Il Professor Antonio Fernández, un esempio per noi tutti!

CapodoglioIl Professor Antonio Fernández, Ordinario di Anatomia Patologica Comparata presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Las Palmas di Gran Canaria e patologo veterinario di fama mondiale, il cui nome e’ legato all’identificazione, nei cetacei, di una condizione simile alla “malattia da decompressione” dei sommozzatori (1), non credeva ai suoi occhi quando lo scorso Giugno, dopo più di 1.000 necroscopie eseguite insieme al suo eccellente team su mammiferi acquatici nel corso della sua brillante carriera, si e’ imbattuto in un reperto assolutamente fuori dal comune, osservato in un esemplare di capodoglio (Physeter macrocephalus). Il cetaceo in questione, spiaggiatosi sulla costa di La Palma, l’isola dell’Arcipelago delle Canarie maggiormente distante dal continente africano, albergava infatti al proprio interno un “calcolo” di ambra grigia straordinariamente voluminoso, del diametro di 50-60 cm e di peso pari a 9,5 Kg che, dopo aver provocato la rottura dell’intestino, ne aveva causato il decesso (2).

Si stima, a tal proposito, che solo in uno su 100 esemplari di capodoglio si realizzi una produzione “endogena” di ambra grigia, a seguito della digestione delle prede (calamari e totani) di cui si nutrono questi animali, la maggior parte delle quali verrebbero invece “vomitate” all’esterno indigerite.

L’ambra grigia, la cui essenza e’ molto ricercata nella fabbricazione dei profumi, ha un valore economico e commerciale particolarmente elevato, che nel caso del capodoglio rinvenuto spiaggiato sull’isola di La Palma ammonterebbe a ben 500.000 Euro!

Questa e’ infatti la ragione più saliente per la quale ho ritenuto opportuno, per non dire doveroso, portare all’attenzione il gesto quantomai nobile e generoso del Professor Fernández, il quale ha altresi’ annunciato la propria intenzione di donare l’intera somma di cui sopra alla popolazione di La Palma, che 64 anni orsono gli diede i natali (2). Due anni fa questa meravigliosa isola fu colpita, come i lettori ricorderanno, dalla drammatica eruzione del vulcano Cumbre Vieja, che provocò ingentissime devastazioni e danni per circa 800 milioni di Euro (3).

Nella presente era dell’Antropocene, ove l’intelligenza artificiale ogni giorno di piu’ pervade le nostre vite e, nondimeno, il mondo della  comunicazione scientifica, ritengo che quello appena narrato costituisca un esempio particolarmente edificante e significativo al contempo, visto e considerato che solo dell’intelligenza “naturale”, non già da quella “artificiale”, può scaturire la generosita’ umana!

Bibliografia e fonti citate

1) Jepson PD, Arbelo M, Deaville R, Patterson IA, Castro P, Baker JR, Degollada E, Ross HM, Herráez P, Pocknell AM, Rodríguez F, Howie FE, Espinosa A, Reid RJ, Jaber JR, Martin V, Cunningham AA, Fernández A. (2003). Gas-bubble lesions in stranded cetaceans. Nature 425:575-576.

doi: 10.1038/425575a.

2) Burgen S. (2023). Pathologist finds € 500,000 “floating gold” in dead whale in Canary Islands. The Guardian, July 04, 2023

https://www.google.it/amp/s/amp.theguardian.com/environment/2023/jul/04/las-palmas-pathologist-ambergris-block-dead-sperm-whale

3) Wei-Haas M. (2022). Lava built this island then entombed towns in stone. National Geographic, October 14, 2022

https://www.nationalgeographic.com/magazine/article/lava-built-this-island-then-entombed-towns-in-stone-feature

 

Prof. Giovanni Di Guardo, già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Toxoplasma gondii negli ovini: prevalenza sierologica al mattatoio in Italia e fattori di rischio ambientale

La toxoplasmosi è un zoonosi causata da Toxoplasma gondii (T. gondii) un parassita che può infettare una grande varietà di vertebrati terrestri e marini (mammiferi, uccelli, rettili, molluschi…). I felini, tra cui il gatto domestico, sono tuttavia i soli ospiti definitivi ed eliminano nell’ambiente delle resistentissime oocisti contenenti il parassita; quando altri animali appartenenti alle citate specie suscettibili le ingeriscono diventano ospiti intermedi; T. gondii si distribuisce quindi nei tessuti di elezione (tra cui quello nervoso e muscolare) andando a formare delle cisti in cui è contenuta un’altra forma infettante del parassita (i bradizoiti) .

La trasmissione all’uomo, come anche per gli altri ospiti intermedi, può verificarsi attraverso il consumo di carni non adeguatamente cotte proveniente da animali infetti, o tramite l’ingestione accidentale di oocisti mediante il contatto con le feci di gatti escretori, vegetali o acqua contaminata.

Tra le specie animali sensibili, le pecore mostrano una notevole suscettibilità nei confronti di T. gondii; anche in questa indagine, la sieropositività per T. gondii degli ovini si conferma infatti in linea con la maggior parte degli studi condotti negli ultimi 20 anni in Italia che riportano percentuali comprese tra il 40 e il 65%. Il trend relativo ad altre specie domestiche particolarmente sensibili come il maiale, rileva una  sieroprevalenza in diminuzione nella maggior parte del mondo.

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Zanzare: le loro storie d’amore per combattere la malaria

artropodiDall’accoppiamento delle zanzare, nuove strategie per ridurre la diffusione della pericolosa infezione. Lo evidenzia uno studio di Cnr-Isc e Sapienza in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, ora pubblicato su Scientific Reports

Osservare delle zanzare che si accoppiano può sembrare un’attività particolarmente bizzarra, ma che si sta rivelando essenziale nello sviluppo di nuove strategie di lotta contro la malaria. Le femmine di Anopheles gambiae sono vettori di trasmissione del plasmodio della malaria, che ogni anno è responsabile di centinaia di migliaia di decessi. Le tecniche sviluppate negli ultimi anni per contrastare questa malattia si basano su un principio molto semplice: meno zanzare, meno vettori di trasmissione, meno decessi. L’uso di zanzariere impregnate di insetticidi si è rivelato molto efficace negli ultimi 20 anni. Ma questo non basta. Le zanzare hanno sviluppato resistenze agli insetticidi, per cui, dopo una iniziale riduzione, il numero dei contagi annuali è ora in salita.

L’imperativo scientifico è quindi di identificare nuove strategie, da utilizzare in associazione con i metodi di controllo attualmente in uso. Attraverso un approccio ‘gene drive’, si cerca di sfruttare l’accoppiamento delle zanzare per diffondere modificazioni genetiche che rendano le zanzare sterili o incapaci di trasmettere il parassita della malaria. “Per valutare l’efficacia di queste tecniche innovative è necessario conoscere approfonditamente il meccanismo dell’accoppiamento”, spiega la Prof.ssa Roberta Spaccapelo, dell’Università degli Studi di Perugia, “sappiamo che questi insetti si accoppiano in volo e che i maschi si associano in gruppi, sciami di centinaia di individui, per essere più visibili e attrattivi alle femmine. Ma non ne sappiamo molto di più. Sono le femmine che entrano nello sciame a scegliere con quale maschio accoppiarsi? Come avviene la scelta? Ci sono delle caratteristiche che rendono alcuni maschi più attrattivi di altri?”

L’articolo ‘Characterization of lab-based swarms of Anopheles gambiae mosquitoes using 3D-video tracking’ appena pubblicato su Scientific Reports ( https://rdcu.be/ddj9E), nato da una collaborazione fortemente interdisciplinare tra il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Perugia, il gruppo CoBBS (Collective Behavior in Biological Systems – www.cobbs.it) del Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma e dell’Istituto dei Sistemi Complessi del CNR, muove i primi passi per cercare di rispondere a questi interrogativi.

“Riprodurre sciami di Anopheles nell’ambiente controllato del laboratorio è stato un compito molto complicato. Abbiamo scelto di studiare questi sciami in gabbie molto grandi, per poter analizzare la dinamica di volo delle zanzare evitando potenziali effetti sul comportamento dovuti allo spazio confinato di gabbie piccole”, dice la Prof.ssa Irene Giardina della Sapienza.

“Abbiamo ripreso sciami di centinaia di zanzare con un sistema stereometrico di telecamere, che ci permette di ricostruire nello spazio tridimensionale le traiettorie di ogni singola zanzara nel gruppo. L’analisi di questi dati ci ha permesso di verificare che gli sciami ricreati in laboratorio hanno caratteristiche compatibili con quelle di sciami osservati in ambiente naturale“, spiega Stefania Melillo, ricercatrice dell’Istituto dei Sistemi Complessi del CNR. “La novità più importante presentata nell’articolo è che siamo riusciti a documentare vari eventi di accoppiamento: coppie di zanzare che volano insieme per un periodo di tempo che arriva anche a 15 secondi. Ma la cosa più stupefacente è sicuramente aver osservato e  documentato la competizione nell’accoppiamento. Più maschi che competono per accoppiarsi nello stesso momento con la stessa femmina.”

L’articolo rappresenta, quindi, il primo passo verso la comprensione della dinamica di accoppiamento nelle zanzare e costituisce un importante punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale, per valutare l’efficacia delle nuove tecnologie per ridurre la popolazione di insetti così pericolosi per l’uomo.

Ulteriori sviluppi di questo studio, sia dal punto di vista sperimentale che modellistico, sono tema del progetto dal titolo: Demystifying mosquito sex: unraveling MOsquito SWARMs  with lab-based 3D video tracking (acronimo: MoSwarm), presentato congiuntamente dall’Università di Perugia e il CNR, appena finanziato dal MUR nell’ambito dei progetti PRIN 2022.

Fonte: CNR




Gatte, uno studio dimostra l’efficacia di un contraccettivo genico in dose unica

Sterilizzazione chirurgica, ma non solo. Servono anche alternative contraccettive permanenti efficienti, sicure ed economiche.

I ricercatori del Cincinnati Zoo & Botanical Garden’s Center for Conservation and Research of Endangered Wildlife, del Massachusetts General Hospital e dell’Horae Gene Therapy Center hanno realizzato uno studio volto a verificare una nuova soluzione. Hanno pertanto inoculato in sei gatte una singola iniezione di un vettore di terapia genica virale adeno-associata con una versione leggermente alterata del gene AMH, ormone naturale prodotto dai mammiferi e – nei gatti – secreto dai follicoli ovarici.
Le sei femmine trattate sono state seguite per oltre due anni, tramite monitoraggio dell’espressione del transgene, degli anticorpi anti-transgene e degli ormoni riproduttivi. Due studi hanno poi valutato il comportamento di accoppiamento e il successo riproduttivo.

La ricerca ha evidenziato che l’espressione ectopica dell’ormone anti-Mülleriano non compromette gli steroidi sessuali né il ciclo estrale, ma previene l’ovulazione indotta dall’allevamento, risultando in una contraccezione sicura e duratura nella gatta domestica.

Fonte: vet33.it




Nuovo focolaio di malattia nodulare contagiosa del bovino in Israele

Il 28 maggio 2023 è stato notificato alla WOAH un nuovo sospetto focolaio di malattia nodulare contagiosa del bovino in Israele. Il focolaio è stato confermato il 30/05/2023 con positività alla real-time PCR presso il laboratorio di virologia dell’Istituto Veterinario di Kimron.

L’azienda di bovine da latte colpita si trova a Nahal Oz, a 1,5 km dalla striscia di Gaza La mandria era composta da 350 capi in lattazione, 50 in asciutta e 300 manze; di queste ultime, 16 hanno manifestato sintomatologia clinica e una bovina è morta.

Le manze affette erano di un’età compresa tra i 10 e i 13 mesi e non erano state vaccinate, a differenza del resto della mandria, a giugno 2022 perché troppo giovani. Il 29/05/2023 tutte le bovine sopra i 3 mesi di età sono state prontamente vaccinate dopo la comparsa dei sintomi in allevamento.

Altre misure intraprese comprendono la sorveglianza e il controllo dei vettori, la restrizione dell’area infetta, controllo delle movimentazioni, quarantena e screening.

La malattia nodulare contagiosa del bovino, nota come Lumpy skin disease (LSD), è causata da un virus del genere Capripoxvirus, altamente ospite-specifica, determina la patologia solo nel bovino (Bos indicus B. taurus) e nel bufalo (Bubalus bubalis). La malattia nodulare contagiosa non è una zoonosi, ciò significa che le persone non contraggono il virus. Gli animali colpiti possono sviluppare febbre, emaciazione, linfoadenomegalia, edema cutaneo e noduli su cute, mucose e organi interni. Talvolta i capi colpiti possono andare incontro a morte.

L’origine dell’infezione segnalata per questo focolaio sono i vettori, infatti si pensa che gli artropodi rappresentino la principale via di trasmissione meccanica del virus. In condizioni sperimentali, tra i possibili artropodi, sono state identificate le zanzare del genere Aedes aegypti come agenti responsabili della trasmissione in campo del virus, ma probabilmente anche altre mosche ematofaghe, culicoidi e zecche possono rivestire un ruolo nel veicolare la malattia. La trasmissione mediante contatto diretto ha un ruolo minore.

L’ultimo focolaio di malattia nodulare contagiosa del bovino è stato segnalato in Israele nel 2019. Questa malattia è endemica in Africa e diversi focolai sono stati notificati in Medio Oriente, sud-est Europa, nei Balcani, Caucaso, Russia e Kazakistan.

Fonte: IZS Teramo




90a Sessione Generale WOAH a Parigi, l’influenza aviaria sotto la lente

Si è svolta a Parigi da domenica 21 a giovedì 25 maggio 2023 la 90ª Sessione generale annuale dell’Organismo mondiale per la salute animale(WOAH). L’evento ha riunito oltre 1.000 partecipanti, tra cui rappresentanti di 183 membri WOAH, nonché rappresentanti di organizzazioni internazionali e regionali, paesi e territori osservatori, parti interessate chiave e diversi ministri.

Durante cinque giorni, rappresentanti provenienti da tutto il mondo hanno partecipato alle discussioni della prima sessione generale interamente in presenza, dall’inizio della pandemia di COVID-19 nel 2020.

I delegati nazionali hanno adottato nuove risoluzioni e assunto impegni per rafforzare il controllo globale dell’influenza aviaria, una malattia animale che ha colpito tutte le regioni del mondo negli ultimi anni. Proprio per l’influenza aviaria e per la sua importanza a livello globale per la prima volta è stato organizzato un forum dedicato alla salute degli animali per esplorare le opzioni di gestione del rischio per questa malattia, fornendo al contempo uno spazio per discutere le strategie adattate alla sua attuale situazione in continua evoluzione.

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna è stato rappresentato dal Dott. Giuseppe Merialdi, Direttore Sanitario e dal Dott. Antonio Lavazza, Direttore del Dipartimento Tutela e Salute Animale.

Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




Un raro focolaio causato da un patogeno emergente: cruciale la collaborazione interdisciplinare

Lo Streptococcus equi subsp. zooepidemicus, che causa raramente malattia negli esseri umani, è stato al centro di un focolaio che tra il 2021 e il 2022 ha colpito 37 pazienti. Metodiche analitiche avanzate e multidisciplinarietà sono state la chiave nell’individuare l’origine dell’infezione e nell’attuare misure preventive

Tra il novembre 2021 e il maggio 2022, l’Italia ha assistito a un focolaio di una infezione da Streptococcus equi subsp. zooepidemicus (SEZ), che ha coinvolto un totale di 37 casi clinici nella regione centrale del Paese, provocando la morte di cinque pazienti per meningite. Si tratta di un evento molto raro, causato da un batterio che colpisce principalmente cavalli e altri animali, come bovini, suini, capre, pecore e cani, ma che in alcuni casi può infettare anche gli esseri umani causando diverse patologie, tra cui meningite, sepsi e artrite.

Di fronte a questa emergenza, iniziata con 18 casi, le Autorità sanitarie avevano creato una task force interdisciplinare che ha visto in prima linea l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo in una collaborazione che ha coinvolto medici, veterinari, epidemiologi e microbiologi. Come riportato in un lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, le ricerche coordinate hanno permesso di individuare altri 19 pazienti colpiti dal microrganismo e di identificare rapidamente la sorgente di infezione.

“SEZ – spiega Alexandra Chiaverini, Igiene e Tecnologie degli Alimenti, Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, corresponding author del lavoro – è un batterio che può infettare animali domestici e animali da compagnia. L’infezione umana, rara, avviene generalmente attraverso il contatto diretto con animali infetti o mediante il consumo di latte crudo o prodotti caseari non pastorizzati derivati dagli stessi animali”.

L’identificazione del microrganismo nei pazienti e in alcuni prodotti lattiero-caseari non pastorizzati, unita all’analisi genetica, ha permesso di evidenziare la stretta correlazione tra i ceppi patogeni, e quindi di tracciare con precisione la sorgente dell’infezione. A quel punto le strutture sanitarie coinvolte hanno potuto intervenire rapidamente, bloccando i prodotti potenzialmente contaminati e prevenendo ulteriori casi.

“È stato – aggiunge Chiaverini – un caso molto positivo di stretta collaborazione tra strutture e discipline diverse. Il nostro Istituto è prontamente intervenuto a supporto della medicina umana in quello che definirei un esempio concreto di ‘One Health’, di approccio globale e interdisciplinare ad una patologia”.

Il lavoro scientifico pone l’accento, inoltre, sulla necessità di indagare più a fondo quale sia la situazione dello Streptococcus equi subsp. zooepidemicus a livello nazionale. “Il prossimo obiettivo – conclude la ricercatrice – sarà quello di capire quali sono i possibili rischi associati a SEZ, attraverso un programma di sorveglianza mirato, al fine di salvaguardare la salute pubblica”.

Fonte: IZS Teramo




Un sistema robotico per salvare le api?

apeIl progetto HIVEOPOLIS, finanziato dall’UE, ha sviluppato un sistema robotico in grado di interagire con una colonia di api mellifere. Installato nel telaio di un’arnia standard, il sistema non intrusivo misura e influenza il comportamento delle api mellifere adeguando la temperatura dell’alveare. Illustrato nella rivista «Science Robotics», il sistema composto da sensori termici e attuatori offre l’opportunità di studiare meglio i comportamenti collettivi degli animali e i modi per aiutare le api mellifere a sopravvivere alle pressioni del cambiamento climatico. «Molte regole della società delle api, dalle interazioni collettive e individuali all’allevamento di una covata sana, sono regolate dalla temperatura, abbiamo dunque fatto leva su questo aspetto per lo studio», spiega il co-autore principale dello studio, il dottorando Rafael Barmak del Politecnico federale svizzero di Losanna (EPFL), ente partner del progetto HIVEOPOLIS, in un articolo pubblicato sul sito web dell’università. «I sensori termici creano un’istantanea del comportamento collettivo delle api, mentre gli attuatori ci permettono di influenzare il loro movimento modulando i campi termici.»

Temperatura modulabile dall’interno

Le colonie sono sensibili al freddo e l’apertura delle arnie per studiarle in inverno rischia di influire sul loro comportamento, oltre che di danneggiarle. Il sistema robotico biocompatibile supera la dipendenza degli studi precedenti dalla manipolazione delle temperature esterne per osservare il loro comportamento in inverno, secondo il co-autore principale Martin Stefanec, dottorando dell’Università austriaca di Graz, l’ente che coordina il progetto HIVEOPOLIS. «Il nostro sistema robotico ci permette di modificare la temperatura dall’interno del glomere, emulando il comportamento di riscaldamento del nucleo di api e permettendoci di studiare come il glomere invernale regoli attivamente la sua temperatura.» Il sistema robotico del team di ricerca ha permesso di studiare tre alveari sperimentali situati presso l’Università di Graz in inverno e di controllarli a distanza dall’EPFL. Il sistema consiste in un processore centrale che coordina i sensori, invia comandi agli attuatori e trasmette i dati agli scienziati, il tutto senza l’uso di telecamere invasive. «Raccogliendo dati sulla posizione delle api e creando aree più calde nell’alveare, siamo stati in grado di incoraggiarle a muoversi in modi che normalmente non avrebbero mai usato in natura durante l’inverno, quando tendono a rannicchiarsi per conservare l’energia», afferma il coautore dottor Francesco Mondada, anch’egli dell’EPFL.

«Questo ci dà la possibilità di agire per conto di una colonia, ad esempio indirizzandola verso una fonte di cibo o scoraggiandola dal dividersi in gruppi troppo piccoli, comportamento che potrebbe minacciare la sua sopravvivenza.» Utilizzando il sistema robotico in quella che lo studio descrive come una modalità di supporto vitale, in cui l’energia termica viene distribuita attraverso i suoi attuatori termici, il team è stato anche in grado di prolungare la sopravvivenza di una colonia dopo la morte della sua regina. Questa capacità potrebbe contribuire a migliorare la sopravvivenza delle api di fronte al declino delle popolazioni di impollinatori in tutto il mondo. Grazie a questo sistema sono stati osservati anche nuovi comportamenti delle api mellifere. «Gli stimoli termici locali prodotti dal nostro sistema hanno rivelato dinamiche inedite che stanno generando nuove domande e ipotesi stimolanti», osserva il dottor Rob Mills, ricercatore post-dottorato dell’EPFL e autore senior. «Ad esempio, attualmente nessun modello può spiegare perché siamo riusciti a incoraggiare le api ad attraversare alcune “vallate” di temperatura fredda all’interno dell’alveare.» I ricercatori sostenuti da HIVEOPOLIS (FUTURISTIC BEEHIVES FOR A SMART METROPOLIS) hanno in programma di utilizzare il sistema per studiare il comportamento delle api mellifere nel periodo estivo.

Fonte: Commissione Europea




Nuovo libro bianco dell’OHHLEP sulla prevenzione delle ricadute zoonotiche

La diffusione delle Zoonosi  è riconosciuta come  causa predominante delle malattie infettive emergenti e come responsabile  principale delle recenti pandemie. Il Gruppo multidisciplinare di esperti di alto livello One Health (OHHLEP) ha recentemente pubblicato un documento nel quale si sottolinea  la necessità di ridurre il rischio di insorgenza di malattie zoonotiche  attraverso migliori misure di prevenzione, promuovendo così un approccio più efficiente di contrasto alla diffusione di tali malattie.

Gli sforzi per arginare le epidemie vengono solitamente messi in campo per contenere focolai già in atto, diverso sarebbe se le risorse fossero dedicate alla riduzione dei rischi direttamente alla fonte.

Il Quadripartito, ( FAOOMSUNEP e WOAH)  accoglie con favore l’appello dell’OHHLEP nel sollecitare e promuovere la prevenzione, allineare le strategie, colmare le lacune esistenti a Sistema  al fine di evitare  lo spillover zoonotico.

Prevenire il passaggio di agenti patogeni dagli animali all’ uomo significherebbe spostare il paradigma da “ reattivo a proattivo”, in un approccio One Health, prendendo in considerazione così anche tutta una serie di fattori più  generali, che vanno dal cambiamento climatico alle  pratiche di base per la salute umana, animale e al benessere degli animali.

Tale approccio, non solo aiuterebbe a prevenire nuove epidemie e pandemie, ma fornirebbe anche significativi benefici economici, sociali e ambientali, tra i quali ad esempio quello della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra.

Fonte: IZS Lazio e Toscana




West Nile Virus, situazione e prevenzione

Quest’anno la stagione di trasmissione di malattie trasmesse da insetti ha avuto un inizio precoce in Italia. La circolazione del virus West Nile, infatti, è stata infatti confermata dalla presenza del virus in pool di zanzare e in avifauna nel paese già nel mese di maggio 2023. Sono state di conseguenza attivate precocemente le misure di prevenzione su trasfusioni e trapianti nelle aree interessate,

Sebbene ad oggi non siano stati notificati casi confermati di infezione nell’uomo da virus West Nile contratti nei mesi di aprile e maggio 2023, è possibile che la circolazione di questo o di altri patogeni trasmessi da insetti possa aumentare nelle prossime settimane.

Si sono inoltre verificate emergenze idro-geologiche per eventi climatici estremi in diverse Regioni Italiane. Dal 15 maggio 2023 una forte ondata di maltempo sta interessando in particolare numerose province della Regione Emilia-Romagna dove si sono registrate esondazioni e frane (Fonte: Dipartimento della Protezione Civile). Inondazioni, esondazioni ed alluvioni sono associate all’aumento del rischio di alcune malattie infettive, incluse le arbovirosi trasmesse da zanzare, come il virus West Nile, endemico in Italia, e i virus dengue e chikungunya, che hanno dato luogo a focolai sporadici nel nostro paese.

Prevenzione

Attualmente non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Malgrado siano allo studio dei vaccini, per il momento l’unico strumento preventivo contro la diffusione dell’infezione è soprattutto la riduzione  dell’esposizione a punture di zanzare, durante il periodo favorevole alla trasmissione.

Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:
– usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe, quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto
– usando delle zanzariere alle finestre e soggiornando in ambienti climatizzati
– svuotando di frequente i contenitori con acqua stagnante (per esempio, secchi, vasi per fiori e sottovasi, catini, bidoni, ecc.) e coprendo quelli inamovibili
– cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali
– svuotando le piscinette per i bambini quando non sono usate.

Informazioni generali

La febbre West Nile (West Nile Fever) è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, WNV), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.

I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.

Incubazione e sintomi
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, manifestazioni cutanee. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, mentre nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150) e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.

Fonte: ISS