Chernobyl, il latte è ancora altamente contaminato
Lo rileva una ricerca condotta da Greenpeace Research Laboratories presso l’Università di Exeter e lo Ukrainian Institute of Agricultural Radiology i cui risultati sono stati pubblicati su Environmental International: ad oltre 30 anni di distanza dal disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986, il latte risulta ancora altamente contaminato
Lo studio ha interessato il latte di mucca proveniente da fattorie e famiglie private di 14 insediamenti situati nei territori della regione di Rivne, a circa 200 chilometri dal reattore di Chernobyl, dal 2011 al 2016.
In 6 delle 14 fattorie esaminate sono stati riscontrati valori di cesio radioattivo superiori ai 100 becquerel per litro (Bq/L) consentiti per gli adulti mentre in otto di esse il latte presentava valori superiori ai 40 Bq/L consentiti per i bambini.
“Più di 30 anni dopo i disastro di Chernobyl – ha spiegato la dottoressa Iryna Labunska, dei Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter – la gente è ancora esposta abitualmente al cesio radioattivo, attraverso il consumo di alimenti base locali,quale appunto il latte, nelle zone interessate dal disastro nucleare. Molte delle persone di quest’area possiedono una mucca per il latte e i bambini ne sono i principali consumatori. Sebbene il livello di contaminazione al suolo nelle aree esaminate non sia estremamente elevato, il cesio radioattivo continua ad accumularsi nel latte e in altri alimenti; in questo modo, gli abitanti di questi villaggi sono esposti cronicamente alla radioattività e questo comporta gravi rischi, soprattutto per i bambini”.
I ricercatori suggeriscono anche delle misure che consentirebbero di portare i livelli di esposizione alle radiazioni al di sotto dei limiti per le 8.336 persone che vivono nei 6 villaggi dove la contaminazione è risultata più alta, ad un costo 71.000 euro l’anno, inferiore di 10 euro a persona, con costi decrescenti per gli anni a venire.
Fra queste misure rientrano la somministrazione di Ferrocin alle mucche, la concimazione minerale dei campi di patate, campagne di informazione sul consumo di funghi selvatici e altri prodotti della silvicoltura e l’alimentazione di suini con mangimi incontaminati.
In assenza di programmi governativi per l’attuazione delle misure necessarie, la contaminazione del latte continuerà a superare i limiti consentiti ancora per molti anni, almeno fino al 2040, in alcune parti del paese.
A cura della segreteria SIMeVeP