Laguna di Venezia: vongole in pericolo a causa dei sedimenti contaminati

La gestione dei sedimenti dragati nei porti e nelle lagune deve essere volta ad evitare potenziali impatti sugli ecosistemi marini. È pertanto fondamentale indagare i possibili effetti di miscele complesse di contaminanti chimici presenti nei sedimenti su specie animali che risiedono nelle lagune e nelle aree costiere.
Questo tema, anche in seguito alla recente approvazione del cosiddetto “nuovo protocollo fanghi” (Decreto 22 maggio 2023 n.86), che ha affiancato alla caratterizzazione chimica dei sedimenti anche la valutazione degli effetti ecotossicologici su specie animali, è di estremo interesse nella laguna di Venezia.

Il Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista «BMC Biology» uno studio in cui sono stati investigati gli effetti dell’esposizione a sedimenti campionati in diversi siti sul fondo del canale Vittorio Emanuele III (il canale che collega Marghera alla città di Venezia) nella vongola filippina Ruditapes philippinarum.

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Fonte: lescienze.it




Focolaio epidemico multi-paese di Salmonella Enteritidis nella carne di pollo e nei prodotti a base di carne di pollo

Tra gennaio e ottobre del 2023 14 Paesi dell’UE/SEE, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno segnalato 335 casi legati a questo focolaio epidemico.

La carne di pollo e i prodotti a base di carne di pollo (kebab) sono la probabile fonte di un focolaio insorto in più Paesi e causato da tre tipi di Salmonella Enteritidis, affermano EFSA ed ECDC nella loro più recente valutazione rapida di focolaio.

Batteri simili a quelli che hanno provocato i focolai sono stati riscontrati in campioni di carne di pollo e kebab di pollo. Sebbene i dati sulla tracciabilità degli alimenti facciano risalire a produttori situati in Polonia (7 produttori) e in Austria (1 produttore), non è stata trovata alcuna evidenza microbiologica di una contaminazione all’interno di tali strutture.

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Fonte: EFSA




Nuovi alimenti con i nanomateriali, come garantire la sicurezza senza test sugli animali

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Sono sempre di più le applicazioni dei nanomateriali nel settore alimentare, dal ferro in nanoforma per gli integratori alla nanocellulosa come ‘novel food’ o per il packaging, ed è sempre più necessario trovare dei metodi che garantiscano la sicurezza dei consumatori e siano capaci di dare risposte a fronte di questa varietà di materiali. In questo contesto, una grande importanza hanno assunto le New Approach Methodologies (NAM), che consentono di ottenere importanti informazioni sui meccanismi senza il ricorso alla sperimentazione animale. Gli ultimi sviluppi sono stati presentati oggi nel corso del Quarto Convegno Nazionale Nanotecnologie e Nanomateriali nel Settore Alimentare e loro Valutazione di Sicurezza, che si è tenuto nella sede dell’Iss.

“I recenti sviluppi delle nanoscienze hanno aperto nuove prospettive in molti settori, da quello biomedico a quello alimentare-  ha affermato il Commissario Straordinario dell’Iss Rocco Bellantone aprendo i lavori -. L’innovazione è foriera di indubbi benefici, ma si pone il problema di valutarne la sicurezza, e la valutazione del rischio pone sempre una grande difficoltà”.

 

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Fonte: ISS




Sicurezza alimentare, nuovo regolamento sulla plastica riciclata destinata al contatto con prodotti alimentari

MocaIl 20 settembre 2022 è stato pubblicato il nuovo Regolamento (UE) 2022/1616, entrato in vigore il 10 ottobre 2022, che abroga il Regolamento (CE) 282/2008 relativo ai materiali e agli oggetti di materia plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

La norma, nello specifico, disciplina:

  • l’immissione sul mercato di materiali e oggetti di materia plastica, destinati al contatto con gli alimenti, contenenti plastica riciclata;
  • lo sviluppo e il funzionamento di tecnologie, processi e impianti di riciclo, per produrre materia plastica riciclata da utilizzare in detti materiali e oggetti di materia plastica;
  • l’uso a contatto con i prodotti alimentari di materiali e oggetti di materia plastica riciclata e di materiali e oggetti di materia plastica destinati a essere riciclati.

Secondo le disposizioni del regolamento è possibile immettere sul mercato materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti (MOCA) di materia plastica riciclata fabbricati:

  • con una tecnologia di riciclo idonea, in grado di riciclare i rifiuti in materiali e oggetti di materia plastica riciclata sufficientemente inerti e sicuri da un punto di vista microbiologico
  • oppure con una nuova tecnologia, purché questa sia conforme al capo IV del regolamento.

Nell’Allegato I del regolamento sono elencate le tecnologie di riciclo idonee per la produzione di plastica riciclata destinata alla fabbricazione dei MOCA, tecnologie già valutate positivamente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Per garantire la trasparenza e facilitare le attività di controllo, il nuovo regolamento istituisce il Registro dell’Unione delle nuove tecnologie, dei riciclatori, dei processi di riciclo, degli schemi di riciclo e degli impianti di decontaminazione, accessibile al pubblico sul sito web della Commissione Europea.

Per quanto concerne la registrazione al Registro dell’Unione, la Commissione ha pubblicato una pagina informativa, che

  • illustra le modalità di registrazione e fornisce i moduli necessari
  • fornisce il modello della scheda di sintesi del monitoraggio della conformità (Allegato II del regolamento), finalizzata a riassumere in modo standardizzato il funzionamento, il controllo e il monitoraggio degli impianti di riciclo
  • i modelli di dichiarazione di conformità della materia plastica riciclata, che devono essere utilizzati dai riciclatori e dai trasformatori (Allegato III, Parte A e Parte B, del regolamento).

Il regolamento dispone che la notifica per la registrazione delle nuove tecnologie, dei riciclatori, degli schemi di riciclo e degli impianti di decontaminazione deve essere effettuata, entro i termini previsti, sia alla Commissione Europea che all’autorità competente del territorio in cui è situato l’impianto, il Gestore dello schema o lo Sviluppatore della nuova tecnologia.

Per quanto riguarda l’Italia, la notifica deve essere trasmessa alle autorità territorialmente competenti, utilizzando gli indirizzi riportati nell’Elenco delle autorità territorialmente competenti e, per conoscenza ,all’autorità competente centrale, Ministero della Salute, utilizzando l’indirizzo di posta certificata dgsan@postacert.sanita.it .

In merito alla Scheda di sintesi del monitoraggio della conformità degli impianti di decontaminazione, la stessa deve essere inviata, entro i termini previsti dal regolamento, esclusivamente all’autorità competente del territorio in cui è situato l’impianto e per conoscenza all’autorità competente centrale, utilizzando gli stessi indirizzi sopraindicati.

Fonte: Ministero della Salute




Glifosato: nessuna area di preoccupazione critica; lacune nei dati identificate

La valutazione dell’impatto del glifosato sulla salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente non ha evidenziato alcuna area di preoccupazione critica. Nelle conclusioni dell’EFSA sono state riportate alcune lacune nei dati  – come questioni che non è stato possibile risolvere in via definitiva o questioni rimaste in sospeso – che la Commissione europea e gli Stati membri dovranno prendere in considerazione nella prossima fase del processo di rinnovo dell’approvazione. Queste le principali conclusioni della revisione paritetica dell’EFSA sulla valutazione del rischio del glifosato, eseguita dalle autorità di quattro Stati membri (che hanno assunto congiuntamente il ruolo di «Stati membri relatori»).

Nella sua revisione paritetica della valutazione del rischio del glifosato come sostanza attiva, l’EFSA non ha individuato alcuna area di preoccupazione critica in relazione al rischio che esso comporta per l’uomo, gli animali o l’ambiente. Una preoccupazione è definita critica quando riguarda tutti gli usi proposti della sostanza attiva oggetto di valutazione (ad esempio, impiego in pre-semina o post-raccolto, ecc.), impedendone così l’approvazione o il rinnovo.

Nel 2022 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha effettuato una valutazione dei pericoli posti dal glifosato, in seguito alla quale ha concluso che non soddisfa i criteri scientifici per essere classificato come sostanza cancerogena, mutagena o reprotossica. Ai fini della valutazione del rischio relativo al glifosato a livello di UE, l’EFSA ha utilizzato la classificazione di pericolo dell’ECHA. Eventuali lacune nei dati individuate sono riportate nelle conclusioni dell’EFSA come questioni che non è stato possibile risolvere in via definitiva o questioni rimaste in sospeso.Tra le questioni che non è stato possibile risolvere in via definitiva rientrano la valutazione di una delle impurità presenti nel glifosato, la valutazione del rischio alimentare per i consumatori e la valutazione dei rischi per le piante acquatiche.

Tra le questioni rimaste in sospeso vi sono, tra l’altro, la mancanza di  informazioni sulla tossicità di uno dei componenti della formulazione di pesticidi a base di glifosato presentata ai fini della valutazione, informazioni che sono necessarie per portare a termine la valutazione del rischio relativo alla formulazione per gli usi rappresentativi. Per questa formulazione non sono emerse indicazioni di tossicità acuta e genotossicità.

Per quanto riguarda la biodiversità, gli esperti hanno riconosciuto che i rischi associati agli usi rappresentativi del glifosato sono complessi e dipendono da molteplici fattori. Hanno inoltre rilevato la mancanza di metodologie armonizzate e di specifici obiettivi di protezione concordati. Nel complesso, le informazioni disponibili non consentono di trarre conclusioni definitive su questo aspetto della valutazione del rischio e i gestori del rischio possono prendere in considerazione misure di mitigazione.

Per quanto riguarda l’ecotossicologia, il pacchetto di dati ha consentito un approccio conservativo alla valutazione del rischio, che ha identificato un rischio elevato a lungo termine per i mammiferi in 12 dei 23 usi proposti del glifosato.

Trasparenza del processo

«La valutazione del rischio e la revisione paritetica del glifosato sono frutto del lavoro svolto da decine di esperti scientifici dell’EFSA e degli Stati membri nell’ambito di un processo che si è protratto per tre anni. Processo che si basa sulla valutazione di molte migliaia di studi e articoli scientifici, oltre a incorporare i preziosi contributi forniti mediante la consultazione pubblica», ha dichiarato Guilhem de Seze, responsabile del dipartimento «Risk Assessment Production» (formulazione delle valutazioni del rischio) dell’EFSA.

Contesto

Il glifosato è una sostanza chimica utilizzata in diversi erbicidi, il cui impiego in Europa è sottoposto a una severa regolamentazione. Attualmente il periodo di approvazione dell’uso del glifosato nell’UE termina il 15 dicembre 2023. La valutazione del rischio da parte degli Stati membri e la successiva revisione paritetica dell’EFSA sono state eseguite nell’ambito del processo legislativo previsto per il rinnovo dell’approvazione dell’uso del glifosato in Europa.

Prossime fasi e pubblicazione

Le conclusioni dell’EFSA sulla revisione paritetica della valutazione del rischio relativa al glifosato sono state trasmesse in data odierna alla Commissione europea e agli Stati membri per orientare la decisione che sono chiamati ad adottare in merito all’opportunità di mantenere il glifosato nell’elenco dell’UE delle sostanze attive approvate nei prodotti fitosanitari.

Prima della pubblicazione, l’EFSA è tenuta per legge a garantire che tutti i contenuti siano conformi alle norme in materia di protezione dei dati personali e di riservatezza. Come per tutte le revisioni paritetiche delle sostanze attive nei prodotti fitosanitari, e in conformità della legislazione dell’UE sui pesticidi, l’EFSA fornisce i materiali destinati alla pubblicazione al richiedente, il quale ha facoltà di richiedere la riservatezza degli elementi relativi ai dati personali o alle informazioni commercialmente sensibili. I richiedenti non possono richiedere modifiche alle conclusioni o alla valutazione stessa, né presentare informazioni aggiuntive.

Non appena questo processo sarà completato, l’EFSA pubblicherà integralmente le proprie conclusioni unitamente a tutti i documenti di riferimento relativi alla revisione paritetica e alla valutazione del rischio sul proprio sito web. La pubblicazione delle conclusioni è prevista per la fine di luglio 2023 e quella dei documenti di riferimento, che ammontano a diverse migliaia di pagine, è prevista tra la fine di agosto e la metà di ottobre 2023.

Fonte: EFSA




Valutazione tossicologica miscele di micotossine 2022-23 – Raccomandazioni CNSA

AflatossineE’ stato aggiornato dal Ministero della Salute il documento di lavoro sulla “Valutazione tossicologica miscele di micotossine 2022-23 – Raccomandazioni CNSA”

L’obiettivo del presente documento di lavoro è quello di aggiornare il quadro e le conclusioni cui il gruppo di lavoro era giunto nel 2021

Scarica il documento

Fonte: Ministero della Salute – CNSA




ISS: Il mare è malato per colpa dell’uomo, i segni dal Mediterraneo al Polo Nord

Il mare sta male, soffocato dall’impatto delle attività umane, in termini di inquinamento ‘diretto’ o di effetti come i cambiamenti climatici, e i segni del ‘passaggio’ dell’uomo sono ormai ubiquitari, dal Mediterraneo alle acque del Polo Nord.  A fare la diagnosi, sono stati gli esperti riuniti nel convegno “Mare e salute”, che si è appena tenuto in ISS con la partecipazione di istituzioni, enti di ricerca e terzo settore impegnati nella prevenzione sanitaria e nella protezione degli ambienti acquatici e marini. Dalla salute degli oceani, avvertono gli esperti, dipende strettamente anche quella del resto del pianeta e dell’uomo, una prospettiva di ‘planetary health’ su cui insistono anche gli ultimi trattati approvati dall’Onu sull’argomento, e la cooperazione scientifica e le partnership istituzionali rappresentano la strategia di elezione per produrre conoscenze ed elaborare strategie.

“Il mare ha un ruolo centrale nell’equilibrio dell’ecosistema, che riguarda anche la nostra salute e il nostro benessere – ha dichiarato Andrea Piccioli, Direttore Generale dell’ISS – ed è per questo stiamo cercando di mettere a sistema tutte le nostre conoscenze per valutare il suo stato di salute, secondo un approccio “one-water” for “one-health”.  L’impronta dell’attività umana è evidente in tutte le latitudini, come hanno dimostrato i primi viaggi compiuti in quattro oceani e dieci mari del pianeta, e lo è al punto che vi abbiamo ritrovate sostanze chimiche persistenti usate negli ultimi cinquant’anni fino alle tracce del recente virus Sars-Cov2, che è stato per noi un risultato inatteso”.

Il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino, nel corso del suo intervento ha sottolineato come “l’evento ha consentito di approfondire le connessioni tra gli oceani e il benessere della collettività. I mari ricoprono il 70 per cento del nostro pianeta e rappresentano l’imprescindibile elemento per la salute umana; sulla base di questa consapevolezza la Marina è da anni impegnata nel monitoraggio dei parametri ambientali marini utili ad accertarne lo stato di salute e a tutelarne la salvaguardia” proseguendo poi “attraverso le sinergie istituzionali, la condivisione di strategie e la ricerca di un approccio collegiale e federato, la Marina opera quotidianamente per generare una rinnovata consapevolezza nell’ambiente marino. La collaborazione con l’I.S.S. va in questa direzione e costituisce un importante ulteriore mezzo per declinare il ruolo della Forza Armata al servizio del Paese”.

Il convegno è stato l’occasione per presentare i dati di diversi progetti interistituzionali a difesa del mare. Fra questi anche ‘Sea Care’, frutto della partnership fra ISS, Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA), Marina Militare e alcune Università, in cui i ricercatori salgono materialmente a bordo delle navi della Marina Militare per poter effettuare campionamenti in tutti gli oceani, e le azioni del PNRR MER – Marine Ecosystem Restoration, a cura di ISPRA, sotto l’egida del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Il progetto Sea Care, dagli Pfas al Polo Nord alle microplastiche che ‘trasportano’ i virus

Il progetto di ricerca sui rischi per la salute correlati ad ambiente e clima nella visione Planetary Health, il primo al mondo di questa portata e con questa metodologia, ha una durata di tre anni e si realizza attraverso un sistema strutturato di monitoraggio che raccoglie campioni e effettua misure e analisi lungo le rotte ordinarie sia della nave scuola Amerigo Vespucci che di altre unità navali della Marina Militare in mare aperto, su acque territoriali e internazionali, al fine di raccogliere dati sullo stato di salute del mare.

  • Dalle analisi è emersa la presenza negli oceani di diverse specie di virus e batteri.

I batteri appartenenti al genere Vibrio (circa 100 specie), ubiquitari nell’ambiente marino e includenti una decina di specie patogene per l’uomo, possono essere considerati indicatori di cambiamento climatico. Mentre il pianeta surriscaldato altera gli oceani, innalzando il livello del mare e alimentando tempeste più violente, i vibrioni si stanno moltiplicando nei luoghi in cui erano già presenti e stanno colonizzando aree finora indenni, favoriti da condizioni di salinità e più elevate temperature. Inaspettato inoltre è il riscontro in alcuni campioni in mare aperto in siti diversi della presenza del SARS-COV-2, un segno sia della pervasività raggiunta dal virus che, probabilmente, di scarichi di acque reflue inefficienti in talune aree del pianeta.

  • Le microplastiche, uno dei temi più attuali per la salute del mare, sono state trovate in diversi campioni con maggiore prevalenza nei mari più chiusi come il Mediterraneo, grazie all’applicazione di metodiche utilizzate in routine per la “strategia marina” dall’ARPAER. Uno ‘studio nello studio’ eseguito su aree marine contigue ha riscontrato, in via preliminare, che è possibile che le microplastiche possano a loro volta ‘trasportare’ microrganismi anche pericolosi per l’uomo, favorendone la colonizzazione in aree diverse, fenomeno di particolare preoccupazione in quanto  la proliferazione di patogeni (fra cui in particolare le specie del genere Vibrio, ma anche agenti virali), favorita da condizioni di salinità e temperature alterate dal cambiamento climatico, potrebbe aprire nuovi scenari di rischio.
  • Anche i PFAS e altri inquinanti ormai al centro delle cronache, sono sempre più pervasivi in tutto il pianeta, tanto che sono state trovate tracce di queste sostanze nella gran parte delle acque nazionali e internazionali, persino in campioni raccolti al Polo Nord. Anche se le concentrazioni riscontrate non sono preoccupanti per la salute dell’uomo, il fenomeno è preoccupante sia come indice della diffusione planetaria dell’inquinante che per il fatto che non sono stati ancora studiati gli effetti diretti e indiretti che queste sostanze possono avere sulla salute marina.
  • Il progetto rappresenta un contesto straordinario anche per lo sviluppo di nuove tecniche analitiche, come nel caso dei metodi di ricerca “untarget” per la ricerca di inquinanti in assenza di standard analitici e di metodi rapidi strumenti con sensori spettroscopici miniaturizzati, sviluppati rispettivamente dalle Università di Padova e “La Sapienza” di Roma, con un notevole potenziale per la caratterizzazione dell’insieme degli inquinanti antropici nelle acque marine.

L’importanza del progetto

Tra gli obiettivi principali del progetto, in linea con l’approccio “one-water” for “one-health”, c’è la creazione di un partenariato stabile e di un approccio metodologico uniforme e sostenibile per superare i limiti delle attuali analisi sito-specifiche sugli ambienti marini, spesso condotte con metodi disomogenei e in aree confinate dell’”oceano globale” e restituire un quadro complessivo della contaminazione dei nostri mari e di come ciò impatta sulla salute umana, anche in relazione ai cambiamenti climatici. Durante il convegno sono stati presentati i primi dati ottenuti dalle analisi sui campionamenti, che hanno suggerito alcune osservazioni preliminari.  Il progetto è anche una efficace palestra per lo sviluppo della Public health Intelligence, curata dal gruppo di malattie infettive di ISS, in grado di tracciare gli scenari COVID-19 ed eventuali altri focolai epidemici, con focus sui paesi di attracco durante la navigazione.

Il modello unico e originale di sinergia istituzionale che caratterizza il progetto Sea Care, in via di introduzione negli impegni della Water Agenda ONU 2030 a seguito della recente Conferenza Mondiale sull’acqua di New York 2023, sta raccogliendo un crescente interesse internazionale quale approccio sostenibile in grado di garantire campionamenti e misure estensive e prolungate. Di fronte a sfide globali senza precedenti sul fronte ambientale-climatico in ambienti di straordinaria estensione e complessità quali gli oceano, l’approccio proposto è in grado di fornire fotografie straordinariamente estese, omogenee e sinottiche degli impatti delle azioni umane sugli ambienti marini, con prospettive di sviluppo di indicatori armonizzati di impatto antropico, anche per misurare gli effetti della attesa transizione verde sul mare e quindi sulla nostra salute.

Fonte: ISS




L’EFSA: consultazione su rischi per la salute connessi agli eteri di difenile polibromurati negli alimenti

I PBDE, una classe di ritardanti di fiamma bromurati (BFR), sono sostanze chimiche prodotte dall’uomo e utilizzate in un’ampia varietà di prodotti come plastiche, tessuti e apparecchiature elettriche/elettroniche per ridurne l’infiammabilità. I PBDE possono penetrare nell’aria, nell’acqua, nel suolo, negli alimenti e nei mangimi.

Questi contaminanti sono presenti soprattutto negli alimenti di origine animale come pesce, carne e latte. Dai risultati di ricerche su animali di laboratorio, di cui si è tenuto conto nel parere scientifico,  gli esperti hanno concluso che i PBDE possono avere un effetto nocivo sull’apparato riproduttivo e sul sistema nervoso.

Il gruppo scientifico CONTAM ha raccomandato di continuare a monitorare la presenza di PBDE negli alimenti. Nello specifico gli esperti hanno sollecitato maggiori dati sulla presenza di PBDE nel latte artificiale e sulle modalità di trasferimento di queste sostanze dalla madre al bambino durante la gravidanza e l’allattamento.

L’EFSA aveva condotto già una valutazione dei PBDE nel 2011, allorquando valutò il rischio dai singoli PBDE individuando timori solo per la salute di soggetti in giovane età. La bozza di parere odierna tiene conto delle evidenze scientifiche resesi disponibili dopo il 2011 valutando i rischi associati all’esposizione congiunta ad alcuni dei PBDE riscontrati più di frequente.

È questo il secondo parere scientifico di una serie di sei pareri sui rischi posti dai BFR. Il primo è stato pubblicato nel 2021 e conteneva un’aggiornata valutazione del rischio da esabromociclododecani (HBCDD) negli alimenti.

L’UE ha intrapreso misure per ridurre i rischi derivanti dall’uso dei BFR. L’uso di alcuni BFR è già vietato o limitato; tuttavia, a causa della loro persistenza nell’ambiente, tali sostanze chimiche continuano a destare timori per i rischi per la salute pubblica.

L’ECHA ha recentemente pubblicato la sua Strategia di regolamentazione per i ritardanti di fiamma che evidenzia come i ritardanti di fiamma bromurati aromatici  andrebbero soggetti a restrizione a livello europeo, onde ridurre al minimo l’esposizione dell’uomo a questa classe di composti.

Fonte: EFSA




L’Osservatorio PFAS di Fosan

lente_ingrandimentoI PFAS sono un gruppo numeroso di sostanze, anche se non tutte hanno o hanno avuto un utilizzo diffuso: molte di loro entrano nella nostra vita quotidiana, dai tessuti alle stoviglie.

Purtroppo, almeno alcuni di loro sono molto persistenti, “viaggiano” nell’ambiente senza degradarsi ed infine si depositano negli organismi viventi, compresi quelli, piante e soprattutto animali, di cui ci cibiamo.

La tossicità di tanti PFAS non è ancora nota; tuttavia nel 2020 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha valutando i quattro PFAS più noti e più frequentemente misurati negli alimenti, riscontrando effetti tossici anche a dosi molto basse, ad esempio sulla immunità, nonché una presenza diffusa negli alimenti consumati in Europa, soprattutto pesce, uova, acqua potabile. Senza dimenticare che in alcune zone del mondo, come in un’ampia area della provincia di Vicenza, la contaminazione da PFAS raggiunge picchi dovuti a prolungati e non controllati scarichi di rifiuti industriali. La valutazione di EFSA ha indicato la necessità di ridurre l’assunzione di PFAS con gli alimenti; in risposta a ciò la Commissione Europea ha fissato dei Limiti Massimi Residuali in diversi alimenti di origine animale.

I PFAS, pertanto, sono un problema che coinvolge competenze e sensibilità disparate, dalla chimica industriale all’ ecologia all’agricoltura e alla zootecnia, sino all’epidemiologia umana e veterinaria e alla legislazione alimentare.

In sintesi, valutare e ridurre i rischi da PFAS richiede la visione integrata e transdisciplinare della “One Health”, come è chiaramente scaturito dal Convegno dedicato ai PFAS e organizzato da FOSAN nell’ottobre 2022 .

La comprensione del problema PFAS e dei metodi per contenerlo e ridurlo è in pieno sviluppo, grazie all’apporto di nuovi dati e nuove conoscenze, importantissimi per tutti gli attori, pubblici e privati, coinvolti nella sicurezza degli alimenti e dell’ambiente.

L’osservatorio PFAS di FOSAN ha proprio l’obiettivo di fornire aggiornamenti, basati su evidenze scientifiche e valutati dal Comitato Scientifico su

  • la situazione italiana dell’inquinamento degli alimenti da PFAS
  • l’analisi del rischio per le filiere agroalimentari
  • aspetti emergenti meritevoli di maggiore attenzione (es. MOCA, mangimi)
  • i metodi analitici
  • le azioni possibili di recupero o contenimento

L’Osservatorio ambisce a fornire corrette informazioni ai cittadini, supportare il lavoro di tutti gli Enti interessati e favorirne il dialogo. Si rivolge, pertanto, a consumatori, associazioni di cittadini, agricoltori e allevatori, imprese, nonché alle istituzioni pubbliche preposte alla tutela dell’ambiente, della sicurezza alimentare e della sanità pubblica.

Fonte: FOSAN.org




I numeri dell’inquinamento da plastica negli oceani

Vi siete mai chiesti quanto inquinamento da plastica si sia accumulato sulla superficie degli oceani di tutto il mondo? Un nuovo studio, in parte sostenuto dal progetto MINKE finanziato dall’UE, parla di un crescente «smog» pari a oltre 170 trilioni di particelle di plastica galleggianti negli oceani di tutto il mondo. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista a libero accesso «PLOS One». Per valutare i rischi attuali e potenziali futuri che il pianeta deve affrontare, e se le politiche attuate oggi sono efficaci, serve una migliore comprensione della progressione globale dell’inquinamento da plastica nel tempo. Lo studio, sostenuto dall’UE, si è esteso oltre gli oceani dell’emisfero settentrionale e i brevi periodi di tempo su cui si erano concentrati i ricercatori precedenti, coprendo l’inquinamento da plastica a livello superficiale raccolto da oltre 11 700 stazioni in sei regioni marine di tutto il mondo tra il 1979 e il 2019. Le regioni marine incluse nello studio erano l’Atlantico settentrionale, l’Atlantico meridionale, il Pacifico settentrionale, il Pacifico meridionale, l’Oceano Indiano e il Mar Mediterraneo.

Milioni di tonnellate di particelle di plastica

I ricercatori hanno stimato che il livello di inquinamento superficiale odierno è compreso tra 82 e 358 trilioni di particelle di plastica (una media di 171 trilioni di particelle, per lo più microplastiche) per un peso compreso tra 1,1 e 4,9 milioni (o una media di 2,3 milioni) di tonnellate. Non hanno individuato una tendenza chiaramente rilevabile tra il 1979 e il 1990 a causa di una relativa mancanza di dati, seguita da quella che lo studio descrive come «una tendenza fluttuante ma stagnante» fino al 2005, per poi registrare un rapido aumento fino al 2019. «Abbiamo riscontrato una tendenza allarmante di crescita esponenziale delle microplastiche nell’oceano a partire dal nuovo millennio, raggiungendo oltre 170 trilioni di particelle di plastica. Si tratta di un monito forte che ci impone di agire subito su scala globale. Serve un trattato globale delle Nazioni Unite sull’inquinamento da plastica forte e legalmente vincolante, che fermi il problema alla fonte», osserva il primo autore dello studio, il dottor Marcus Eriksen del «5 Gyres Institute» negli Stati Uniti, in un comunicato stampa su «EurekAlert!». Secondo il dottor Eriksen e i suoi coautori, il rapido aumento dell’inquinamento da plastica negli oceani a partire dal 2005 potrebbe essere attribuito all’aumento esponenziale della produzione di plastica a livello globale e ai cambiamenti nella produzione e gestione dei rifiuti. Si ritiene che questi due fattori abbiano sopraffatto non solo i meccanismi naturali di esportazione che trasportano la plastica fuori dallo strato superficiale dell’oceano, ma anche qualsiasi impatto positivo prodotto da interventi politici tempestivi e vincolanti. Gli autori avvertono: «Senza sostanziali cambiamenti politici su scala globale, il tasso di ingresso della plastica negli ambienti acquatici aumenterà di circa 2,6 volte dal 2016 al 2040.» Gli autori dello studio sostenuto dal progetto MINKE (Metrology for Integrated Marine Management and Knowledge-Transfer Network) concludono che «è necessario un urgente intervento politico internazionale per ridurre al minimo i danni ecologici, sociali ed economici».

Fonte: Commissione Europea