I vaccini Covid-19 sono strumenti fondamentali per la prevenzione delle forme sintomatiche gravi

E’ pubblicato su linkedin un post in inglese di Maurizio Ferri, Responsabile scientifico SIMeVeP, che si occupa della sorveglianza Covid-19 attraverso l’analisi del carico virale Sars-Cov-2 nella acque reflue urbane.

Dal lavoro italiano citato emergono due elementi:

  • la possibilità di anticipare di almeno due settimane l’insorgenza di eventuali focolai rilevati con la sorveglianza classica;
  • l’utilità della vaccinazione nel prevenire forme gravi ed ospedalizzazioni.

I vaccini Covid-19 si dimostrano quindi strumenti fondamentali per la prevenzione delle forme sintomatiche gravi ed ospedalizzazioni.




Coronavirus parenti stretti di MERS-CoV: un nuovo rischio di emergenza zoonotica?

I coronavirus della Sindrome Respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV), sottogenere Merbecovirus e genere Betacoronavirus (a cui appartiene SARS-CoV-2), continuano a mantenere alto il livello di allerta dell’OMS a causa del tasso elevato di letalità dell’infezione umana (35%: 1 decesso ogni tre infetti).  Sebbene la maggior parte dei casi umani siano stati attribuiti a infezioni persona-persona in ambito ospedaliero, le prove scientifiche attuali suggeriscono che i dromedari  fungono da ospiti intermedi per l’infezione umana, mentre i pipistrelli sono ampiamente considerati la fonte evolutiva e l’antenato prossimo.

Diversamente da SARS-CoV e SARS-CoV-2, MERS-CoV utilizza il recettore di Dipeptidyl Peptidase-4 (DPP4) per l’ingresso nella cellula e non il recettore ACE2 (enzima di conversione dell’angiotensina). Ma molti altri merbecovirus, come il coronavirus del pipistrello NeoCoV e i suoi parenti stretti (PDF-2180-CoV, HKU5-CoV, coronavirus del riccio) non usano il recettore DPP.

Ma che cos’è il NeoCoV? È un coronavirus scoperto nel 2011 in Sud Africa che infetta i pipistrelli della specie Neoromicia Capensis. E’ ritenuto insieme a PDF-2180-CoV il parente più vicino di MERS-CoV a causa di una somiglianza significativa nella maggior parte del genoma (85%).  Tuttavia, la loro subunità S1 (terminale carbossilico) del dominio di legame del recettore (RBD) è altamente divergente rispetto a MERS-CoV.

In uno studio cinese in preprint pubblicato su Biorxiv (https://lnkd.in/d-gbwmyw) i ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze dell’Università di Wuhan, hanno scoperto in modo inaspettato che sia NeoCoV che PDF-2180-CoV utilizzano il recettore ACE2 del pipistrello come recettore funzionale, ma non il recettore ACE2 umano.

Diversamente però, con la mutazione T510F indotta artificialmente in laboratorio sul motivo RBD della proteina Spike che lega il recettore ACE2 delle cellule ospiti (si tratta di una sostituzione di un singolo residuo aminoacidico che aumenta l’idrofobicità attorno al sito 510 del RBD), NeoCoV  è in grado di infettare in modo efficiente anche le cellule umane che esprimono ACE2  questa infezione non viene bloccata dagli anticorpi neutralizzanti diretti verso SARS-CoV-2 e MERS-CoV.

Sebbene si tratti di una mutazione mai rilevata in nessuno dei campioni virali NeoCoV ottenuti naturalmente, lo studio fa emergere due aspetti significativi per potenziali di spillover dei  virus parenti stretti di MERS-CoV:  poiché l’utilizzo del recettore ACE2 è associato ad un trasmissibilità molto più elevata rispetto al recettore DPP4 da parte di MERS-CoV (con un R0 stimato di 0.69),  l’utilizzo imprevisto del recettore ACE2 attraverso la mutazione,  può rappresentare un rischio latente risultato della combinazione dell’elevata mortalità associata all’infezione MERS-CoV e l’elevata trasmissibilità di SARS-CoV-2 (che utilizza il recettore ACE2).  L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pur valutando l’importanza del ceppo NeoCov,  ha affermato che sono necessari ulteriori studi per determinare se il virus menzionato nello studio rappresenta una minaccia significativa per l’uomo.

Ad oggi non sono stati notificati casi di infezione umana da NeoCoV  e dunque non c’è ancora motivo di panico. Tuttavia il potenziale zoonotico dei coronavirus  parenti stretti di MERS-CoV che utilizzano nei pipistrelli il recettore ACE2,  l’ulteriore adattamento di deriva antigenica e la possibilità che circolino da qualche parte in natura,  segnalano l’importanza in una prospettiva One Health del loro monitoraggio e sequenziamento genomico per preparare i sistemi sanitari a possibili focolai di MERS-CoV con maggiore affinità per il recettore ACE2 umano   Il significato di questa minaccia va letto anche alla luce delle vaste mutazioni nelle regioni RBD di SARS-CoV-2, in particolare nella variante Omicron fortemente mutata.

Maurizio Ferri
Coordinatore Scientifico SIMeVeP




VETNEVE 2022 – Le iscrizioni sono aperte!

Vetneve 2022  sta per iniziare!

Il Convegno dal titolo  I regolamenti sui Controlli Ufficiali 625/2017 e di Sanità Animale (2016/429) nel contesto delle nuove emergenze di Sanità Pubblica e l’approccio One Health quest’anno si comporrà di 2 eventi ECM:

Scheda di iscrizione

 

  • Il Regolamento 2017/625
    10/11 marzo 2022, rivolto a Medici Veterinari, Dirigenti Medici (igiene degli alimenti e della nutrizione; igiene, epidemiologia e sanità pubblica; malattie infettive), Biologi e Tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro – Programma ECM 10/11 marzo 2022

 

Scheda di iscrizione

Scheda prenotazione alberghiera da inviare entro il 16 gennaio 2022




Grasselli al Winter School 2022. Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute

Il 10 e l’11 febbraio 2022 si terrà la ‘Winter School 2022. Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute‘, organizzata da Motore Sanità e Mondosanità e in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, in programma il 10 e 11 febbraio, con il patrocinio di Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva.

Il presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli, parteciperà nella giornata dell’11 febbraio “DISTINZIONE TRA DIAGNOSTICA DI 1° e 2° LIVELLO, HOME CARE DI ALTA COMPLESSITÀ E
OFFERTE INTEGRATE DI CURA” in particolare di Antimicrobicoresistena con Sergio Lo Caputo, Professore Malattie Infettive Università di Foggia e Francesco Menichetti, Presidente GISA.

Al centro della winter school, il tema dell’integrazione:

“La pandemia attuale ha fatto comprendere a tutti come economia, politica e salute non sono elementi separabili e che soprattutto la salute è in grado di influenzare pesantemente qualsiasi tipo di futuro ci attenda in qualsiasi parte del mondo. In tutto questo pensiamo che l’integrazione, più che una parola chiave, sia una grande sfida futura”.

Integrazione può voler dire mettere in ordine le priorità nel programmare la Ns società futura e rendere sostenibile tutto questo: la salute prima di tutto.
Integrazione può voler dire mettere a fattor comune conoscenze ed informazioni fondamentali per la cura appropriata del paziente e per la prevenzione delle malattie.
Integrazione può voler dire mettere a fattor comune competenze scientifiche sulla malattia e sulle nuove cure.
Integrazione può voler dire dialogo tra chi fa ricerca, chi deve renderne sostenibili i risultati e chi deve fare scelte di programmazione delle risorse consapevoli.
Integrazione può voler dire mettere a fattor comune saperi diversi che contribuiscano ad aprire gli orizzonti alla ricerca scientifica e che ne accelerino i risultati e le ricadute pratiche.
Integrazione può voler dire costruire percorsi di cura stabilendo in maniera chiara competenze reciproche tra gli operatori che generano assistenza.
Integrazione può voler dire distinguere fra la miglior terapia  e la cura più adeguata per la persona malata.
Integrazione significa passare dall’offerta di prodotto al servizio integrando bisogni e risposte e istituzioni e industria
Integrazione vuol dire costruire PDTA trasversali andando oltre la logica dei silos e verificare le necessità per soddisfare tutti gli step del percorso

Come si traduce tutto questo? Ospedale-territorio deve essere tradotto in continuità delle cure, dispositivo medico e farmaco deve essere tradotto in strumento di cura e prevenzione/cura o medicina di precisione, silos budget deve essere tradotto in finanziamento appropriato e sostenibile dell’intero percorso di cura, tessera sanitaria/digitalizzazione deve essere tradotto in informazioni sanitarie facilmente condivise e complete su quel cittadino, PNRR deve essere tradotto in piano che ponga l’uniformità/equità di accesso al benessere per ogni cittadino, come obiettivo fondante.
E se integrazione è definibile come “Il TUTTO che è più della somma delle sue singole parti”*, questo significa maggior rispetto per ogni singola parte. Nella Winter School 2022 Motore sanità vuole dare pari voce ad ogni singola parte per una vera integrazione oggi necessaria nel settore salute.

Programma preliminare

E possibile seguire i webinar via zoom

– Giovedì, 10 febbraio 2022 – Sessione Motore Sanità (Ore 10 – 18:30)

⇒ ISCRIVITI ALLA GIORNATA DEL 10 FEBBRAIO

– Venerdì, 11 febbraio 2022 – Sessione Motore Sanità (Ore 10 – 17)

⇒ ISCRIVITI ALLA GIORNATA DELL’11 FEBBRAIO

– Venerdì, 11 febbraio 2022 – Sessione parallela Mondosanità (Ore 10 – 13:30)

 ISCRIVITI ALLA SESSIONE PARALLELA DELL’11 FEBBRAIO




Covid. Ferri: pensiamo a prevenire la prossima pandemia

Dobbiamo entrare nell’ottica di istituire programmi di sorveglianza epidemiologica e genomica. Solo così potremo evitare che un nuovo Coronavirus ci colpisca come ha fatto Sars-Cov-2

La pandemia di Covid-19 è la sesta crisi sanitaria globale dalla pandemia influenzale del 1918 e la sua comparsa, interamente ricondotta alle attività umane, ha evidenziato quanto la nostra società sia estremamente vulnerabile, quando si verificano eventi imprevisti di malattie infettive. Covid-19 ci ha anche indicato la strada per essere più attrezzati, in un mondo globalizzato e tecnologico, ad affrontare le future emergenze pandemiche ed ha segnalato l’importanza di guardare e monitorare l’interfaccia animali-ambiente-uomo, da cui possono derivare salti di specie o spillover, come molto probabilmente è avvenuto con il passaggio di Sars-Cov-2 (l’agente di Covid-19) dai pipistrelli all’uomo.

Partiamo dal dato che la maggior parte delle malattie emergenti provengono dagli animali e che generalmente, anche in presenza di sistemi allenati di sanità pubblica, vengono diagnosticate in ritardo rispetto alla notifica dei focolai di infezione umana. Ed è quello che è avvenuto nelle prime fasi di questa pandemia e delle precedenti, dove il ricorso alla sola diagnosi clinica seppure tempestiva, si è dimostrato insufficiente ad arginare e controllare il decorso epidemico. E’ vero invece che, in presenza di nuovi rischi a carattere globale, è fondamentale sviluppare programmi proattivi di sorveglianza epidemiologica e genomica basati sul riconoscimento precoce delle sindromi di malattie insolite e sulla individuazione di serbatoi animali (trasmissione pre-diagnostica) di patogeni che si trasmettono all’uomo, ancor prima della loro individuazione nei casi clinici umani. Queste attività devono trovare ideale collocazione all’interno di programmi di previsione ed intelligence pandemica, e in una prospettiva One Health – la salute unica di uomo, animali ed ambiente – facilitare l’integrazione delle diverse professionalità che operano nel campo sanitario e non solo, e capitalizzare il dato di un’accelerazione significativa della sorveglianza genomica durante questa pandemia, con una scala di sequenziamento senza precedenti e la condivisione globale del genoma di SARS-CoV-2, che hanno superato l’influenza, l’HIV ed i patogeni di origine alimentare.

Nonostante l’ampio range di specie animali, selvatiche e domestiche, recettive ai coronavirus, ad oggi solo sette coronavirus, compreso SARS-CoV-2, hanno superato la barriera di specie per diventare patogeni umani ben consolidati. Se SARS-CoV-2 ha una probabile origine da un serbatoio animale, cosi come il 60% dei patogeni che causano malattie umane e il 75% dei patogeni umani emergenti, appare prioritario da un lato perfezionare la conoscenza sulla diversità degli agenti patogeni, in particolare dei virus e delle frequenze con cui si trasmettono all’uomo, dall’altra analizzare le complesse interconnessioni tra specie, ecosistemi e società umana, compresi l’ecologia dei serbatoi animali e dei fattori o drivers antropogenici (cambiamenti climatici, deforestazione, diminuzione della biodiversità ecc..) alla base dei processi globali che innescano l’insorgenza e la diffusione delle epidemie infettive.

Le infezioni Ebola, Sars, virus Zika e influenza aviaria per citarne alcune, si sono trasmesse all’uomo a partire da serbatoi animali, favoriti da fattori umani ed ambientali. Sebbene sia difficile prevedere con precisione l’intervallo di tempo di un evento di diffusione di un agente patogeno, si possono indagare i drivers antropogenici che segnalano le aree geografiche o hot spot, in cui i virus emergenti mostrano la tendenza a superare la barriera di specie ed avvicinarsi all’uomo. L’Oms ha individuato un elenco di dieci infezioni prioritarie che, a causa del loro potenziale epidemico e/o assenza o insufficienza di contromisure, rappresentano un rischio maggiore per la sanità pubblica e si è impegnata a definire i percorsi di ricerca e sviluppo per ciascuna di esse. Tra queste c’è l’infezione X causata da un nuovo patogeno, ancora sconosciuto ma con un potenziale pandemico ed in grado di minacciare la sicurezza sanitaria globale. COVID-19 ha fornito la prova della prima occorrenza della malattia X da quando è stata stabilita la sua designazione, emergendo molto prima del previsto.

La circolazione dei coronavirus correlati a SARS-CoV-2 nei pipistrelli
Individuare l’origine di SARS-CoV-2 significa indagare la diversità dei coronavirus animali e più specificamente di quelli SARS-CoV-2 correlati nei pipistrelli, la cui distribuzione geografica è molto più ampia di quanto ritenuto in precedenza. In alcuni paesi del sud-est asiatico opera un programma di sorveglianza che, attraverso le analisi degli alberi genealogici dei coronavirus nei pipistrelli, punta ad intercettare ceppi potenzialmente pericolosi ed individuare i serbatoi animali su cui concentrare la ricerca. Un progetto simile per la ricerca genomica dei coronavirus nei pipistrelli, denominato DEEP VZN (Discovery & Exploration of Emerging Pathogens Viral Zoonoses), finanziato con 125 milioni di dollari da USAID si svolge opera nella stessa area geografica, ma anche in Africa, Asia e America Latina.
Di recente nel nord del Laos sono stati individuati tre coronavirus in pipistrelli della specie Rhinolophus spp., geneticamente più simili a SARS-CoV-2 rispetto al coronavirus RaTG13, e che presentano sulla proteina Spike un dominio di legame molto vicino a SARS-CoV-2 e, diversamente dagli altri coronavirus correlati, in grado di legarsi fortemente al recettore ACE2 delle cellule umane. Risultati simili sono confermati da un altro studio condotto in Thailandia nel 2021 in pipistrelli della specie Rhinolophus acuminatus. Questi dati segnalano la possibilità che SARS-CoV-2 abbia potuto acquisire la capacità di trasmissione interumana solo attraverso la selezione evolutiva naturale e smentiscono l’ipotesi del virus costruito in laboratorio. Pertanto, se la selezione è naturale l’origine deve essere cercata in serbatoi naturali.

La circolazione dei coronavirus in altre specie animali
Man a mano che gli studi di sorveglianza si arricchiscono di nuove evidenze, si estende la gamma di potenziali serbatoi animali di SARS-CoV-2. L’ultima specie, in ordine di tempo, trovata sensibile al virus è l’ippopotamo, molto probabilmente infettato dall’uomo, processo noto come antroponosi. E non può nemmeno essere esclusa la possibilità che gli animali possano ritrasmettere SARS-CoV-2 all’uomo (antroponosi inversa). I recenti episodi di infezione e deriva genetica/antigenica di SARS-CoV-2 nei visoni e la ritrasmissione del virus mutato (cluster 5) all’uomo, ne sono un chiaro esempio e, al contempo, un avvertimento.
Non si può escludere che eventi simili possano verificarsi con altre specie animali e che la formazione di un nuovo serbatoio non umano di SARS-CoV-2 possa estendersi ai mustelidi in cattività o altri animali selvatici, da cui il virus potrebbe ritornare all’uomo. Di particolare interesse è la suscettibilità all’infezione naturale SARS-CoV-2 del cervo a coda bianca. Da recenti indagini di siero-prevalenza svolte fra la popolazione di cervi, nella regione nord-orientale degli USA, nello Iowa, e più di recente in Canada, in ampie percentuali dei soggetti esaminati è stata trovata sia la presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 che la positività al virus. Gli studi di sequenziamento genomico hanno rilevato la circolazione nei cervi di varianti umane di SARS-CoV-2, come la B.1.2 e B.1.311, risultato di frequenti eventi di spillover uomo-cervi e la trasmissione tra questi animali. Più preoccupante è il ruolo potenziale dei roditori come serbatoi di SARS-CoV-2 per la presenza sulla proteina Spike dei coronavirus a loro associati ai roditori del sito di scissione della furina, generalmente assente nei coronavirus dei pipistrelli, che può aumentare l’efficienza dell’infezione virale e la trasmissibilità.

Perché serve l’approccio One Health
Prove dirette dimostrano che la variante alfa o B.1.1.7 di SARS-CoV-2, e di altre varianti con la mutazione N501Y (es. la sudafricana e filippina) hanno acquisito la capacità di espandere il tropismo di specie ai murini. In una prospettiva One Health occorre dunque includere nella sorveglianza dei sarbecovirus (a cui appartiene SARS-CoV-2) anche i roditori, con cui l’uomo ha una convivenza strettissima ed è plausibile il rischio di infezione. In siffatto contesto di costante evoluzione epidemiologica dei coronavirus, analogamente a quanto accaduto per i visoni, preoccupa lo scenario di un rischio potenziale di reinfezione umana o di un ulteriore salto in una specie animale selvatica, come i pipistrelli, che possono fungere da nuovo serbatoio. Per le vaste implicazioni per il corso a lungo termine della pandemia COVID-19 e di quelle future, è inderogabile l’approccio One Health.
Cercare più virus ed ottenere la sequenza genomica sono passi fondamentali per definire la distribuzione geografica del rischio ed attuare programmi sorveglianza mirati. Ciò è rilevante per SARS-CoV-2 a causa della sua complessa evoluzione e dell’emergenza di nuove varianti. La diffusa circolazione di SARS-CoV-2 e di altri coronavirus, risultato dei cicli replicativi all’interno delle cellule umane ed animali, crea anche le condizioni per una possibile ricombinazione genetica di due virus all’interno della stessa cellula e la produzione di un nuovo virus ibrido, il quale nella peggiore delle ipotesi può essere più minaccioso dei precedenti. Ciò è già accaduto in Malesia dove otto bambini son stati infettati da un ceppo di coronavirus ibrido.

Il futuro della sorveglianza genomica
Le future pandemie si possono prevedere, prevenire e combattere integrando la sorveglianza genomica umana, tradizionalmente focalizzata sui casi clinici o sulle infezioni già conosciute, con quella degli animali (fauna selvatica e vettori) e dell’ambiente. Ciò richiede la creazione di una infrastruttura e competenze in grado di raccogliere ed analizzare campioni genomici umani (es. comunità, ospedali o laboratori), animali ed ambientali, compresi i macelli, acque reflue urbane, rifiuti animali ed i luoghi associati a un rischio più elevato di circolazione di agenti patogeni quali gli aerei a lunga distanza o stazioni della metropolitana. La necessità di sviluppare sistemi di sorveglianza genomica integrata era nelle intenzioni dell’OMS, FAO e l’OIE già nel 2004, quando le tre agenzie conclusero congiuntamente che le minacce emergenti di malattie infettive devono essere affrontate in una prospettiva One Health, implementando nuovi meccanismi e strumenti di sorveglianza come i sistemi di informazione geografica, dati di telerilevamento ed epidemiologia molecolare. Purtroppo, ciò non è servito a prevedere l’insorgenza della pandemia COVID-19. Se nella nuova definizione di One Health viene enfatizzato, a ragione, il ruolo dell’ambiente e dei relativi ecosistemi strettamente collegati e interdipendente con la salute delle persone e degli animali, la speranza è che la sua piena declinazione operativa, unitamente alle raccomandazioni formulate dai leader dell’UE, del G7 e del G20 in occasione dell’Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2021, e la promessa di importanti investimenti da parte della Commissione Europea, per iniziative volte a rafforzare l’infrastruttura dedicata alle varianti della SARS -CoV2, possano fornire il terreno ideale per affrontare in modo proattivo le future minacce pandemiche.

Maurizio Ferri
Coordinatore scientifico SIMeVeP

Pubblicato su La Repubblica Salute il 30 dicembre




One Health: modelli di prevenzione a 360°, intervento di Grasselli al Congresso SItI

Il Presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli ha partecipato ai lavori alla sessione plenaria “ONE HEALTH, SE NON OGGI QUANDO? DALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA ALLA TRANSIZIONE EPIDEMIOLOGICA“, moderata da Alberto Fedele e Walter Ricciardi, che si è tenuta durante la prima giornata del 54° congresso della SItI – Società Italiana di Igiene “La sanità pubblica nel post-Covid. Occasioni di rilancio per una prevenzione integrata”.

Alla Sessione plenaria hanno partecipato, insieme a Grasselli: Alberto Fedele, Maria Teresa Montagna, Espedito Moliterni, Gianni Rezza (La Salute Planetaria nella prospettiva della Sanità Pubblica),  Margherita Ferrante (La transizione ecologica per il contrasto ai cambiamenti climatici), Antonella De Donno (Il caso Xylella in Puglia: risvolti ambientali e agroalimentari d’interesse sanitario)

Sintesi dell’intervento “One Health: modelli di prevenzione a 360°” di Aldo Grasselli




Medicina unica per la sanità: sogno o realtà?

Il Presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli, sarà relatore al corso ECM “Medicina unica per la sanità: sogno o realtà?” che si terrà il 20 novembre 2021 presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie (DSV-UniTo), Università degli Studi di Torino.

Il corso, organizzato anche con il sostegno di SIMeVeP e FVM,  intende mettere in luce l’importanza della comunicazione bidirezionale tra medici e veterinari per il concetto di medicina unica per prevenire potenziali emergenze e affrontare le Antropozoonosi traendo spunto dalla pandemia COVID-19.

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Covid, One Health e la Metagenomica

dnaLa pandemia di COVID-19 ci ha insegnato che la diagnosi clinica delle infezioni umane emergenti, nonostante la tempestività, non è sufficiente per arginare e controllare l’insorgenza dei focolai, soprattutto quando a causarli sono patogeni in grado di sostenere efficacemente la trasmissione interumana. Ci ricorda inoltre che, per prevenire e rispondere efficacemente alle future emergenze occorre una strategia rinnovata che poggi su due pilastri chiave: l’integrazione delle infrastrutture genomiche/metagenomiche all’interno di programmi di intelligence epidemica e la mobilizzazione delle diverse professionalità che collaborano per la sorveglianza delle malattie emergenti, che è One Health.

Covid-19 con i suoi effetti trasformazionali ha accelerato i tempi dei programmi di sorveglianza genomica, stimolato la condivisione globale del genoma di SARS-CoV-2 e generato una scala di sequenziamento senza precedenti che ha superato l’influenza, l’HIV ed i patogeni di origine alimentare. Ha anche indicato la strada da percorrere per una più efficace collaborazione intersettoriale e transdisciplinare e per la creazione di una base scientifica integrata utile al riconoscimento precoce delle sindromi di malattie insolite ed identificazione rapida di serbatoi animali (trasmissione pre-diagnostica), ancora prima dell’individuazione dell’agente o agenti causali nei casi clinici. E’ fin troppo evidente come l’attesa di prove sostanziali della trasmissione interumana abbia reso i successivi sforzi di contenimento della pandemia inefficaci se non impossibili.

L’ampia circolazione dei coronavirus tra gli animali selvatici, il probabile salto di specie (spillover) di SARS CoV-2 dai pipistrelli all’uomo (o tramite un ospite intermedio) ed il rapido aumento delle varianti SARS-CoV-2 in ospiti non umani, con il potenziale rischio di reinfezione umana, sono condizioni che richiedono attività di monitoraggio più estese con l’acquisizione delle sequenze genomiche dei virus, necessari per poter sviluppare mappe regionali del rischio ed attuare programmi di sorveglianza mirati. SARS-CoV-2 presenta un patchwork genetico unico, a cui hanno contribuito diversi progenitori ed è il risultato di un complesso processo evolutivo e di ricombinazione nei corredi genetici. A volte, la ricombinazione può trasformare un virus non minaccioso in una nuova minaccia, come è il caso della ricombinazione di due coronavirus isolati di recente nei cani in Indonesia con la formazione di un ceppo ibrido che ha infettato otto bambini. Lavori recenti indicano che la distribuzione geografica dei virus SARS-CoV-2 correlati sia molto più ampia di quanto ritenuto in precedenza.

La ricostruzione filogenetica di un frammento genomico chiave per il tropismo e lo spettro degli ospiti di SARS-CoV-2 ha permesso di individuare tre coronavirus nei pipistrelli della specie Rhinolophus spp. nel nord del Laos, geneticamente più simili a SARS-CoV-2 rispetto a RaTG13, ritenuto essere il suo parente più stretto. Sono nuovi virus che presentano un dominio RBD di legame al recettore che differisce di poco rispetto a SARS-CoV- 2, e diversamente dagli altri coronavirus SARS-CoV-2-correlati sono capaci di legarsi fortemente al recettore ACE2 espresso dalle cellule umane. Ciò suggerisce che SARS-CoV-2 abbia potuto acquisire la capacità di trasmissione interumana solo mediante una selezione evolutiva naturale e smentisce l’ipotesi del virus costruito in laboratorio. Pertanto, se la selezione è naturale, l’origine di SARS-CoV-2 deve essere cercata nei serbatoi naturali, in primis nei pipistrelli.

Questi sono gli obiettivi di altri studi di sorveglianza dei nuovi coronavirus condotti negli ultimi mesi in Cambogia, Cina e Tailandia, e parzialmente finanziati con 125 milioni di dollari dall’USAID per il progetto DEEP VZN (Discovery & Exploration of Emerging Pathogens Viral Zoonoses), che opera in Africa, Asia e America Latina. Riguardo ad altri potenziali serbatoi, di recente è stato dimostrato come il sito di scissione della furina S1/2, determinante per il tropismo virale, replicazione e patogenesi di SARS-CoV-2, non presente in genere nei coronavirus dei pipistrelli, sia invece comune nelle sequenze associate ai roditori. Le conferme provengono da altri studi.

Come suggerito di recente su Lancet, One Health è il filo conduttore dei programmi di sorveglianza genomica/metagenomica integrata, che combinano le infezioni umane a quelle degli animali (fauna selvatica e vettori) e alla circolazione ambientale dei patogeni. I potenziali siti di campionamento per le analisi dovrebbero includere sia le zone di maggiore interazione tra uomo e animali selvatici, e quindi a maggiore probabilità di eventi di spillover virale (es. parchi, siti di ecoturismo, foreste), sia luoghi associati ad un rischio più elevato di circolazione virale, come gli aerei a lunga distanza, le stazioni della metropolitana, ma anche i macelli, le acque reflue urbane ed i rifiuti animali.

In sostanza la minaccia di una nuova malattia X con potenziale epidemico o pandemico deve essere affrontata in una prospettiva One Health, utilizzando strumenti di sorveglianza integrata basati su sistemi di informazione geografica, telerilevamento di dati ed epidemiologia molecolare. Le buone intenzioni esistevano già nel 2004, quando l’OMS, la FAO e l’OIE indicarono congiuntamente le direzioni da seguire, ma ciò non è stato sufficiente per prevedere la pandemia di COVID-19. Per il futuro si spera che le raccomandazioni formulate dai leader dell’UE, del G7 e del G20 in occasione dell’Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2021, e la promessa di importanti investimenti della Commissione Europea per rafforzare l’infrastruttura dedicata alle varianti SARS- CoV-2, forniscano il terreno ideale per affrontare e prevenire le future minacce pandemiche.

Maurizio Ferri
Coordinatore Scientifico SIMeVeP




One Health: modelli di prevenzione a 360°. Grasselli al Congresso SItI

Dal 3 al 6 novembre 2021 a Lecce si terrà il 54° Congresso Nazionale della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica  – SItI “La sanità pubblica nel post-Covid. Occasioni di rilancio per una prevenzione integrata“.

Fra i principali temi che verranno trattati: l’approccio one health nello scenario attuale di transizione ecologica ed epidemiologica, i nuovi modelli organizzativi e la preparedness come funzione essenziale della Sanità Pubblica, le prospettive di innovazione dell’assistenza territoriale e della prevenzione alla luce del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la revisione delle reti ospedaliere, la centralità delle risorse umane per la Sanità Pubblica, lo sviluppo del Piano Nazionale della Prevenzione 2021-2025 e dei relativi piani regionali, la buona comunicazione in era pandemica, nonché l’attualità e le opportunità di innovazione in campo vaccinale nel post-Covid.

Temi che saranno affrontati attraverso plenarie, tavole rotonde, simposi e letture,workshop, comunicazioni orali e poster/pitch.

Nel pomeriggio della giornata di apertura il Presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli interverrà alla Sessione Plenaria 1 “One Health, se non oggi quando? Dalla transizione ecologica alla transizione epidemiologica” con una relazione su “One Health: modelli di prevenzione a 360″.

 




Integrazione della Citizen Science nell’approccio One Health

Il 28 luglio Maurizio Ferri, coordinatore scientifico SIMeVeP, ha partecipato in qualità di relatore alla One Health EJP Summer School, organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, con una relazione dedicata a “One Health e Citizen Science”.

Se da una parte la pandemia COVID-19 ha messo in luce l’estrema precarietà delle nostre infrastrutture e una governance non in grado di gestire efficacemente l’emergenza di sanità pubblica, dall’altra ha generato fenomeni transformazionali con ricadute positive nel campo scientifico ed ha promosso una collaborazione senza precedenti tra gli scienziati. La  natura di questa pandemia, che riconosce una stretta interconnessioni tra il mondo animale, l’uomo e l’ambiente,  ha offerto una grande opportunità di collaborazione multidisciplinare tra i diversi  settori della sanità pubblica e le parti interessate in chiave One Health.  La  comunità One Health ha allargato i propri confini ed ha incorporato la citizen science per facilitare la comprensione di sistemi socio-ecologici sempre più complessi.

La La relazione “One Health e Citizen Science”

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