Gli strumenti diagnostici nella strategia di sorveglianza epidemiologica di COVID-19

Maurizio ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP, analizza gli strumenti diagnostici oggi disponibili all’interno dei programmi di sorveglianza per COVID-19, come la loro scelta dipenda dal contesto epidemiologico, l’accuratezza degli stessi e l’ effetto delle varianti su test diagnostici e vaccinazioni.

E’ chiaro – sostiene Ferri in conclusione – che per garantire in futuro l’accuratezza dei test diagnostici (molecolare ed antigenico) è di fondamentale importanza portare avanti i programmi di vaccinazione il più rapidamente possibile, catalogare gli obiettivi genomici della diagnostica SARS-CoV-2 e sequenziare in maniera regolare e diffuso i campioni clinici”.

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The contribution of veterinary public health to the management of the COVID-19 pandemic from a One Health perspective

E’ pubblicato sulla rivistaopen access One Health Journal  l’articolo “The contribution of veterinary public health to the management of the COVID-19 pandemic from a One Health perspective” a cura di  Maurizio Ferri, coordinatore scientifico SIMeVeP e Meredith Lloyd-Evans, rappresentante dell’Association of Veterinary Consultants on the European Food Safety Agency’s Stakeholder Advisory Group on Emerging Risks, Founder of BioBridge Ltd, Cambridge, UK.

Grazie alle conoscenze veterinarie sul potenziale serbatoio animale, l’origine e la via di trasmissione delle infezioni umane Covid-19; le conoscenze maturate nel condurre la sorveglianza epidemiologica veterinaria della fauna selvatica dei coronavirus emergenti per prevenire e ridurre al minimo potenziali minacce pandemiche emergenti, le esperienze acquisite sui metodi di controllo e sorveglianza delle epidemie animali per la gestione dei focolai Covid-19 in una prospettiva One Health, la professione veterinaria può contribuire notevolemente, dando concretezza all’approccio One Health, alla gestione della pandemia in atto, nell’ambito di interventi concertati congiuntamente in ambito veterinario e medico.

La professione veterinaria ha ontologicamente con un forte accento One Health e tutte le relative preziose conoscenze possono essere adeguatamente integrate all’interno di task force multidisciplinari centralizzate, istituite a livello nazionale e internazionale, con un rinnovato ruolo nelle strutture di gestione e monitoraggio necessarie per la gestione del Pandemia di covid19.

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SARS-COV-2: la variante nel visone e possibili mutazioni

Maurizio Ferri, Coordinatore sceintifico SIMeVeP, analizza in un contributo in inglese, la variante di SARS-COV-2 nel visone ed altre varianti che potrebbero minacciare l’efficacia degli attuali vaccini.

Una stretta collaborazione tra le autorità di sanità pubblica e quelle di sanità animale nell’ambito dell’approccio “One Health” è fondamentale per l’individuazione precoce dei focolai di infezione da SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni e dei casi umani correlati agli allevamenti di visoni, al fine di consentire misure tempestive di risposta e controllo. Per ridurre il rischio posto alla sanità pubblica dalla variante le autorità nazionali dovrebbero mettere in atto una serie di misure destinate agli allevamenti di visoni, agli operatori che vi lavorano e alle co munità che vi sono in contatto.

 




I veterinari, l’antibioticoresistenza e lo spreco alimentare

Sono pubblicati su La Repubblica – Focus Sanità del 24 gennaio 2021 due contributi sul ruolo dei Veterinari di Medicina Pubblica e sull’impegno della SIMeVeP nel campo dell’antibioticoresistenza e dello spreco alimentare.

Nell’immaginario comune il concetto di medicina veterinaria è legato alla cura degli animali da compagnia. In realtà il tema della salute nel mondo animale copre uno spettro ben più ampio di tematiche, strettamente legate al benessere globale anche della popolazione umana.

Da qui la necessità di un’opera di azione e sensibilizzazione, volta a mettere sotto la lente d’ingrandimento gli aspetti dell’interazione uomo-animale-ambiente.

In questo senso l’impegno della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva, è diretto all’incremento del livello di salute del Paese perseguendo il modello One World-One Medicine—One Health.

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La nuova variante inglese VOC 202012/01 di SARS-COV-2 e potenziali effetti sui vaccini ed immunità naturale

Nelle prime settimane di dicembre le autorità sanitarie del Regno Unito registrano un rapido aumento dei casi di COVID-19 nella regione del Kent, nel sud-est del paese.

L’analisi delle sequenze genomiche del virus SARS-CoV-2 isolato da pazienti consente di associare un’ampia percentuale di casi (60%) ad un nuovo cluster filogenetico. Si tratta di una variante del virus o più precisamente di una famiglia di varianti che si collocano in un ramo evolutivo dell’albero filogenetico di SARS-CoV-2 e caratterizzate da una combinazione di delezioni (assenza di piccoli pezzi di genoma virale) e di mutazioni nella proteina S (degli spikes) mai viste nel panorama delle tante varianti che circolano nel mondo.

Infatti presentano in maniera insolita 17 mutazioni di recente denominate Variant of Concern 202012/01 (VOC) dal Public Health England

L’analisi di Maurizio Ferri Coordinatore scientifico SIMeVeP




‘Medicina hominem curat, veterinaria humanitatem’, l’intervento di Perrone a Green Zone

zoonosiVitantonio Perrone, Vice Presidente SIMeVeP, ha parteciparato alla trasmissione “Green Zone” condotta da Mario Tozzi e Francesca Malaguti su Radio Rai 1, andata in onda domenica 6 dicembre per parlare di Covid-19 e zoonosi.

La medicina cura l’uomo, la veterinaria cura l’umanità” ha ricordato Perrone in apertura, citando S.S. Evseenko, veterinario russo dei primi del 900.

 

Dal minuto 7.20 l’intervento del Vice Presidente




Coronavirus, uomo e animali: chi contagia chi?

Con il documento “Coronavirus, uomo e animali: chi contagia chi? ” il Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice e il Coordinatore scientifico SIMeVeP , Maurizio Ferri, propongono un’analisi della potenziale suscettibilità di SARS-COV-2 nella gamma degli ospiti animali  e delle strategie di prevenzione  e gestione del rischio SARS-CoV-2 negli animali.

Considerato l’ampio spettro di animali recettivi a SARS-CoV-2 ed il potenziale rischio zoonotico, appare sempre più necessaria l’adozione di comportamenti precauzionali nei contatti diretti o indiretti con animali domestici o da compagnia. A riguardo sono disponibili linee guida finalizzate a limitare la diffusione di SARS-CoV-2 sia per gli animali da compagnia che di allevamento. Alla luce dei recenti eventi di antroponosi inversa e della deriva genetica/antigenica del SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni, successiva all’introduzione da parte dell’uomo, non si può escludere che eventi simili possano verificarsi con altre specie animali all’interno della gamma degli ospiti recettivi a SARS-CoV-2, e che la potenziale formazione di un serbatoio non umano di SARS-CoV-2 possa estendersi ai mustelidi in cattività o altri animali selvatici da cui il virus potrebbe ritornare all’uomo

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I Veterinari, la pandemia COVID-19 e i vaccini

vaccinoDi Maurizio Ferri
Coordinatore scientifico Società Italiana di Medicina veterinaria preventiva (SIMeVeP)

SIMEVEP: In un’ottica One Health è quanto più necessaria una collaborazione interprofessionale tra la medicina veterinaria e quella umana. L’esperienza sul campo e la ricerca veterinaria su virus patogeni nei selvatici con potenziale epidemico o pandemico possono contribuire alla messa a punto di vaccini e di strategie di controllo della pandemia COVID-19 e di prevenzione di quelle future

La pandemia COVID-19  ha fatto emergere una interrelazione stretta tra la salute delle persone, la sanità animale e la protezione dell’ambiente.  Questo scenario,  non nuovo se si considerano la passate pandemie SARS (2002),  HIN1 (2009) e MERS (2012) deve richiamare i Governi e le istituzioni sanitarie ad un impegno preciso ed inderogabile:  declinare con forza  e consapevolezza le azioni di prevenzione e controllo delle infezioni secondo una visione olistica-globale che attiene il concetto One Health.  Lo sforzo da compiere,  a cui siamo chiamati tutti,  in primis i decisori è di lavorare per trovare una convergenza delle professionalità che operano in settori diversi della sanità pubblica,  ma che condividono gli stessi interessi ed obiettivi sanitari,   ed inserire  le emergenze sanitarie all’interno di un sistema molto più ampio per assicurare interventi di prevenzione e controllo efficaci e sostenibili.   Per garantire l’efficacia dei piani pandemici e la loro coerenza con l’approccio One Health,  occorre abbattere gli steccati tra le professioni e sviluppare sinergie ed integrazioni metodologiche tra la medicina veterinaria e quello umana,  al netto del contributo altrettanto essenziale di altre figure professionali come sociologi, ingegneri, antropologi,  esperti ambientali,  economisti.

I piani pandemici devono prevedere opportuni  e sempre aggiornati programmi di sorveglianza integrata finalizzati al rilevamento di segnali spill-over in contesti eco-ambientali con stretta interfaccia animale-umana e con potenziale epidemico o pandemico,  oltre che assicurare una più ampia mobilizzazione delle competenze veterinarie (epidemiologi, virologi)  all’interno delle task force nazionali.  Detti piani devono inoltre far proprio un modello simile a quello militare,  in cui le operazioni,  comprensive delle esercitazioni annuali di simulazione di epidemie,  vengono realizzate  già in tempi di pace,  sostenute da strumenti e dalla definizione di ruoli specifici all’interno di una piano strategico che consenta di essere sapere quando e come rispondere, ed essere più preparati a contrastare le future pandemie.  In sostanza si tratta di un guerra tra noi ed il virus!  Per tradurre ciò su scala nazionale è imperativo che la politica assicuri capitoli di finanziamenti ad hoc per la prevenzione e gestione delle ‘emergenze pandemiche,’ sotto la guida delle istituzioni sanitarie.

I veterinari e la sorveglianza epidemiologica.

La professione veterinaria parte già con un forte accento One Health  in virtù delle esperienze fatte sul terreno della sorveglianza  delle infezioni negli animali che si trasmettono alle persone  (es. zoonosi come Salmonella e Campylobacter) per la loro prevenzione e controllo,  gestione delle passate epidemie animali e costruzione di vaccini.  Questo bagaglio professionale va sostenuto perché è funzionale alla gestione della pandemia COVID-19 e di quelle future.  Un esempio eccellente della sorveglianza  in chiave One-Health  è il  piano nazionale di preparazione e risposta all’infezione West Nile,  che colpisce i cavalli,  si trasmette all’uomo ed è endemica in alcune regioni italiane,  principalmente nelle province del Nord situate nel bacino del Po.  Dal 2018 nel nostro paese sono stati notificati oltre 247 casi umani autoctoni di malattia neuro-invasiva da West Nile.  L’applicazione del piano  ha permesso ai veterinari di rilevare la circolazione virale nei vettori (zanzare del genere Culex) nove giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del primo caso umano confermato.  Ciò ha consentito di attivare risposte tempestive sia per il controllo vettoriale, sia per l’applicazione in medicina umana delle misure di sicurezza nelle donazioni del sangue e trapianti e per prevenire la trasmissione dell’infezione umana.

I veterinari ed i vaccini

La narrativa sui primi vaccini nella storia dell’umanità si intrecciano con gli animali e veterinari. Già il termine vaccino,  nel senso etimologico di bovino,  designava il vaiolo dei bovini (cowpox)  o vaiolo vaccino.  Ad Edward Jenner si deve nel 1796 il  vaccino contro la variante umana (smallpox) del virus del vaiolo.  Il medico e naturalista britannico,  osservò che i contadini contagiati dal vaiolo bovino una volta superata la malattia,  non si ammalavano della sua variante di gran lunga più grave.  L’inoculazione di materiale purulento da una donna ammalata di cowpox al braccio di un ragazzo di otto anni lo rese immune e prevenne la malattia.  Da allora il vaiolo vaccino ha permesso di debellare a livello mondiale la malattia.  Successivamente,  nel 1880,  Louis Pasteur dimostrò l’applicabilità dello stesso principio,  utilizzando colture di germi responsabili del colera dei polli che conferivano resistenza contro le infezioni batteriche nell’uomo e chiamò vaccino la coltura batterica.

Oggi, in un’ottica One Health si colloca la creazione di vaccini animali contro alcune zoonosi.  Mi piace citare la ricerca sui virus del papilloma nei conigli e bovini che ha contribuito allo sviluppo del vaccino contro il papillomavirus umano somministrato alle ragazze per prevenire il cancro cervicale.  Riguardo invece ai coronavirus,  la veterinaria  da decenni studia le relative infezioni  animali  (cani,  gatti ed animali  da allevamento) ed ha messo a punto vaccini efficaci per prevenirle.  I veterinari sanno che i coronavirus isolati per lo sviluppo di vaccini contro alcune infezioni animali sono rimasti in gran parte invariati per decenni,  il che suggerisce un basso tasso di mutazione rispetto ad altri virus come l’influenza,  che  al contrario richiedono vaccini stagionali contro gli ultimi ceppi circolanti.  Forse ciò può costituire una lezione preziosa per lo studio dei vaccini contro il coronavirus?  In  sostanza  le tecnologie esistenti ed il relativo know-how  non necessitano di essere inventati dal nulla.   E questo ci conduce ad un esempio eccellente dell’approccio One Health per la costruzione di vaccini,  che consente alle diverse discipline di ricerca di collaborare per fornire soluzioni che giovino contemporaneamente agli animali,  alle persone e agli ecosistemi.   Ed è  il nuovo vaccino contro la Febbre della Valle del Rift (FVR),  denominato ChAdOx1,  sviluppato dal  Jenner Institute  presso l’Università di Oxford e la cui l’efficacia protettiva è stata confermata dai ricercatori del Pirbright Institute nel Regno Unito. La FVR è un’infezione che colpisce i ruminanti  e si trasmette all’uomo attraverso il contatto con animali infetti e relativi tessuti contaminati,  oltre che con la puntura di zanzare infette.   L’infezione umana può condurre a cecità,  encefalite e febbre emorragica,  ed ad oggi non esistono vaccini umani.   La tecnologia ChAdOx1 si basa sull’utilizzo di un vettore costituito da un adenovirus della scimmia non replicante integrato con i geni che codificano alcune glicoproteine dell’envelope virale responsabili della risposta immunitaria.   Oltre che per la FVR,  il vaccino vettoriale ChAdOx1 viene attualmente sperimentato per le infezioni virali umane MERS, Chikungunya   e  Nipha   che riconoscono tutte un serbatoio animale.   La stessa tecnologia ChAdOx1 è stata impiegata sempre dal Jenner Institute in collaborazione con la casa farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca per lo sviluppo del vaccino umano vettoriale ChAdOx1 nCov-19 contenente il materiale genetico della proteina Spike del virus SARS-CoV-2,  attualmente in attesa di essere autorizzato dall’European Medicines Agency (EMA).

Il contributo è stato pubblicato da Quotidiano Sanità




Covid e altre zoonosi, Perrone a Green Zone

zoonosiVitantonio Perrone, Vice Presidente SIMeVeP, è stato invitato a partecipare alla trasmissione “Green Zone” condotta da Mario Tozzi e Francesca Malaguti su Radio Rai 1.

Il programma andrà in onda domenica 6 dicembre alle ore 10.00 ed è possibile ascoltarla anche da qui




Grasselli: Se un vaccino che funziona è stato fatto da un veterinario, Bassetti non si vaccinerà?

Aldo Grasselli, Presidente Onorario SIMeVeP, è stato ospite di Selvaggia Lucarelli e Chicco Giuliani a “Le mattine” di Radio Capital, per parlare di veterinari e la “polemica Bassetti-Capua“.

I veterinari sono conosciuti ai più come i medici dei cani e dei gatti, ma bisogna tener presente che molte delle malattie che colpiscono gli animali colpiscono anche l’uomo e addirittura il 75% delle infezioni emergenti, come Sars-Cov- 2, sono di origine animale quindi agire in prevenzione in Sanità Pubblica Veterinaria vuol dire impedire che quei virus colpiscano l’uomo. Per far questo fra i veterinari ci sono degli ottimi virologi, c’è la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali dove si fa ricerca e ci si occupa di vaccini contro le malattie animali e la tecnologia che si utilizza è la stessa e generalmente nei laboratori che si occupano di ricerca e vaccini si mettono a frutto le competenze delle varie professionalità, senza steccati” ha detto Grasselli

“In questo momento nelle aziende che stanno lavorando ai vaccini per COVID-19 hanno ai vertici dei veterinari: l’amministratore Pfizer è un veterinario, ma anche Peter Doherty, – premio Nobel per la Medicina per le ricerche sulle reazioni del sistema immunitario quando è attaccato da un virus, quindi utili alla produzione di vaccini, è un veterinario. Se un vaccino che funziona è stato fatto da un veterinario, Bassetti non si vaccinerà? Il problema è che i veterinari non fanno audience, fanno audience le polemiche” ha concluso Grasselli

Dal minuto 12 al minuto 19.20 è possibile riascoltare l’intervento