari italiani è arrivata la Bavosa dalla bocca rossa

Bavosa dalla bocca rosaE’ stata avvistata nei mari italiani la Bavosa dalla bocca rossa (Ophioblennius atlanticus), un piccolo pesce tropicale, molto comune nelle isole oceaniche e facilmente osservabile nell’arcipelago delle isole Canarie.

La specie è stata individuata per la prima volta nel 2017 all’ingresso del porto di Lampedusa e va ad aggiungersi alla lista delle 42 specie ittiche aliene ormai presenti nei mari italiani o perchè introdotte dall’uomo (27) o perchè entrate naturalmente dallo stretto di Gibilterra (16).

La Bavosa dalla bocca rossa sembra essere arrivata tramite il trasporto navale, uno dei principali vettori nella diffusione di specie aliene negli ecosistemi marini.

Sulla rivista BioInvasion Records è pubblicato lo studio sul monitoraggio condotto da ricercatori ISPRA
insieme a tecnici dell’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie.

Eventuali avvistamenti o osservazioni possono essere inviate contattando i ricercatori all’indirizzo
alien@isprambiente.it oppure tramite il portale www.seawatchers.org o anche attraverso il gruppo
facebook Oddfish

Comunicato stampa ISPRA




Slowfish 2019: consumare le specie aliene per limitarne la diffusione

Banco di pesceA Slow Fish 2019, appena concluso  si è parlato anche di cambiamento climatico e specie aliene. Lo ha fatto Gabriele Volpato, dell’Università di Scienze Gastronomiche, presentando la complessa relazione tra pesca e cambiamenti climatici.

Al 2018 sono state calcolate 263 specie non indigene nelle acque italiane, di cui il 68% ha stabilito popolazioni stabili lungo le nostre coste.

Nel mar Mediterraneo le specie autoctone sono in sofferenza mentre specie invasive come il barracuda giallo prosperano, e cefalopodi e meduse rappresentano una percentuale crescente di biomassa. Spiega Volpato, «dobbiamo adattare le nostre abitudini di consumo a questa nuova realtà. Il mahi-mahi si trova regolarmente nel nord del Mediterraneo, e sarebbe saggio iniziare a mangiare questo, piuttosto che esercitare la nostra pressione sulle specie autoctone».

I dati ci dicono che «la bioinvasione nel Mediterraneo è in costante aumento e, per quanto riguarda le specie provenienti dal Mar Rosso, il cambiamento climatico ha avuto un effetto determinante, sia attraverso la modifica delle correnti, che hanno consentito l’arrivo di queste specie dai mari orientali, sia rendendo l’ambiente più favorevole a specie tropicali» aggiunge Franco Andaloro, esponente del Comitato scientifico di Slow Fish. «Quindi se da un lato si riducono le specie introdotte volontariamente dall’uomo con l’acquacoltura, dall’altro aumenta la migrazione di quelle che arrivano attraverso il canale di Suez. La conservazione dell’ambiente è essenziale in quanto si è evidenziato che le specie aliene sono meno presenti in ambienti sani e protetti».

Un tema analizzato all’interno del programma di Slow Fish, dove cuochi e pescatori si sono confrontati e hanno raccontato come stanno cercando di trasformare un problema in una risorsa. «È infatti importante un loro utilizzo alimentare per limitarne la diffusione», conclude Andaloro.

A cura della segreteria SIMeVeP




Vespa velutina già avvistata in Liguria: avviare monitoraggio

Vespa VelutinaLa rete StopVelutina segnala che la Vespa Velutina quest’anno è già stata avvistata in Italia: nei primi giorni di febbraio le regine sono state viste nel Ponente Ligure; nei giorni scorsi un nido primario è stato trovato a Bordighera, nei pressi di Imperia.

La Vespa Velutina, o calabrone asiatico, è una specie esotica invasiva originaria dell’Asia sud-orientale (Cina del sud, India del nord, penisola indocinese, arcipelago indonesiano) che si sta diffondendo in Europa dal 2004 e in Italia dal 2012. Penetrata in Liguria dal confine francese, è presente nel nord Italia e dal 2017 in Toscana.

E’ predatrice di api e in grado di provocare ingenti danni all’apicoltura e alla biodiversità: oltre a cacciare direttamente le api all’ingresso dell’arnia, impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire.

Quest’anno il suo arrivo è molto precoce, come ha speigato Laura Bortolotti del Centro Agricoltura e Ambiente del CREA, coordinatrice nazionale di StopVelutina “Di solito vediamo le regine volare a marzo o addirittura aprile, quando hanno già costruito i nidi primari. Il fatto che caccino già a inizio febbraio è veramente insolito”.

La rete invita quindi avviare il monitoraggio attivo in tutte le regioni colpite a rischio (Liguria, Piemonte, Toscana, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), ed eventualmente a posizionare trappole anti-vespa negli alveari per prevenire la diffusione delle regine e la loro capacità di fondare nuove colonie, ma per periodi brevi perché impattano anche sugli insetti dei nostri ecosistemi.

A cura della segreteria SIMeVeP




Annuario dati ambientali ISPRA: quasi 3.200 specie aliene minacciano biodiversità in Italia

Spreco alimentareBiodiversità, Clima, Inquinamento atmosferico, Qualità delle acque interne, Mare e ambiente costiero, Suolo, Rifiuti, Agenti fisici sono solo alcuni dei temi trattati nell’edizione 2018 dell’Annuario dei dati ambientali ISPRA, la pubblicazione scientifica di dati statistici e informazioni sull’ambiente realizzata dall’Istituto in stretta collaborazione con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).

La fauna in Italia conta oltre 60.000 entità. Volendo fare un confronto con l’Europa tra gli insetti, gli Ortotteri (grilli e cavallette) sono circa il triplo di quelli della Polonia, il decuplo della Gran Bretagna e della Norvegia e oltre 150 volte quelli dell’Islanda e il numero di specie dei Lepidotteri (farfalle) è più del doppio di quello della Gran Bretagna.

Resta alto il livello di minaccia: 120 specie di vertebrati terrestri sono minacciate per la perdita e la degradazione di habitat; sono 3.182 specie alloctone introdotte in Italia e potenzialmente invasive; tra i vertebrati, sono minacciati gli anfibi (36%) e i pesci ossei di acqua dolce (48%). Particolarmente minacciate il 42% delle 202 specie tutelate dalla Direttiva Habitat.

L’annuario misura anche la consistenza zootecnica nazionale delle principali specie allevate: rispetto al 2016, per la specie bovina continua il trend crescente, sebbene in misura più contenuta rispetto a quello registrato nel 2015. In crescita anche la specie bufalina con un incremento del 4,1%. Per la specie suina si osserva un leggero incremento (+1,1%) rispetto alla flessione registrata nel 2016. In leggera flessione la consistenza del patrimonio ovino, mentre la specie, caprina alla fine del 2017 risulta in netto arretramento (probabilmente dovuto alle restrizioni sui pascoli). Anche per gli equidi si registra una diminuzione del patrimonio complessivo con variazioni rilevanti nella  composizione tra le specie, con una notevole diminuzione dei cavalli a favore della componente asinina e degli ibridi (muli e bardotti) che, rispetto all’inizio del decennio, risultano aver quasi raddoppiato la loro consistenza

Dall’indagine campionaria condotta dall’ISTAT presso le aziende agricole che praticano allevamento,
emerge che in Italia, nel 2017 gli animali allevati sono oltre 9 milioni di bovini, 8,5 milioni di suini, 7,2
milioni di ovini e quasi 1 milione di caprini.

Per quanto riguara le tipologie dei capi allevati con metodo biologico in Italia il pollame (2.903.532 capi) e gli ovini (736.502 capi) sono le tipologie zootecniche maggiormente presenti nelle azienda biologiche.

Capitolo agricoltura

Capitolo pesca e acquacoltura

A cura della segreteria SIMeVeP

 

 




La velutina è alle porte: allerta in Liguria e Toscana

Un esemplare di calabrone asiatico è stato trovato oggi in un apiario di Ameglia in Liguria, alla bocca del fiume Magra. Siamo solo a qualche chilometro dal confine con la Toscana. La segnalazione è arrivata al polo toscano di StopVelutina con due messaggi contemporanei all’Università di Firenze e a quella di Pisa. Che chiedono al mondo dell’apicoltura toscana di tenere alto il livello di guardia.

La velutina di Ameglia (SP) si trovava in un apiario. L’apicoltore, Paolo Bardine, l’ha vista mentre stava lottando con un calabrone europeo (Vespa crabro). Il punto di avvistamento è quello più vicino alla Toscana avvenuto nel 2018.

StopVelutina chiede a tutti gli apicoltori della Toscana di controllare attentamente i propri apiari in modo da trovare per tempo nuove infiltrazioni del calabrone asiatico nella regione.

Già nell’agosto 2017 la velutina era stata trovata a La Spezia, allertando i tanti apicoltori liguri e toscani dell’area. Ora, a un anno di distanza, le velutine sono tornate. Troppe, per non far pensare all’esistenza di più nidi nella zona.

Le prime velutine del 2018 in questa zona sono cadute nelle trappole della rete di monitoraggio a fine maggio, alzando immediatamente il livello di allarme. Poi gli apicoltori hanno cominciato a vedersele volare davanti agli alveari. La prima cattura è avvenuta il 19 agosto nel piccolo abitato di Pomara (SP). Poi, da quella data i luoghi in cui sono state avvistate le velutine sono diventati 9, molto distanziati (vedi mappa: le icone viola si riferiscono agli avvistamenti 2018, quelle azzurre al 2017).

Se questi dati da un lato testimoniano la straordinaria attenzione che il locale mondo dell’apicoltura – rappresentato dalle associazioni Toscana Miele APA, Apiliguria e ALPA Miele – sta dando alla diffusione del calabrone asiatico, dall’altro la situazione non può che preoccupare. Una così alta presenza di individui adulti di velutina non può essere semplicemente attribuita ad un trasporto passivo dell’insetto. Si tratta piuttosto di una presenza di più nidi nella zona. Le squadre e i mezzi del progetto Life STOPVESPA e la rete StopVelutina stanno valutando in queste ore come intervenire.

Fonte: stopvelutina.it




Farina di Gambero rosso della Louisiana nei mangimi per acquacoltura

gambero rosso della LouisianaSono stati presentati i risultati relativi al primo anno di attività del progetto SUSHIN, “SUstainable fiSH feeds INnovative ingredients”, che ha visto impegnati i ricercatori del Centro di Zootecnia e Acquacoltura del Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria (CREA), in collaborazione con l’Ente Parco Nazionale del Circeo e il Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Fogliano, nel contenimento del Gambero rosso della Louisiana, una specie aliena invasiva presente in alcune aree del Parco, come le zone umide di Caprolace, Fogliano e Monaci.

Tale attività sperimentale, volta allo studio di potenziali ingredienti innovativi e sostenibili in acquacoltura, ha permesso la cattura di oltre 23.000 gamberi, limitando l’espansione di questa specie dannosa nel Parco.

Il progetto SUSHIN, infatti, ha come principale obiettivo quello di implementare soluzioni mangimistiche innovative per gli allevamenti di pesce italiani, salvaguardando la qualità e la sicurezza alimentare del prodotto ittico. Per far questo intende reperire e testare nuove materie prime per la formulazione di mangimi da acquacoltura che rispondano anche a esigenze di sostenibilità ambientale. In questo anno di attività, i ricercatori del Crea hanno sperimentato, insieme ad altre materie prime sottoutilizzate, una farina ottenuta da questo crostaceo. Tale farina ottenuta dal Gambero rosso della Louisiana è stata identificata come uno dei possibili ingredienti per i mangimi da acquacoltura da testare su specie allevate quali orata e trota iridea.

Siamo soddisfatti per i risultati raggiunti in questo anno di attività, è stato fatto un importante passo avanti in ambito di agricoltura biologica e sostenibilità ambientale, proprio perché trasformano questa seria minaccia per la biodiversità del Parco in mangime negli allevamenti di pesce certificati bio – dichiara il direttore dell’Ente Parco Paolo Cassola – E’ solo l’inizio di un duro e importante lavoro per salvaguardare il patrimonio naturalistico dell’area protetta e non solo“.

Fonte: Progetto Ager




149 le specie aliene più dannose presenti in Europa, molte in Italia

Un recente studio sulle specie aliene invasive in Europa identifica ben 149 specie aliene ad elevato impatto ambientale e socioeconomico.
L’elenco dei “peggiori invasori” segnala 54 piante, 49 invertebrati, 40 vertebrati e 6 funghi, tra cui alcune specie molto diffuse nel nostro Paese: dal gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), all’acaro (Varroa destructor) responsabile di danni gravissimi alle api, dal giacinto d’acqua (Eichhorniacrassipes) al kudzu (Pueraria lobata) che minaccia il paesaggio del Lago Maggiore, fino a diversi tipi di fiore molto diffusi in giardini e balconi come la Lantana camarao ai ratti (Rattus norvegicus) e ai topi muschiati (Ondrata zibethicus).
Nell’elenco, elaborato con un metodo scientifico di misurazione dell’impatto generato dalla specie invasiva e dei costi economici e sociali che ne conseguono, compaiono 64 specie che non apparivano invece in altri elenchi di specie aliene invasive particolarmente dannose (DAISIE – 100, ISSG – 100, EU 2017), tra le quali , ad esempio la Varroa destructor (rank 8 sulla lista dello studio), un ectoparassita
asiatico delle api responsabile del declino globale dell’impollinatore; l’Hymenoscyphus pseudoalbidus
(rank 18), il fungo respo nsabile della morte degli aceri e dei cambiamenti nella composizione forestale con relativa perdita di diversità; il Carassius auratus (rank 20), il pesce rosso cinese, che causa il declino
degli anfibi autoctoni e l’oomicete Phytophthora plurivora (rank 26), responsabile del decadimento di numerose specie arboree tra cui faggio e quercia.
Gli studi sugli impatti delle specie aliene invasive e le liste di specie a maggiore impatto sono strumenti molto utili per aumentare la consapevolezza dei rischi e degli impatti delle invasioni biologiche nell’opinione pubblica e anche per definire le priorità di azione, ma in molti casi le liste elaborate in passato erano realizzate sulla base di opinioni di esperti e avevano il limite di non essere confrontabili tra loro”, ha dichiarato Piero Genovesi, ricercatore Ispra e Project manager del Life ASAP, il progettoper la riduzione del tasso di introduzione di specie aliene invasive e il contenimento degli impatti sul territorio italiano: “Questa nuova lista è basata su un metodo rigoroso di calcolo degli impatti replicabile e valido per tutte le specie e tutti gli ambienti,e che considera non solo gli impatti sulla biodiversità ma anche le conseguenze socio economiche delle invasioni biologiche“.
La lista pubblicata in questo studio rappresenta un utile contributo sia per accrescere la conoscenza delle più pericolose specie aliene in Europa sia per permettere lo sviluppo di più efficaci politiche di risposta”.
L’ indagine sulle “peggiori specie aliene in Europa”, realizzata da un gruppo di studiosi provenienti da diverse università internazionali, è realizzata attraverso una valutazione semi quantitativa tra
taxa e habitat, con una procedura trasparente e riproducibile, fondamentale per garantire l’obiettività del la lista risultante. Inoltre, l’ampia base di specie analizzate (486) fornisce una base particolarmente ampia e robusta di indagine .
Altra novità importante di questo studio risiede nel valutare non solo gli effetti delle invasioni biologiche sulla biodiversità, come ad esempio una diminuzione delle specie autoctone o le alterazioni degli habitat cui possono seguire modifiche importanti per l’ecosistema, ma anche le conseguenze sulle attività  dell’uomo (sulla produzione agricola, la silvicoltura e l’acquacoltura o la pesca), nonché le minacce al benessere umano sul piano sanitario e infrastrutturale.
Va comunque ricordato che l’impatto delle specie aliene può cambiare nel tempo ed è quindi essenziale monitorare attentamente il fenomeno, aggiornando periodicamente la lista.
Per lo studio e la lista completa: Nentwig, W., Bacher, S., Kumschick, S. et al. Biological
Invasions (2018) 20: 1611.

Fonte: Life Asap




Vespa bicolor, un nuovo imenottero introdotto in Ue

Vespa bicolorIl sito del progetto www.vespavelutina.eu segnala la presenza ormai stabile in Ue di una nuova specie di calabrone,  Vespa bicolor, una specie aliena introdotta accidentalmente nella provincia di Malaga, nel sud della Spagna, normalmente diffusa nelsud-est asiatico.

Secondo lo studio citato “Una nueva introducción accidental en el género Vespa Linnaeus, 1758:
Vespa bicolor Fabricius, 1787 en la provincia de Málaga (España)” Vespa bicolor
è stata osservata per la prima volta negli ultimi mesi del 2013 a Coín (Málaga). Nel 2017 il calabrone è stati più volte avvistato a Alhaurín el Grande, nella stessa provincia. La presenza di Vespa bicolor sul territorio di Málaga è stata costante e confermata da nuovi avvistamenti a Coín nel 2017 e nel 2018 e in due punti distanti del vicino comune di Mijas nel 2018 e nel 2019. La conferma che il calabrone si stia riproducendo a Málaga arriva da due immagini del 2019, che mostrano un nido attivo e esemplari recenti.

vespavelutina.eu sottolinea l’importanza di monitorare l’ambiente, in modo da individuare precocemente eventuali specie invasive e poter intervenire prima che queste si diffondano in modo incontrollabile nei territori circostanti.

Date le scarse informazioni disponibili, conclude la ricerca, non è possibile stimare le implicazioni di questa nuova introduzione; molto dipenderà dal tipo di interazione con le specie autoctone: se si integrerà con un impatto minimo, o, al contrario, agirà come specie invasiva.

A cura della segreteria SIMeVeP




La radio-telemetria per individuare i nidi delle vespe velutine

L’individuazione e la  distruzione dei nidi delle vespe velutine sono importantissimi per frenare la diffusione di questo pericoloso insetto alieno, finora però l’utilizzo di droni e radar non aveva dato esiti soddisfacenti poichè i nidi si nascondono su alberi alti e frondosi oppure su cornicioni posizionati anche a 20 metri di altezza, e sono quindi estremamente difficili da vedere.

Recentemente un team di scienziati franco-inglese ha testato la radio telemetria e la tecnica si è rivelata molto promettente: tramite l’istallazione di un trasponder sul corpo dell’insetto, l’animale diventa tracciabile.

I risultati, pubblicati su Communications biology, una rivista di Nature, riaccendono le speranze di poter trovare i nidi in maniera facile ed efficiente.

Leggi l’articolo integrale




Giornata mondiale della biodiversità

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla perdita di biodiversità, il 22 maggio di ogni anno le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale della Biodiversità, per ricordare l’entrata in vigore della Convenzione per la Diversità Biologica (CDB), avvenuta il 22 maggio 1993. Il venticinquesimo anniversario è un’occasione per celebrare i risultati della Convenzione, comunicare al mondo l’importanza della biodiversità e stimolare e promuovere ulteriori sforzi finalizzati al raggiungimento del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020 e gli impegni connessi, compresi gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nell’ambito di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Cambiamento climatico, specie aliene invasive e distruzione di habitat rappresentano le principali minacce alla perdita di natura e biodiversità.

L’attuale ritmo di estinzione delle specie animali e vegetali è considerato da 100 a 1.000 volte superiore a quello registrato in epoca pre-umana. Gli scienziati ritengono che siamo di fronte alla sesta estinzione di massa, questa volta per cause antropiche, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri, 65 milioni di anni fa. Dal 1500 a oggi, le specie estinte documentate sono 765, di cui 79 mammiferi, 145 uccelli, 36 anfibi. Attualmente le estinzioni procedono al ritmo di un numero compreso tra 10 e 690 specie per settimana.

Di tutte le estinzioni, il 75% è stato causato da un eccessivo sfruttamento delle specie (caccia, pesca, commercio illegale di piante e animali), dalla distruzione degli habitat per infrastrutture o per avere nuovi campi per l’agricoltura, dall’agricoltura intensiva. Altre cause sono l’inquinamento e l’introduzione di specie aliene invasive. Gli scienziati dicono che il cambiamento climatico aumenterà i suoi effetti negativi sulla biodiversità ma già adesso si contano estinzioni legate al caos climatico, soprattutto tra gli anfibi.

Non è solo l’estinzione (ossia la scomparsa dell’ultimo individuo di un gruppo che per definizione è raro) delle specie che preoccupa la comunità scientifica, ma la diminuzione del numero totale di animali. Negli ultimi 25 anni le popolazioni degli animali selvatici si sono dimezzate. Secondo la “lista rossa” dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), sono minacciati di estinzione 1.199 Mammiferi (il 26% delle specie descritte), 1957 Anfibi (41%), 1.373 Uccelli (13%) e 993 Insetti (0,5%).

Anche la ricchezza della biodiversità italiana è seriamente minacciata e rischia di essere irrimediabilmente perduta, a causa della distruzione degli habitat e della loro frammentazione e degrado, l’invasione di specie aliene invasive, le attività agricole, gli incendi, il bracconaggio, i cambiamenti climatici. Dai dati dell’Annuario dei dati ambientali ISPRA emerge che – per quanto riguarda il grado di minaccia delle 672 specie di Vertebrati valutate nella recente “Lista Rossa IUCN dei Vertebrati Italiani” (576 terrestri e 96 marine) – 6 sono estinte nel territorio nazionale in tempi recenti: due pesci, lo storione comune e quello ladano; tre uccelli: la gru, la quaglia tridattila, il gobbo rugginoso; e un mammifero, il pipistrello rinolofo di Blasius.

Le specie minacciate di estinzione sono 161 (138 terrestri e 23 marine), pari al 28% delle specie valutate. Considerando che per il 12% delle specie i dati disponibili non sono sufficienti a valutare il rischio di estinzione e assumendo che il 28% di queste sia minacciato, si stima che complessivamente circa il 31% dei Vertebrati italiani sia minacciato. Il 50% circa delle specie di Vertebrati italiani non è a rischio di estinzione imminente.

L’analisi dei principali settori produttivi indica che i fattori legati all’agricoltura incidono per il 70 percento negli scenari di perdita di biodiversità terrestre. Affrontare le tendenze e gli scenari nei sistemi alimentari globali è quindi cruciale nel determinare se i piani strategici per la biodiversità 2011-2020 e post 2020 potranno avere successo. Le soluzioni per raggiungere sistemi agro-alimentari sostenibili includono aumenti ‘sostenibili’ di produttività, attraverso il ‘restauro’ dei servizi ecosistemici nelle aree agricole, la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari e il cambiamento dei nostri modelli di acquisto e consumo di cibo, fibre, cosmetici e altri prodotti non alimentari di origine agricola.

Comunicato stampa ISPRA integrale

Infografica