Residui di farmaci veterinari negli alimenti: da una decade altissimo il rispetto dei limiti di sicurezza

logo-efsaI residui di farmaci veterinari e di altre sostanze in  animali e alimenti di origine animale nell’Unione europea continuano a diminuire, secondo gli ultimi dati.

I dati di monitoraggio elaborati dall’EFSA per il 2020 sono tratti da 620 758  campioni raccolti dagli  Stati membri dell’UE, da Islanda e da Norvegia. La percentuale di campioni che ha scavalcato i tenori massimi di legge è stata dello 0,19%. Si tratta del dato più basso degli ultimi 11 anni (periodo in cui la non conformità rispetto ai limiti di legge si è attestata tra lo 0,25% e lo 0,37%). La percentuale per il 2019 è stata dello 0,30%.

Rispetto al 2017, 2018 e 2019, nel 2020 i tassi di conformità sono aumentati per agenti antitiroidei, steroidi e lattoni dell’acido resorcilico.

Rispetto al 2017, 2018 e 2019 è stato osservato un aumento della conformità anche per gli antielmintici, i composti organoclorurati, i composti organofosforici, i coloranti e “altre sostanze”.

È possibile consultare tali risultati in modo più particolareggiato e interattivo utilizzando la nostra nuova pagina di visualizzazione dei dati.

Tutti i dati, che racchiudono circa 13 milioni di risultanze, sono disponibili su Knowledge Junction, piattaforma online di libero accesso creata e curata dell’EFSA per migliorare la trasparenza, la riproducibilità e la riusabilità delle evidenze scientifiche nella valutazione dei rischi per la sicurezza di alimenti e mangimi.




Allevamento più sostenibile di cozze e ostriche

L’acquacoltura rappresenta il settore di produzione di alimenti animali in più rapida espansione al mondo, eppure in passato è rimasta indietro rispetto ad altri settori alimentari per quanto riguarda l’adozione di sistemi informativi di maggiore efficienza.

Al momento, il settore dell’acquacoltura, trainato dalla visione dello sviluppo sostenibile sta introducendo velocemente tecnologie che renderanno la gestione degli allevamenti ittici più ecologica ed efficiente. Tra le aree di innovazione figura l’acquacoltura di precisione. Questa tecnologia si avvale di una miriade di sensori interconnessi per il monitoraggio delle condizioni dell’allevamento ittico, sostenendo gli allevatori nel prendere decisioni volte all’ottimizzazione della salute ittica e del ritorno economico e, al tempo stesso, riducendo al minimo gli impatti ambientali.

In altri termini, l’acquacoltura di precisione possiede il potenziale di trasformare il settore dell’acquacoltura. Un articolo recente pubblicato sul sito web «Global Seafood Alliance» si concentra sulla produzione sostenibile di bivalvi, quali cozze e ostriche, allevati impiegando questa tecnologia. L’articolo è il quinto di una serie dedicata all’agricoltura di precisione pubblicata con il sostegno del progetto GAIN, finanziato dall’UE. Seguendo la scia dei quattro articoli di presentazione dell’acquacoltura di precisione e della sua applicazione nell’allevamento di trote, nel settore dei branzini e delle orate del Mediterraneo e in quello del salmone, quest’ultimo articolo si occupa dell’acquacoltura di bivalvi.

Fare i conti con i rischi dell’acquacoltura di bivalvi

L’articolo illustra gli strumenti innovativi dell’acquacoltura di precisione sviluppati dal gruppo di GAIN per contribuire alla previsione di eventi avversi sulla qualità dell’acqua che potrebbero pregiudicare l’acquacoltura di bivalvi e comportare chiusure dei siti. «La produzione di bivalvi allevati fa affidamento sull’eccellente qualità dell’acqua, che spesso esula dal controllo degli allevatori.

Alcuni eventi specifici che condizionano la qualità dell’acqua, tra cui la fioritura di alghe, la risalita delle acque profonde (upwelling) ricche di sostanze nutritive o il deflusso urbano, possono sfociare in chiusure normative dei siti di allevamento dei bivalvi per prevenire l’immissione sul mercato dei bivalvi contaminati, arrecando pertanto danni economici gravi agli allevatori. La portata e l’intensità di tali eventi peggiorativi della qualità dell’acqua sono difficili da prevedere poiché sono innescati da combinazioni complesse di diversi fattori interagenti», spiegano gli autori. Al fine di fornire agli allevatori di bivalvi un sistema di allerta precoce e di favorire una previsione e una gestione delle decisioni migliori, il gruppo ha impiegato strumenti basati sull’apprendimento automatico per modellare le condizioni ambientali. I dati adoperati per la modellizzazione comprendevano sensori ambientali in loco, dati provenienti da satelliti e dall’oceano aperto, dati meteorologici e schemi di temperature e correnti, che sono stati tutti confrontati con i dati relativi alle chiusure passate dei siti. L’integrazione delle fonti di dati è avvenuta su una piattaforma basata su cloud che permette il monitoraggio in tempo reale dei siti di acquacoltura dei bivalvi. «La modellizzazione e l’apprendimento automatico hanno inoltre incorporato dati necessari alle disposizioni statutarie per la legislazione a livello statale e dell’UE, comprese la direttiva quadro sulle acque (“buono stato ecologico”) e la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (“buono stato ambientale”).

L’archiviazione dei dati in una soluzione centralizzata basata su cloud aiuterà inoltre gli allevatori a ottenere certificazioni sulla sostenibilità», si afferma nell’articolo. Le prove sono state eseguite presso il sito pilota di Sagres sulla costa dell’Algarve nella parte sud-occidentale del Portogallo. Tuttavia, l’utilizzo dell’apprendimento automatico per la creazione di modelli predittivi specifici per il sito permette il facile adattamento della tecnologia ad allevamenti di bivalvi in altri luoghi. L’attività di ricerca ha riscontrato alcune forti variazioni nelle condizioni di chiusura «tra siti, evidenziando l’esigenza di tecniche di modellizzazione e di apprendimento automatico che si servono di dati specifici per ciascun sito e per la sua storia al fine di prevedere le condizioni di chiusura.» Basandosi sull’apprendimento automatico di tipo semiautomatico, gli strumenti per l’acquacoltura di precisione del gruppo «permettono di raggiungere tale livello di precisione.» Il gruppo del progetto GAIN (Green Aquaculture Intensification in Europe) ha attualmente raggiunto la fase di collaudo del prodotto finale per il settore industriale.

Fonte: Commissione Europea




Tetrodotossine nei molluschi bivalvi, primo rilevamento nell’Adriatico settentrionale

Analisi di laboratorio condotte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) su alcuni campioni di cozze provenienti dalla laguna di Marano hanno riscontrato una presenza notevole di tetrodotossine, sostanze tossiche che costituiscono un serio rischio per la salute dei consumatori. Si tratta del primo rilevamento di queste tossine in molluschi bivalvi provenienti dall’area settentrionale del Mare Adriatico.

Analisi di laboratorio condotte dall’IZSVe su alcune cozze provenienti dalla laguna di Marano, in provincia di Udine, hanno riscontrato una presenza notevole di tetrodotossine, sostanze tossiche che costituiscono un serio rischio per la salute dei consumatori, note anche come “veleno del pescepalla”.

Le analisi svolte e i loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Food control dai ricercatori dell’IZSVe, in collaborazione con esperti del Centro di Ricerche Marine di Cesenatico (Laboratorio nazionale di riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine), dell’Università “Federico II” di Napoli, del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) e dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG).

Il veleno del pesce palla

Le tetrodotossine sono neurotossine con effetti potenzialmente letali per l’uomo: se ingerite ad alte dosi possono bloccare la conduzione nervosa, provocando paralisi e blocchi cardiorespiratori. Sono note comunemente come “veleno del pesce palla”, in quanto sono state identificate per la prima volta in questa famiglia di pesci (tetrodontidi). I pesci palla convivono infatti con batteri simbionti produttori di tetrodotossine: per questo mangiare la carne dei pesci palla è molto rischioso.

Gli avvelenamenti da tetrodotossine sono frequenti in diversi Paesi del sud-est asiatico nei quali viene fatto largo consumo di questi pesci, come ad esempio Giappone, Taiwan e Bangladesh. In Giappone, in particolare, il pesce palla è alla base di un piatto tradizionale chiamato fugu, che per legge può essere preparato solo da cuochi autorizzati con una licenza speciale, rilasciata dalle autorità sanitarie a seguito di un esame molto selettivo.

Nell’Unione Europea e in molti altri Paesi del mondo invece il commercio dei tetrodontidi per scopi alimentari è vietato.

Le tetrodotossine nei mari europei

I campioni era stati prelevati dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria locale competente nell’ambito dei programmi di monitoraggio e controllo ufficiale degli allevamenti di acquacoltura. Si tratta del primo rilevamento di queste sostanze in molluschi bivalvi provenienti dall’area settentrionale del Mare Adriatico, e della quantità più alta mai riscontrata in molluschi bivalvi europei.

Le tetrodotossine sono presenti non solamente nei pesci palla, ma anche in diverse altre specie ittiche come i polpi dagli anelli blu (Hapalochlaena) e in vari crostacei e gasteropodi marini.

Tradizionalmente, in Europa la presenza di queste sostanze negli organismi acquatici non era considerata una minaccia rilevante per i consumatori. Solo in tempi recenti ricercatori e autorità hanno iniziato a occuparsi di questo rischio, in seguito alla diffusione nel Mediterraneo di specie invasive note per essere portatrici di tetrodotossine, come il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus).

Nel 2008 è stata segnalata la prima intossicazione umana da tetrodotossine in Europa, avvenuta in Spagna e dovuta al consumo di un gasteropode contaminato proveniente da mari portoghesi. Inoltre, negli ultimi anni Paesi come il Regno Unito, la Grecia, i Paesi Bassi e l’Italia hanno segnalato la presenza di tetrodotossine in numerosi campioni di molluschi bivalvi, anche specie importanti per l’acquacoltura europea come le cozze (Mytilus sp.) e le ostriche (Crassotea Gigas).

In questo contesto si inserisce la segnalazione effettuata dai ricercatori dell’IZSVe, che hanno riscontrato la presenza di tetrodotossine in alcuni campioni di cozze del mediterraneo (Mytilus galloprovincialisprelevati nel maggio 2017 e nel maggio 2018 dalla laguna di Marano, in provincia di Udine.

I campioni erano stati prelevati dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria locale competente nell’ambito dei programmi di monitoraggio e controllo ufficiale degli allevamenti di acquacoltura presenti sul territorio. Le analisi hanno riscontrato nelle cozze un accumulo di tetrodotossine pari a 541 μg/kg nei campioni del 2017 e 216 μg/kg in quelli del 2018: la quantità più alta di queste sostanze mai riscontrata in molluschi bivalvi europei.

Per cercare di comprendere meglio questo fenomeno i ricercatori dell’IZSVe stanno continuando a monitorare i molluschi delle aree lagunari dell’Alto Adriatico attraverso un progetto di Ricerca Corrente finanziato dal Ministero della Salute (RC 01/19). Lo studio è ancora in corso, ma dai primi dati raccolti sembra emergere che il periodo delle contaminazioni sia delimitato alla tarda primavera.

Fonte: IZS delle Venezie




Glifosato: EFSA ed ECHA avviano le consultazioni

L’EFSA e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) hanno avviato consultazioni parallele sulle valutazioni scientifiche iniziali del glifosato. Le consultazioni si protrarranno per 60 giorni e tutte le parti interessate sono invitate a contribuire. 

Durante le consultazioni parallele l’EFSA raccoglierà osservazioni sul “rapporto di valutazione sul rinnovo del glifosato”, mentre la consultazione indetta dall’ECHA verte sul dossier in tema di armonizzazione della classificazione ed etichettatura del glifosato.

Entrambe le valutazioni scientifiche iniziali sottoposte a consultazione quest’oggi sono state predisposte dal Gruppo di Valutazione sul Glifosato (AGG), che comprende enti nazionali competenti di Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia.

L’EFSA e l’ECHA, agenzie dell’UE, intendono essere trasparenti e rendere partecipi i cittadini e le parti interessate quanto più possibile al proprio lavoro. Tutte le parti interessate sono invitate a contribuire alle consultazioni presentando commenti pertinenti o informazioni e dati scientifici. Le consultazioni rimarranno aperte per 60 giorni e, una volta terminate, tutti i commenti pertinenti saranno pubblicati sui siti web delle due agenzie.

Al termine delle consultazioni ciascuna di esse collazionerà i commenti pertinenti ai rispettivi mandati. Per quanto concerne la procedura di classificazione armonizzata, il Gruppo di Valutazione sul Glifosato e il Comitato per la Valutazione dei Rischi (RAC) dell’ECHA vaglieranno i dati e i commenti ricevuti. Le considerazioni che ne deriveranno saranno messe a disposizione quando il RAC elaborerà il proprio parere sulla classificazione del glifosato ai sensi del Regolamento CLP dell’UE su classificazione, etichettatura e imballaggio.

La classificazione dei prodotti chimici è concepita esclusivamente in base alle proprietà pericolose di una sostanza, senza tenere conto del suo uso né della probabilità di esposizione alla sostanza stessa. L’esposizione viene invece valutata nell’ambito del processo di valutazione dei rischi connessi ai principi attivi nei pesticidi curato dall’EFSA.

Attualmente il glifosato è classificato in maniera armonizzata come sostanza che causa gravi danni agli occhi e tossica per la vita acquatica con effetti di lungo termine, sia prima che dopo la valutazione dell’ECHA del 2017. Non è stata invece ritenuta giustificata una classificazione in base a mutagenicità delle cellule germinali, carcinogenicità e tossicità riproduttiva. La valutazione scientifica iniziale condotta dall’AGG non prevede un cambiamento della classificazione in essere.

L’EFSA terrà conto delle risultanze del parere del RAC dell’ECHA sulla classificazione del glifosato nella propria revisione tra pari, la cui conclusione è prevista nella seconda metà del 2022. Al termine la Commissione europea, insieme ai gestori del rischio dei 27 Stati membri dell’UE, deciderà se rinnovare l’approvazione dell’impiego del glifosato nell’Unione.

Note informative

Il glifosato è una sostanza chimica ampiamente utilizzata nei prodotti fitosanitari (PPP). I PPP a base di glifosato (cioè i formulati contenenti glifosato, i coformulanti come gli agenti antischiuma e altre sostanze chimiche) sono utilizzati principalmente in agricoltura e orticoltura per controllare le erbe infestanti competitive rispetto alle colture.

Nel 2017 la Commissione europea ha concesso un’autorizzazione di cinque anni per il glifosato, il cui uso è attualmente ammesso nell’UE fino al 15 dicembre 2022. Ciò significa che esso può essere utilizzato come principio attivo nei PPP solo fino a tale data, purché ciascun prodotto sia stato autorizzato dai singoli enti nazionali a ciò preposti dopo una valutazione in termini di sicurezza.

Per partecipare alla consultazione pubblica cliccare sul link seguente:

Fonte: EFSA




Glifosato: le autorità di regolamentazione dell’UE avviano le valutazioni del rinnovo

All’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) è pervenuto un progetto di valutazione del rischio relativo al glifosato, effettuata da quattro Stati membri dell’UE. Le due Agenzie si accingono ora a esaminarne le risultanze. L’uso del glifosato, l’erbicida più utilizzato a livello mondiale, è attualmente autorizzato nell’UE fino a dicembre 2022.

Le autorità nazionali di Francia, Paesi Bassi, Svezia e Ungheria (il gruppo di valutazione del glifosato, AGG) hanno esaminato l’insieme delle evidenze trasmesse dalle imprese che hanno presentato domanda di rinnovo dell’approvazione al fine di commercializzare la sostanza nell’UE. Il progetto di relazione dell’AGG conta circa 11 000 pagine.

In merito al suddetto progetto di relazione l’EFSA e l’ECHA organizzeranno ora consultazioni pubbliche parallele, che saranno avviate nella prima settimana di settembre di quest’anno.

Le consultazioni costituiscono la prima fase delle valutazioni. Il comitato dell’ECHA per la valutazione dei rischi (RAC) procederà a un riesame della classificazione del glifosato nell’ambito del regolamento dell’UE relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio (CLP). La classificazione delle sostanze chimiche si basa esclusivamente sulle proprietà pericolose e non tiene conto della probabilità di esposizione a tali sostanze. L’esposizione è considerata parte del processo di valutazione del rischio condotto dall’EFSA.

Il glifosato è stato classificato ufficialmente come causa di gravi danni agli occhi e come tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata, sia prima che dopo la valutazione dell’ECHA nel 2017. Non vi è stata alcuna classificazione in termini di mutagenicità delle cellule germinali, carcinogenicità o tossicità riproduttiva. Nella proposta dei quattro Stati membri non è prevista alcuna modifica della classificazione attuale.

Dopo l’adozione di un parere da parte dell’ECHA, l’EFSA porterà a termine la propria revisione paritaria e ne pubblicherà le conclusioni, attese per la fine del 2022. Sulla base di tale valutazione del rischio la Commissione europea renderà una decisione in merito al rinnovo dell’approvazione per il glifosato.

Contesto

Il glifosato è una sostanza chimica ampiamente utilizzata nei prodotti fitosanitari. Quelli a base di glifosato, ossia i formulati contenenti glifosato, coformulanti e altre sostanze chimiche, sono utilizzati principalmente nell’agricoltura e nell’orticoltura per combattere le erbe infestanti che competono con le colture.

Nel 2017 la Commissione europea ha concesso un’approvazione quinquennale per il glifosato: attualmente il periodo di approvazione dell’uso del glifosato nell’UE si estende fino al 15 dicembre 2022. Ciò significa che fino a tale data il glifosato può essere utilizzato come sostanza attiva nei prodotti fitosanitari, a condizione che ciascuno di essi sia autorizzato dalle autorità nazionali a seguito di una valutazione della loro sicurezza.

Informazioni dettagliate sono disponibili sul sito web della Commissione europea.

Fonte: EFSA




Parere CNSA – Micotossine non regolamentate e Metaboliti dell’aflatossina B1 in prodotti lattiero-caseari

E’ pubblicato sul sito del Ministero della salute il parere del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare  – Sezione Sicurezza Alimentare “Micotossine non regolamentate: Metaboliti dell’aflatossina B1 (aflatossina M1 e aflatossicolo) e sterigmatocistina in prodotti lattiero-caseari”

L’aflatossina B1 (AFB1) e la sterigmatocistina sono prodotte dal fungo Aspergillus sp. L’AFB1, una volta ingerita, viene metabolizzata prevalentemente nel fegato; aflatossina M1 e aflatossicolo sono i suoi principali metaboliti. La sterigmatocistina, prodotta in oltre 55 generi di funghi, è strutturalmente simile alla AFB1 e alcuni autori la considerano un suo precursore, diretto o indiretto. Sia i metaboliti di AFB1 sia la sterigmatocistina sono considerati come cancerogeni genotossici, anche se meno potenti di AFB1. E’ pertanto importante valutare i possibili rischi per la salute dell’esposizione attraverso specifiche filiere alimentari.

Sulla base delle conoscenze attuali e dei dati disponibili, è stata effettuata una valutazione del rischio di esposizione del consumatore ad aflatossina M1, aflatossicolo e sterigmatocistina, attraverso il consumo di latte e prodotti lattiero-caseari. L’aflatossina M1 è il metabolita principale della AFB1 nel latte dei mammiferi, ruminanti e non: i numerosi dati disponibili per il latte italiano non evidenziano particolari problemi, mentre i dati relativi ai formaggi sono molto variabili e legati al fattore di concentrazione e alla ripartizione fra proteine del siero e caseine. Per quanto riguarda l’aflatossicolo e la sterigmatocistina in latte e derivati, i dati disponibili sono molto limitati. La presenza nei latticini può originare da mangimi contaminati con AFB1 (aspetto predominante per la AFM1) oppure da  infestazioni fungine incontrollate durante i processi di maturazione.

Considerate le preoccupanti caratteristiche delle micotossine in esame, il CNSA raccomanda di mantenere e rafforzare le misure di controllo e prevenzione già in atto per le filiere lattiero-casearie; e  di effettuare studi specifici per i metaboliti dell’aflatossina B1 in questione e per la sterigmatocistina sul latte di tutte le specie e sui suoi derivati per una più accurata valutazione dell’esposizione attraverso il consumo di questi alimenti e dei potenziali rischi per la salute, anche ai fini di un eventuale valutazione di estensione delle misure di controllo.




Biossido di titanio: l’E171 non è più considerato sicuro se usato come additivo alimentare

logo-efsaL’EFSA ha aggiornato la propria valutazione della sicurezza dell’additivo alimentare biossido di titanio (E 171) a seguito di una richiesta della Commissione europea del marzo 2020. 

La nuova valutazione ha rivisto i risultati della precedente valutazione dell’EFSA pubblicata nel 2016, che aveva evidenziato la necessità di ulteriori ricerche per colmare alcune lacune nei dati.

Ha affermato il prof. Maged Younes, presidente del gruppo di esperti EFSA sugli additivi e aromatizzanti alimentari (gruppo FAF): “Tenuto conto di tutti gli studi e i dati scientifici disponibili, il gruppo scientifico ha concluso che il biossido di titanio non può più essere considerato sicuro come additivo alimentare. Un elemento fondamentale per giungere a tale conclusione è che non abbiamo potuto escludere timori in termini di genotossicità connessi all’ingestione di particelle di biossido di titanio. Dopo l’ingestione l’assorbimento di particelle di biossido di titanio è basso, tuttavia esse possono accumularsi nell’organismo umano”.

La valutazione è stata condotta seguendo una metodologia rigorosa e prendendo in considerazione diverse migliaia di studi emersi dopo la precedente valutazione dell’EFSA del 2016, comprese nuove evidenze scientifiche e dati sulle nanoparticelle.

I nostri esperti scientifici hanno applicato per la prima volta la guida del comitato scientifico EFSA del 2018 sulle nanotecnologie alla valutazione della sicurezza degli additivi alimentari. Il biossido di titanio (E 171) contiene al massimo il 50% di particelle della gamma nano (cioè meno di 100 nanometri) a cui i consumatori potrebbero essere esposti.

Valutazione della genotossicità

La genotossicità è la capacità di una sostanza chimica di danneggiare il DNA, il materiale genetico delle cellule. Poiché la genotossicità può avere effetti cancerogeni, è essenziale valutare il potenziale effetto genotossico di una sostanza per trarre conclusioni sulla sua sicurezza.

Ha dichiarato il prof. Matthew Wright, membro del gruppo di esperti scientifici FAF e presidente del gruppo di lavoro EFSA sull’E171: “Anche se le evidenze di effetti tossici in genere non sono state conclusive, sulla scorta di nuovi dati e metodi ancora più solidi non abbiamo potuto escludere timori di genotossicità e, di conseguenza, non abbiamo potuto stabilire un livello di sicurezza per l’assunzione quotidiana di questo additivo alimentare”.

I gestori del rischio presso la Commissione europea e gli Stati membri dell’UE sono stati informati delle conclusioni dell’EFSA e rifletteranno sulle misure appropriate da assumere per garantire la tutela dei consumatori.

Note informative

Il biossido di titanio (E171) è autorizzato come additivo alimentare nell’UE in base all’allegato II del regolamento (CE) n.1333/2008.

La sicurezza dell’additivo E171 è stata valutata di nuovo dal gruppo di esperti scientifici ANS dell’EFSA nel 2016 nel quadro del regolamento (UE) n. 257/2010, che prescrive un programma di valutazione ex novo degli additivi alimentari autorizzati nell’UE prima del 20 gennaio 2009.

Nel suo parere del 2016 il gruppo ANS aveva raccomandato di eseguire nuovi studi per colmare le lacune nei dati sui possibili effetti sul sistema riproduttivo, dati sui quali poter impostare una dose giornaliera accettabile (DGA) della sostanza. Aveva anche evidenziato un margine di incertezza circa la caratterizzazione del materiale usato come additivo alimentare (E171), in particolare per quanto riguarda la dimensione delle particelle e la distribuzione granulometrica del biossido di titanio usato come E171.

Nel 2019 l’EFSA ha pubblicato una dichiarazione sulla revisione del rischio legato all’esposizione all’additivo alimentare biossido di titanio (E171) effettuata dall’Agenzia francese per la sicurezza alimentare, l’ambiente e la salute sul lavoro (ANSES). Nella dichiarazione l’EFSA sottolineava come il parere dell’ANSES ribadisse le incertezze e le lacune nei dati già individuate dall’EFSA senza presentare risultanze che invalidavano le conclusioni precedenti dell’Autorità circa la sicurezza del biossido di titanio.

Nello stesso anno (il 2019) l’Autorità dei Paesi Bassi per la sicurezza degli alimenti e dei prodotti di consumo (NVWA) esprimeva un parere sui possibili effetti sulla salute del biossido di titanio come additivo alimentare, il che metteva in evidenza l’importanza di studiare gli effetti tossicologici sul sistema immunitario nonché i potenziali effetti di tossicità riproduttiva.

FAQ: valutazione EFSA del 2021 sulla sicurezza del biossido di titanio (E171)

1.   Cos’è il biossido di titanio?

Il biossido di titanio è usato come colorante alimentare (E171) e, come tutti i coloranti alimentari, ha la funzione tecnologica di rendere gli alimenti visivamente più attraenti aggiungendo colore se non ne hanno oppure ravvivandone il colore originale. Il biossido di titanio è presente anche in cosmetici, vernici e farmaci.

E’ possibile reperire maggiori informazioni sugli studi EFSA nel settore degli additivi alimentari sul nostro sito web

2.   Quali alimenti contengono biossido di titanio?

Le principali categorie di alimenti che contribuiscono all’esposizione alimentare all’E171 sono: prodotti da forno, zuppe, brodi e salse (per neonati, bambini e adolescenti); zuppe, brodi, salse, insalate e creme salate da spalmare (per bambini, adulti e anziani). Anche le noci trasformate sono una delle principali categorie di alimenti che vi contribuiscono nel caso di adulti e anziani.

3.   Cosa afferma l’EFSA nel suo parere del 2021 sulla sicurezza del biossido di titanio come additivo alimentare?

Dopo aver condotto una recensione di tutte le evidenze scientifiche disponibili in merito, l’EFSA ha concluso che non sono da escludere timori circa la genotossicità delle particelle di TiO2. Sulla scorta di tali preoccupazioni in termini di genotossicità gli esperti dell’EFSA non ritengono più sicuro il biossido di titanio se usato come additivo alimentare. In altre parole per l’E171 non è possibile stabilire una dose giornaliera accettabile (DGA).

La valutazione dell’EFSA riguarda i rischi da TiO2 usato solo come additivo alimentare, non per altri scopi.

4.   Bisogna smettere di mangiare prodotti che contengono TiO2?

“Anche se le evidenze di effetti tossici in genere non sono state conclusive, sulla scorta di nuovi dati e metodi ancora più solidi i nostri scienziati non hanno potuto escludere timori in termini di genotossicità e, di conseguenza, non hanno potuto stabilire un livello di sicurezza per l’assunzione quotidiana del Ti02 come additivo alimentare”.

Nel loro ruolo di gestori dei rischi la Commissione europea e gli Stati membri rifletteranno ora sul parere fornito dell’EFSA e decideranno in merito a eventuali misure normative o consigli appropriati da dare ai consumatori.

5. L’EFSA sta vietando il biossido di titanio?

No. Il compito dell’EFSA si limita alla valutazione dei rischi legati al biossido di titanio come additivo alimentare, ovvero una valutazione delle informazioni scientifiche pertinenti sul TiO2, la sua potenziale tossicità e le stime dell’esposizione alimentare umana. Qualsiasi decisione di tipo legislativo o normativa in merito all’autorizzazione degli additivi alimentari compete ai gestori del rischio (cioè la Commissione europea e gli Stati membri).

 6. E adesso?

La consulenza dell’EFSA sarà utilizzata dai gestori del rischio (Commissione europea, Stati membri) come base scientifica di eventuali decisioni da assumere in materia di regolamentazione.

Fonte: EFSA




Pesticidi negli alimenti: presentati gli ultimi dati

Pubblicato l’ultimo rapporto sui residui di pesticidi negli alimenti nell’Unione europea, uno spaccato dei tenori di residui riscontrati nell’intero territorio in un paniere di prodotti di largo consumo. 

Nel 2019 sono stati analizzati complessivamente 96 302 campioni di alimenti, dei quali il 96,1% è risultato nei limiti di legge. Quanto al sottoinsieme di 12 579 campioni analizzato in base al programma di controllo coordinato dall’UE (EUCP) si è riscontrato che era nei limiti di legge il 98% di essi.

L’EUCP ha analizzato campioni presi a caso in 12 prodotti alimentari: mele, cavoli cappuccio, lattuga, pesche, spinaci, fragole, pomodori, avena in chicchi, orzo in chicchi, vino (rosso e bianco), latte vaccino e grasso di maiale. Di questi campioni:

  • 6 674, ovvero il 53%, sono risultati privi di residui quantificabili;
  • 5 664, ovvero il 45%, contenevano uno o più residui in concentrazioni inferiori o pari ai limiti ammessi;
  • il 2% infine, cioè 241 campioni, conteneva residui eccedenti il massimo di legge, dei quali l’1% è stato sottoposto a misure legali.

Il programma coordinato utilizza a rotazione triennale panieri di prodotti analoghi, in modo da poter individuare per prodotti specifici tendenze in aumento o diminuzione. Rispetto al 2016 il tasso di sforamento risulta diminuito per pesche (da 1,9% a 1,5%), lattuga (da 2,4% a 1,8%), mele (da 2,7% a 2,1%) e pomodori (da 2,6% a 1,7%); aumentato invece per fragole (da 1,8% a 3,3%), cavoli cappuccio (da 1,1% a 1,9%), uva da vino (da 0,4% a 0,9%) e grasso di maiale (da 0,1% a 0,3%). Come nel 2016 non risultano sforamenti nel latte vaccino.

L’EFSA ha tradotto le risultanze del programma coordinato in grafici e diagrammi disponibili sul proprio sito web, rendendo i dati più accessibili ai non specialisti.

Oltre ai dati armonizzati e confrontabili raccolti nell’ambito del programma coordinato UE, il rapporto annuale dell’EFSA utilizza anche i dati provenienti dalle attività di controllo nazionali dei singoli Stati membri dell’UE, della Norvegia e dell’Islanda.

Questi programmi nazionali di controllo sono mirati sul rischio, quindi su prodotti con presenza probabile di residui di pesticidi o nei quali siano state individuate violazioni delle norme negli anni precedenti. Essi forniscono  informazioni importanti ai gestori del rischio ma, a differenza dei dati provenienti dal programma coordinato dall’UE, non forniscono un quadro statisticamente rappresentativo dei livelli di residui che ci si aspetterebbe di trovare negli alimenti in vendita in Europa.

Nell’ambito dell’analisi dei risultati l’EFSA ha effettuato anche una valutazione dei rischi alimentari. Tale analisi suggerisce che i prodotti alimentari analizzati nel 2019 abbiano poca probabilità di rappresentare un problema per la salute dei consumatori. Vengono tuttavia avanzate alcune raccomandazioni per aumentare l’efficienza dei sistemi di controllo europei, al fine di garantire come sempre un elevato livello di tutela dei consumatori.

Fonte:  EFSA




Efsa pubblicati i primi studi sul rischio cumulativo da pesticidi

L’EFSA ha pubblicato i risultati di due valutazioni pilota sui rischi per l’uomo connessi alla presenza di residui multipli di pesticidi negli alimenti.

Le valutazioni, una delle quali esamina gli effetti cronici sul sistema tiroideo e l’altra gli effetti acuti sul sistema nervoso – rappresentano il culmine di una collaborazione pluriennale tra l’EFSA e l’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente (RIVM).

I documenti sono pervenuti alla redazione finale dopo un periodo di consultazione di due mesi durante il quale l’EFSA ha ricevuto validi riscontri da diverse parti interessate tra cui istituzioni nazionali, università, organizzazioni non governative e associazioni del commercio. È stato organizzato anche un incontro con i portatori di interesse a Bruxelles per contribuire a chiarire la metodologia usata e spiegare i risultati dello studio.

La conclusione generale per entrambe le valutazioni è che il rischio per i consumatori derivante dall’esposizione alimentare cumulativa è, con diversi gradi di certezza, inferiore alla soglia che fa scattare meccanismi normativi per tutte le fasce di popolazione interessate. (Per ulteriori informazioni sull’uso dell’analisi del margine di incertezza nelle valutazioni, consultare le domande frequenti).

Nei prossimi anni verranno effettuate valutazioni degli effetti dei pesticidi su altri organi e sulle funzioni organiche. L’EFSA sta attualmente definendo un dettagliato piano di attuazione con la Commissione europea.

Note informative

Le sostanze considerate nelle valutazioni sono state individuate dagli esperti di pesticidi dell’EFSA utilizzando una metodologia appositamente studiata per classificare i pesticidi in “gruppi per la valutazione del rischio cumulativo” (i cosiddetti CAG).

Il regolamento UE sui limiti massimi di residui di pesticidi negli alimenti (LMR) stabilisce che le decisioni riguardanti gli LMR debbano tenere conto degli effetti cumulativi dei pesticidi man mano che i metodi per valutare tali effetti si rendano disponibili. Inoltre il regolamento che disciplina la commercializzazione dei pesticidi stabilisce che i pesticidi non debbano avere effetti nocivi – e nemmeno cumulativi – sull’uomo.

Per ulteriori informazioni vedere le nostre domande frequenti.

Fonte: EFSA




Ocratossina A negli alimenti: valutati i rischi per la salute pubblica

logo-efsaL’EFSA ha pubblicato un parere scientifico sui rischi per la salute pubblica connessi alla presenza negli alimenti di ocratossina A (OTA), una micotossina prodotta naturalmente da alcune muffe, che può essere presente in una serie di alimenti tra cui cereali, carne conservata, frutta fresca e secca, e formaggi.

 

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