Intervista al Presidente SIMeVeP sull’ influenza aviaria nei mammiferi
Presidente Sorice, in Gran Bretagna è allarme aviaria: qual è la situazione in Italia?
«Attualmente, in Italia, i focolai di influenza aviaria sono limitati ad alcune Regioni, come il Veneto, l’Emilia-Romagna e la Lombardia. Questa tipologia di influenza può colpire sia gli animali selvatici, che quelli di allevamento. Ma è tra i primi che, in questo momento, i sistemi di sorveglianza, disposti dai servizi veterinari di tutta Italia, riscontrano il maggior numero di positività».
C’è chi teme un salto di specie, che l’aviaria possa essere trasmessa da uomo a uomo come accaduto per il Sars-CoV-2. È una paura legittima?
«È piuttosto normale che ci si ponga questa domanda dopo quanto accaduto con il virus Sars- CoV2, che ci si interroghi sulla possibilità che le patologie che si originano nel mondo animale possano avere un impatto sanitario sull’uomo. Il virus dell’influenza aviaria rilevato nel corso degli ultimi due anni è definito ad alta patogenicità. E per questo specifico virus è già avvenuto un primo salto di specie: sono diversi i casi riscontrati tra gli esseri umani. Ma in nessuna parte del mondo è stata mai segnalata una trasmissione da uomo a uomo, ovvero quel passaggio che nel caso del Covid-19 ha scatenato la pandemia globale. Ma, nonostante l’aviaria venga attualmente trasmessa solo dall’animale all’uomo e non da un uomo all’altro, è necessario mantenere alto il livello di sorveglianza, così da poter intercettare precocemente eventuali mutazioni del virus».
Quali sono le strategie adottate in Italia per monitorare la diffusione dell’aviaria?
«Attualmente il virus dell’aviaria è diffuso sia in Italia che in Europa, con una presenza più marcata in Francia, Germania e nei Paesi dell’Est. Nel nostro Paese giunge tendenzialmente attraverso le rotte migratorie degli animali selvatici che scendono dalla Russia e dal Nord Europa verso l’Italia e i paesi più caldi. Questi volatili possono trasportare il virus senza ammalarsi. Di conseguenza, particolari attività di sorveglianza vengono svolte in prossimità di tali rotte migratorie e monitoraggi più generali, invece, sono attuati negli allevamenti dal nord al sud della Penisola».
In che modo si monitora e sorveglia?
«Le azioni svolte sono molteplici: si va dalla raccolta e l’analisi dei selvatici rinvenuti morti, ai tamponi sugli animali presenti negli allevamenti. Questi esami consentono di intercettare il prima possibile l’eventuale presenza del virus, sia negli animali selvatici che allevati, adottando in modo altrettanto tempestivo misure di messa in sicurezza e contenimento della diffusione del virus in ambito veterinario».
Quali misure vengono adottate in presenza di un focolaio di aviaria
«Esistono in tutte le regioni d’Italia, sulla base di indicazioni dettate dal Ministero della Salute, dei piani specifici di contrasto alle emergenze epidemiche in ambito veterinario. Le misure che possono essere messe in atto sono di vario grado, adottate in base alla gravità della singola situazione. È possibile disporre il divieto di movimentazione degli animali, quello di trasferimento degli stessi presso impianti di macellazione, così come viene proibita la commercializzazione dei sottoprodotti, le uova ne sono un esempio, che derivano dalle zone focolaio. Tutti gli animali contagiati vengono isolati e abbattuti per evitare il propagarsi del virus».
Sono previste anche delle azioni di prevenzione?
«Certo. Oltre alle già citate azioni di sorveglianza effettuata dai veterinari dalle Asl italiane, tutte le filiere produttive adottano delle specifiche misure di bio-sicurezza, la cui validità è dimostrata dai dati raccolti negli ultimi anni sul calo d’incidenza di casi di aviaria negli allevamenti italiani. Oltre a mettere in atto tutte le misure di sorveglianza necessarie ad intercettare il virus tempestivamente, è fondamentale pure vaccinarsi contro l’influenza stagionale. Il vaccino antinfluenzale allena il nostro sistema immunitario a reagire anche nei confronti di virus influenzali diversi da quelli per cui ci si è vaccinati, compresa l’aviaria. Pur non evitando il contagio consente di tenere sotto controllo la patologia che, di solito, si manista con sintomi di minore gravità».
Quanto è elevato il rischio per un essere umano di contrarre l’aviaria?
«Le persone che lavorano a contatto diretto con le specie avicole corrono, ovviamente, un maggiore rischio di contrarre l’aviaria, in presenza di focolaio. Proprio per questo, il Ministero della Salute, già da alcuni anni, consiglia fortemente alla categoria di sottoporsi, ogni anni, alla vaccinazione contro l’influenza stagionale. Per le persone che non frequentano questi ambienti, invece, la possibilità di contrarre l’avaria è molto molto remota»
Fonte: Sanità Informazione