Sign in / Join
0

Contributi da SIVeMP/SIMeVeP

Gli strumenti diagnostici nella strategia di sorveglianza epidemiologica di COVID-19

Maurizio ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP, analizza gli strumenti diagnostici oggi disponibili all’interno dei programmi di sorveglianza per COVID-19, come la loro scelta dipenda dal contesto epidemiologico, l’accuratezza degli stessi e l’ effetto delle varianti su test diagnostici e vaccinazioni.

E’ chiaro – sostiene Ferri in conclusione – che per garantire in futuro l’accuratezza dei test diagnostici (molecolare ed antigenico) è di fondamentale importanza portare avanti i programmi di vaccinazione il più rapidamente possibile, catalogare gli obiettivi genomici della diagnostica SARS-CoV-2 e sequenziare in maniera regolare e diffuso i campioni clinici”.

Leggi il documento integrale

 

IL COVID-19 NELLA FILIERA PRODUTTIVA DELLA CARNE. DESCRIZIONE DI UN CLUSTER IN TRENTINO

A cavallo tra fine agosto ed inizio settembre 2020  in provincia di Trento si è verificato un focolaio in alcune aziende appartenenti alla filiera della carne.

L’origine del focolaio è da ricondurre ad una delle 5 aziende coinvolte, molto carente dal punto di vista dell’implementazione delle misure
anticovid. Da questa azienda il contagio ha potuto diffondersi alle altre aziende a causa della condivisione della manodopera precaria fornita da diverse agenzie intermediarie. Nell’azienda che ha dato origine al focolaio la manodopera precaria interinale (“avventizia”19), rappresenta il 71% dei lavoratori. L’unica azienda rimasta indenne dal contagio aveva realizzato ottimali ed efficaci protocolli anticovid e non aveva lavoratori in comune con le altre aziende.

Durante una prima campagna di screening nelle prime settimane di settembre, dei 591 lavoratori testati 161 (27%) sono risultati positivi, una percentuale significativa, anche in considerazione della bassa prevalenza della positività nella popolazione generale all’epoca (percentuale di positività attorno al 2%). Nelle 3 aziende risultate carenti rispetto alle misure anticovid queste percentuali hanno raggiunto punte del 70-77%.

Considerato che la dinamica e le caratteristiche del focolaio COVID-19 nelle aziende della filiera della carne del Trentino, confermano alcuni aspetti generali della propagazione della pandemia e danno preziose indicazioni di prevenzione e controllo della pandemia nei settori lavorativi, anche oltre a quello specifico della carne, il personale del Dipartimento di Prevenzione APSS, Trento ha descritto gli interventi messi in atto, partendo dal contesto generale e proponendo spunti per l’azione futura.

Scarica l’allegato

I VETERINARI, LA PANDEMIA COVID-19 E I VACCINI

Di Maurizio Ferri
Coordinatore scientifico Società Italiana di Medicina veterinaria preventiva (SIMeVeP)

SIMEVEP: In un’ottica One Health è quanto più necessaria una collaborazione interprofessionale tra la medicina veterinaria e quella umana. L’esperienza sul campo e la ricerca veterinaria su virus patogeni nei selvatici con potenziale epidemico o pandemico possono contribuire alla messa a punto di vaccini e di strategie di controllo della pandemia COVID-19 e di prevenzione di quelle future

La pandemia COVID-19  ha fatto emergere una interrelazione stretta tra la salute delle persone, la sanità animale e la protezione dell’ambiente.  Questo scenario,  non nuovo se si considerano la passate pandemie SARS (2002),  HIN1 (2009) e MERS (2012) deve richiamare i Governi e le istituzioni sanitarie ad un impegno preciso ed inderogabile:  declinare con forza  e consapevolezza le azioni di prevenzione e controllo delle infezioni secondo una visione olistica-globale che attiene il concetto One Health.  Lo sforzo da compiere,  a cui siamo chiamati tutti,  in primis i decisori è di lavorare per trovare una convergenza delle professionalità che operano in settori diversi della sanità pubblica,  ma che condividono gli stessi interessi ed obiettivi sanitari,   ed inserire  le emergenze sanitarie all’interno di un sistema molto più ampio per assicurare interventi di prevenzione e controllo efficaci e sostenibili.   Per garantire l’efficacia dei piani pandemici e la loro coerenza con l’approccio One Health,  occorre abbattere gli steccati tra le professioni e sviluppare sinergie ed integrazioni metodologiche tra la medicina veterinaria e quello umana,  al netto del contributo altrettanto essenziale di altre figure professionali come sociologi, ingegneri, antropologi,  esperti ambientali,  economisti.

I piani pandemici devono prevedere opportuni  e sempre aggiornati programmi di sorveglianza integrata finalizzati al rilevamento di segnali spill-over in contesti eco-ambientali con stretta interfaccia animale-umana e con potenziale epidemico o pandemico,  oltre che assicurare una più ampia mobilizzazione delle competenze veterinarie (epidemiologi, virologi)  all’interno delle task force nazionali.  Detti piani devono inoltre far proprio un modello simile a quello militare,  in cui le operazioni,  comprensive delle esercitazioni annuali di simulazione di epidemie,  vengono realizzate  già in tempi di pace,  sostenute da strumenti e dalla definizione di ruoli specifici all’interno di una piano strategico che consenta di essere sapere quando e come rispondere, ed essere più preparati a contrastare le future pandemie.  In sostanza si tratta di un guerra tra noi ed il virus!  Per tradurre ciò su scala nazionale è imperativo che la politica assicuri capitoli di finanziamenti ad hoc per la prevenzione e gestione delle ‘emergenze pandemiche,’ sotto la guida delle istituzioni sanitarie.

I veterinari e la sorveglianza epidemiologica.

La professione veterinaria parte già con un forte accento One Health  in virtù delle esperienze fatte sul terreno della sorveglianza  delle infezioni negli animali che si trasmettono alle persone  (es. zoonosi come Salmonella e Campylobacter) per la loro prevenzione e controllo,  gestione delle passate epidemie animali e costruzione di vaccini.  Questo bagaglio professionale va sostenuto perché è funzionale alla gestione della pandemia COVID-19 e di quelle future.  Un esempio eccellente della sorveglianza  in chiave One-Health  è il  piano nazionale di preparazione e risposta all’infezione West Nile,  che colpisce i cavalli,  si trasmette all’uomo ed è endemica in alcune regioni italiane,  principalmente nelle province del Nord situate nel bacino del Po.  Dal 2018 nel nostro paese sono stati notificati oltre 247 casi umani autoctoni di malattia neuro-invasiva da West Nile.  L’applicazione del piano  ha permesso ai veterinari di rilevare la circolazione virale nei vettori (zanzare del genere Culex) nove giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del primo caso umano confermato.  Ciò ha consentito di attivare risposte tempestive sia per il controllo vettoriale, sia per l’applicazione in medicina umana delle misure di sicurezza nelle donazioni del sangue e trapianti e per prevenire la trasmissione dell’infezione umana.

I veterinari ed i vaccini

La narrativa sui primi vaccini nella storia dell’umanità si intrecciano con gli animali e veterinari. Già il termine vaccino,  nel senso etimologico di bovino,  designava il vaiolo dei bovini (cowpox)  o vaiolo vaccino.  Ad Edward Jenner si deve nel 1796 il  vaccino contro la variante umana (smallpox) del virus del vaiolo.  Il medico e naturalista britannico,  osservò che i contadini contagiati dal vaiolo bovino una volta superata la malattia,  non si ammalavano della sua variante di gran lunga più grave.  L’inoculazione di materiale purulento da una donna ammalata di cowpox al braccio di un ragazzo di otto anni lo rese immune e prevenne la malattia.  Da allora il vaiolo vaccino ha permesso di debellare a livello mondiale la malattia.  Successivamente,  nel 1880,  Louis Pasteur dimostrò l’applicabilità dello stesso principio,  utilizzando colture di germi responsabili del colera dei polli che conferivano resistenza contro le infezioni batteriche nell’uomo e chiamò vaccino la coltura batterica.

Oggi, in un’ottica One Health si colloca la creazione di vaccini animali contro alcune zoonosi.  Mi piace citare la ricerca sui virus del papilloma nei conigli e bovini che ha contribuito allo sviluppo del vaccino contro il papillomavirus umano somministrato alle ragazze per prevenire il cancro cervicale.  Riguardo invece ai coronavirus,  la veterinaria  da decenni studia le relative infezioni  animali  (cani,  gatti ed animali  da allevamento) ed ha messo a punto vaccini efficaci per prevenirle.  I veterinari sanno che i coronavirus isolati per lo sviluppo di vaccini contro alcune infezioni animali sono rimasti in gran parte invariati per decenni,  il che suggerisce un basso tasso di mutazione rispetto ad altri virus come l’influenza,  che  al contrario richiedono vaccini stagionali contro gli ultimi ceppi circolanti.  Forse ciò può costituire una lezione preziosa per lo studio dei vaccini contro il coronavirus?  In  sostanza  le tecnologie esistenti ed il relativo know-how  non necessitano di essere inventati dal nulla.   E questo ci conduce ad un esempio eccellente dell’approccio One Health per la costruzione di vaccini,  che consente alle diverse discipline di ricerca di collaborare per fornire soluzioni che giovino contemporaneamente agli animali,  alle persone e agli ecosistemi.   Ed è  il nuovo vaccino contro la Febbre della Valle del Rift (FVR),  denominato ChAdOx1,  sviluppato dal  Jenner Institute  presso l’Università di Oxford e la cui l’efficacia protettiva è stata confermata dai ricercatori del Pirbright Institute nel Regno Unito. La FVR è un’infezione che colpisce i ruminanti  e si trasmette all’uomo attraverso il contatto con animali infetti e relativi tessuti contaminati,  oltre che con la puntura di zanzare infette.   L’infezione umana può condurre a cecità,  encefalite e febbre emorragica,  ed ad oggi non esistono vaccini umani.   La tecnologia ChAdOx1 si basa sull’utilizzo di un vettore costituito da un adenovirus della scimmia non replicante integrato con i geni che codificano alcune glicoproteine dell’envelope virale responsabili della risposta immunitaria.   Oltre che per la FVR,  il vaccino vettoriale ChAdOx1 viene attualmente sperimentato per le infezioni virali umane MERSChikungunya   e  Nipha   che riconoscono tutte un serbatoio animale.   La stessa tecnologia ChAdOx1 è stata impiegata sempre dal Jenner Institute in collaborazione con la casa farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca per lo sviluppo del vaccino umano vettoriale ChAdOx1 nCov-19 contenente il materiale genetico della proteina Spike del virus SARS-CoV-2,  attualmente in attesa di essere autorizzato dall’European Medicines Agency (EMA).

Il contributo è stato pubblicato da Quotidiano Sanità

I CLUSTER DI INFEZIONE COVID-19 TRA I LAVORATORI

L’emergenza Covid-19 ha causato profonde ripercussioni sanitarie, sociali ed economiche a livello globale, senza precedenti, con effetti
a medio e lungo termine difficilmente quantificabili per i livelli elevati di incertezza che condizionano l’origine, l’epidemiologia, la clinica e la terapia, incluso i vaccini.

Non ne è immune la catena di approvvigionamento alimentare che ha subito effetti distorsivi non previsti a partire dalla produzione primaria attraverso le fasi successive della fi liera fi no alla distribuzione e commercio di prodotti alimentari.

In questo contesto, aggravato dai focolai di contagio umano Covid-19 verificatesi nei macelli e impianti di sezionamento carni, sull’industria delle carni si sono accessi i riflettori dei media e della società (tra interessi e posizioni contrapposte, a volte animate da estremismi
alimentari e politicizzazioni) per le preoccupazioni indebitamente amplificate circa il ruolo potenziale degli animali da reddito e dei prodotti da essi derivati (es. carni) nella trasmissione dell’infezione Covid-19 all’uomo.

Il tema è stato affrontato dal Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice e dal Coordinatore scientifico SIMeVeP, Maurizio Ferri, nell’articolo “I cluster di infezione Covid-19 tra i lavoratori” pubblicato sul n°2/2020 di Argomenti.

Nuova variante del Covid da visoni a uomo in Danimarca? Grasselli (FVM): «Situazione da monitorare»

Il Presidente della Federazione Veterinari e Medici spiega a Sanità Informazione cosa sta succedendo in Danimarca: «I virus mutano per resistere agli anticorpi. È quel che succede ogni anno con l’influenza stagionale. Il vaccino? Non dovrebbe essere un problema»

Presidente Grasselli, cosa sta succedendo in Danimarca?
«Sappiamo ciò che è uscito sugli organi di stampa in questi giorni e di cui hanno preso atto anche dalle istituzioni danesi. In sostanza, in Danimarca esiste un fiorente allevamento di visoni per via di una tradizione molto consolidata. Stiamo parlando di milioni di visoni. Questo tipo di attività comporta una forte concentrazione di animali all’interno degli allevamenti e, conseguentemente, maggiori possibilità per i virus di diffondersi tra gli animali presenti una volta entrati. Il SARS-CoV-2 è dunque entrato ed è riuscito a provocare una infezione alla quale i visoni hanno risposto con una reazione immunitaria. Tra gli animali infetti si è innescata quindi una reazione anticorpale che probabilmente ha esercitato una pressione selettiva sul virus che, per sopravvivere agli anticorpi, ha cominciato a mutare. Questo ha reso possibile la selezione di una popolazione di virus dotata di qualche variante protettiva. Si tratta di un fenomeno che conosciamo già nell’influenza umana: ogni anno ci sono varianti e noi sappiamo già che il virus dell’influenza del prossimo anno probabilmente si presenterà con caratteristiche leggermente diverse».

Leggi l’intervista completa su Sanità Informazione

SORICE: TAMPONI? METTIAMO UN VETERINARIO IN OGNI TASK FORCE

Sarebbe opportuno un Medico Veterinario in ogni Task Force, a livello ministeriale, regionale e in ogni ASL”  questa la risposta del Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice, alla proposta del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, di affidare ai medici veterinari la somministrazione dei tamponi per il rilevamento  di  SARS-CoV-2 negli uomini.

“I veterinari del Sistema Sanitario Nazionale sono coinvolti a supporto della professione medica nell’emergenza COVID-19 sin dai primissimi giorni dell’epidemia, ma il tampone agli esseri umani è una pratica che il veterinario non può svolgere. Il punto è che la veterinaria andava conivolta, sin dall’inizio, per quello che sono le proprie competenze ed esperienze decennali nel campo delle malattie infettive e delle epidemie. Il nostro apporto sarebbe utile  in temrni di approccio, metodologia e azioni da mettere in campo per contrastare l’emergenza. Da questo punto di vista siamo sempre disponibili perché quando il Paese chiama i Veterinari rispondono… sempre!!!” ha detto Sorice in un video intervento per RCS Salute.

LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE, ARMA INDISPENSABILE PER LO STUDIO DI EPIDEMIOLOGIA, EZIOPATOGENESI E TERAPIA DEL COVID-19

La sperimentazione animale, arma indispensabile per lo studio di epidemiologia, eziopatogenesi e terapia del covid-19” è il titolo della tesi di Specializzazione in Scienza e Medicina degli Animali da Laboratorio che il dott. Alessio Ceriani ha discusso il 10 luglio 2020, essendo quindi fra i primi studenti i primi studenti ad avere realizzato una tesi sulla malattia COVID-19 e sul nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

Il dott. Ceriani – che in qualità socio Emervet sin dalla sua fondazione ha partecipato a varie esercitazioni nazionali ed internazionali sul territorio italiano con le unità cinofile da soccorso impiegate in situazioni di calamità prestando il primo soccorso durante le attività addestrative in scenari di emergenza con l’impiego di molta tecnologia – ha molta esperienza nel volontariato di protezione civile, che lo ha portato ad essere presente in qualità di medico veterinario durante i terremoti che hanno colpito il centro Italia nell’agosto 2016, e ha voluto mettersi a disposizione anche durante l’emergenza COVID-19, partecipando alla task force nella Centrale Operativa Coronavirus della città di Milano, Regione Lombardia, insieme a volontari esperti del settore che hanno messo a disposizione esperienze e competenze: medici, psicologi, operatori sanitari, professionisti di Protezione Civile.

Ceriani ha deciso dunque di affrontare un tema attuale nel suo elaborato, non solo perchè protagonista nell’emergenza come volontario di protezione civile ma anche per mettere ulteriormente in evidenza per il concetto “One Health” che riconosce che la salute degli esseri umani, degli animali e dell’ambiente come interconnessa e l’importanza di identificare in maniera precoce possibili “Spillover” ovvero il  salto di specie dei virus da animale a uomo.

Abstract della tesi

FOCOLAI NEI MACELLI IN LOMBARDIA. SORICE: LA SITUAZIONE NON ALLARMA, MA NON SI ABBASSI LA GUARDIA

A seguito dei recenti focolai di COVID-19 che hanno interessato alcuni impianti di macellazione e di lavorazione delle carni nel mantovano e nel cremonese, L’Eco di Bergamo ha intervistato Antonio Sorice, Direttore del Distretto veterinario B dell’Ats Bergamo e Presidente SIMeVeP.

La preoccupazione c’è e la guardia non va abbassata – sottolinea Sorice. L’Ats Bergamo, oltre ai controlli di routine che non si sono mai interrotti neppure durante il lockdown, sta progettando una serie di controlli specifici, a partire dall’osservanza delle norme di sicurezza anti Covid e per la tutela dei lavoratori. Bisogna mettere in chiaro subito una cosa: gli impianti di macellazione e quelli di lavorazione non costituiscono in sé luoghi a rischio Covid, ma per le particolari condizioni presenti all’interno di queste strutture, il virus può diffondersi con maggiore facilità, e il rischio di contagio può essere più alto

COVID-19 nei macelli. Grasselli: importante la tempestiva collaborazione medici/veterinari

Crescono in Europa e nel mondo i casi di COVID-19 nei macelli e negli stabilimenti di lavorazione delle carni. In Germania è accertato un secondo focolaio in Bassa Sassonia, e le preoccupazioni aumentano.

Delle condizioni che favoriscono la trasmissione in questi impianti ha parlato Aldo Grasselli Presidente FVM, insieme a Paolo D’Ancona dell’Istituto superiore di sanità durante la trasmissione “Radio1 giorno per giorno” a Radio Rai 1.

Sottolineando che i contagi sono favoriti da molti fattori, cioè le grandi dimensioni degli stabilimenti che impiegano molti lavoratori, le condizioni socio economiche e le tutele sindacali dei lavoratori, le condizioni igieniche dei posti di lavoro, la dotazione di presidi e dispositivi di protezione individuale,  Grasselli ha ricordato come in Italia le cose sono andate diversamente sia perché non abbiamo grosse concentrazioni industriali come in Brasile, USA e a Germania, sia per la tempestiva collaborazione fra Servizi Veterinari, Servizi di Igiene e i Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dei Dipartimenti di Prevenzione che hanno saputo isolare e neutralizzare tempestivamente il focolaio Covid dello stabilimento di Macellazione di Palo del Colle (BA) dove su 600 addetti, oltre 100 sono risultati positivi al tampone, sia soprattutto perché i lavoratori del settore carni godono delle tutele preventive del dlgs 81/2008.

Tuttavia, nonostante le diverse condizioni, anche in Italia il rischio zero non esiste. Le patologie non conoscono frontiere – ha ribadito Grasselli – e non concedono tregue e disattenzioni. Quindi è importante un’analisi costante dei fattori di rischio. Considerato che COVID-19 è un fenomeno nuovo, di cui anche gli scienziati hanno parziale certezza, è necessario implementare progressivamente le linee guida per rimuovere i fattori di rischio e per poter agire in maniera appropriata e neutralizzare  tempestivamente eventuali nuovi focolai, intercettando il prima possibile le persone colpite dal virus per isolate e azzerare il contagio”.

Sul tema il Presidente era intervenuto già ieri, ricordando che è quanto mai opportuno mantenere un elevato livello di epidemio-sorveglianza secondo l’approccio ‘One Health’, cioè attraverso una collaborazione tra veterinari igienisti degli alimenti e medici (in particolare medici igienisti e medici del lavoro), come da tempo OMS e OIE (Organizzazione mondiale per la salute animale).

Clicca qui per riascoltare la trasmissione radio di oggi

Aumentano i contagi da SARS-CoV-2 fra gli addetti dei macelli nel mondo. E in Italia?

Sale il numero dei contagiati da Covid-19 fra gli operatori di uno dei più grandi stabilimenti per la lavorazione delle carni d’Europa, a Guetersloh, nel Land tedesco del Nord Reno-Vestfalia in Germania.
Sugli oltre 6500 lavoranti, molti in quarantena, più di 1300 sono stati colpiti dal virus SARS-CoV-2.
Anche negli Stati Uniti d’America il fenomeno sta preoccupando le autorità sanitarie.

È bene ricordare in primo luogo che i focolai che stanno interessando i macelli in Europa e nel mondo, in particolare negli Usa e Brasile, non dipendono dagli animali o dalle carni che vi vengono lavorate.

Poi è necessario contestualizzare le situazioni in cui gli addetti a questo tipo di lavorazione si sono ammalati o sono risultati infetti asintomatici. Non è casuale che questo in Italia non sia accaduto.

Gli impianti di macellazione per definizione sono “Industrie insalubri di prima categoria”, sono quindi luoghi molto esposti alle contaminazioni e per questo da sempre le norme e le rigide prassi igienico-sanitarie devono essere rispettate per tutelare i lavoratori ed evitare contaminazioni.

Per poter dare un giudizio fondato sul fenomeno occorre inquadrarlo secondo i criteri tipici delle indagini epidemiologiche, quindi occorre tenere presente che il comparto alimentare durante la pandemia è stato più attivo del solito anche per la psicosi che ha portato a fare incetta di alimenti.
Porterebbero quindi essere stati più intensi e serrati i ritmi di lavoro in quei paesi dove i focolai si sono verificati, in Italia i ritmi di lavoro sono evidentemente rimasti compatibili con la tutela dei lavoratori.

Un fattore di rischio è indubbiamente legato alla particolare atmosfera degli ambienti di macellazione o sezionamento delle carni dove si fa largo uso di acqua per lavare e pulire al fine di tenere sotto controllo la flora batterica che si concentra in quegli ambienti particolarmente insalubri per la presenza di feci e sangue animale e conseguentemente l’elevata umidità e il maggior tenore di vapore possono aver aumentato la diffusione del virus da un soggetto asintomatico o pauci sintomatico mediante “droplet” ad altri lavoratori che non hanno potuto proteggersi adeguatamente con i DPI (dispositivi di protezione individuale) che la legge italiana Dlgs n. 81/2008 prescrive.

Non sottovalutiamo poi la frequente escursione termica cui sono sottoposti i lavoratori che entrano ed escono dalle celle frigorifere, specialmente quelle di congelamento, che ha un impatto rilevante sulle vie respiratorie.

Proprio per le condizioni sopra richiamate tutti i lavoratori degli stabilimenti di macellazione devono essere muniti di protezioni anti infortunistiche e di mascherine e visiere per proteggerli dall’aspirazione di patogeni, ancor di più laddove è più difficile mantenere le distanze di sicurezza.

In ultimo non possiamo nascondere che la macellazione è un lavoro faticoso e pericoloso, che spesso nei paesi dove si sono verificati i focolai viene assegnato a lavoratori scarsamente protetti dal punto di vista contrattuale e sindacale, spesso reclutati da sedicenti “cooperative” che mascherano forme di caporalato che non garantisce tutele a fronte di bassi salari e di precarietà estrema. Abbiamo conferma che in alcuni paesi che hanno avuto focolai se qualche lavoratore reclutato dal caporalato chiede qualche garanzia in più viene immediatamente licenziato.

Questi lavoratori che sono stati colpiti dal Covid 19, quindi, come molti altri della filiera agricolo-zootecnico-alimentare, sono lavoratori poveri e indifesi, che vivono in case umili o addirittura in baracche fatiscenti, spesso sovraffollate, ove la promiscuità concorre a favorire la diffusione di patologie infettive e contagiose.

La Fase 2/3 non è libera dal Covid-19, occorre quindi mantenere alta l’attenzione, anche in Italia, monitorando lo stato di salute di tutti coloro che hanno ripreso a lavorare.

L’industria italiana delle carni deve essere anch’essa tutelata da notizie generalizzate e da associazioni infondate con quella di altri paesi.

Innanzitutto perché l’Italia non è stata colpita da casi di Covid-19 nei macelli, secondariamente perché una crisi di fiducia montata ad arte verso le nostre produzioni alimentari farebbe l’interesse della concorrenza e si rivelerebbe un disastro per l’intero paese.

Un danno grave, economico ed umano. Non dimentichiamo che nei macelli italiani e negli stabilimenti di sezionamento e lavorazione delle carni la gestione delle operazioni è ispezionata e certificata da Veterinari Ufficiali del Servizio Sanitario Nazionale che sono costantemente presenti lungo tutti i passaggi della filiera.

Il compito dei Servizi Veterinari della sanità pubblica consiste nel garantire buone prassi di lavorazione che comportano anche la tutela della salute degli addetti e quella degli stessi Ispettori Veterinari che in quei macelli e in quei laboratori garantiscono il rispetto del benessere animale e la salubrità delle carni che finiscono sulle tavole dei consumatori.

In Italia non abbiamo avuto focolai in questo settore, le nostre imprese hanno operato correttamente, tuttavia non possiamo pensare che il rischio sia zero. Per questo è utile aggiornare costantemente le linee guida per prevenire la diffusione del Covid-19 anche tra i lavoratori degli stabilimenti di lavorazione delle carni, come fatto sin ora nel nostro paese.

In modo da mantenere un elevato livello di epidemio-sorveglianza secondo l’approccio ‘One Health’, cioè attraverso una collaborazione tra veterinari igienisti degli alimenti e medici (in particolare medici igienisti e medici del lavoro), come da tempo OMS e OIE (Organizzazione mondiale per la salute animale) suggeriscono sia fatto a livello mondiale, prendendo i Dipartimenti di Prevenzione italiani a modello di riferimento.

Prevenire pandemie zoonotiche. Sorice: i Servizi Veterinari Italiani lo fanno

Scienziati australiani preparano veterinari e operatori del settore agricolo di 11 paesi asiatici per individuare precocemente le malattie zoonotiche che potrebbero fare il “salto di specie” dagli animali agli esseri umani.

Qual è la situazione in Italia e cosa sarebbe successo se il salto di specie che ha portato alla pandemia Covid-19 fosse avvenuto in Italia? Lo ha chiesto, fra l’altro, Sanità Informazione al Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice

Leggi l'articolo

 

COVID 19 – Fase 2/3 – Necessità e rischi. Lettera aperta del Presidente FVM

COVID 19 – Fase 2/3 – Necessità e rischi. Lettera aperta del Presidente FVMLa Fase 2 è ormai la premessa della imminente Fase 3. Questa accelerazione motivata da mesi di attesa rischia di essere percepita come una svolta, come un ritorno alla normalità.

Ma la normalità cui facciamo riferimento, almeno sul piano delle questioni sanitarie, è una normalità fallace.
Siamo veramente consapevoli di cosa ci aspetta?
Sappiamo che non avremo più per molto tempo la normalità sociale di prima.

di Aldo Grasselli, Presidente FVM

Leggi il contributo

Antonio Sorice racconta la sua esperienza di veterinario durante l'emergenza COVID-19

Antonio Sorice

Un medico veterinario dal 30 marzo ha la responsabilità di coordinare i dipartimenti di area medico sanitaria dell’ATS di Bergamo. Sono state affidate le funzioni di coordinamento organizzativo dei dipartimenti afferenti alla direzione sanitaria, in sostituzione del Direttore Sanitario.

Leggi l’intervista di 30 giorni

How Public Health Veterinarians can Respond to Covid-19 Emergency

The management of the Covid-19 epidemic in the EU appears to downplay or neglect the veterinary public health contribution. This is not in line with the One Health approach if we consider that Covid-19, likewise SARS and MERS, due to the close and interdependent links of humans, animals, and the environment, calls for joint action between the veterinary and medical professions. Indeed, to overcome the dichotomy between medical and veterinary professions vis-a-vis the current pandemic, and to better operationalize the One Health approach, there are several lines of expertise that public health veterinarians (e.g. epidemiologists and virologists) can share with medical professionals in order to manage the current health crisis, notably: the skills in the wildlife-reservoir surveillance program for detecting emerging pathogens; their experience in dealing with past animal epidemics, and the laboratory support for the diagnosis and molecular characterization of SARS-CoV-2 and human samples testing. This valuable knowledge can be properly integrated within the national and international management and monitoring structures required for the Covid-19 epidemic.  

di Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP

Codice PC e soccorso animali domestici. Ruolo dei Medici Veterinari nella relazione uomo-animale-ambiente al tempo del Coronavirus

Di Serena Adamelli Medico Veterinario L.P. comportamentalista –Emervet; Antonio Tocchio Medico Veterinario Vicepresidente Emervet

Leggi l'articolo

The Animal Origin Of SARS-Cov-2, The Human Spill-Over and The Recurrent Saga of The Man-Made Virus

How the scientific evidence gets rid of the man-made theory on SARS-CoV-2.

Di Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP

Leggi l'articolo

Il ballo in maschera

Le mascherine rimarranno nella memoria storica di questa pandemia come la sineddoche che rappresenta il fallimento della comunicazione del rischio e della preparazione alle epidemie in genere. Si è cominciato col dire e far ripetere dagli esperti che le mascherine chirurgiche non proteggono dal virus chi le indossa, quindi i cittadini non devono metterle a meno che non accudiscano una persona debole.

Di Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP

Infezione da SARS-CoV-2 negli animali domestici: Revisione Sistematica della letteratura scientifica e similitudini con altre emergenze sanitarie a carattere zoonotico.

SARS-CoV-2 è la denominazione scientifica attribuita al nuovo Coronavirus comparso nella citta' di Wuhan, in Cina, alla fine del 2019, e responsabile della piu' grande epidemia del nuovo millennio. La diffusione della patologia COVID-19, di accertata origine zoonotica, avviene essenzialmente per contagio inter-umano e per via respiratoria; tuttavia, attraverso una valutazione di evidenze osservazionali, derivanti da segnalazioni ufficiali delle Autorita' sanitarie di diversi Paesi, e una Revisione Sistematica della letteratura scientifica ad oggi disponibile, riportante evidenze derivanti da infezioni sperimentali, si è inteso valutare la possibilita' di trasmissione di SARS-CoV-2 dall'uomo agli animali domestici e da questi a propri conspecifici. Si è infine voluto evidenziare un importante parallelismo nelle modalita' di gestione della pandemia di COVID-19 con quelle di un'altra, importantissima, emergenza sanitaria globale a carattere zoonotico, che per tanti anni ha visto in prima linea i medici veterinari del Servizio Sanitario Nazionale: l'Encefalopatia Spongiforme Bovina.

Leggi il Contributo di Marco Cecchetto, Ats Bergamo

Emergenza Covid-19 e contenimento dell’infezione. DOVE È FINITA LA MEDICINA UNICA?

A giugno era previsto a Edimburgo lo svolgimento del Health Congress”, ma l’epidemia da Covid-19 ha reso inevitabile il suo spostamento, pertanto ora è previsto il prossimo novembre, quando si auspica che, con tutte le precauzioni del caso, anche gli eventi sociali e culturali - oltre all’economia - possano riprendere con la necessaria gradualità. Quindi, seppur simbolicamente, la pandemia ha così segnato un altro punto a suo favore.

Il contributo di Vitantonio Perrone, Vicepresidente SIMeVeP

LA SANITÀ PUBBLICA VETERINARIA NELL’EMERGENZA COVID-19

Con il presente lavoro vengono forniti alcuni elementi di aggiornamento scientifico sulla pandemia di polmonite virale umana Covid19 e descritte le azioni di sanità pubblica veterinaria necessarie per fronteggiare l’emergenza sanitaria, in un’ottica di collaborazione con le altre professionalità mediche secondo i principi One-Health e di Sanità Circolare. I relativi temi sono sviluppati in tre parti: la prima parte presenta la attuali evidenze sulla probabile origine animale del virus SARS-CoV-2, agente dell’infezione Covid-19, sulla circolazione dei coronavirus (CoVs) negli animali ed in particolare sul ruolo dei pipistrelli come serbatoio chiave.

La seconda parte descrive il ruolo della sorveglianza epidemiologica veterinaria per il controllo dei serbatoi animali dei CoVs e di SARS-CoV-2, e propone in un’ottica One-Health l’utilizzo delle competenze veterinarie, maturate con la gestione delle passate epidemie animali, e l’applicazione di metodologie di sorveglianza epidemiologica veterinaria, opportunamente adattate, ai focolai di Covid-19.

La terza parte analizza il ruolo potenziale sia degli animali, compresi quelli da compagnia, che degli alimenti nella trasmissione dell’infezione Covid-19.

di Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP

LA TERZA GUERRA MONDIALE, CONTRO UN VIRUS

L’epidemia di Coronavirus è entrata prepotentemente nelle nostre vite, come una inattesa dichiarazione di guerra, come una delle tante catastrofi che non sappiamo prevedere. In poco più di due mesi la stabilità del pianeta, la serenità delle comunità, l’equilibrio economico, i mercati finanziari, la sicurezza personale e la salute pubblica sono stati rivoluzionati come mei era accaduto dalla fine della seconda guerra mondiale. Il mondo è piccolo se le comunicazioni di merci e persone lo avvicinano, e allora i problemi di un continente lontano sono anche i nostri.

Questa che ormai è una pandemia ci deve insegnare molte cose, altrimenti sarebbe un tributo di vite in sensato e colpevole verso le nuove generazioni e verso la nostra stessa integrità morale.

Contributo di  Aldo Grasselli – Segretario Nazionale SIVeMP

COVID-19. AD OGGI NON C’È EVIDENZA CHE GLI ANIMALI DOMESTICI POSSANO INFETTARE L’UOMO. SORICE A BERGAMOTV

Il Presidente SIMeVeP è intervenuto a Bergamo TV per fare chiarezza: sebbene gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a SARS-CoV-2, non c’è evidenza che possano trasmettere il virus all’uomo.

Ad oggi, all’origine dell’infezione  dei 4 casi documentati di positività da SARS-CoV-2 negli animali da compagnia (due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio) ci sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da COVID-19.

E’ quindi importante – oltre continuare a mettere in atto le norme igieniche di base che sempre vanno adottate nel rapporto con gli animali domestici – prendere alcune precauzioni nella gestione sanitaria degli animali di proprietà di pazienti affetti da COVID-19 per evitare di contagiarli.

Qui il video integrale del Tg; al minuto 20 l’intervento del Dott. Sorice

Pandemia da SARS-CoV-2, il contributo dei medici veterinari. Lettera al Ministro

Lettera del Segretario Nazionale del SIVeMP, Dott. Aldo Grasselli, al  Ministro della Salute, agli Assessori Regionali alla Sanità, al Presidente dell’ISS, ai Direttori Generali ASL, ai Direttori Generali IIZZS, ai Direttori delle Scuole di Veterinaria delle Università, ai Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e al Presidente FNOVI:

COVID-19, IL RUOLO DEL VETERINARIO E I CONSIGLI PER I PROPRIETARI: INTERVISTA A GRASSELLI (SIVEMP)

La redazione veterinaria del portale animalidacompagnia.it ha intervistato il Segretario Nazionale del SIVeMP, Dott. Aldo Grasselli, sul ruolo degli animali da compagnia nella trasmissione del virus SARS-CoV-2 e sul ruolo dei medici veterinari di sanità pubblica a tutela della salute animale e di  quella umana.

Leggi l’intervista

CORONAVIRUS A BERGAMO: PARLA ANTONIO SORICE

Bergamo è una delle città più colpite dal coronavirus. Di Bergamo è il Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice, che in qualità di Direttore del Dipartimento di Prevenzione Veterinaria dell’Ats Bergamo è impegnato direttamente e pienamente nell’affrontare l’emergenza Covid-19.

Rcs Salute ha raccolto la sua testimonianza

NUOVE ZOONOSI VIRALI, FENOMENI PREVEDIBILI

“La previsione che da tempo l’OMS va fornendo, e cioè che il 75% delle malattie emergenti e ri-emergenti che interessano l’uomo, a partire dal XXI secolo, sono rappresentate da zoonosi deve davvero rappresentare un monito per tutti i governi che troppo spesso non danno il giusto credito agli organismi sovranazionali”.

Il contributo del Vice Presidente SIMeVeP, Vitantonio Perrone, per La Settimana Veterinaria

LO SVILIPPO EPIDEMICO DEL COVID-19, LE MISURE DI PREVENZIONE E LE FASTIDIOSE INCOGNITE

Mentre il bilancio dall’epidemia del nuovo coronavirus Covid-19 continua a salire in Italia, con 1577 casi e 34 decessi, e nel mondo con un totale globale di 89.000 casi in 65 paesi, due sono gli elementi che emergono dai focolai nel Nord Italia, poi con casi nelle altre regioni, ma per la maggiore parte collegati ai due grossi clusters nelle regioni Lombardia e Veneto.

Il primo elemento è l’alta concentrazione di casi che trova una prima spiegazione negli intensi rapporti commerciali ed economici tra Nord Italia e Cina; il secondo elemento è relativo alla distribuzione dei casi (curva epidemica) concentrati in un arco temporale ristretto.

Maurizio Ferri, coordinatore scientifico SIMeVeP, propone l’aggiornamento al 2 marzo sullo sviluppo epidemico del Covid-19.

NON SOLO CORONAVIRUS. ZOONOSI IN AUMENTO. SORICE: FONDAMENTALI I SISTEMI DI SORVEGLIANZA

Non solo coronavirus. «Le zoonosi conosciute sono numerose, secondo l’Oms sono oltre 200 e comprendono un gruppo molto diverso d’infezioni o di infestazioni, che possono  essere di natura batterica, virale, parassitaria e da agenti non convenzionali, i prioni. Negli ultimi anni, a causa dell’intensificarsi degli scambi commerciali di animali e prodotti d’origine animale tra i vari
paesi del mondo, stanno acquistando un’importanza crescente ed il loro studio costituisce uno dei settori di maggior interesse della medicina, umana e veterinaria».

Il commento del Presidente SIMeVeP sulle zoonosi, in un ottica One Health, raccolto da La “Provincia”

L’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS 2019-NCOV TRA MILLE INCERTEZZE E PREOCCUPAZIONI

Ad oggi, due settimane da quando le autorità di Wuhan, epicentro dell’epidemia di coronavirus 2019-nCoV, hanno imposto le misure di quarantena ed isolato la città, il bilancio sale a 31.514 casi confermati (31202 in Cina e 312 in 23 paesi) e 638 decessi (636 in Cina), numeri che superano quelli dell’epidemia SARS. In n Cina, le autorità sanitarie nazionali hanno dichiarato che solo nelle precedenti 24 ore ci sono stati oltre 70 nuovi decessi e 3.100 nuovi casi con un incremento del 35% ogni due giorni.

Maurizio Ferri, coordinatore scientifico, propone l’aggiornamento al 7 febbraio sull’epidemia da coronavirus 2019-CnV.

L’EPIDEMIA CINESE DI 2019-CNV, COSA SAPPIAMO E COSA NON SAPPIAMO AD OGGI

Al 30 Gennaio 2020 i numeri dell’epidemia da coronavirus 2019-CnV sono i seguenti: 7.915 casi confermati a livello globale, di cui 7.801 in Cina, inclusi 170 decessi (solo in Cina).

I casi confermati negli altri paesi (15) sono 114 (USA, Tailandia, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Malesia, Singapore, Giappone, Francia, Canada, Vietnam, Nepal, Cambogia e Germania). Il virus mostra segni di diffusione all’estero e cioè Germania, Giappone, Taiwan e Vietnam, in persone che non hanno mai visitato la Cina.
Non sono stati segnalati decessi al di fuori della Cina.

Ma cosa sappiamo e cosa ancora non sappiamo del nuovo virus? Come si stanno muovendo le autorità cinesi e quelle internazionali? Quale il serbatoio animale dell’infezione umana?

Approfondimento a cura di Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP

SIMEVEP, EMERGENZA CORONAVIRUS: INDISPENSABILE UNA POTENTE AZIONE DI PREVENZIONE ED EPIDEMIOSORVEGLIANZA “ONE HEALTH”

Un nuovo coronavirus (2019-nCoV) mai isolato nell’uomo, è l’agente causale di un cluster di 581 casi di polmonite a livello globale.  

Fa parte della stessa famiglia di virus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV) e della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV).  571 casi si sono verificati in Cina (inclusi 17 decessi) e 317 solo nella provincia di Hubei. Sono stati segnalati anche sette casi in Tailandia, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud e Stati Uniti, associati ai viaggi dalla città cinese di Wuhan.  Si prevede che verranno esportati più casi in altri paesi e che potrebbe verificarsi un’ulteriore trasmissione.  

Il nuovo coronavirus si presenta dunque con un quadro  sintomatologico caratterizzato da febbre lieve-moderata, che potenzialmente evolve con complicanze come polmonite e decesso.

Leggi il contributo