PFAS nel 99% delle acque minerali e del rubinetto: contaminati anche i pesci

Gli PFAS (Sostanze perfluoro alchiliche), cioè le migliaia di sostanze impermeabilizzanti utilizzate per innumerevoli prodotti, sono presenti quasi in tutte le acque potabili del pianeta, e si ritrovano anche nei pesci, e non solo in quelli che vivono nelle immediate vicinanze di scarichi che ne contengono elevate quantità. Si arricchisce di due nuovi tasselli lo studio della diffusione dei “contaminanti perenni”: due nuove ricerche che confermano quanto la contaminazione sia ormai ubiquitaria, e perché sia urgente adottare provvedimenti.

 Acque di tutto il mondo unite

Il primo studio riguarda le acque potabili, sia del rubinetto che in bottiglia, naturali o gassate, ed è stato condotto da un team sino-inglese, composto da ricercatori delle università di Birmingham, nel Regno Unito e di Shenzhen, in Cina, che hanno poi pubblicato i risultati su ACS Environmental Science & Technology – Water.

Gli autori hanno analizzato campioni provenienti da 15 Paesi dei diversi tipi di acque, alla ricerca di dieci tra gli PFAS più comuni. Nello specifico, hanno verificato le acque di 41 acquedotti inglesi e 14 cinesi, e 112 campioni di bottiglie di acque minerali in vetro e in plastica, naturale (89) o gassata (23), di 87 marchi, provenienti da 15 Paesi di Asia, Europa, Nord America e Oceania. Hanno così scoperto che l’acido perfluoroottanoico e il perfluoro-ottan-sulfonate (PFOS) sono presenti nel 99% delle acque, e che gli altri PFAS lo sono in percentuali variabili tra il 63 e il 97%: dati che, da soli spiegano quanto grave sia la situazione.

 Le acque minerali sono più contaminate rispetto a quelle filtrate di acquedotto, mentre non emergono differenze significative tra quelle in bottiglia di plastica o di vetro, né tra quelle naturali o gassate. Com’era prevedibile, inoltre, le acque cinesi hanno in media una concentrazione di PFAS molto più elevata di quelle inglesi, e pari, in media, a 9,2 nanogrammi per litro (ng/l) contro i 2,7 ng/l britanniche.
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Fonte: ilfattoalimentare.it