Zoonosi, il white paper della quadripartita
Della quadripartita (FAO, OMS, WOAH e UNEP) si parla spesso, specialmente in chiave One Health. L’impegno delle quattro organizzazioni, con il supporto del loro organo consultivo OHHLEP, ha di recente portato alla pubblicazione di un White Paper dedicato alle zoonosi e all’impegno che ogni Paese dovrebbe assumersi in forma condivisa, in nome di un benessere generale.
Il documento sostiene la necessità di ridurre il rischio di malattie zoonotiche partendo dalla fonte e adottando migliori misure di prevenzione e un approccio più efficiente. Non basta attivarsi, insomma, come si è fatto fino ad oggi, dopo che un patogeno ha già fatto il salto dagli animali all’uomo (descritto come un evento di spillover), consentendo il riemergere di una data malattia o l’emergere di nuove. Serve piuttosto distinguere le attività di contenimento dei focolai da quelle mirate alla prevenzione delle ricadute.
Per questo ‘OHHLEP propone la seguente definizione: “Prevenire la diffusione dei patogeni dagli animali agli esseri umani significa spostare il paradigma del controllo delle malattie infettive da reattivo a proattivo (prevenzione primaria). La prevenzione include l’affrontare i driver dell’emergenza della malattia, vale a dire i fattori e le attività ecologici, meteorologici e antropogenici che aumentano il rischio di spillover, al fine di ridurre il rischio di infezione umana. Tra le altre azioni, occorre puntare con forza sulla biosorveglianza negli ospiti naturali, nelle persone e nell’ambiente, comprendendo le dinamiche di infezione dei patogeni e attuando attività di intervento”.
Un’impostazione proattiva richiede approcci diversi, che tengano conto dei cambiamenti del suolo legati allo sviluppo delle infrastrutture, dell’industria o all’espansione agricola. E poi si devono prendere in considerazione anche fattori generali come il cambiamento climatico, la povertà e le disuguaglianze socioeconomiche e le pratiche di base per la salute animale e umana e il benessere degli animali.
E l’impatto economico di questo approccio?
Non può essere un deterrente. Anzi, il documento dimostra che la prevenzione intelligente costerebbe ben meno degli interventi ex post. I costi di prevenzione variano da circa 10 miliardi di dollari a 31 miliardi di dollari all’anno a livello globale, mentre la risposta alle recenti crisi di malattie infettive come le epidemie di Ebola e Mpox costa più tempo e denaro di quanto sarebbe necessario per avviare approcci di prevenzione. Basti pensare, per esempio, che le perdite economiche previste dalla pandemia di COVID-19 sono stimate in quasi 14 trilioni di dollari fino al 2024. L’OHHLEP sottolinea che l’approccio One Health non solo aiuterebbe a prevenire nuove epidemie e pandemie, ma fornirebbe anche significativi benefici economici, sociali e ambientali come la riduzione delle emissioni di gas serra.
Fonte: Vet33.it