Varianti SARS-Cov-2 nel visone, i documenti ECDC, OMS e Oie

A seguito della segnalazione di 214 casi di persone infettate dalle varianti della SARS-CoV-2 in alcuni visoni da parte della Danimarca, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha pubblicato la “valutazione rapida dei rischi per la salute umana derivanti dalle nuove varianti della SARS-CoV-2 nel visone” (in inglese) a cui hanno partecipato anche gli specialisti dell’EFSA. IL documento contiene una serie di raccomandazioni volte a proteggere la salute pubblica.

Nikolaus Kriz, resposabile dell’unità EFSA di “Salute animale e vegetale”, ha dichiarato: “Mentre il rischio di diffusione transfrontaliera di queste varianti della SARS-CoV-2 tramite gli animali e i loro prodotti è molto basso, è importante che le persone evitino il contatto ravvicinato con i visoni allevati. Sono dunque necessarie misure supplementari di sorveglianza per limitare un’ulteriore diffusione“.

Comunicato OMS (in inglese)

Dichiarazione OIE (in inglese)

L’Oie ha inoltre pubblicato una bozza di linee guida per gli operatori che lavorano in allevamenti di specie suscettibili a SARS-CoV-2 (in inglese)

A cura della segreteria SIMeVeP

 




I volti dell’accumulatore di animali

E’ pubblicato sul n° 2/2020 di Argomenti l’articolo “I volti dell’accumulatore di animali” di Francesca Bellini, Alessia Liverini

Quando parliamo di accumulo o accaparramento di animali (animal hoarding) il nostro pensiero va im-mediatamente alla situazione in cui gli animali sono costretti a vivere. Siamo portati a giudicare l’accumu-latore come colui che infligge dolore e maltratta gli animali e pensiamo che sequestrarli e cercare per loro un’adozione o comunque una collocazione diversa possa essere la soluzione migliore e più veloce per loro. Poco o per nulla ci soffermiamo a pensare al proprietario, a cosa sia successo nella sua vita per portarlo a condurre un’esistenza del genere.

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SENLAT/TIBOLA/DEBONEL: nomi diversi, stessa zoonosi emergente

Ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze hanno recentemente descritto un caso di SENLAT (Scalp Eschar and Neck Lymph Adenopathy After a Tick Bite – Escara del cuoio capelluto e linfoadenopatia del collo in seguito alla puntura di zecca) in una bambina di 6 anni. Il patogeno identificato è stato Rickettsia slovaca. Il caso è in corso di pubblicazione.

La sindrome è stata segnalata per la prima volta in Francia nel 1997 ed è stata chiamata TIBOLA (Tick-borne lymphadenopathy – Linfoadenopatia trasmessa da zecche) perché caratterizzata da un rigonfiamento doloroso dei linfonodi del collo.

In seguito è stata definita DEBONEL (Dermacentor-borne necrosis erythema and lymphadenopathy – Linfoadenopatia eritema e necrosi trasmessi da Dermacentor) per precisare il nome della zecca generalmente coinvolta (Dermacentor) e descrivere altri sintomi presenti quali l’eritema e la necrosi, cioè la morte di una porzione del tessuto cutaneo (escara) in corrispondenza del sito di puntura.

Più recentemente si è preferito l’acronimo SENLAT (Scalp Eschar and Neck Lymph Adenopathy After a Tick Bite – Escara del cuoio capelluto e linfoadenopatia del collo in seguito alla puntura di zecca) in quanto non si può escludere il coinvolgimento di altri batteri o vettori nella patogenesi.

E’ una zoonosi emergente in Europa. La maggior parte dei casi si osserva da marzo a maggio e da settembre a novembre; in questi periodi si riscontra infatti la maggiore attività delle zecche del genere Dermacentor.

Ulteriori informazioni su cause, sintomi, diagnosi e terapie sul sito dell’IZS LT




Influenza suina, un nuovo virus cinese sotto la lente dei veterinari

In tempo di pandemia la soglia di attenzione dei media e dell’opinione pubblica verso tutto ciò che è “virale” e di provenienza “asiatica” è molto alta. In questi giorni è stato pubblicato e diffuso uno studio di ricercatori cinesi sulla circolazione di un nuovo virus influenzale nei suini, che per le sue capacità diffusive viene tenuto sotto controllo dai veterinari e dai virologi di tutto il mondo. Attualmente non ci sono evidenze della possibile presenza del virus nelle carni o nei prodotti derivati dei suini, se non come contaminazione superficiale. I laboratori dell’Istituto zooprofilattico seguono l’evoluzione della malattia per scoprire se e quando il virus potrebbe giungere in Italia.

Diversi virus influenzali tipo A, appartenenti generalmente ai sottotipi H1N1, H3N2 e H1N2, circolano nella popolazione suina mondiale, provocando frequentemente forme respiratorie in questa specie, senza per questo trasmettersi all’uomo.

Il virus recentemente isolato (virus G4), come altri virus influenzali suini, possiede la capacità di legarsi ai recettori alpha 2-6 che sono presenti nelle vie respiratorie dell’uomo e del suino. Uno studio condotto in furetti ha rilevato che il virus G4 presenta una capacità di trasmissione tramite aerosol superiore agli altri virus suini e simile al virus pandemico del 2009. Il centro di Riferimento OIE per l’influenza suina della sede territoriale di Parma ed il laboratorio di Virologia della Sede Centrale dell’Istituto Zooprofilattico (IZSLER), procedono sistematicamente all’isolamento dei virus provenienti dal territorio analizzandone anche le caratteristiche e confrontandole con i ceppi isolati nel resto del mondo. Dati del laboratorio OIE di riferimento per l’influenza suina dell’IZSLER, ottenuti dal sequenziamento di 347 ceppi H1N1 isolati dal suino nel periodo 2017-2020 in Italia, escludono che tra questi siano compresi stipiti appartenenti al nuovo H1N1 descritto dai ricercatori cinesi.

Non ci sono per altro evidenze che questo nuovo ceppo virale H1N1 si comporti diversamente dagli altri virus influenzali circolanti nella popolazione suina, dove l’infezione è esclusivamente respiratoria, senza viremia (quindi senza la presenza di particelle virali nel circolo ematico) o diffusione del virus ai muscoli o agli organi commestibili. La contaminazione occasionale di carne o organi attraverso le secrezioni respiratorie di animali infetti al momento della macellazione, con modeste quantità di virus, è comunque possibile. Occorre anche sottolineare che la possibilità di avere animali che eliminano il virus all’età di macellazione, in particolare nella realtà Italiana dove si produce prevalentemente il suino pesante, con età non inferiore a 9 mesi, è evenienza non frequente.

In ogni caso, se ingerito con il cibo, il virus deve superare diversi ostacoli come il PH acido dello stomaco e sali biliari nel duodeno, che sono dannosi per il virus stesso. Non ci sono prove che i tessuti del tratto gastrointestinale umano possano servire da porta di accesso o organo bersaglio per i virus influenzali di questo tipo.

Quando il cibo o i prodotti alimentari vengono riscaldati si verifica una rapida inattivazione del virus e a 70°C il virus viene inattivato in pochi secondi. Le evidenze poc’anzi riportate e descritte nel parere EFSA pubblicato nel 2010 proprio sul tema della sicurezza alimentare in relazione alla circolazione del virus H1N1 pandemico del 2009, sottolineano come la trasmissione dei virus influenzali del suino riconosca prevalentemente la via respiratoria tramite aerosol contenente particelle virali, mentre, anche se non può essere escluso nel caso di consumo di carne cruda, non è dimostrata la trasmissione dei virus dell’influenza suina attraverso il consumo di carne di maiale trasformata e altri prodotti derivati.

Allo stato attuale non ci sono evidenze della circolazione del virus G4 nella popolazione suina e nell’uomo al di fuori della Cina. L’evoluzione dei virus influenzali nelle specie animali viene seguita attentamente dai veterinari e dai virologi di tutto il mondo.

Fonte: IZS Lombardia ed Emilia-Romagna




COVID_19. Come contare i casi?

A maggio l’Associazione delle Scuole di Sanità Pubblica nella Regione Europea (ASPHER) ha pubblicato il documento “COME CONTARE I CASI? Concetti epidemiologici di base per comprendere l’epidemia di COVID-19”.

Esistono tante definizioni di epidemiologia: “lo studio delle malattie nelle popolazioni” è la più semplice e facile da ricordare. Gli epidemiologi probabilmente si chiederanno se è la più corretta anche nel cotesto della pandemia da COVID-19; ma quel che più conta è che non c’è mai stato un così grande interesse per i metodi epidemiologici come in questi mesi. Oggi tutti parlano di epidemiologia: matematici, statistici, geografi, filosofi, programmatori di computer, persino ragionieri e geometri che con i loro tweet contano i casi ed esprimono concetti, anche se non sempre in modo appropriato. Ci sono oggi alcuni modi di presentare i dati che speriamo ci aiutino a maturare nuove conoscenze per proteggere le persone e contenere la diffusione di questo insidioso virus. I principali quotidiani hanno creato ampi archivi di dati, spesso condivisi gratuitamente, talvolta pubblicati prima rispetto alle statistiche ufficiali. Chi avrebbe immaginato, qualche mese fa, che così tante persone avrebbero parlato di R0, di prevalenza, di letalità, di valori predittivi e di molti altri termini. Oggi i cultori storici dell’epidemiologia hanno il dovere di incoraggiare politici, giornalisti e altri stakeholders ad andare oltre la comprensione superficiale dei termini che stanno usando e riconoscerne alcune delle insidie, dei limiti e dei potenziali errori o bias.

È necessario quindi capire bene cosa intendiamo e cosa esprimiamo con questi termini.

I colleghi dell’Associazione delle Scuole di Sanità Pubblica nella Regione Europea (ASPHER) – la più antica associazione di sanità pubblica continentale di cui fa parte anche la Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che ha curato la traduzione italiana – rappresentano i grandi motori di insegnamento della medicina preventiva, della metodologia epidemiologica e della sanità pubblica. Essi hanno promosso e redatto, in tempi brevissimi, questo sintetico compendio che potrà aiutare il personale sanitario, i giornalisti, i consulenti aziendali e altre parti, inclusi i cittadini, a sviluppare meglio le loro conoscenze e ad espandere il potere della scienza. Siamo tutti cittadini del mondo e dobbiamo fare la nostra parte nel controllare e prevenire l’ulteriore diffusione di questa pandemia. E, a riguardo, raccomandiamo la lettura e la consultazione “al bisogno” di questo agile glossario, tradotto in ben dieci lingue. 

Affermano nella presentazione dell’edizione italiana (curata da C. Signorelli, A. Odone, B. Frascella, L. Bellini)  Carlo Signorelli, Anna Odone e  John Middleton




14ª Giornata mondiale della rabbia

workshop rabbiaIl 28 settembre di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale contro la rabbia, iniziativa lanciata da Global Alliance for Rabies Control fin dal 2006 con lo scopo di sensibilizzare e richiamare l’attenzione sull’impatto della rabbia sulla salute pubblica e di promuovere la prevenzione e le strategie di controllo della malattia, con il supporto attivo di OMS, OIE, FAO.

Nel 2015 le 4 organizzazioni hanno avviato il piano strategico globale “Zero by 30” per porre fine alle morti umane da rabbia trasmessa dai cani entro il 2030

La rabbia è  una encefalite virale zoonosica,  classificata fra le malattie tropicali neglette, presente in oltre 150 paesi e territori, di solito fatale quando appaiono i sintomi. La rabbia trasmessa dai cani rappresenta circa il 99% dei casi di rabbia umana e si stima che 59.000 persone ne muoiano ogni anno, colpendo soprattutto i bambini di età inferiore a 15 anni.

Tuttavia è prevenibile al 100% se si assicura l’accesso a trattamenti salva vita dopo il morso di un cane; e vaccinando i cani per ridurre i rischi e alla fine eliminare la malattia alla sua fonte animale. Porre fine alle morti umane da rabbia richiede il rafforzamento dei servizi sanitari per la salute umana e per quella animale, e un maggiore impegno a livello politico.

Per questi motivi lo slogan della 14ª giornata mondiale è “End Rabies: Collaborate, Vaccinate” per sottolineare i 3 temi chiave:

Porre fine alla rabbia: rafforzare gli impegni per portare a compimento gli obiettivi del piano “Zero by 30”

Collaborare: è necessario incentivare la collaborazione a livello internazionale, nazionale e locale per eliminare la rabbia, soprattutto tenendo presente che si tratta di una malattia che non conosce confini.  

Vaccinare: la vaccinazione dei cani è fondamentale per prevenire la rabbia alla sua fonte in modo da poter raggiungere l’eliminazione

 




Sistema nazionale di sorveglianza delle arbovirosi, i dati al 31 agosto 2020

artropodiSono stati pubblicati sul sito epicentro.iss.it i rapporti del Sistema di sorveglianza nazionale integrata delle arbovirosi relativi al periodo 1 gennaio-31 agosto 2020.

Le arbovirosi sono malattie causate da virus trasmessi da vettori artropodi (come per esempio zanzare, zecche e flebotomi) tramite morso/puntura. Interessano sia l’uomo che gli animali.

In Italia, sono soggette a sorveglianza speciale:

  • Chikungunya
  • Dengue
  • Zika
  • West Nile
  • Usutu
  • Encefalite da zecca (Tbe)
  • infezioni neuro-invasive da virus Toscana

Durante gli 8 in questione il sistema di sorveglianza ha segnalato:

Per West Nile e Usutu virus: per i dati sulle infezioni da West Nile e Usutu virus consulta la pagina dedicata




Leishmaniosi canina sui Colli Euganei: la prevenzione funziona

  • La leishmaniosi canina (CanL) è una malattia causata dal protozoo parassita Leishmania infantum e viene trasmessa ai cani dalla puntura di un insetto vettore, il flebotomo o pappatacio. La malattia è endemica in buona parte dell’Italia centrale e meridionale, mentre al Nord non sono stati segnalati casi fino alla metà degli anni Novanta. È una malattia grave, con andamento generalmente cronico, e se non curata causa spesso la morte del cane.

La diagnosi precoce e la sorveglianza attiva possono pertanto fare la differenza per tutelare i nostri animali. Promotori di questo approccio, i ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno contribuito, in collaborazione con le locali autorità sanitarie e amministrative, a monitorare e ridurre sensibilmente la diffusione della malattia nei Colli Euganei. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Parasitology Research.

Dal 2005, sorveglianza attiva e coinvolgimento della popolazione

Nel 2005 si è verificato un focolaio autoctono di leishmaniosi canina nel comune di Baone, situato in provincia di Padova, nella parte meridionale dei Colli Euganei. Negli anni successivi il focolaio è stato monitorato attivamente dai servizi veterinari locali, con l’attiva collaborazione dell’Università di Padova – Dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute, l’IZSVe, i veterinari libero professionisti e le amministrazioni locali.

Sono state implementate diverse attività, finalizzate al controllo sanitario della popolazione canina ma anche alla sensibilizzazione della popolazione locale nei confronti della malattia. Sono state organizzate campagne di prelievi di sangue per i controlli sierologici dei cani (LeishDay 2006, 2007 e 2010) e incontri ripetuti con i loro proprietari (2006, 2008 e 2011) per promuovere l’adozione di misure preventive specifiche, come l’utilizzo di presidi repellenti i flebotomi vettori. Inoltre, nel 2009, l’amministrazione comunale di Baone ha gratuitamente fornito ai proprietari dei collari con antiparassitario da utilizzare nella stagione estiva.

Dal 2013, valutazione degli interventi di monitoraggio e prevenzione

Negli anni successivi sono state organizzate campagne di prelievi di sangue per i controlli sierologici dei cani (LeishDay) e incontri ripetuti con i loro proprietari per promuovere l’adozione di misure preventive specifiche. In seguito, nel 2013 e 2017, sono state effettuate due nuove campagne  di test sierologici sui cani, che hanno dimostrato come la sieroprevalenze fosse diventata significativamente inferiore rispetto all’inizio dell’epidemia.

Per valutare l’efficacia degli interventi messi in atto per ridurre la diffusione della malattia, sono state successivamente effettuate due nuove campagne (2013 e 2017) di test sierologici sui cani; al momento del prelievo, i proprietari degli animali hanno compilato un questionario per indicare le pratiche adottate per proteggere il proprio animale dalle punture dei flebotomi. Sempre nell’estate del 2017 è stata condotta anche un’indagine entomologica per aggiornare i dati di diffusione del flebotomo.

La prevenzione funziona

I dati raccolti sono stati confrontati statisticamente con quelli degli anni precedenti. I risultati mostrano come la sieroprevalenza nei cani (ovvero la presenza di anticorpi specifici per leishmaniosi canina sviluppati in seguito alla puntura di flebotomi infetti) sia ora significativamente inferiore a quella registrata all’inizio dell’epidemia, passando dal 32,4% nel 2006/2007, al 23,6% nel 2013 e infine al 6,3% nel 2017, nonostante la densità dei flebotomi sia rimasta pressoché stabile. Si è notato anche che i cani positivi nel 2017 (solo 4 su 64) avevano più di 6 anni, mentre i cani giovani non erano venuti a contatto con flebotomi infetti nelle stagioni precedenti.

La maggior parte dei proprietari di cani intervistati ha dichiarato di utilizzare regolarmente gli insetticidi topici sui propri cani durante la stagione dei flebotomi. Questo studio rappresenta infatti la prima esperienza italiana di controllo efficace di un focolaio stabile di leishmaniosi canina di nuova introduzione grazie all’uso massivo di insetticidi topici, applicati volontariamente dai cittadini interessati in un contesto non controllabile sperimentalmente.

Non ultimo, questa esperienza dimostra soprattutto che l’approccio attivo e collaborativo tra ricercatori, veterinari libero professionisti, autorità locali e cittadini è la chiave vincente per ottenere risultati eccellenti nella gestione di un focolaio di leishmaniosi.

Fonte: IZS Venezie




ISS: il punto sulla pandemia

Il punto sulla pandemia, dalla prima fase ai possibili scenari futuri in vista anche del virus influenzale: tutti gli strumenti a disposizione della sanità pubblica in un rapporto congiunto ISS e Ministero della Salute

Le criticità riscontrate nella prima fase pandemica, l’elaborazione di possibili scenari futuri e lo sviluppo di nuovi strumenti per fronteggiarli rafforzando i servizi sanitari. E’ una vera e propria “cassetta degli attrezzi” la nuova pubblicazione dell’ISS e del Ministero della Salute pubblicata in vista anche della prossima stagione influenzale dove si prevede la co-circolazione del virus SARS-CoV-2 e di virus influenzali stagionali.

Entrambi i virus, infatti, presentano una sintomatologia simile e richiedono una conferma di laboratorio per accertare la diagnosi differenziale. Diventa quindi estremamente importante il monitoraggio concomitante di casi di infezione da SARS-CoV-2 e da virus influenzali e la realizzazione di test diagnostici molecolari multipli. Proprio con questo obiettivo l’ISS ha avviato l’integrazione nel sistema InfluNet della sorveglianza COVID-19, con richiesta ai laboratori della Rete InfluNet di testare sistematicamente i tamponi pervenuti oltre che per virus influenzali anche per il virus SARS-CoV-2.

Questo documento ha l’obiettivo di rafforzare il coordinamento dei sistemi sanitari regionali e la pianificazione nazionale per fronteggiare un eventuale aumento nel numero di nuove infezioni da SARS-CoV-2. Si prevedono 4 diversi scenari possibili nella stagione autunno-inverno 2020- 2021.

SCENARIO 1: Situazione di trasmissione localizzata (focolai) sostanzialmente invariata rispetto al periodo luglio-agosto 2020, con Rt regionali sopra soglia per periodi limitati (inferiore a 1 mese) e bassa incidenza, nel caso in cui la trasmissibilità non aumenti sistematicamente all’inizio dell’autunno, le scuole abbiano un impatto modesto sulla trasmissibilità e i sistemi sanitari regionali riescano a tracciare e tenere sotto controllo i nuovi focolai, inclusi quelli scolastici.

SCENARIO 2: Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario nel breve e medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1 e Rt=1,25. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità potrebbe essere caratterizzata da una costante crescita dell’incidenza di casi e corrispondente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei ricoveri in terapia intensiva. La crescita del numero di casi potrebbe però essere relativamente lenta, senza comportare un rilevante sovraccarico dei servizi assistenziali per almeno 2-4 mesi.

SCENARIO 3: Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario nel medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1,25 e Rt=1,5. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità dovrebbe essere caratterizzata da una più rapida crescita dell’incidenza di casi rispetto allo scenario e potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 2-3 mesi. È però importante osservare che qualora l’epidemia dovesse diffondersi prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani), il margine di tempo entro cui intervenire potrebbe essere maggiore.

SCENARIO 4: Situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1,5. Anche se una epidemia con queste caratteristiche porterebbe a misure di mitigazione e contenimento più aggressive nei territori interessati, uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani).

Fonte: ISS




Rinviata l’Assemblea Generale OIE

L’88ª Sessione dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) che avrebbe dovuto tenersi, come ogni anno, a maggio a Parigi è stata rinviata a data da destinarsi in conseguenza dell’emergenza Covid-19