Malattie trasmesse da vettori con un focus su Febbre emorragica Crimea-Congo e Encefalite da zecca

Il 27 febbraio si è svolto a Roma presso la sede del Ministero della Salute il Convegno Nazionale dal titolo ‘Malattie trasmesse da vettori con un focus su Febbre emorragica Crimea-Congo e Encefalite da zecca’, organizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con SIVeMP e SIMeVeP.  La partecipazione di autorevoli relatori, provenienti da diversi settori (veterinaria, medicina umana, parassitologia, biologia, ornitologia) ha confermato la visione multidisciplinare in un’ottica di salute unica per le attività di sorveglianza, controllo e prevenzione. Durante le due sessioni sono stati affrontati e discussi temi relativi a: biologia di vettori e ospiti, vie di trasmissione, ruolo degli uccelli migratori, cambiamenti climatici, situazione epidemiologica in Europa e Italia, attività di sorveglianza integrata, attività di ricerca, ruolo del CESME e gestione dei casi sul campo.

Il presente scritto prende spunto dagli interventi dei relatori e riassume alcuni elementi chiave per comprendere l’importanza dell’approccio One Health nelle attività di sorveglianza animale ed umana delle infezioni trasmesse da zecche, aumentate in modo significativo in alcuni paesi dell’Unione europea.

Nell’ultimo decennio, il numero di virus trasmessi dalle zecche all’uomo è aumentato in modo significativo. Attualmente si contano una quarantina di virus classificati in cinque diverse famiglie.  Le malattie trasmesse da vettori  anche dette arbovirosi, rappresentano oltre il 17% di tutte le malattie infettive e sono responsabili della morte di oltre mezzo milione di persone ogni anno.  Tra queste, c’è l’Encefalite da zecca (Tick-borne encephalitis) causata dal virus TBE (TBEV), della famiglia dei Flaviviridae, a cui appartengono gli agenti eziologici della febbre dengue, febbre gialla e encefalite giapponese.  Ne esistono 5 sottotipi, tra cui il sottotipo dell’Europa occidentale (TBEV-EU) dominante in Europa e prevalentemente associato ad una forma lieve che evolve con l’interessamento del sistema nervoso centrale nel 20-30% dei pazienti, un tasso di mortalità dello 0,5-2%, e sequele neurologiche in circa il 10% dei pazienti. I dati epidemiologici, desunti dall’ultimo report del Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), indicano un aumento dell’incidenza dell’Encefalite da zecche, un ampliamento dell’areale geografico del vettore e un impatto significativo sulla sanità pubblica.  La circolazione della TBE, endemica in diverse regioni dell’Europa e dell’Asia, è strettamente correlata alla presenza del serbatoio animale e del vettore ed i focolai segnalati (Svezia, Danimarca, Francia e Italia) solitamente hanno un andamento stagionale legato ai picchi di attività delle zecche in primavera ed autunno. L’uomo è un ospite accidentale e senza uscita e l’infezione avviene principalmente attraverso i morsi della zecca Ixodes ricinus ed  Ixodes persulcatu che fungono sia da vettori primari che serbatoi del virus dato il loro lungo ciclo vitale. Nell’uomo, il periodo di incubazione dalla puntura di zecca all’insorgenza dei sintomi varia in genere da 7 ed in alcun casi fino a 28 giorni. I sintomi iniziali aspecifici come febbre, mal di testa e debolezza generale possono progredire in grave encefalite e meningite.  Ixodes ricinus è presente in tutta Italia, ma più diffusa in Nord Italia (area alpina e pre-alpina) in aree boschive (latifoglie) con ricco sottobosco. La trasmissione di TBEv, tra zecche e tra zecche e ospiti vertebrati competenti, può avvenire verticalmente (trans-ovarica e transtadiale) o orizzontalmente per via viremica (da un ospite infetto a una zecca non infetta) o non viremica chiamata anche co-feeding (zecche infette e non infette si nutrono contemporaneamente su ospiti vertebrati sensibili o immuni) quest’ultima considerata uno dei fattori più critici nella trasmissione della TBE.  Altre vie di trasmissione all’uomo sono la manipolazione di materiale infetto, la trasfusione di sangue, l’allattamento e l’ingestione di latte non pastorizzato o prodotti lattiero-caseari da animali infetti asintomatici, in particolare ovini e caprini.  Quest’ultima via di trasmissione è stata all’origine di un’epidemia di encefalite da zecche in Francia nella primavera del 2020 con 43 casi umani di encefalite, meningoencefalite o con sintomi simil-influenzali associata al consumo di formaggio di capra crudo non pastorizzato. Va inoltre ricordato il ruolo di alcune specie di uccelli migratori coinvolti nel ciclo di trasmissione ed in grado di contribuire ad una distribuzione geografica delle zecche infette da TBEV lungo le rotte migratorie e avviare nuovi focolai di TBE.

Principali fattori ecologici della distribuzione della TBE in Europa. La diffusione delle zecche è in parte spiegata dall’espansione dell’area geografica dovuta al cambiamento climatico, con l’aumento delle temperature, inverni più miti ed altri fattori ecologici, che giocano un ruolo cruciale nel determinare la capacità vettoriale delle zecche, così come il commercio transfrontaliero che può favorire la loro diffusione e distribuzione geografica.  Il ciclo di trasmissione necessita della presenza di specie chiave di roditori che fungono da ospiti sensibili in grado di trasmettere il virus alle zecche e supportare sia la popolazione del vettore che la circolazione virale.  I cervi invece amplificano l’abbondanza delle zecche agendo come ospiti negli stadi adulti e spostandole su lunghe distanze. Atri fattori sono: densità di strade forestali, precipitazioni maggiori nei mesi più secchi, percentuali di aree boschive, habitat che promuovono l’incontro di ungulati, roditori e zecche, tasso di raffreddamento che induce una diapausa comportamentale e favorisce l’attività larvale e ninfa sincrona nella primavera successiva.

Sorveglianza della TBE in Europa. Dal 2012 l’ECDC richiede a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, più Islanda e Norvegia, di notificare annualmente i propri dati TBE al Sistema Europeo di Sorveglianza (TESSy). Nel 2020, 24 paesi membri dell’UE/SEE hanno segnalato 3817 casi di TBE, con un aumento del 14% delle notifiche dal 2021 al 2022.  La sorveglianza della TBE in Europa è attualmente incompleta e quindi i casi segnalati probabilmente riflettono solo in parte il rischio reale In Italia, dove dal 2017 è stata istituita una sorveglianza nazionale delle infezioni da virus TBE (PNA), nel 2022 c’è stato un incremento dei casi (72) e del tasso di mortalità (4,17%), principalmente da quattro regioni del nord-est.  Il rischio di infezione può variare ogni anno, come risultato di cambiamenti nel rischio acarologico, nell’esposizione, del tasso di copertura vaccinale, dell’intensità dell’individuazione e nella segnalazione dei casi. Il confronto tra regioni e Paesi dipende dall’accuratezza e dalla coerenza dei sistemi di sorveglianza nazionale/regionale (attivo/passivo) e pertanto attualmente i dati relativi all’incidenza di TBE provenienti da diversi Paesi sono difficili da confrontare.  In Italia le regioni Lombardia e Trentino sono endemiche per le TBE e mentre le prove indicano un alto rischio di esposizione alle zecche infette, mancano dati sulle zecche raccolti dall’uomo. Nelle aree endemiche in Italia è attualmente raccomandata la vaccinazione contro la TBE tra i residenti e i gruppi professionalmente esposti. In Friuli-Venezia Giulia dal 2013 e nel Province Autonome di Trento e Bolzano dal 2018, il vaccino contro la TBE è offerto gratuitamente ai residenti.

Approccio One Health per il controllo.  Poiché il virus si trasmette tra zecche, animali e uomo, il controllo e la prevenzione richiedono un approccio One Health con la collaborazione multidisciplinare e intersettoriale e sistemi di sorveglianza attiva integrati, con studi epidemiologici ed ecologici. La sorveglianza è fondamentale, soprattutto perché le zecche possono trasmettere anche altre malattie, come quella di Lyme.  Le campagne di prevenzione dovrebbero puntare su controlli regolari delle zecche dopo le attività all’aperto ed educare sulla corretta rimozione delle stesse.  Per questo motivo, è fondamentale sensibilizzare gli operatori sanitari, i responsabili politici e il pubblico.

Conclusioni. La distribuzione del virus TBE sta cambiando con la comparsa di nuovi focolai di circolazione attiva del virus in aree precedentemente non registrate. Nel ciclo di trasmissione del virus TBE interagiscono molteplici fattori climatici, ambientali ed ecologici, che esercitano un ruolo cruciale nel determinare la capacità vettoriale delle zecche. Per il futuro occorre migliorare la conoscenza dell’interazione zecca-virus, zecca-ospiti e virus-ospiti e dei fattori e delle co-variate ambientali che influenzano il rischio di TBE, nonchè potenziare la sorveglianza integrata mediante modelli di rischio ad alta risoluzione e utilizzo di indicatori di allerta precoce. Tutte sfide che possono essere superate con ricerca, consapevolezza e collaborazione. È fondamentale rimanere vigili e proattivi per proteggere la salute pubblica dalla crescente minaccia della TBE.




Il principio di proporzionalità nelle azioni della autorità competente locale

Le norme di principio sono norme a contenuto generale che esprimono determinati valori ritenuti di particolare importanza in quanto indirizzano l’azione amministrativa e dai quali dipendendono le altre disposizioni normative. L’azione amministrativa non è pertanto solo assoggettata alle norme specifiche per il singolo caso, ma anche a un insieme di principi generali che assicurano l’adeguatezza della scelta adottata dalla amministrazione.

Secondo Nicotra, crescente importanza e funzionalità ha assunto nel diritto pubblico il principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici. L’autore aggiunge che, in ragione di tale principio, ogni provvedimento adottato dalla Pubblica Amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinario (es. sanzioni, imposisioni di obblighi, ecc.), dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.

Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determina un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra i vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta.

Al principio di proporzionalità nelle azioni della autorità competente locale ex art. 138 del regolamento (UE) 625/2017 è dedicato un approfondimento a cura del Dott. Antonio Di Luca, Referente nazionale del Gruppo di lavoro SIMeVeP “Diritto e legislazione veterinaria”

Leggi l’approfondimento

 




Convegno Nazionale – Malattie da Vettori: Focus su CCHF e TBE

Si terrà il 27 febbraio a Roma, presso il Ministero della Salute a via Ribotta, il Convegno Nazionale, accreditato ECM, MALATTIE TRASMESSE DA VETTORI: focus su Febbre emorragica Crimea-Congo e Encefalite da zecca organizzato dal Ministero della Salute in collaborazione con  SIVeMP e SIMeVeP.

Il corso è accreditato per Medici Veterinari, Biologi e Medici Chirurghi (solo discipline Malattie infettive/Igiene, epidemiologia e sanità pubblica/Igiene degli alimenti e della nutrizione/Medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro).

Si stima che attualmente l’80% della popolazione mondiale è a rischio di contrarre una o più malattie da vettori e che queste ogni anno siano responsabili della morte di oltre mezzo milione di persone. Pertanto, le arbovirosi rappresentano un problema di sanità pubblica di primaria importanza la cui lotta risulta difficile e particolarmente sfidante.

L’aumento delle temperature ed i conseguenti cambiamenti macro e microclimatici possono influenzare la biologia e l’ecologia dei vettori, così come gli scambi transfrontalieri ne favoriscono la diffusione e la distribuzione geografica.
Per questi motivi, si assiste con maggiore frequenza alla comparsa di eventi epidemici ed alla endemizzazione delle stesse arbovirosi.

In un’ottica di “salute unica” e di collaborazione intersettoriale, imprescindibile per l’approccio alla lotta delle infezioni da vettori, la giornata di studio vuole contribuire all’aggiornamento degli iscritti su due importanti malattie trasmesse da zecche, attraverso l’intervento di specialisti che potranno fornire ai partecipanti una visione multidisciplinare degli argomenti.

Posti esauriti, è possibile partecipare solo come uditore.

Locandina Convegno

 

 




Aviaria. Grasselli: nessun allarme per cani e gatti ma bisogna stare all’erta

Ciò che era assolutamente impensabile, per i cambiamenti in atto può accadere. Quindi abbiamo il dovere di monitorare”. Lo ha detto Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP e Presidente Onorario SIMEVeP in un‘intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale sui rischi per gli animali domestici, dopo la morte in Islanda di 3 gatti colpiti dall’influenza aviaria.

Bisogna stare all’erta, senza allarmarsi. E mantenere norme banalissime di igiene. Evitare, per esempio, di far girare i nostri animali dove ci sono deiezioni di uccelli. Anche per difenderci da altre patologie che i nostri amici volatili ci possono trasmettere più facilmente, come salmonellosi, campylobatteriosi o clamidiosi. Queste patologie spesso convivono con gabbiani e piccioni, e indubbiamente possono essere trasportate anche in casa dai nostri animali domestici. Ma sul problema dell’aviaria non mi allarmerei”.

In questi anni stiamo assistendo a cambiamenti di carattere ecologico, provocati da cambiamenti climatici che modificano l’habitat non solo di animali ma anche di parassiti che vivono su questi animali”.

Questo può far sì che ciò che era assolutamente impensabile, possa accadere. Quindi abbiamo il dovere di monitorare i cambiamenti che avvengono in questi ecosistemi e di quelle patologie che potrebbero colpire l’uomo. Dobbiamo stare all’erta, con un monitoraggio epidemiologico e un sistema di sorveglianza adeguati” ha concluso Grasselli.




Aggiornamento virus influenza aviaria H5N1: primo caso di decesso umano.

Ad oggi negli Stati Uniti i casi umani totali confermati di influenza aviaria H5N1 sono 66. Ricordiamo che a livello globale, negli ultimi 20 anni sono stati segnalati circa 500 decessi da H5N1, la maggior parte dei quali nel sud-est asiatico. I casi negli Stati Uniti si sono verificati principalmente in soggetti adulti con esposizione a pollame o bovini da latte infetti e con una sintomatologia consistente in congiuntivite (93% dei casi), febbre (46%) e sintomi respiratori (36%). Non è stata individuata alcuna diffusione persona-persona. Su ruolo del latte crudo, ritenuto un prodotto a rischio per l’uomo, ad oggi non ci sono segnalazioni di casi umani, sebbene il virus sia tramesso ad alcuni gatti a seguito del consumo di latte infetto.

Riguardo al primo caso umano di ospedalizzazione per influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in Luisiana, il Dipartimento di Salute ha comunicato il decesso del paziente di più di 65 anni con malattie concomitanti e con una esposizione a pollame ed uccelli selvatici. La notizia segue quella di un rapporto secondo cui i campioni di virus del paziente presentavano mutazioni di adattamento ai mammiferi che potrebbero facilitare la trasmissione persona-persona. Queste mutazioni, come ha riferito il CDC non erano presenti nei campioni di virus prelevati dai volatili da cortile, il che suggerisce che si siano sviluppate nel paziente con il progredire della malattia. Una di queste mutazioni era presente anche nel virus prelevato da una ragazza canadese di 13 anni ricoverata in ospedale e con supporto respiratorio, poi guarita.

Entrambi i pazienti erano portatori di una versione del virus che circola solo negli uccelli selvatici, distinta da quella che ha causato l’epidemia nei bovini da latte. Sebbene si tratti di casi isolati, i due casi insieme indicano la possibilità che il virus possa acquisire nuove capacità patogene per l’uomo. Più il virus circola tra le persone ed altri mammiferi, più alto è il rischio che acquisisca mutazioni che consentono il suo adattamento e trasmissione umana. Il rischio aumenta in occasione della stagione invernale, con il picco di influenza stagionale che potenzialmente crea le condizioni di co-infezione con entrambi i virus, stagionale ed influenza aviaria H5N1, fornendo a quest’ultimo ampie opportunità di acquisire le mutazioni di cui ha bisogno per diffondersi efficacemente tra le persone. L’H5N1 circola negli uccelli selvatici da diversi anni e nei bovini da latte da circa un anno e l’epidemia non ha mostrato segni di attenuazione, con più di 900 allevamenti di bovini da latte colpiti in 16 stati. A dicembre, la California, lo stato più colpito dall’epidemia nei bovini, ha dichiarato un’emergenza sanitaria pubblica. Il virus si è diffuso anche dagli allevamenti di bovini da latte agli allevamenti di pollame e tra gli uccelli selvatici.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Il veterinario Maurizio Ferri nella lista di esperti del comitato consultivo per le emergenze di sanità pubblica

Il dottor Maurizio Ferri, veterinario dirigente della Asl di Pescara, a seguito di un bando europeo pubblicato dalla commissione europea a novembre 2023, è stato selezionato e inserito nella lista di esperti (reserve list) del comitato consultivo per le emergenze di sanità pubblica, istituito dalla commissione europea nel 2023 con compiti di consulenza in caso di gravi minacce per la salute pubblica a carattere transfrontaliero e sulle misure da adottare in risposta al focolaio e sui tempi per revocarle. Il gruppo colma la grave lacuna individuata durante la pandemia di Covid 19.

“Questo ulteriore riconoscimento internazionale del dottor Ferri, già componente del gruppo di esperti Efscm della commissione europea per la gestione della preparazione e risposta alle crisi di approvvigionamento alimentare, è motivo d’orgoglio per il servizio di Igiene degli alimenti di Origine Animale, che da diversi anni è inserito in una rete di contatti internazionali con servizi veterinari di diversi paesi dell’Unione e dell’Est Europa, e per questa Asl”, viene precisato nella nota dell’azienda sanitaria.

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Fonte: ilpescara.it




Ulteriori notizie preoccupanti sull’influenza aviaria: i gatti potrebbero diventare portatori di influenza aviaria?

Ad oggi H5N1 clade 2.3.4.4b è stato segnalato in oltre 90 specie di uccelli selvatici e domestici e più di 21 specie di mammiferi, tra cui bovini, volpi, puzzole, leoni marini, visoni, delfini, cani procione, gatti e foche, e nell’uomo. Sul ruolo dei gatti come me portatori del virus dell’influenza avaria H5N1 due fonti indirizzano verso questo scenario: un studio pubblicato questa settimana sulla rivista Emerging Microbes and Infections dal titolo ‘Neurotropismo marcato e potenziale adattamento del virus del clade H5N1 2.3.4.4.b nei gatti domestici infettati naturalmente’, e la sospetta influenza aviaria H5 rilevata nei gatti della contea di Los Angeles associata al consumo di latte crudo oggetto di richiamo e proveniente da un allevamento da latte risultato positivo al virus dell’influenza aviaria H5 nelle vacche e nel latte. I gatti risultati positivi al virus H5N1 clade 2.3.4.4b dopo il consumo di latte crudo hanno manifestato sintomi che includevano mancanza di appetito, febbre e segni neurologici con peggioramento delle condizioni e decesso.  Ancora più recente è la notizia di un’epidemia di influenza aviaria che ha colpito un piccolo numero di animali al Wildlife World Zoo vicino a Phoenix, in Arizona.  I test presso il Dipartimento dell’Agricoltura dell’Arizona hanno mostrato che i campioni erano probabilmente positivi per H5N1. I funzionari della sanità pubblica stanno lavorando per identificare il personale e i volontari che probabilmente hanno avuto un’esposizione prolungata agli animali.

I ricercatori dello studio sopracitato hanno trovato due nuove mutazioni nella proteina PA (F314L, L342Q) che possono influenzare sia l’attività della polimerasi, un enzima che il virus usa per copiare il suo genoma che la virulenza, espressa dalla emoagglutinina, l’H in H5N1, la proteina che il virus usa per attaccarsi alle cellule, per stabilizzarla per la trasmissione per via aerea e aiutarla a legarsi meglio alle cellule nelle vie aeree superiori umane. I risultati dello studio suggeriscono un potenziale adattamento del virus e rilevano una diffusa co-espressione dei recettori dell’acido sialico α-2,6 (presente nell’uomo ed altri mammiferi) e α-2,3 (aviario) cha fanno dei gatti potenziali vasi di miscelazione per il riassortimento dei virus dell’influenza aviaria e dei mammiferi. Un cambiamento nell’affinità di legame dell’HA del virus H5N1 dai recettori dell’acido sialico α-2,3 a α-2,6,  abbondantemente espresso nelle vie aeree umane superiori, è fondamentale per ottenere la capacità di trasmissione da uomo a uomo. Uno studio recentissimo pubblicato su Science sull’analisi genetica e strutturale delle mutazioni necessarie per modificare completamente il riconoscimento del recettore ospite da parte del virus ha evidenziato come una singola mutazione dall’aminoacido glutammina a leucina al residuo 226 dell’antigene virale emoagglutinina (HA) sia stata sufficiente a modificare la specificità aviaria a quella umana. Tuttavia, una mutazione della polimerasi, soprannominata 627K perché porta all’amminoacido lisina (K) alla posizione 627 della proteina, è stata trovata più volte nei ceppi che infettano i mammiferi nonché in quelli isolati dal primo caso umano associato all’epidemia negli Stati Uniti nelle vacche da latte.  E’ anche vero che i virus negli uccelli, nei bovini e nell’uomo ad oggi non hanno mostrato mutazioni dell’emoagglutinina 226L che consentirebbe a H5N1 di agganciarsi meglio ai recettori umani.  In natura, il verificarsi di questa singola mutazione potrebbe essere un indicatore del rischio di pandemia umana. I ricercatori ritengono che perché il virus abbia successo sia necessaria una combinazione specifica di mutazioni nella neurominidasi ed emagglutinina. Le due proteine hanno effetti opposti sulle stesse catene di zucchero (acido sialico) sulla superficie delle cellule umane: l’emagglutinina si attacca a queste catene, aiutando il virus a infettare nuove cellule, mentre la neuraminidasi taglia quelle catene, liberando il virus appena formato dalle cellule ospiti. Se l’emoagglutinina è troppo appiccicosa e la neuraminidasi è troppo povera, il virus rimane bloccato nella cellula. E’ una questione di equilibrio che consente al virus di infettare nuove cellule.

Da quando il virus ha iniziato a circolare nei bovini da latte negli USA (rilevato in 832 allevamenti in 16 stati) con almeno 60 casi umani, la maggior parte dei quali associati a stretto contatto con vacche da latte o pollame infetti (ma gli esperti ritengono che la cifra stata sottovalutata  data la mancanza di test obbligatori), si sono verificati diversi decessi nei gatti negli allevamenti da latte colpiti. Dalla fine del 2022, almeno 53 gatti domestici negli Stati Uniti sono stati infettati dal virus H5N1 2.3.4.4b. I gatti possono essere esposti all’influenza aviaria cibandosi di uccelli infetti o altri animali o consumando latte non pastorizzato di vacche infette. Si stima che la versione attuale di H5N1 abbia un tasso di mortalità nei felini del 67%. Il virus dell’influenza aviaria H5 puoi trasmettersi da mammifero a mammifero. L’attuale versione del ceppo H5N1 si è dimostrata sorprendentemente promiscua infettando non solo 90 specie di uccelli ma più di 20 specie di mammiferi. I gatti domestici potrebbero dunque fornire questo nuovo percorso inaspettato per l’H5N1 con il rischio di evolvere in una forma più pericolosa.  Ad oggi i gatti hanno trasmesso un altro ceppo influenzale all’uomo, ma mai l’H5. Tuttavia, nell’eventualità che un gatto venisse infettato contemporaneamente da H5N1 e dal virus dell’influenza stagionale, H5N1 potrebbe potenzialmente acquisire le mutazioni necessarie per l’adattamento ai mammiferi, alcune delle quali già evidenziate, per diffondersi in modo efficiente tra le persone. Il nuovo studio sopra citato evidenzia la necessità per i funzionari di sanità pubblica di rafforzare la sorveglianza dell’influenza aviaria nei felini domestici. Nei mesi passati in USA i test per la ricerca di H5N1 si sono limitati alle vacche da latte e uomo, lasciando gli esperti all’oscuro della vera portata dei focolai epidemici.  Il Dipartimento dell’agricoltura (USDA)- sebbene in ritardo, quasi un anno dopo che il virus ha iniziato a circolare attraverso i bovini da latte-  ha annunciato un programma di esecuzione di test su campioni di latte non pastorizzato da grandi centri di stoccaggio ubicati negli  impianti di lavorazione del latte in tutto il paese al fine di individuare gli allevamenti infetti, ma senza includere il monitoraggio di altri animali da allevamento, per non parlare di quelli domestici.

Come detto i virus dell’influenza aviaria si agganciamo naturalmente ai recettori di tipo aviario presente negli uccelli. Diversamente i virus dell’influenza stagionale richiedono recettori di tipo umano abbondantemente espressi nelle vie aeree umane superiori.  Naturalmente, preoccupano sia i  suini che dispongono di entrambi i tipi di recettori e per tale ragione fungono da vasi di miscelazione ideali con lo scambio di geni di entrambi i virus,  che altre specie animali. Difatti lo studio citato ha rilevato nei gatti entrambi i tipi di recettori nel cervello, nei polmoni e nel sistema gastrointestinale, il che li rende ospiti ideali di entrambi i virus. Man mano che la stagione influenzale riprende nelle prossime settimane negli USA, aumentano anche le probabilità che i gatti vengano infettati contemporaneamente da H5N1 e da un virus dell’influenza stagionale. L’acquisizione della specificità del recettore di tipo umano è necessaria per la trasmissione da uomo a uomo del virus influenzale ed è uno dei principali fattori considerati per il rischio di pandemia di un nuovo ceppo animale di influenza aviaria.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP




Ferri: PSA tra fattori di rischio e di protezione

L’EFSA in un rapporto scientifico del 4 Dicembre 2024 dal titolo ‘Fattori di rischio e di protezione per la Peste suina africana nei suini domestici e nei cinghiali nell’UE e misure di mitigazione per la gestione della malattia nei cinghiali’, utilizzando revisioni delle pubblicazioni scientifiche, studi sul campo, questionari e modelli matematici, individua e valuta cinque aspetti epidemiologici della PSA.

In primo luogo i risultati della revisione della letteratura e di uno studio caso-controllo negli allevamenti di suini commerciali, sottolineano l’importanza dei fattori di rischio legati alla biosicurezza e pratiche agricole, compresa la diffusione del letame intorno agli allevamenti e l’uso di materiale da lettiera, mentre l’uso di reti anti-insetti svolge una azione protettiva. Per quanto riguarda la densità dei cinghiali, ritenuto essere un fattore rilevante dal punto di vista epidemiologico, i modelli statistici e meccanicistici utilizzati non hanno evidenziato un effetto chiaro e coerente sull’epidemiologia della PSA negli scenari selezionati, diversamente da altri fattori ambientali, come vegetazione, altitudine, clima e barriere che influenzando la connettività della popolazione, svolgono un ruolo epidemiologico chiave per la PSA nei cinghiali.

Riguardo alla presenza e sorveglianza di Ornithodoros erraticus sembra che questa zecca non abbia avuto alcun ruolo nell’attuale epidemia di PSA nelle aree colpite dell’UE. Le prove scientifiche disponibili suggeriscono invece che le mosche delle stalle e i tafani sono esposti alla PSA, hanno la capacità di introdurre l’infezione negli allevamenti e trasmetterla ai suini, anche se non è chiaro se ciò si verifichi e, in caso affermativo, in che misura.

Molto si è parlato delle recinzioni, ricordiamo quelle costruite in Danimarca lungo i confini con la Germania, dopo i primi focolai in quest’ultimo paese nel 2020 nei cinghiali nelle zone immediatamente adiacenti al confine con la Polonia. Ebbene la ricerca e l’esperienza sul campo dei paesi colpiti nell’UE dimostrano che il loro uso, potenzialmente abbinato alle infrastrutture stradali esistenti, insieme ad altri metodi di controllo come l’abbattimento e la rimozione delle carcasse di cinghiali, può ridurre efficacemente i movimenti dei cinghiali contribuendo alla gestione della PSA in natura. Le recinzioni possono contribuire a controllare l’infezione in entrambi gli scenari di introduzioni focali e diffusione a onde. In ultimo, i vaccini. Si è dimostrato che l’uso dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH) come contraccettivo immunitario, ha il potenziale, come strumento complementare, di ridurre e controllare le popolazioni di cinghiali. Tuttavia, lo sviluppo di un vaccino orale GnRH per i cinghiali richiede ulteriori studi scientifici.

Dott. Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico della SIMeVeP

Leggi il rapporto EFSA

 




H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi

Il virus dell’influenza aviare H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi con il rischio di una nuova potenziale pandemia.

Lo conferma un recente studio pubblicato su Nature.

Il virus HPAI H5N1 derivato da bovini da latte si trasmette attraverso goccioline respiratorie nei mammiferi senza previo adattamento e causa infezioni letali in modelli animali.

Un team dell’Università del Wisconsin e del Giappone ha riferito che un isolato di H5N1 dall’occhio di un lavoratore del settore lattiero-caseario mostra una mutazione PB2-E627K legata alla replicazione nei mammiferi. Il lavoratore aveva mostrato una congiuntivite dopo l’esposizione a vacche infette.

I test hanno dimostrato la capacità del virus H5N1 di replicare sulla cornea umana e sulle cellule polmonari. Negli esperimenti sui tessuti di topo, il virus ha infettato 15 tessuti diversi, con i livelli più alti riscontrati nel tessuto respiratorio.

Il team ha infettato i furetti con un’alta carica del virus isolato dal lavoratore lattiero-caseario, trovando un modello di infezione simile a quello dell’uomo, non dei topi. Ricordo che i furetti sono modelli ideali per lo studio dell’influenza a causa dei sintomi clinici e trasmissione simili.

Tutti i furetti infetti sono morti entro cinque giorni e il campionamento dei tessuti ha mostrato la presenza del virus in tutti i tipi, in particolare nei tessuti respiratori. Al contrario, ricerche precedenti che utilizzavano un virus H5N1 bovino hanno rilevato gravi infezioni nei furetti, ma non così letali.

Tra il 17% e il 33% dei furetti nelle gabbie adiacenti sono stati infettati da goccioline respiratorie, indicando che il virus può diffondersi tra i mammiferi con questa modalità anche se con un’efficienza limitata. Tutti i furetti direttamente infetti sono morti entro sei giorni.

Maurizio Ferri,
Responsabile scientifico SIMeVeP




WELFAIR – FIERA DEL FARE SANITA’ – One Health: quale equilibrio tra uomo, animali ed ambiente?

Si svolgerà a Roma dal 5 al 7 novembre “WELFAIR – FIERA DEL FARE SANITA” dedicata alla Sanità in Italia, che riunisce in un appuntamento nazionale i vertici della governance sanitaria, delle società scientifiche e delle grandi aziende di tecnologie medicali.

Nella giornata del 6 novembre dalle 16:30 alle 18:30 è in programma la tavola rotonda “One Health: quale equilibrio tra uomo, animali ed ambiente?” coordinata da Sofia Gorgoni, Direttore Responsabile Prevenzione e Salute, alla quale parteciperà Aldo Grasselli, Segretario Nazionale SIVeMP e Presidente Onorario SIMeVeP.

Intervengono:

Ugo Della Marta, Direttore Generale della Direzione per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione, Ministero della Salute

Sara Faravelli, Corporate Communcation Director, Purina Southern Europe

Gaetana Ferri, Consigliere Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani (FNOVI)

Piero Formica, Innovation Value Institute, Maynooth University, Ireland

Aldo Grasselli, Presidente Onorario SIMeVeP e Segretario Nazionale SIVeMP

Ylenja Lucaselli, Deputato, Presidente intergruppo parlamentare One Health

Giulia Marchetti, Professore ordinario di Malattie Infettive Direttore Clinica delle Malattie Infettive e Tropicali Dip di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano

Marco Melosi, Presidente Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI)

Maria Triassi, Direttore del Dipartimento ad Attività Integrata di Sanità Pubblica, Farmacoutilizzazione e Dermatologia AOU Federico II; Professore ordinario di igiene generale e applicata, Università degli Studi di Napoli Federico II.

L’ingresso in Fiera è gratuito

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