“Da consumarsi entro il” o ‘da consumarsi preferibilmente entro il’? Nuovo ausilio per gli OSA

L’EFSA ha creato uno strumento per aiutare gli operatori del settore alimentare a decidere quando apporre sui loro prodotti la dicitura “da consumarsi entro il” oppure “da consumarsi preferibilmente entro il”.

La dicitura “da consumarsi entro il” apposta sui cibi riguarda la loro sicurezza: gli alimenti possono essere consumati fino a una certa data, ma non dopo, anche se hanno un bell’aspetto e un buon odore. La dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il” si riferisce alla qualità: quel cibo sarà sicuro da consumare anche dopo la data che figura in etichetta, ma potrebbe non essere nelle condizioni ottimali. Ad esempio il sapore e la consistenza potrebbero non essere dei migliori.

La Commissione europea stima che fino al 10% degli 88 milioni di tonnellate di sprechi alimentari prodotti ogni anno nell’UE sia connesso all’indicazione della data di scadenza sui prodotti alimentari.

Kostas Koutsoumanis, presidente del gruppo di esperti EFSA sui pericoli biologici, ha dichiarato: “Informazioni chiare e corrette sulla confezione e una miglior comprensione e applicazione dell’indicazione della data appropriata sugli alimenti da parte di tutti i soggetti coinvolti possono contribuire a ridurre gli sprechi alimentari nell’UE, pur continuando a garantire la sicurezza degli alimenti. Il parere scientifico pubblicato oggi rappresenta un passo avanti in tale direzione“.

Lo strumento è strutturato in forma di albero decisionale contenente una serie di domande a cui l’operatore del settore alimentare deve rispondere per orientarsi verso l’opzione di etichettatura più opportuna. Le domande sono varie. Ad esempio si chiede se i requisiti di indicazione della data per una categoria di alimenti siano già prescritti dalla legislazione; se il prodotto subisca trattamenti per prevenire eventuali pericoli, se verrà manipolato nuovamente prima del confezionamento; quali siano le sue caratteristiche e le condizioni di conservazione.

Gli esperti hanno anche analizzato i fattori che devono essere presi in considerazione dagli operatori del settore alimentare per stabilire il “termine di conservabilità”, ovvero la finestra temporale durante la quale un alimento resta sicuro e/o di qualità adeguata per il consumo, presupponendo che la confezione resti intatta e il prodotto venga conservato secondo le istruzioni.

Nel 2021 il gruppo di esperti scientifici dell’EFSAsui pericoli biologici pubblicherà un altro parere scientifico sul tema. Il documento verterà sulle informazioni destinate ai consumatori circa le condizioni di conservazione, i limiti di tempo per il consumo dopo l’apertura della confezione e le pratiche di scongelamento.

Guidance on date marking and related food information: part 1 (date marking)

Fonte: EFSA




FAO: Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari per migliorare la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale

FAO In occasione dell’evento globale che ha inaugurato oggi la prima Giornata internazionale della consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e i loro partner hanno fatto appello all’intera comunità affinché si impegni a ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, così da evitare un ulteriore tracollo della sicurezza alimentare e un impoverimento delle risorse naturali.

Circa 690 milioni di persone oggi soffrono la fame, mentre sono ben tre miliardi coloro che non possono permettersi un’alimentazione sana. Il numero degli affamati è continuato ad aumentare negli ultimi cinque anni e la pandemia da COVID-19 sta mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare e nutrizionale di un numero ulteriore di persone che potrebbe raggiungere i 132 milioni di unità. A questo quadro drammatico si devono aggiungere il deterioramento degli ecosistemi e l’impatto dei cambiamenti climatici.

Nonostante ciò, le perdite e gli sprechi alimentari non accennano a diminuire. Quest’anno si è assistito addirittura a un incremento di entrambe le problematiche, a causa delle restrizioni agli spostamenti e ai trasporti collegate alla pandemia.

Anche senza considerare l’emergenza COVID-19, ogni anno il 14 per cento circa dei prodotti alimentari va perso in tutto il mondo prima di raggiungere il mercato. Il valore annuo delle perdite alimentari è pari a 400 miliardi di USD, equivalenti al PIL dell’Austria. A ciò si aggiungono gli sprechi alimentari, le cui nuove stime saranno rese note all’inizio del 2021. Se si considera infine anche l’impatto ambientale, le perdite e gli sprechi alimentari sono responsabili dell’8 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra.

Le perdite alimentari si verificano nel tragitto tra il campo e la vendita al dettaglio (esclusa), mentre gli sprechi alimentari si osservano a livello di vendita al dettaglio e di consumo (servizi di ristorazione e nuclei familiari). Tra le cause del fenomeno si annoverano i vizi di manipolazione, l’inadeguatezza delle modalità di trasporto o immagazzinamento, l’assenza di capacità lungo la catena del freddo, condizioni atmosferiche estreme, l’esistenza di norme di qualità sull’aspetto esteriore fino all’assenza di capacità di pianificazione e competenze culinarie tra i consumatori.

In sostanza, se si riducessero le perdite o gli sprechi alimentari si potrebbe garantire più cibo per tutti, ridurre le emissioni di gas a effetto serra, allentare la pressione sulle risorse naturali e aumentare la produttività e la crescita economica.

Innovazione, tecnologie e modifica dei comportamenti: la chiave per ridurre perdite e sprechi alimentari

“Le perdite e gli sprechi alimentari rappresentano una grande sfida per la nostra epoca,” ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, auspicando la creazione di partenariati più stretti, un aumento degli investimenti nella formazione dei piccoli agricoltori, nelle tecnologie e nell’innovazione, con apporti del settore sia pubblico che privato” allo scopo di intensificare la lotta contro questi fenomeni, dal momento che “il nostro pianeta non è che un piccolo vascello che galleggia nell’universo.”

“Aspetti quali un trattamento innovativo post-raccolta, l’esistenza di sistemi agricoli e alimentari digitali e un ripensamento dei canali di commercializzazione offrono enormi potenziali per far fronte alle perdite e agli sprechi alimentari. Abbiamo appena creato un partenariato con IBM, Microsoft e il Vaticano per dare spazio all’intelligenza artificiale in questi ambiti,” ha aggiunto Qu.

Inger Andersen, Direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ha esortato i governi a inglobare il problema delle perdite e degli sprechi alimentari nelle rispettive strategie nazionali per il clima.

“Finora sono soltanto 11 i paesi che hanno inserito la questione delle perdite alimentari nei loro contributi determinati a livello nazionale, mentre nessuno vi ha introdotto la voce sugli sprechi alimentari. Includendo le perdite e gli sprechi alimentari e l’obiettivo di regimi alimentari sostenibili nei piani rivisti per il clima, i responsabili politici possono migliorare anche del 25 per cento le loro capacità di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi attraverso i sistemi alimentari,” ha spiegato Andersen.

Riferendosi alle perdite e agli sprechi alimentari come a un'”offesa etica”,  se si tiene conto dell’elevato numero di persone che soffrono la fame, António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, in un messaggio inviato quale contributo alla Giornata internazionale, ha invitato tutti a fare la propria parte per ovviare a questa situazione: dai singoli paesi affinché definiscano un obiettivo di riduzione e misurino le perdite e gli sprechi alimentari registrati a livello nazionale, oltre a inserire interventi strategici nei piani per il clima di cui all’Accordo di Parigi, fino alle imprese perché adottino un approccio analogo giù giù fino ai singoli cittadini, affinché siano più accorti nei loro acquisti, conservino gli alimenti correttamente e riutilizzino gli avanzi di cibo.

La necessità di fare fronte comune e intensificare gli interventi per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, per trarre i massimi vantaggi offerti dall’innovazione, dalle tecnologie e dall’istruzione, per scoraggiare l’abitudine di gettare il cibo, per misurare e tener traccia dei progressi compiuti nonché per collaborare in modo da accrescere la disponibilità di cibo e ridurre l’impronta ambientale della produzione agricola (tematiche queste che saranno trattate in maniera approfondita in occasione del Vertice sui sistemi alimentari del 2021) è stata invocata da più relatori e partecipanti alle tavole rotonde, esponenti delle Nazioni Unite, della Commissione dell’UE, del settore pubblico e privato, dei Ministeri dell’Agricoltura dei paesi in via di sviluppo e industrializzati, delle organizzazioni e delle associazioni di agricoltori, commercianti e consumatori, e della comunità accademica nonché da chef di fama mondiale.

Soluzioni per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari

Tra le soluzioni disponibili per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari si annoverano le seguenti: la disponibilità di dati di buona qualità, che consentono di sapere a che livello della catena di valore si situano i principali snodi critici in termini di perdite e sprechi alimentari; il ricorso all’innovazione, per esempio a piattaforme di commercio digitale per la commercializzazione o a sistemi retrattili nell’industria della trasformazione degli alimenti; la presenza di incentivi statali per stimolare azioni di contrasto verso le perdite e gli sprechi alimentari da parte del settore privato e collaborazione lungo le catene di approvvigionamento; investimenti in formazione, tecnologia e innovazione, anche diretti ai piccoli agricoltori; un miglioramento delle pratiche di confezionamento alimentare e un allentamento dei regolamenti e delle norme di qualità estetica per frutta e ortaggi; il miglioramento delle abitudini dei consumatori; la redistribuzione delle eccedenze alimentari sicure alle persone indigenti per il tramite delle banche alimentari; la facilitazione dell’accesso degli agricoltori ai consumatori e catene di valore più corte mediante mercati degli agricoltori e collegamenti rurali-urbani; maggiori investimenti volti a rafforzare le infrastrutture e la logistica, catene del freddo sostenibili e tecnologie di raffreddamento incluse.

In molti paesi una porzione consistente di prodotti agricoli va persa durante il trasporto. Per ovviare a questo inconveniente, la FAO ha introdotto un sistema di imballaggio all’ingrosso sostenibile (costituito da casse in plastica sovrapponibili e inseribili l’una nell’altra), accanto a una buona pratica di gestione della fase successiva al raccolto, per trasportare prodotti agricoli freschi in una serie di paesi dell’Asia meridionale e sudorientale. L’uso delle casse in plastica durante il trasporto ha ridotto le perdite di ortaggi e frutta fino all’87 per cento. Laddove le casse hanno sostituito borse in plastica usa e getta, vi sono stati anche vantaggi sotto il profilo ambientale. (Fonte: SOFA 2019, pag. 36).

Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), in collaborazione con una coalizione di alto livello denominata “Champions 12.3“, ha elaborato un approccio “target, measure, act” (obiettivo, misurazione, azione) per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari. Il Regno Unito, che può considerarsi un pioniere di tale approccio, ha ottenuto una riduzione del 27 per cento delle perdite e degli sprechi alimentari pro capite nelle fasi successive alla produzione in azienda nel periodo compreso tra il 2007, anno di riferimento, e il 2018; grazie a questo risultato è oggi il primo paese al mondo a essersi portato ben oltre metà del cammino verso il conseguimento dell’OSS 12.3. La disponibilità di dati di buona qualità ha consentito al Regno Unito di passare all’azione, costituendo un efficace partenariato pubblico-privato per facilitare  la collaborazione reciproca lungo la catena di approvvigionamento, ricorrendo all’innovazione nella promozione, nell’etichettatura e nella progettazione dei prodotti alimentari, e lanciando una campagna di lunga durata per stimolare l’adozione di comportamenti corretti da parte della cittadinanza, che ha raddoppiato le iniziative e gli effetti sui comportamenti alimentari delle famiglie durante la pandemia. Varie società tra cui Tesco (Europa centrale), Campbell e Arla Foods sono riuscite a ridurre le perdite e gli sprechi alimentari di oltre il 25 per cento, il che dimostra che tale obiettivo è adeguato anche per le imprese commerciali.

Un nuovo Centro di eccellenza africano per una catena del freddo sostenibile, con sede in Rwanda, permette ai prodotti agricoli dei produttori locali di raggiungere il mercato in maniera rapida ed efficiente, riducendo gli sprechi alimentari, incrementando i profitti e creando occupazione.

Altrove, giovani imprenditori come Isaac Sesi – che è intervenuto all’evento – combattono anch’essi le perdite alimentari facendo leva sull’innovazione. In collaborazione con il “Feed the Future Innovation Lab for the Reduction of Post-Harvest Loss” della Kansas State University, Sesi sta offrendo agli agricoltori del Ghana, il suo paese natale, un misuratore dell’umidità economico chiamato GrainMate in grado di misurare il tenore di umidità del mais e di altri tipi di grani, permettendo in tal modo agli agricoltori di stabilire se i grani sono sufficientemente asciutti ed eliminando alla radice la principale causa della perdita di grano dopo il raccolto, vale a dire l’essiccatura incompleta prima dell’immagazzinamento, che a sua volta dà luogo allo sviluppo di funghi, contaminazioni e infestazioni da parte di insetti.

Perdite e sprechi alimentari: fatti e cifre

• In termini di emissioni di gas a effetto serra, le perdite alimentari generano ogni anno circa 1,5 giga-tonnellate equivalenti di CO2.

• All’inizio del 2021 l’UNEP pubblicherà, nel suo rapporto sull’Indice dello spreco alimentare, le nuove stime degli sprechi alimentari per paese a livello di vendita al dettaglio e consumo (servizi di ristorazione e nuclei familiari); in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, in programma il 16 ottobre 2020, metterà invece a disposizione una nuova metodologia per la misurazione degli sprechi alimentari a livello nazionale.

• Studi commissionati dalla FAO
 prima dello scoppio della pandemia hanno calcolato che le perdite di frutta e ortaggi in azienda nell’Africa subsahariana avevano raggiunto il 50 per cento, la percentuale più alta al mondo. Per cereali e leguminose le perdite in azienda potevano invece raggiungere il 18 per cento, il dato più alto al mondo insieme a quello registrato in altre regioni dell’Asia.

• Vi sono buone probabilità che una riduzione delle perdite alimentari nei primi stadi della catena di approvvigionamento (in azienda) nei paesi con elevati livelli di insicurezza alimentare si traduca nel miglior risultato positivo per una maggiore sicurezza alimentare.

• Molti paesi gestiscono la crescente domanda di generi alimentari incrementando la produzione agricola anziché riducendo le perdite e gli sprechi alimentari, esacerbando in tal modo le pressioni sull’ambiente e su un patrimonio di risorse naturali sempre più esiguo.

Ulteriori informazioni sull’evento

La Giornata internazionale si è celebrata nel corso della 75a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con lo slogan Stop alle perdite e agli sprechi alimentari. Per le persone. Per il pianeta.

L’evento è stato organizzato dalla FAO e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, vale a dire le due agenzie che sono all’avanguardia nell’impegno globale per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, assieme ad Andorra, Argentina e San Marino, che hanno giocato un ruolo determinante nell’istituzione della giornata internazionale, grazie a una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottata all’unanimità lo scorso anno.

Tra i relatori di maggior rilievo vi sono stati: Luis Basterra, Ministro dell’Agricoltura, dell’Allevamento e della Pesca dell’Argentina; Maria Ubach Font, Ministro degli Affari esteri di Andorra; Luca Beccari, Ministro degli Affari esteri, della Cooperazione economica internazionale e delle Telecomunicazioni di San Marino; Bekir Pakdemirli, Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste della Turchia; Stella Kyriakides, Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare; Gilbert F. Houngbo, Presidente, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo; David Beasley, Direttore esecutivo, Programma alimentare mondiale; Martien van Nieuwkoop, Direttore globale per l’agricoltura e l’alimentazione, Banca mondiale; e lo chef José Andrés.

Agli interventi iniziali sono seguite due tavole rotonde, rispettivamente sul tema delle perdite e degli sprechi alimentari e la sostenibilità, e sul tema dell’innovazione.

Un elenco dei relatori e dei partecipanti alle tavole rotonde è disponibile qui. Il video della cerimonia è consultabile qui.

Fonte: FAO




In arrivo la 7^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare

Si celebrerà il 5 febbraio 2020 la 7^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, quest’anno dedicata in particolare alla correlazione tra la prevenzione dello spreco, la salute umana e l’ambiente.

L’evento sarà presentato nel corso di una conferenza stampa che si terrà  martedì 4 febbraio, alle ore 14:00, presso la Sala Biblioteca del Ministero della Salute nel corso della quale saranno presentati i DATI 2020 dell’Osservatorio Nazionale sugli sprechi Waste Watcher e saranno anticipati i temi della 1^ Giornata Internazionale di Consapevolezza sugli sprechi, promossa dalle Nazioni Unite, il 29 settembre 2020.

Interverranno all’evento stampa la Sottosegretaria alla salute On. Sandra Zampa, il promotore della Giornata Nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare Andrea Segrè, l’Ambasciatore presso la Rappresentanza Permanente d’Italia alle Nazioni Unite – Roma Vincenza Lomonaco e il curatore scientifico del progetto Reduce – 60 Sei ZERO Luca Falasconi.




Piano d’azione Ue sull’economia circolare: cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo

economia circolareCambiare il modo in cui produciamo e consumiamo: il nuovo piano d’azione per l’economia circolare indica la strada da seguire per progredire verso un’economia climaticamente neutra e competitiva, in cui i consumatori siano responsabilizzati

La Commissione europea ha adottato l’11 marzo 2020  un nuovo piano d’azione per l’economia circolare, uno dei principali elementi del Green Deal europeo, il nuovo programma per la crescita sostenibile in Europa. Prevedendo misure lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti, il nuovo piano mira a rendere la nostra economia più adatta a un futuro verde, a rafforzarne la competitività proteggendo nel contempo l’ambiente e a sancire nuovi diritti per i consumatori. Prendendo le mosse dai lavori svolti a partire dal 2015 si concentra su una progettazione e una produzione funzionali all’economia circolare, con l’obiettivo di garantire che le risorse utilizzate siano mantenute il più a lungo possibile nell’economia dell’UE. Il piano e le sue iniziative saranno sviluppati in stretta collaborazione con le imprese e tutti i portatori di interessi.

Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal europeo, ha affermato: “Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, preservare il nostro ambiente naturale e rafforzare la competitività della nostra economia, la nostra economia deve diventare pienamente circolare. Il nostro modello economico di oggi è ancora, per lo più, lineare: solo il 12 % delle materie secondarie e delle risorse vengono reintrodotti nell’economia. Molti prodotti si rompono troppo facilmente, non possono essere riutilizzati, riparati o riciclati, o sono monouso. Esiste un enorme potenziale da sfruttare sia per le imprese che per i consumatori e con il piano odierno abbiamo avviato una serie di interventi volti a trasformare il modo in cui i prodotti sono fabbricati e consentire ai consumatori di effettuare scelte sostenibili a proprio vantaggio e a beneficio dell’ambiente.”

Virginijus Sinkevičius, Commissario responsabile per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, ha dichiarato: “Esiste un solo pianeta Terra, eppure da qui al 2050 consumeremo risorse pari a tre pianeti. Il nuovo piano renderà la circolarità la norma nella nostra vita e accelererà la transizione verde della nostra economia. Quello che proponiamo è un’azione incisiva per cambiare la base della catena di sostenibilità: la progettazione dei prodotti. Interventi orientati al futuro creeranno opportunità commerciali e di lavoro, sanciranno nuovi diritti per i consumatori europei, sfrutteranno l’innovazione e la digitalizzazione e, al pari della natura, garantiranno che nulla vada sprecato.

La transizione verso un’economia circolare è già in corso, con imprese all’avanguardia, consumatori e autorità pubbliche in Europa che aderiscono a questo modello sostenibile. La Commissione farà in modo che la transizione verso l’economia circolare offra opportunità a tutti, senza lasciare indietro nessuno. Il piano d’azione per l’economia circolare, presentato oggi nel quadro della strategia industriale dell’UE, proporrà misure per:

  • far sì che i prodotti sostenibili diventino la norma nell’Unione: la Commissione proporrà un atto legislativo sulla strategia per i prodotti sostenibili volta a garantire che i prodotti immessi sul mercato dell’UE siano progettati per durare più a lungo, siano più facili da riutilizzare, riparare e riciclare, e contengano il più possibile materiali riciclati anziché materie prime primarie. Le misure limiteranno inoltre i prodotti monouso, si occuperanno dell’obsolescenza prematura e vieteranno la distruzione di beni durevoli invenduti;
  • responsabilizzare i consumatori: i consumatori avranno accesso a informazioni attendibili su questioni come la riparabilità e la durabilità dei prodotti così che possano compiere scelte più sostenibili e beneficeranno di un vero e proprio “diritto alla riparazione”;
  • incentrare l’attenzione sui settori che utilizzano più risorse e che hanno un elevato potenziale di circolarità: la Commissione avvierà azioni concrete in diversi ambiti quali:
  • -elettronica e TIC: un'”Iniziativa per un’elettronica circolare” per prolungare il ciclo di vita dei prodotti e migliorare la raccolta e il trattamento dei rifiuti;
  • -batterie e veicoli: un nuovo quadro normativo per le batterie al fine di migliorare la sostenibilità e aumentare il potenziale di circolarità delle batterie;
  • -imballaggi: nuove disposizioni vincolanti che definiscono cosa è consentito sul mercato dell’UE. Sono incluse prescrizioni per la riduzione degli imballaggi eccessivi;
  • -plastica: nuove disposizioni vincolanti relative al contenuto riciclato e attenzione particolare alla questione delle microplastiche e alle plastiche a base biologica e biodegradabili;
  • -tessili: una nuova strategia dell’UE per i tessili per rafforzare la competitività e l’innovazione nel settore e promuovere il mercato dell’UE per il riutilizzo dei tessili;
  • -costruzione e edilizia: una strategia generale per un ambiente edificato sostenibile che promuova i principi della circolarità per gli edifici;
  • -alimenti: una nuova iniziativa legislativa sul riutilizzo al fine di sostituire, nei servizi di ristorazione, gli imballaggi, gli oggetti per il servizio da tavola e le posate monouso con prodotti riutilizzabili;
  • -ridurre i rifiuti: l’accento sarà posto sulla necessità di evitare anzitutto i rifiuti e di trasformarli in risorse secondarie di elevata qualità che beneficiano di un mercato delle materie prime secondarie efficiente. La Commissione esaminerà la possibilità di introdurre un modello armonizzato a livello di UE per la raccolta differenziata dei rifiuti e l’etichettatura. Il piano d’azione prevede inoltre una serie di interventi volti a ridurre al minimo le esportazioni di rifiuti dell’UE e a far fronte alle spedizioni illegali.

Contesto
Il Green Deal europeo, presentato l’11 dicembre 2019 dalla Commissione von der Leyen, fissa una tabella di marcia ambiziosa per il conseguimento di un’economia circolare a impatto climatico zero, in cui la crescita economica è dissociata dall’uso delle risorse. Un’economia circolare, riducendo la pressione sulle risorse naturali, è un prerequisito per conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e fermare la perdita di biodiversità. L’estrazione e la trasformazione delle risorse sono infatti responsabili di metà delle emissioni totali di gas a effetto serra, di oltre il 90 % della perdita di biodiversità e dello stress idrico.

L’economia circolare produrrà benefici netti in termini di crescita del PIL e di creazione di posti di lavoro, in quanto l’applicazione di ambiziose misure di economia circolare in Europa può aumentare il PIL dell’UE di un ulteriore 0,5 % di qui al 2030, creando circa 700 000 nuovi posti di lavoro.

Ulteriori informazioni

Domande e risposte: un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva

Sito web del nuovo piano d’azione per l’economia circolare

Scheda informativa: nuovo piano d’azione per l’economia circolare

Nuovi contenuti video sull’economia circolare: plastica

Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva

Allegato del nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva

Documento di lavoro dei servizi della Commissione “Leading the way to a circular economy at the global level: state of play” (Alla guida della transizione verso un’economia circolare a livello globale: situazione attuale)

Indagine Eurobarometro: La protezione dell’ambiente e del clima è importante per oltre il 90 % dei cittadini europei

Sito web del primo piano d’azione per l’economia circolare

Fonte: Commissione Ue




Spreco alimentare: i numeri dell’indagine del CREA

Cosa e quanto sprechiamo a tavola? E’ possibile fare un identikit degli “spreconi”? E come agire per prevenire efficacemente lo spreco? Di questo si è discusso in occasione della II edizione della giornata della nutrizione “Nutrinformarsi: lo spreco nel piatto” organizzata dal CREA Alimenti e Nutrizione, presso cui è istituito l’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari, che realizza studi scientifici, diffonde informazioni e dati e promuove buone pratiche sulla generazione di eccedenze alimentari e sul loro recupero, allo scopo di stimolare innovazione nelle strategie, nelle politiche e nei comportamenti dei cittadini.

In questo ambito, l’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari del CREA ha realizzato la prima indagine comparativa, con dati armonizzati, provenienti da diversi paesi europei (Olanda, Spagna, Germania e Ungheria).

Lo studio, effettuato nel 2018, ha interessato 1.142 famiglie rappresentative della popolazione italiana, coinvolgendo i responsabili degli acquisti alimentari e della preparazione dei pasti. Ne è emerso che il 77% delle famiglie intervistate ha gettato via del cibo nella settimana precedente all’indagine, percentuale che si riduce con l’aumentare dell’età del responsabile acquisti, con il diminuire del reddito e in famiglie che vivono al sud e isole.

Lo spreco maggiore si è riscontrato nelle famiglie monocomponenti e nei segmenti di età più giovane.

I prodotti alimentari più sprecati sono verdura, frutta fresca e pane, seguiti da pasta, patate, uova, budini, derivati del latte (yogurt, formaggi), per un totale in media di 370 g/settimana/famiglia.

Il dato italiano sullo spreco alimentare è allineato con quello olandese (365 g/settimana) e molto inferiore a quello spagnolo (534 g/settimana), tedesco (534g/settimana) e ungherese (464 g/settimana).

Sempre secondo l’indagine CREA, la crescente attenzione nei confronti del tema dello spreco è, inoltre, ampiamente diffusa in Italia, al punto che più della metà del campione intervistato condanna fermamente la pratica di gettare via il cibo, riconoscendone l’impatto negativo e le ricadute in diversi ambiti: economico (70%), sociale (conseguenze su disponibilità di cibo nel mondo, 59%) e ambientale (55%).

Le famiglie italiane, infine, si dichiarano capaci di gestire le attività in cucina, fattore di rilevante prevenzione: circa due terzi degli intervistati, infatti, dichiara di pianificare gli acquisti e di non fare acquisti di impulso, meno di un quinto afferma di non saper riutilizzare gli avanzi o pianificare le giuste quantità di alimenti da acquistare e solo il 5% sostiene di non finire quello che c’è nel piatto e di non conservare gli avanzi. Tuttaviasolo il 42% decide in anticipo i menù settimanali.

«Quello a cui siamo assistendo–ha dichiarato LauraRossi, coordinatore dell’Osservatorio e ricercatrice del CREA Alimenti e Nutrizione –è un vero e proprio cambio di passo per lo spreco alimentare, inteso come tassello fondamentale dello sviluppo sostenibile. Dalle istituzioni internazionali e nazionali, dagli operatori economici e sociali, dai banchi alimentari e perfino da semplici cittadini, che ridistribuiscono a livello territoriale le eccedenze alimentari agli indigenti, arrivano segnaliforti di una crescente sensibilità su questi temi: normative specifiche, progetti educativi mirati e nuove modalità di gestione dei prodotti alimentari sia nelle aziende che a casa».

«L’Osservatorio su sprechi alimentari e recupero delle eccedenze è un tassello strategico per il buon funzionamento della legge antisprechi e per poter pianificare di conseguenza politiche di ampio respiro» ha spiegato l’On. Maria Chiara Gadda, Capogruppo di Italia Viva in Commissione Agricoltura Camera e prima firmataria della legge 166/2016.

«Ad oggi ci siamo dovuti confrontare con analisi e numeri parziali, mentre per agire in modo mirato sugli anelli della filiera più fragili è necessario monitorare il fenomeno in modo oggettivo. L’osservatorio del CREA sarà un punto di riferimento per il lavoro del Tavolo sulla lotta agli sprechi e sugli aiuti alimentari per le persone indigenti, che la scorsa settimana ha avuto nuovo avvio grazie alla ministra Bellanova. Ringrazio il CREA che oggi, con la presentazione della sua prima indagine, ha confermato che l’Italia è all’avanguardia in Europa su questi temi».

Tutti i materiali relativi all’indagine sono disponibili qui




Fao: necessario un grosso passo avanti nella riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari

FAOIl nuovo rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) offre approfondimenti sulle quantità e sulle cause delle perdite alimentari nelle diverse fasi della filiera alimentare, sollecitando scelte consapevoli per la loro effettiva riduzione e segnalando nuove metodologie per monitorarne i progressi.

In questo modo, afferma il rapporto, non solo sarà possibile compiere passi avanti verso un traguardo importante – ridurre le perdite e gli sprechi alimentari – ma anche contribuire a una serie di Obiettivi di Sviluppo Sostenibile relativi alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità ambientale.

Secondo Lo Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura 2019 (SOFA), a livello globale circa il 14% degli alimenti va perso o sprecato dopo il raccolto e ancor prima di arrivare alla vendita al dettaglio, nel corso delle operazioni svolte nelle aziende agricole, in fase di stoccaggio e durante il trasporto. Va tenuto conto, però, che le perdite alimentari variano notevolmente da una regione all’altra tra i medesimi gruppi di materie prime e le medesime fasi delle filiere di approvvigionamento.

Il rapporto sottolinea la necessità di monitorare attentamente le perdite in ogni fase della filiera alimentare, proponendo una nuova metodologia affinché sia possibile individuare i punti critici in cui raggiungono il picco massimo, con i peggiori effetti sulla sicurezza alimentare e le maggiori dimensioni economiche: è qui che vanno prese misure adeguate per ridurle.

Indica inoltre quanto sia importante, nelle fasi di vendita al dettaglio e di consumo, ridurre gli sprechi causati dalle date di scadenza ravvicinate, dal comportamento dei consumatori – che spesso richiedono prodotti che soddisfano standard puramente estetici – e dagli sporadici inviti a non sprecare.

Facciamo il possibile per cercare di ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, ma i nostri sforzi possono essere realmente efficaci solo se sostenuti da una profonda comprensione del problema“, afferma il Direttore Generale della FAO Qu Dongyu nella prefazione del rapporto. Si è chiesto: “come possiamo consentire che il cibo venga gettato via mentre ogni giorno nel mondo oltre 820 milioni di persone continuano a soffrire la fame”?

Individuare i punti critici per intervenire in modo mirato
I dati presentati nel rapporto mostrano un’ampia gamma di percentuali su perdite e sprechi, suddivisi per materie prime, fasi della filiera di approvvigionamento e regioni, il che indicherebbe un notevole potenziale di riduzione laddove le percentuali sono più alte.

In Asia orientale e sudorientale le perdite e gli sprechi sono generalmente più elevati per la frutta e la verdura rispetto ai cereali e ai legumi in tutte le fasi della filiera alimentare, ad eccezione delle perdite produttive delle aziende agricole e in fase di trasporto.

Nei paesi a basso reddito, le perdite di frutta e verdura fresca sono attribuite principalmente a infrastrutture carenti rispetto ai paesi industrializzati. Molti paesi a basso reddito perdono infatti notevoli quantità di alimenti durante la fase di stoccaggio, spesso a causa di strutture inadeguate, magazzini frigoriferi compresi.

Nella maggior parte dei paesi ad alto reddito sono disponibili adeguate strutture di stoccaggio e magazzini frigoriferi, tuttavia le perdite avvengono proprio durante lo stoccaggio, generalmente a causa di guasti tecnici, errata gestione delle temperature, dell’umidità o di un eccesso di scorte.

Il rapporto rivela inoltre i risultati di una serie di studi svolti dalla FAO per individuare i punti critici. I risultati indicano che il raccolto è la fase più critica per tutti i tipi di alimenti. Tra le cause principali delle perdite in fase di stoccaggio nelle aziende agricole troviamo inoltre l’inadeguatezza delle strutture e delle pratiche di movimentazione. Per frutta, radici e tuberi, anche il confezionamento e il trasporto sembrano essere critici.

Questi risultati sono utili in quanto forniscono indicazioni per determinare gli interventi più idonei per la riduzione delle perdite alimentari.

Scelta degli incentivi corretti
Il rapporto sollecita i paesi a intensificare gli sforzi per affrontare le cause profonde delle perdite e degli sprechi alimentari in tutte le fasi e fornisce indicazioni sulle strategie e sugli interventi per ridurli.

La riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari comporta generalmente dei costi e agricoltori, fornitori e consumatori adotteranno le misure necessarie solo se i costi saranno compensati dai benefici. Pertanto, afferma il rapporto, modificare gli incentivi per le varie parti interessate nella filiera di approvvigionamento comporterà l’individuazione di opzioni che aumentino i vantaggi netti o che producano dati migliori sugli stessi.

Anche quando le parti interessate sono consapevoli dei vantaggi della riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari, possono incontrare ostacoli che impediscono loro di intervenire. Senza aiuti finanziari, per esempio, gli attori del settore privato nei paesi in via di sviluppo, in particolare i piccoli proprietari, potrebbero non essere in grado di sostenere gli alti costi iniziali previsti dall’implementazione degli interventi. Migliorare l’accesso al credito potrebbe essere un’opzione anche in mancanza di dati precisi sulle perdite.

Il rapporto aiuterà inoltre i governi ad analizzare i limiti e i compromessi per interventi più efficaci, per esempio sensibilizzando fornitori e consumatori sui vantaggi della riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari e influenzando il loro processo decisionale attraverso vari tipi di interventi o politiche.

Il rapporto sottolinea tuttavia che le strategie mirate alla riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari dovrebbero essere concrete e prevedere monitoraggio e valutazione degli interventi efficaci per garantire l’affidabilità degli stessi.

Fonte:Fao




Dagli scarti agricoli ecco la farina di insetti per mangimi animali

Farina di insettiUtilizzare gli scarti agricoli per allevare insetti da cui ricavare farine proteiche per produrre mangimi animali di qualità. E’ questo l’obiettivo del progetto FEEDS, appena finanziato dalla Regione Toscana e coordinato scientificamente dall’Università di Pisa.

L’idea è quella di utilizzare i resti agricoli, principalmente spezzato di cereali e residui di mondatura degli ortaggi, come substrati per l’allevamento di insetti da utilizzare per produrre mangime – spiega la professoressa Elisabetta Rossi dell’Ateneo pisano referente scientifico di FEEDS – l’obiettivo è quindi di trasformare degli scarti in una risorsa creando così anche una nuova attività all’interno delle aziende agricole”.

Il progetto FEEDS ha preso il via ufficialmente lo scorso 23 ottobre al Centro di ricerca Avanzi dell’Università di Pisa a S. Piero a Grado con un convegno intitolato “L’utilizzo degli insetti nei mangimi: presente e futuro”. Alla giornata hanno partecipato i rappresentanti dei vari soci del consorzio pubblico privato: fra i partner scientifici oltre all’Ateneo pisano, l’Università di Firenze e Nutrigene srl spinoff dell’Università di Udine, quindi la Cooperativa Zoocerealicola L’Unitaria come capofila, l’azienda agricola Marchini Silvia e l’Agenzia di formazione IM.O.FOR. Toscana.

Nei tre anni del progetto sarà costruito un impianto in grado di utilizzare gli scarti agricoli per l’allevamento di due specie di insetti, la mosca soldato nera (Hermetia illucens) e il verme delle farine (Tenebrio molitor). Il passo successivo sarà la produzione di larve e pupe essiccate e macinate da trasformare in farine proteiche per mangime di pesce, animali da compagnia e specie avicole. Infine, applicando i principi dell’economia circolare e della bioeconomia, il progetto prevede la produzione di compost a partire dai residui dell’allevamento di insetti.

Nell’ambito di FEEDS, il ruolo specifico dell’Università di Pisa sarà quello di mettere a punto le metodiche di allevamento degli insetti in funzione dei substrati disponibili e di ottimizzare i processi di produzione delle farine. La conoscenza della biologia degli insetti e la capacità di condurne l’allevamento costituiscono infatti un presupposto di base per ottenere una produzione di qualità idonea al commercio.

Nel mondo occidentale si parla molto dell’utilizzo degli insetti nell’alimentazione umana e animale – conclude Elisabetta Rossi – tuttavia, mentre l’uso diretto da parte dell’uomo incontra oggi ostacoli culturali, l’impiego nell’alimentazione animale potrebbe contribuire alla sostenibilità delle produzioni zootecniche, e ci riguarda indirettamente come consumatori. Diffondere una adeguata conoscenza in questo ambito, può contribuire ad un’educazione alimentare corretta, informata e indirizzata verso la sostenibilità”.

Fonte: Università di Pisa




Misurare per preveniere gli sprechi alimentari, dal 2020 criteri comuni per Paesi Ue

La Commissione europea ha definito la prevenzione degli sprechi alimentari una priorità per costruire un’economia circolare e una società sostenibile. Per ottenere un cambiamento, dobbiamo essere in grado innanzitutto di misurare correttamente gli sprechi alimentari.

Grazie a una metodologia comune di misurazione e a una definizione comune di sprechi, gli Stati membri potranno quantificarli e monitorarli coerentemente in ogni fase della filiera alimentare in tutta l’UE.

Il Commissario Vytenis Andriukaitis ha accolto l’entrata in vigore dell’atto delegato come un nuovo passo avanti nella lotta contro gli sprechi alimentari: “battersi contro gli sprechi alimentari è un imperativo morale per la sostenibilità del nostro pianeta e dei nostri sistemi alimentari. L’UE si è impegnata a raggiungere l’obiettivo globale di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030. Grazie alla nuova metodologia dell’UE, ora possiamo esaminare la situazione attuale, valutare l’efficacia delle nostre azioni e seguirne i progressi. Per farla breve: se una cosa la misuri, riesci a gestirla!

La Commissione seguirà da vicino l’attuazione dell’atto delegato e organizzerà regolarmente scambi di informazioni con gli Stati membri per agevolare l’attuazione pratica. Basandosi sulla metodologia comune, gli Stati membri dovranno realizzare un quadro di monitoraggio con il 2020 come primo anno di riferimento. Obiettivo: fornire alla Commissione i primi dati sugli sprechi alimentari entro la metà del 2022. Il quadro di monitoraggio dell’UE contribuirà a standardizzare la segnalazione degli sprechi alimentari delle imprese e a verificare i progressi compiuti in merito all’obiettivo di sviluppo sostenibile 12.3 in tutto il mondo.

Fonte: Commissione europea

 

 




Al Ministero dell’Ambiente nasce la Direzione Generale per l’economia circolare

economia circolareNell’ambito del riordino delle attribuzioni di alcuni ministeri, al ministero dell’Ambiente è stata istituita la “Direzione generale per l’economia circolare” (ECI) che si occuperà della promozione delle politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare, della gestione integrata del ciclo dei rifiuti, dei programmi plastic free e rifiuti zero, dell’implementazione dei criteri ambientali minimi (Cam), di rifiuti radioattivi e Ogm.

Lo stabilisce il “Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell’Organismo indipendente di valutazione della performance e degli Uffici di diretta collaborazione”, approvato dal Consiglio dei Ministri del 19 giugno

Parallelamente è stata istituita anche la Direzione generale per il risanamento ambientale, che si occuperà della bonifica dei siti inquinati d’interesse nazionale (Sin) e del danno ambientale, mentre la presistente Direzione clima ed energia assume pure le competenze sull’aria, la Direzione per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo le competenze sulle valutazioni d’impatto ambientale e autorizzazioni integrate ambientali (Via, Vas, Aia).

Il  nuovo regolamento deve ora essere approvato con decreto del Presidente del CdM.

A cura della segreteria SIMeVeP

 




Spreco alimentare, le iniziative del ministero della salute

Spreco alimentareSecondo i dati presentati presso la FAO in occasione della Giornata 2019,  lo spreco alimentare in Italia vale lo 0,88% del Pil: la stima è di oltre 15 miliardi €, per l’esattezza 15.034.347.348 € che sono la somma dello spreco alimentare di filiera (produzione – distribuzione), complessivamente stimato in oltre 3 miliardi € (3.176.032.413 €), ovvero il 21,1%  del totale, a fronte dello spreco alimentare domestico reale, cioè quello misurato nelle case degli italiani attraverso il test dei Diari di Famiglia, che rappresenta quindi i 4/5 dello spreco complessivo di cibo in Italia e vale 11.858.314.935 €.

Nel nostro Paese la legge 19 agosto 2016 n.166, ha la finalità di ridurre gli sprechi alimentari durante tutto il ciclo del “food system”, dalla fase di produzione, a quella di trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, attraverso la realizzazione di specifici obiettivi: contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori e delle istituzioni con particolare riferimento alle giovani generazioni. Ecco alcune delle azioni intraprese dal ministero della Salute per la prevenzione degli sprechi.

Linee di indirizzo per la ristorazione

Come recentemente sottolineato dal ministro della Salute Giulia Grillo, alla presentazione del Rapporto sulla Ristorazione 2018 della Fipe, “c’è ancora molto da fare per la prevenzione degli sprechi alimentari, anche nel settore della ristorazione: sarebbe infatti auspicabile che i pubblici esercizi fossero ancora più attivi sul fronte della lotta agli sprechi alimentari in quanto, ad oggi, solo il 20% degli italiani, ad esempio, riporta a casa il cibo non consumato al ristorante, ma è anche vero che non tutti gli esercizi commerciali lo permettono, così come non sempre forniscono su richiesta le mezze porzioni”

Questo ministero ha prodotto nell’aprile 2018 le prime Linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti, affrontando l’argomento con approccio globale e multistakeholder, in linea con l’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile.

Sviluppo sostenibile e salute nel Piano OPEN GOV

Il ministero della Salute, ha scelto opportunamente di svolgere un’azione di advocacy, verso il cittadino ma anche verso le altre PA, programmando una specifica azione nel prossimo Piano OPEN GOV, la costituzione di una Piattaforma Sustainability in Health: knowledge junction” all’interno dello spazio web Decade Onu per rendere possibile a tutte le amministrazioni coinvolte nella realizzazione di iniziative in ambito “sviluppo sostenibile e salute” di trasmettere, in tempo reale,  dati ed informazioni su azioni/atti di programmazione/lessons learned/tool kits/linee di indirizzo/linee guida/brochure divulgative e/o iniziative locali o nazionali che riguardino lo sviluppo sostenibile, in base a quanto previsto dall’Agenda 2030 ONU e i suoi relativi sustainable development Goals, a partire da azioni concrete volte alla prevenzione ed al contrasto degli sprechi alimentari. 

Il progetto SPAIC

L’Agenda 2030, sullo sviluppo sostenibile, ha anche guidato il Ministero della salute nella realizzazione di un importante progetto di ricerca, in partnership con INAIL – DT e MIUR, denominato SPAIC(Cause dello spreco alimentare ed interventi correttivi), che ha scelto il “consumatore” (singolo individuo o intera famiglia) come elemento focale su cui intervenire, al fine di individuare e correggere i comportamenti scorretti che causano lo spreco alimentare, attraverso la promozione di un’adeguata campagna di informazione, formazione e sensibilizzazione per stili di vita corretti. L’ambito scolastico è stata una realtà concreta dove poter attuare il Progetto: il coinvolgimento attivo degli studenti ha offerto loro l’opportunità di realizzare un’esperienza all’interno di un luogo a loro familiare e punto di riferimento connesso alle specificità del territorio da essi vissuto (metodologia del lifelong learning):

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Per approfondire:

Fonte: Ministero della salute