L’epidemiologia veterinaria si fa (anche) coi dati ambientali
All’origine dell’epidemia di peste del 1347, che dall’Asia centrale dilagò in tutta Europa decimando almeno un terzo della popolazione, ci furono probabilmente condizioni climatiche particolarmente favorevoli di caldo e umidità. L’interdipendenza fra clima, ambiente e salute però non era ancora chiara; d’altronde i medici di allora non furono nemmeno in grado di capire che la trasmissione del patogeno era causata dalle pulci, propendendo piuttosto per la punizione divina.
Dati ambientali come temperatura, quantità di precipitazioni o presenza di vegetazione possono contribuire a comprendere i meccanismi di diffusione di alcune malattie di interesse veterinario.
Oggi la disponibilità di dati ambientali come temperatura, quantità di precipitazioni o presenza di vegetazione può contribuire a comprendere i meccanismi di diffusione di alcune malattie di interesse veterinario. Nell’epoca dei big data e della sanità 4.0, dove la capacità di decodificare fenomeni complessi richiede approcci nuovi e interdisciplinari, anche lo studio di minime variazioni di una variabile ambientale può aiutare a spiegare effetti su vasta scala.
È questa l’idea alla base di EVE (Environmental data for Veterinary Epidemiology), il sistema unico semiautomatizzato sviluppato dai ricercatori del Laboratorio GIS dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in grado di trasformare dati numerici in informazioni utili, ad esempio, nella lotta contro le zoonosi. Il sistema al momento è applicato allo studio epidemiologico di West Nile Virus e influenza aviaria.
I cambiamenti climatici osservabili a diverse scale spaziali e storico/temporali sono valutabili anche attraverso le variazioni di parametri ambientali come appunto temperatura, precipitazioni, vegetazione, umidità, salinità dei mari, fino addirittura alla durata della luce diurna. Dal punto di vista epidemiologico, queste variazioni possono influire sulle dinamiche di diffusione di malattie in aree precedentemente non affette, o interferire nella programmazione di attività legate al loro controllo e prevenzione delle zoonosi.