Influenza aviaria: siamo pronti a fronteggiare una nuova pandemia?

A ben cinque anni dall’esordio della drammatica pandemia da CoViD-19, una lettera pubblicata sulla prestigiosa Rivista Science sollecita una risposta adeguata all’incombente minaccia rappresentata dal virus dell’influenza aviaria AH5N1, che sta attualmente imperversando fra gli uccelli ed i mammiferi domestici e selvatici in Eurasia e nelle due Americhe, financo alle regioni polari, avendo altresì causato quasi 1.000 casi umani di malattia, la metà dei quali ad esito fatale (Goodman et al., 2025).

Di rilevanza strategica sarebbe, in proposito, la rapida messa a punto di vaccini sicuri ed efficaci, basati sulla rivoluzionaria tecnologia dell’RNA messaggero, analogamente a quelli che hanno consentito di salvare milioni di vite umane durante la pandemia da CoViD-19 e l’accesso ai quali andrebbe altresi’ garantito a condizioni eque anche ai Paesi a reddito basso e medio.

A fronte di quanto sopra e di tutte le ulteriori e piu’ che condivisibili strategie da adottare al fine di fronteggiare una nuova potenziale pandemia, non verrebbe adeguatamente sottolineato, tuttavia, il fondamentale ruolo rivestito all’uopo dai Servizi Veterinari.

Ciò appare difficilmente comprensibile, atteso che CoViD-19 ed influenza aviaria da virus AH5N1 sono entrambe malattie zoonosiche, al pari di quanto lo sarebbero i due terzi delle cosiddette “malattie infettive emergenti”, che trarrebbero la propria origine da uno o più serbatoi animali.

E come ignorare o, peggio ancora, far finta di ignorare, in un siffatto contesto, l’incredibile esclusione dei Medici Veterinari, per ben due volte, dal “Comitato Tecnico-Scientifico per la Pandemia da CoViD-19”, popolarmente noto con l’acronimo “CTS”, come già a suo tempo denunciato da chi scrive sulla prestigiosa Rivista BMJ (Di Guardo, 2021)?

Per buona pace, giustappunto, della “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente – e nel segno, nondimeno, dell’imperituro motto secondo cui “Errare humanum est perseverare autem diabolicum”!

Bibliografia

  1. Di Guardo G (2021). No veterinarians (yet) on the Italian COVID-19 Scientific Committee. BMJ 374:n1719.
  2. Goodman JL, Baylor NW, Katz R, Gostin LO, Bright RA, Lurie N, Gellin BG (2025). Prepare now for a potential H5N1 pandemic. Science 387:1047. DOI: 10.1126/science.adw3278.

Giovanni Di Guardo,

DVM, Dipl. ECVP,

Gia’ Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Esperti su Science, prepararsi in tempo a una pandemia di aviaria

influenza aviariaUna lettera pubblicata sulla rivista Science esorta governi, mondo dell’industria e comunità scientifica a prepararsi a una possibile pandemia di influenza aviaria provocata dal virus H5N1.

Prepararci adesso può salvare vite e può ridurre gli impatti sociali ed economici se H5N1 o un altro virus portasse a una pandemia”, si legge nella lettera, che ha come primo firmatario Jesse Goodman della Georgetown University.

Gli autori della lettera rilevano che il virus H5N1 si è ormai adattato ai mammiferi come i bovini, causando anche diversi casi nell’uomo. Finora la trasmissione è avvenuta solo dagli animali all’uomo e non è stato finora rilevato nessun caso di contagio da uomo a uomo.

Sebbene la maggior parte dei casi sia stata finora di lieve entità, gli esperti osservano che il virus potrebbe provocare conseguenze gravi a causa della sua elevata capacità di diffusione. Di conseguenza, osservano, è necessaria un’azione urgente per affrontare per tempo i possibili scenari di una pandemia.

Il primo sforzo, si legge nella lettera, va fatto per mettere a punto un vaccino efficace e che si possa produrre in grandi quantità in tempi rapidi. In quest’ottica, la collaborazione tra gli attori in gioco dovrebbe riguardare soprattutto le nuove tecnologie, come i vaccini a mRna e quelli che utilizzano nuovi antigeni, le molecole tipiche del virus in grado di essere riconosciute dal sistema immunitario. Non va dimenticata, aggiungono,  la necessità di garantire un accesso equo al vaccino anche ai Paesi a basso e medio reddito.

Fonte: ansa.it

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Segnalato un caso di Afta Epizootica in Ungheria

Segnalato un caso di Afta Epizootica in UngheriaLa rete dei servizi veterinari ha confermato un focolaio di afta epizootica in Ungheria in un allevamento di vacche da latte.

L’azienda si trova nella parte settentrionale dell’Ungheria, nei pressi della città di Győr al confine con la Slovacchia.

I bovini presentavano sintomi clinici tipici e il laboratorio ha confermato la presenza del virus. Al momento sono in corso le analisi per determinare il sierotipo.

Nel frattempo sono state attuate tutte le misure di restrizione, compreso il blocco delle movimentazioni di tutte le specie suscettibili, ed è in corso l’indagine epidemiologica per definire la fonte dell’infezione, e per rintracciare tutti i capi movimentati nel periodo di latenza della malattia.

La malattia era considerata eradicata nel paese. L’ultimo caso segnalato risaliva al 1973.
Si tratta però del secondo caso ravvicinato in Europa – dopo quello notificato dalla Germania il 10 gennaio scorso – dove l’ultima occorrenza era stata segnalata nel 2011 dalla Bulgaria.

Fonte: IZS LER




Che cos’è oggi il Covid in Italia

A distanza di cinque anni dall’inizio della pandemia, il coronavirus è ancora diffuso in Italia, ma le cose sono molto cambiate. La fase dell’emergenza è finita da tempo e non ci sono più misure di prevenzione obbligatorie da rispettare per evitare i contagi. Oggi negli ospedali e negli ambulatori dei medici di base il coronavirus non è più il problema predominante, e ha smesso di paralizzare il resto dell’attività di cura come succedeva durante la pandemia.

Massimo Andreoni, professore di malattie infettive all’università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), dice che siamo in realtà in una fase di «assestamento». «Il coronavirus che circola oggi è meno aggressivo rispetto a cinque anni fa. Resta però pericoloso per i pazienti cosiddetti fragili, cioè le persone anziane, immunodepresse e con altre patologie, e non va quindi sottovalutato», dice.

Nonostante la bassa pericolosità del coronavirus oggi, anche considerati i livelli di immunizzazione raggiunti dalla popolazione, secondo Andreoni è comunque importante continuare ad analizzare con puntualità il materiale genetico del virus. Come previsto, infatti, il SARS-CoV-2 non ha smesso di evolvere. La comunità scientifica internazionale continua a monitorare le varianti che emergono nel mondo per capire come si diffondono e come potrebbero potenzialmente impattare sulla salute umana. In Italia, secondo i report settimanali dell’Istituto superiore di sanità (ISS), la variante attualmente prevalente è chiamata JN.1, che circola ormai da mesi e ha diverse sotto-varianti, come accade sempre nei periodi di lunga circolazione. Nessuna finora ha suscitato particolari preoccupazioni.

I vaccini contro il coronavirus che vengono somministrati da metà settembre sono comunque stati adattati alla variante JN.1. Sono monovalenti e basati sull’RNA messaggero (mRNA), come quelli prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna che si rivelarono molto efficaci nel prevenire il COVID-19 soprattutto nelle sue forme più gravi. Oggi il vaccino contro il coronavirus è raccomandato in particolare per alcune categorie, come chi ha più di 60 anni, persone con malattie croniche e patologie oncologiche e gli operatori sanitari. La campagna vaccinale è iniziata in autunno insieme a quella antinfluenzale, e come negli anni scorsi è gestita dalle regioni: da settembre a febbraio hanno fatto una dose di richiamo contro il coronavirus quasi un milione di persone (qui ci sono i dati completi e aggiornati).

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Fonte: ilpost.it




Influenza aviaria: una marcia lenta ma continua

Il mondo scientifico aveva previsto già diverse decadi fa la pole position dei virus dell’influenza per l’innesco della prossima pandemia umana, con previsioni catastrofiche soprattutto basate sull’esperienza della famosa pandemia di “spagnola” (almeno in Italia fu chiamata così) del 1918. Ma non sempre le previsioni si avverano: infatti la pandemia più recente e disastrosa è stata causata dal coronavirus Sars-CoV-2 e ci siamo trovati a fronteggiarla con piani pandemici influenzali, anche non aggiornati, ma soprattutto basati su parametri e modalità di contagio inadeguati. Che Covid-19 si sia preso il palcoscenico della pandemia più recente non deve però far pensare che la minaccia dei virus influenzali non sia reale: anzi, a ben guardare l’avvicinamento di nuovi virus influenzali alla nostra specie è continuo e costante.

Influenza aviaria, una minaccia sempre presente

Per fare il punto della situazione è utile ricordare che i virus dell’influenza (famiglia Orthomyxoviridae) sono virus a RNA classificati in diversi generi in base alla composizione delle loro nucleoproteine e nella proteina matrice. I virus del genere A provocano tutte le pandemie di influenza e sono responsabili dalla maggior parte dei casi delle epidemie stagionali; infettano gli umani, i mammiferi e gli uccelli. Sono classificati in base a due grandi glicoproteine che si trovano sulla superficie esterna delle particelle virali: H (emoagglutinina di cui sono stati identificati 18 sottotipi) e N (neuraminidasi, 11 sottotipi). Tutti i sottotipi sono stati identificati tra gli uccelli, che quindi vengono indicati come il serbatoio naturale delle infezioni.

Perché specie diverse vengano infettate è necessario che specifici ceppi virali producano emoagglutinine in grado di legarsi ai recettori specie-specifici delle cellule dell’ospite. Purtroppo i virus dell’influenza sono dei grandi trasformisti e, a causa di un genoma segmentato, il rimescolamento genico e quindi la produzione di continue varianti virali, con  nuove proteine anche di superficie, è continuo. Il fenomeno avviene con i virus stagionali adattati all’essere umano, per cui in ogni autunno si preparano vaccini mirati alle varianti che si prevede avranno maggiore circolazione, ma avviene anche tra i virus che infettano gli uccelli e altri animali. La maggior parte dei vaccini per l’essere umano è preparata mediante colture virali su uova di pollo.

Il salto di specie che fa emergere un nuovo sottotipo che dagli uccelli è in grado di infettare e trasmettersi tra le persone non avviene all’improvviso, ma attraverso passaggi in specie animali biologicamente sempre più affini a noi. Monitorare le infezioni tra gli animali selvatici, tra quelli domestici e di allevamento fornisce la misura dell’avvicinamento all’umano di nuovi sottotipi potenzialmente molto pericolosi, perché completamente nuovi.

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Fonte: scienzainrete.it




Aviaria, le onde elettromagnetiche inattivano il virus: è meno infettivo del 94%

Inattivare i virus dell’influenza aviaria H5N1 colpendoli con le onde elettromagnetiche. La rivista Nature Scientific Reports ha pubblicato uno studio che attesta l’efficacia delle onde elettromagnetiche nell’inattivazione del virus in aerosol ad alta patogenicità A(H5N1) responsabile dell’influenza aviaria grazie ad una opportuna combinazione di frequenza, tempo di esposizione e intensità minima di campo elettrico.

La ricerca dal titolo “Selected microwave irradiation effectively inactivates airborne avian influenza A(H5N1) virus” è frutto del lavoro del team di ricerca ed innovazione di ELT Group, il cui articolo finale ha visto il contributo dei professori Silvio Brusaferro del Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine, Gaetano P. Privitera, docente di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Pisa e Alberto Sangiovanni Vincentelli, docente di Ingegneria elettrica e informatica all’Università della California, Berkeley.

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Fonte: Repubblica – salute




Missione in Antartide a caccia di influenza aviaria

Si è svolta fra ottobre e novembre una storica missione dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) fra i ghiacci dell’Antartide alla ricerca dell’influenza aviaria, con l’obiettivo di verificare la presenza del virus H5N1 fra le popolazioni di pinguini e contrastare questa minaccia globale anche nelle aree più remote del pianeta.

La missione è stata promossa su iniziativa dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), l’ente che si occupa della programmazione operativa e della gestione tecnico-logistica delle attività di ricerca italiane nel continente antartico. L’ENEA ha richiesto all’IZSVe di verificare l’eventuale presenza del virus fra le colonie di pinguini situate nel raggio operativo della Stazione “Mario Zucchelli”, una delle due basi italiane in Antartide, al fine di dotare il personale di istruzioni operative e dispositivi di sicurezza mirati alla riduzione del rischio zoonotico da H5N1.

A volare tra i ghiacci sono stati Francesco Bonfante e Alessio Bortolami, virologi veterinari della SCS6 – Virologia speciale e sperimentazione, che una volta concluso l’indispensabile addestramento, sono partiti per una missione assolutamente unica, cogliendo questa occasione per meglio comprendere le dinamiche di diffusione dell’influenza aviaria nel continente antartico.

Nel 2022 l’influenza aviaria si è spinta per la prima volta fino alle coste più meridionali del Sudamerica dove ha causato episodi di mortalità di massa in numerose specie di uccelli, oltre a decimare intere colonie di leoni ed elefanti marini. Il virus H5N1 è stato ritrovato in pinguini della Georgia del Sud, un gruppo di isole prossime al continente antartico, e nel febbraio 2024 è entrato definitivamente nel continente antartico, nelle vicinanze della stazione di ricerca argentina Primavera Base.

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Fonte: IZS Venezie




Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

efsa ecdcÈ stato pubblicato il 29 Gennaio 2025 il Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

In risposta alla richiesta della Commissione europea entrambe le agenzie  hanno elaborato il documento di orientamento Coordinated One Health investigation and management of outbreaks in humans andanimals caused by zoonotic avian influenza viruses.

Il documento prende in considerazione cinque diversi scenari nell’interfaccia uomo-animale-ambiente per le indagini sui focolai,  inclusi un approccio generale alle indagini congiunte (sanità pubblica e veterinaria),  le valutazioni congiunte dei rischi che dovrebbero informare i gestori dei rischi e l’adozione di potenziali misure di gestione.

Tre scenari sono innescati da sospette epidemie negli animali, tra cui quelle di specie elencate e non elencate (uccelli), animali da compagnia e uccelli/mammiferi selvatici. Gli altri due scenari sono avviati da un probabile caso umano o dal rilevamento del virus in acque reflue o campioni ambientali (ad esempio acque superficiali o altre fonti).

In ognuno dei cinque scenari vengono delineate le azioni che dovrebbero essere intraprese dalle diverse parti interessate per indagare sulla fonte dell’infezione e prevenire un’ulteriore trasmissione utilizzando un approccio One Health.

Tutti gli scenari richiedono un coordinamento intersettoriale e un approccio One Health. Sebbene la sequenza specifica delle azioni e le esigenze di comunicazione possano variare tra gli scenari,  vanno tuttavia assicurati i meccanismi di risposta generali per le indagini e la gestione delle epidemie.

Il rapporto identifica anche le eventuali criticità relative agli strumenti (ad esempio le piattaforme di comunicazione e condivisione dei dati), i punti chiave per lo scambio di informazioni tra i diversi settori, i fattori scatenanti per le valutazioni congiunte del rischio e le lacune nelle conoscenze esistenti per le quali devono ancora essere sviluppate linee guida o regolamenti.

Per far sì che le indagini e la gestione delle epidemie siano tempestive ed efficaci, la strategia One Health dovrebbe essere stabilita in tempo di pace con l’individuazione delle responsabilità, delle capacità dei servizi di sanità pubblica e veterinari e dei meccanismi di collaborazione.

Inoltre, per lo sviluppo e l’implementazione degli strumenti che garantiscono la preparazione per rispondere rapidamente ed efficacemente alle minacce dell’influenza aviaria zoonotica,  devono esse garantiti risorse adeguate e supporto politico.

A cura di Maurizio Ferri




Nuovo promettente anticorpo contro l’aviaria

Il trattamento a base di anticorpi altamente neutralizzanti MEDI8852 può proteggere i primati dalla malattia causata dal virus dell’influenza aviaria H5N1. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Università di Pittsburgh e del NIH Vaccine Research Center.

Il team, guidato da Douglas Reed, ha valutato l’efficacia di una terapia anticorpale nel prevenire l’infezione grave da H5N1. L’anticorpo ampiamente neutralizzante, spiegano gli esperti, riconosce una regione relativamente stabile del virus, e tende a non perdere efficacia rispetto agli anticorpi che prendono di mira le strutture più soggette a mutazioni. Questa caratteristica assicura che la protezione immunitaria sia durevole ed efficace anche in caso emergano varianti.

“Questo tipo di prevenzione – osserva Reed – può essere particolarmente utile nel controllo delle epidemie e nel contenimento della pandemia di influenza aviaria. Nell’ambito delle sperimentazioni, l’anticorpo ha funzionato magnificamente”. A gennaio 2025, riportano gli scienziati, è stato segnalato un caso di H5N1 negli Stati Uniti associato a decesso dell’ospite, ma l’Organizzazione mondiale della sanità conta 950 episodi a livello globale dal 1997, oltre la metà dei quali fatali. Il patogeno, aggiungono gli studiosi, si è diffuso dagli uccelli selvatici ai mammiferi in tutto il mondo, raggiungendo leoni marini in Sud America e visoni in Europa. Eppure, le strategie di prevenzione sono ancora piuttosto limitate.

“Il nostro anticorpo – afferma Simon Barratt-Boyes, autore corrispondente dell’articolo – ha come bersaglio una regione che non varia tra i diversi virus influenzali, per cui protegge efficacemente l’organismo anche da nuovi ceppi. I primati in cui è stato testato MEDI8852 sono stati protetti contro malattia grave e morte in ogni scenario osservato e i livelli sierici sono rimasti sufficientemente stabili per 8-12 settimane dall’inoculazione”.
“Questa ricerca – concludono gli autori – getta le basi per lo sviluppo di contromisure mediche contro future pandemie del virus influenzale H5N1”.

Fonte: AGI




Influenza aviaria: le agenzie dell’Unione europea individuano le mutazioni del virus e analizzano le strategie di reazione

Pamela Rendi-Wagner, direttore dell’ECDC, ha dichiarato: “La diffusione globale ci impone di restare all’erta e di accertarci che l’Europa si trovi preparata a rispondere alla minaccia dell’influenza aviaria. L’ECDC collabora con gli Stati membri dell’UE/SEE perché siano pronti a prevenire e contenere eventuali focolai infettivi futuri negli animali e nell’uomo. Per tutelare la salute pubblica in Europa è cruciale predisporre efficienti piani preventivi”.

“Nel 2024 i virus dell’influenza aviaria hanno ampliato la loro pervasività infettando specie fino allora indenni. Il nostro studio individua le principali mutazioni riferibili a un potenziale trasferimento all’uomo, che postulano individuazione e risposta tempestive. La collaborazione e la condivisione dei dati in tutto l’ambito dei soggetti coinvolti restano cruciali per affrontare situazioni emergenti”, ha dichiarato Bernhard Url, direttore esecutivo facente funzione dell’EFSA.

Gli esperti hanno elaborato un elenco esaustivo di mutazioni genetiche dal quale emergono 34 mutazioni che potrebbero aumentare il potenziale trasferimento all’uomo dei virus dell’influenza aviaria. Usando l’analisi molecolare e la sorveglianza genomica, i laboratori di salute pubblica e animale potranno avvalersi dell’elenco delle mutazioni – da aggiornare continuamente – per monitorare l’emergere di ceppi potenzialmente trasmissibili all’uomo.

Il parere scientifico individua anche come l’adattamento dei virus dell’aviaria ai mammiferi possa essere influenzato da fattori quali le mutazioni genetiche, la mescolanza di materiale genetico tra i virus e l’interazione con la risposta immunitaria dell’ospite, oltre a fattori estrinseci che possono accrescere la possibilità di trasmissione all’uomo quali le attività umane e i cambiamenti ambientali che aumentano i contatti tra fauna selvatica, pollame, bestiame ed esseri umani. Allevamenti ad alta densità, pratiche di biosicurezza carenti, deforestazione, urbanizzazione e commercio globale amplificano il rischio di salto di specie dagli animali all’uomo.

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Fonte: EFSA