Carne coltivata e la mobilitazione della Coldiretti: l’appello di scienziati ed esperti
La carne coltivata è una tecnologia già in uso in altre parti del mondo, come risposta all’impatto ambientale e agli interrogativi etici degli allevamenti intensivi ed i cui rischi, non superiori a quelli di alimenti convenzionali, vengono attentamente valutati dall’EFSA in accordo alle line guida dell’Unione Europea.
Coldiretti, una delle più importanti associazioni italiane di agricoltori con le sue posizioni contrarie alla carne coltivata (erroneamente definita sintetica), ritenuta dalla stessa un rischio per l’identità alimentare nazionale, posiziona gli agricoltori contro l’innovazione alimentare creando una falsa divisione. Diversamente lungi dal considerare la carne coltivata una minaccia, gli agricoltori possono vederla come un’opportunità per l’acquisizione di un modello di business complementare e non sostitutivo della produzione convenzionale ed essere i pionieri di questa tecnologia come di altre che hanno scandito il processo di innovazione ed il progresso del mondo agricolo nel corso della storia.
L’associazione, forte promotrice della Legge n. 172/2023 che stabilisce il divieto in Italia di produzione e immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari, puntando su un strategia di comunicazione emotiva e su una serie di dichiarazioni antiscientifiche, ha organizzato 19 Marzo una manifestazione nazionale a Parma, città con il ruolo critico di hub dell’alimentare e sede dell’EFSA, collegata alla campagna ‘Facciamo Luce’. Nel corteo, a cui hanno partecipato 20.000 associati, spiccavano cartelli riportanti slogan come ‘cibo dalle campagne non dai laboratori, ‘più ricerca medica’, ‘i cittadini europei non sono cavie’. Tra i motivi della protesta, apparentemente europeista e vicina ad un intento di protezionismo economico rivendicazioni molteplici tra cui meno burocrazia e più risorse e la richiesta di regolamentare la carne coltivata anche attraverso dei trial clinici e pre-clinici utilizzati nell’iter di sperimentazione e approvazione dei farmaci. Per quest’ultimo aspetto l’associazione ha trovato sponda sia in un documento del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura e Pesca sottoscritto a Gennaio 2024 da diversi paesi, tra cui il nostro, dal titolo ‘The CAP’s role on safeguarding high quality and primary farm-based production’, in cui si accenna alla necessità di regolamentare la carne coltivata come un farmaco, sia nel parere elaborato da un Tavolo tecnico interministeriale del Ministeri della Salute ed Agricoltura alla Guida EFSA sui Novel Food. I tecnici chiedono all’EFSA ulteriori approfondimenti sulla materia e l’introduzione dell’obbligatorietà dei trials clinici e pre-clinici per autorizzare la carne coltivata come un farmaco, ma non forniscono dettagli sui metodi adottati e i riferimenti scientifici e lasciano aperte le domande sulle ragioni che hanno portato a questa conclusione. Inoltre, come denunciato in una recente interrogazione parlamentare ai ministri della Salute e dell’Agricoltura, l‘appartenenza di alcuni tecnici del Tavolo tecnico al comitato scientifico di Aletheia, un think tank istituito proprio da Coldiretti, solleva un potenziale conflitto di interessi con dubbi legittimi sulla qualità dei pareri scientifici proposti dal tavolo ed utilizzati da Coldiretti per giustificare le iniziative contro la carne coltivata. Non meno rilevante il fatto che il coordinatore del tavolo sia anche il presidente di Aletheia. La richiesta della Coldiretti, che appare scarna di argomenti scientifici, al di là della constatazione della mancata conoscenza dell’impatto sulla salute della carne coltivata, lancia un segnale di delegittimazione del lavoro scientifico dell’EFSA, incaricata dalla Commissione Europea di valutare, sulla base di dati scientifici solidi i rischi non solo per gli alimenti, ma anche per gli animali e mangimi, nel rispetto dei principi della trasparenza e indipendenza, ulteriormente rafforzati dal Regolamento (UE) 2019/1381 sulla trasparenza e sostenibilità dell’analisi del rischio nella filiera alimentare dell’Unione europea. E’ utile richiamare la procedura di autorizzazione della carne coltivata – cosi come di altri Novel food- che si compone di due fasi: valutazione del rischio e gestione del rischio. Con la prima l’EFSA analizza le proprietà nutrizionali, tossicologiche e allergeniche del nuovo alimento e del suo processo di produzione e fornisce alla Commissione europea il parere scientifico sulla sicurezza del prodotto. Se questo parere è favorevole, ed entriamo nella fase di gestione del rischio, la Commissione redige un atto di esecuzione e lo sottopone al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, composto da rappresentanti della Commissione e dei 27 Stati membri dell’UE. Questa ulteriore consultazione consente di valutare anche aspetti economici, di benessere animale, impatto sociale e/o di altro tipo.
Il dibattito sulla carne coltivata si è dunque arricchito di un altro elemento di confusione con la sua assimilazione tout court ai farmaci che seguono iter autorizzativi distinti e con finalità diverse: un farmaco può essere autorizzato anche in presenza di effetti collaterali noti, mentre l’EFSA può approvare un alimento solo se non presenta rischi per la salute. E’ evidente come questa impostazione implicherebbe la revisione del quadro regolatorio attualmente applicabile (UE Novel Food Regulation) integrando ier ed elementi tipici della normativa farmaceutica e il trasferimento del mandato autorizzativo all’EMA (Agenzia Europea dei farmaci) che non dispone delle competenze per la valutazione della sicurezza degli alimenti. A margine della manifestazione di Parma, Coldiretti ha incontrato i vertici EFSA al fine di chiarire le preoccupazioni e le istanze sollevate circa l’approccio di valutazione del rischio. Nel comunicato stampa EFSA, rilasciato al termine dell’incontro, viene sottolineato come i gruppi di esperti incaricati ‘effettueranno valutazioni approfondite, caso per caso, per ciascun prodotto e potranno utilizzare ogni livello di studio richiesto (inclusi test preclinici e clinici) per determinarne la sicurezza’. Questa dichiarazione è stata erroneamente interpretata dalla Coldiretti come un accoglimento della richiesta di utilizzare tali studi per la regolamentazione della carne coltivata. Occorre però fare chiarezza su questo punto.
Gli studi di intervento sull’uomo (ovvero gli studi clinici) sono applicati con successo in campo medico per I prodotti farmaceutici con dosaggi ben controllati e i cui effetti collaterali sono relativamente facili da monitorare. Riesce difficile immaginare come gli stessi studi possano essere condotti su prodotti coltivati per monitorare i potenziali effetti avversi sulla salute derivanti dal consumo a lungo termine. E’ come se gli hamburger di vitello coltivato dovessero seguire lo stesso processo autorizzativo di un farmaco destinato al trattamento di malattie gravi, e prima dell’approvazione venisse richiesto uno studio clinico. L’EFSA ha già richiesto test aggiuntivi, inclusi gli studi di intervento sull’uomo (ovvero gli studi clinici) per alcuni dei 125 nuovi alimenti autorizzati dal 2000. Ma si può presumere che la richiesta di studi preclinici e clinici citati nella dichiarazione dell’EFSA sia generici e, comprensibilmente riferita (ove richiesto) a input, ingredienti o componenti che entrano nel processo di produzione della carne coltivata, ma non al prodotto finito. Gli studi clinici sulla popolazione sono assimilabili al monitoraggio post-commercializzazione che potrebbe essere utilizzato per confermare che il prodotto sia quello previsto nella valutazione pre-commercializzazione e limitati a palatabilità palatabilità, digeribilità, intolleranze e allergie o per alimenti speciali in cui è necessario indagare potenziali effetti nutrizionali negativi o esiti sanitari avversi su popolazioni specifiche (ad esempio, neonati, donne in gravidanza e pazienti ad alto rischio di malattie). Per la carne coltivata rimane comunque giustificata l’identificazione preventiva di potenziali pericoli (es. fattori di crescita) e il tracciamento di effetti avversi correlati. Pertanto per valutare la sicurezza del prodotto finale (che include carne e frutti di mare coltivati come ingredienti, additivi o alimenti interi) l’EFSA analizza i risultati di test svolti dalle ditte, e documentati nei dossier allegati alle richieste di autorizzazione dei prodotti notificati, su ingredienti, nuove proteine, contaminanti, prodotti di degradazione, metaboliti o residui presenti nel prodotto finito. Queste valutazioni a seconda del tipo di nuovo alimento possono includere test di tossicità standard, conformi ai criteri specifici per un determinato ingrediente, in accordo al Codex Alimentarius e se necessari test di sicurezza in vitro ed in vivo. I primi possono essere utilizzati per lo screening e l’identificazione di potenziali pericoli e talvolta per calibrare la dose per i successivi test sugli animali.
In conclusione la carne coltivata non necessita di sperimentazioni cliniche, perché non è un farmaco. Questa non è né una scappatoia né una svista, ma piuttosto lo stesso principio che regola gli integratori alimentari, i prodotti omeopatici e i cosmetici. Sulla mobilitazione della Coldiretti, c’è stato un recente appello di scienziati ed esperti , impegnati nello studio della carne coltivata in Italia e in Europa, i quali, alla luce della letteratura scientifica esistente e delle ricerche condotte nel settore, confermano la solidità del Regolamento UE 2015/2283 sui Novel Food, ritenuto tra i più rigorosi al mondo dal punto di vista delle garanzie per la salute dei consumatori, e l’assenza di una base scientifica nella richiesta di studi clinici e preclinici. Gli stessi ricercatori hanno poi chiesto ai Ministri della Salute e dell’Agricoltura la possibilità di partecipare ad un confronto più inclusivo, al fine di assicurare pluralismo, trasparenza e aggiornamento costante del dibattito scientifico e far sì che le decisioni istituzionali siano supportate da solide evidenze scientifiche, a tutela della popolazione. Disponibilità poi accordata da parte dei Ministeri di Salute e Agricoltura ad ampliare il tavolo tecnico sulla carne coltivata includendo la comunità scientifica nazionale di settore. Alessandro Bertero, Professore di Biotecnologie presso l’Università di Torino, tra i firmatari della lettera, ha dichiarato: “Come gruppo di esperti impegnati nel settore, accogliamo positivamente la dichiarata volontà di ampliare il confronto e speriamo che si possa presto creare questa opportunità di confronto scientifico costruttivo con le istituzioni”. Ad oggi però, i ventisei esperti e ricercatori italiani non hanno ancora ricevuto risposta.
Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP