Microplastiche negli alimenti, il Parlamento europeo chiede una valutazione dei rischi per la salute
Il Parlamento europeo ha chiesto all’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) di elaborare un parere scientifico sui potenziali rischi per la salute umana derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, nell’acqua potabile e nell’aria. Il documento dovrà chiarire i meccanismi di assorbimento, distribuzione e possibile correlazione con processi infiammatori, alterazioni endocrine e danni d’organo, fornendo stime aggiornate dell’esposizione alimentare e indicazioni utili per la gestione del rischio lungo la filiera.
Microplastiche e sicurezza alimentare
Gli esperti analizzeranno le più recenti evidenze scientifiche sui meccanismi di ingresso delle microplastiche e nanoplastiche nell’organismo, con particolare attenzione alle vie di esposizione orale, inalatoria e alimentare. Sarà valutato il passaggio dei contaminanti lungo la filiera zootecnica e ittica, inclusi i fenomeni di bioaccumulo nei tessuti animali, la traslocazione attraverso la barriera intestinale e i potenziali effetti sistemici, tra cui infiammazione cronica, stress ossidativo e possibili interferenze endocrine.
Materiali a contatto con alimenti: implicazioni per la filiera veterinaria
Un focus specifico riguarda il rilascio di microplastiche dai materiali a contatto con alimenti, come imballaggi, contenitori e superfici di lavorazione. Le evidenze analizzate indicano che il rilascio esiste ma a livelli generalmente inferiori rispetto alle stime più allarmistiche presenti in letteratura.
Per la sanità pubblica veterinaria, l’attenzione si concentra sui punti critici della filiera: allevamento, trasformazione, stoccaggio e distribuzione, in cui il controllo dei materiali e delle pratiche di manipolazione può contribuire a ridurre il rischio di contaminazione.
Percezione del rischio e impatto sulle scelte alimentari
Secondo l’Eurobarometro Efsa 2025, la consapevolezza dei cittadini europei riguardo alla presenza di microplastiche negli alimenti ha raggiunto il 63% (+8% rispetto al 2022) degli intervistati. Un terzo dei consumatori indica le microplastiche come una delle principali preoccupazioni in tema di sicurezza alimentare.
Questo dato ha ricadute indirette sulla professione veterinaria, soprattutto nei settori della produzione primaria, dell’ispezione degli alimenti di origine animale e della comunicazione del rischio verso il consumatore.
Fonte: vet33
Le microplastiche non risparmiano nemmeno gli ambienti più isolati del pianeta. Una ricerca condotta dall’Università del Kentucky e dall’Università di Modena e Reggio Emilia ha rilevato per la prima volta frammenti di plastica nel tratto digestivo del Belgica antarctica, unico insetto endemico dell’Antartide e specie fondamentale per il ciclo dei nutrienti del suolo. Secondo Elisa Bergami, ecologista dell’Università di Modena e Reggio Emilia, “l’ingestione di microplastica, pur limitata al 7% degli esemplari, dimostra che la plastica raggiunge i suoli antartici”.
Per anni si è pensato che le profondità oceaniche potessero offrire una protezione naturale dall’inquinamento generato dall’uomo. Una nuova ricerca pubblicata su Science of the Total Environment, però, dimostra che non è così. I mammiferi marini non sono immuni dai cosiddetti forever chemicals, sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) note per la loro resistenza alla degradazione e per la loro presenza crescente negli ecosistemi terrestri e marini.
Diossine e PCB
Lo studio, primo in Italia a impiegare su larga scala la tecnica del metabarcoding su campioni raccolti nell’ambito dei controlli ufficiali, ha analizzato 62 alimenti venduti tra Lazio e Toscana, individuando anche la presenza di specie allergeniche non dichiarate, come pesci e molluschi, con potenziali rischi per la salute dei consumatori.
Le api da miele (Apis mellifera) svolgono un ruolo cruciale nell’impollinazione delle colture agricole e nella conservazione degli ecosistemi naturali. Tuttavia, la sopravvivenza delle colonie è sempre più minacciata da numerosi fattori, tra cui l’infestazione da Varroa destructor, un acaro parassita considerato tra le principali cause di perdita delle colonie.