Dengue, in Italia 682 casi. Iss: verso chiusura focolai

“Al 12 novembre tutti i focolai di virus Dengue autoctoni sul territorio nazionale risultano controllati, con limitata attività recente”. In Italia “non si registrano nuovi casi di infezione nell’uomo da almeno 16 giorni” e quindi “è stata attivata la fase finale di monitoraggio finalizzata alla chiusura definitiva dei focolai”. Lo comunica l’Istituto superiore di sanità nell’ultimo bollettino sulle infezioni trasmesse dalle zanzare, in cui il bilancio 2024 per Dengue è di 682 casi confermati e segnalati al sistema nazionale di sorveglianza dal primo gennaio al 12 novembre: 468 associati a viaggi all’estero e 214 autoctoni. L’età mediana degli infettati, metà maschi e metà femmine, è di 45,5 anni. Non è stato registrato alcun decesso.

Il focolaio di dimensioni maggiori – ricorda l’Iss – è quello che ha interessato Fano nelle Marche, con 144 casi di virus Dengue di tipo 2 (Denv-2) tutti sintomatici, di cui 142 notificati dalla Regione Marche e 2 dalla Toscana. “Non sono stati segnalati nuovi casi con insorgenza dei sintomi negli ultimi 16 giorni (28 ottobre-12 novembre) – si legge nel report – evidenziando nelle ultime 7 settimane una significativa riduzione del numero di nuove infezioni associate a questo focolaio, che continuano a essere sottoposte a verifica e conferma”.

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Fonte: doctor33




Scoperta scientifica sulla diagnosi precoce della Scrapie

La ricerca premiata al Convegno internazionale “Prion 2024” di Nanchang (Cina)

Un gruppo di ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (IZSPLV), che vede coinvolte “Neurobiologia Sperimentale” e “Proteomica e diagnostica TSE”, ha realizzato un innovativo metodo per la diagnosi precoce della Scrapie, una patologia prionica che colpisce pecore e capre.

Il protocollo è basato sull’uso dell’RT-QuIC, una tecnica che amplifica la proteina prionica patologica (PrPSc) nel latte.

Il metodo offre una via di diagnosi preclinica, non invasiva e di alta sensibilità, dimostrando come il latte possa essere una matrice biologica per la rilevazione della Scrapie.

Il lavoro rappresenta un passo avanti significativo nella diagnosi delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) e può avere un impatto profondo nella gestione e nella prevenzione di queste malattie negli allevamenti.

Lo studio ha suscitato l’interesse della comunità scientifica internazionale, tanto da ricevere un prestigioso riconoscimento: è stato infatti considerato il terzo miglior lavoro scientifico di tutti quelli presentati al convegno “Prion 2024”, che si è tenuto in Cina a Nanchang dal 23 al 27 ottobre 2024.

La ricerca presentata sotto forma di poster e intitolata “Detection of Pathological Prion Protein in Milk Samples from Scrapie Naturally Infected Sheep by Real-Time Quaking-Induced Conversion assay”, è stata realizzata da Alessandra Favole in collaborazione con Maria Mazza, nell’ambito del progetto di ricerca finalizzata Alive and QuICking: early and intra-vitam detection of prions using Real-Time Quaking-Induced Conversion (RT-QuIC) assay as individual and flock test, to improve Scrapie and CWD surveillance in Italy del quale è responsabile Pierluigi Acutis.

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Fonte: IZS Piemonte Liguria e Valle d’Aosta




Influenza zoonotica: dall’Ecdc le indicazioni per la diagnosi precoce

Un vademecum per la sorveglianza e l’applicazione di test mirati alla diagnosi dell’influenza zoonotica nel periodo invernale è stato stilato dall’European centre for disease prevention and control (Ecdc). Si va dalla sensibilizzazione degli operatori sanitari nelle cure primarie e secondarie all’autoisolamento fino alla tipizzazione in ambito ospedaliero.

La necessità del documento nasce dalla possibilità, nelle aree in cui si sono verificati focolai di influenza aviaria negli uccelli o nei mammiferi, che si verifichino casi umani di infezione con esposizione sconosciuta. Le autorità sanitarie pubbliche dovrebbero quindi incoraggiare laboratori, ospedali e clinici a prendere in considerazione l’aumento dei test.

La sorveglianza parte dai sanitari

In primo luogo, come raccomanda l’Ecdc, la sensibilizzazione dovrebbe includere la comunicazione della situazione epidemiologica locale, inclusa l’influenza aviaria negli uccelli e negli animali, agli operatori sanitari (inclusi gli operatori di cure primarie) nel territorio.

Per non perdere o ritardare la diagnosi di potenziali casi di influenza zoonotica umana, gli operatori sanitari dovrebbero chiedere ai pazienti eventuali sintomi compatibili con l’infezione influenzale zoonotica e la loro storia di esposizione ad animali, in particolare nel contesto di eventuali focolai di influenza aviaria in corso negli uccelli o nei mammiferi.

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Fonte: aboutpharma.com




IZSLER di Pavia: Centro Regionale Lombardo per le zoonosi e le malattie trasmesse da artropodi

Con delibera 2966, il 05/08/2024 Regione Lombardia ha individuato la Sede Territoriale IZSLER di Pavia quale “Centro Regionale per le zoonosi e le malattie trasmesse da artropodi”.

Il Centro svolgerà un ruolo di supporto all’azione di governance regionale. La nomina arriva dopo un lungo percorso rivolto allo studio delle zoonosi iniziato 25 anni fa con l’istituzione di due centri di referenza nazionali (CRN per la tularemia e le clamidiosi) e più recentemente di un centro regionale (CRR per la determinazione rapida degli agenti batterici ad alta diffusione a potenziale impiego bioterroristico).

Dal 2010 la sede di Pavia e la sede di Sondrio, hanno creato un percorso diagnostico-terapeutico per l’identificazione rapida degli agenti patogeni nelle zecche trovate sull’uomo finalizzato a supportare il personale medico con interventi mirati in un’ottica di lotta alla antibiotico-resistenza. Il supporto sanitario, inizialmente offerto alle AATTSS di competenza, con delibera 2365 del 20/05/2024 è stato esteso a tutto il territorio regionale,  con il coordinamento della Direzione Generale Welfare, U.O. Veterinaria e U.O. Prevenzione, aggiungendo valore alla attività di prevenzione a tutela della salute dei cittadini lombardi

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Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




IZS Lazio e Toscana: istituito il Centro di Referenza Nazionale per le Malattie nei Primati non Umani

Presso la sede di Roma dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT) è stato istituito il Centro di Referenza Nazionale per le Malattie nei Primati non Umani, settimo centro di referenza nazionale per questo Istituto. Il  nuovo centro offrirà un punto di riferimento avanzato per la Salute Pubblica e la ricerca biomedica in una chiara e inequivocabile ottica “One Health”.

L’IZSLT, forte dell’esperienza acquisita negli anni sia nella diagnosi sia nella gestione delle patologie dei primati nonché nei settori della diagnostica, dell’approfondimento scientifico e della sorveglianza nelle malattie nei primati non umani, ha consolidato collaborazioni con giardini zoologici e bioparchi per la conservazione e loro detenzione e con enti di ricerca e, in particolare, con l’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI) che ha consentito all’Istituto di raggiungere gli attuali standard capacitivi espressi in modo inequivocabile negli anni .

I primati non umani, categoria che include scimmie e lemuri, sono specie fondamentali sia per la conservazione della biodiversità sia per la ricerca biomedica. Il loro stato di salute rappresenta un importante indicatore il cui monitoraggio garantisce la necessaria awareness atta a prevenire spillover di zoonosi e malattie infettive e garantire condizioni di benessere, soprattutto negli esemplari detenuti in Centri di ricerca o giardini Zoologici.

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Fonte: IZS Lazio e Toscana




I cambiamenti climatici e l’impatto sulla diffusione delle zoonosi

zoonosiLe piogge copiose, le alluvioni e il caldo torrido e prolungato sono gli effetti del riscaldamento terrestre con cui gran parte dell’umanità sta facendo i conti. Fra le conseguenze, c’è anche la crescita dei casi di zoonosi. Se in passato, infatti, si poteva ritenere la sola stagione estiva il periodo a cui fare maggiore attenzione per la diffusione di zecche, zanzare, pulci o flebotomi, oggi non è più così. Le temperature miti, anche nei mesi autunnali e invernali, hanno allungato il ciclo di vita dei possibili vettori che proliferano in diversi ambienti e agevolato l’introduzione di specie considerate prima aliene. Di fronte a questo nuovo scenario, devono cambiare le strategie di prevenzione e intervento. Al nesso tra i mutamenti climatici e le zoonosi è dedicato il secondo appuntamento della rubrica “Salute e Zoonosi: prevenire e proteggersi”, curata dalla redazione di Aboutpharma, in collaborazione con Boehringer Ingelheim.

Le conseguenze sulla salute

Con il caldo, gli insetti e i parassiti si riproducono in maniera più veloce e più efficace. Anche nei mesi invernali, sono ormai divenuti frequenti, ad esempio, i casi di proliferazione di pulci e zecche che attaccano persone e animali e che in generale resistono alle temperature rigide. Le evidenze mostrano il diretto impatto che i cambiamenti hanno su tutte le forme di zoonosi e l’insorgenza di nuove infezioni anche con potenziale pandemico. Nel Vecchio continente, per esempio, si assiste all’aumento della diffusione della zanzara tigre, vettore di Dengue, febbre da Chikungunya, febbre West Nile, dei pappataci vettori della Leishmaniosi e delle zecche capaci di trasmettere la malattia di Lyme.

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Fonte: aboutpharma.com




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie




L’IZSVe supporta l’Ucraina per la diagnosi, la sorveglianza e il controllo della rabbia

Dal 23 settembre al 4 ottobre 2024, grazie al supporto finanziario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha ospitato un corso di formazione di due settimane dal titolo “Migliorare la capacità di laboratorio per una migliore sorveglianza e controllo della rabbia” per supportare l’Ucraina, dove il contesto di due anni di guerra ha contribuito alla diffusione della rabbia incrementando le preoccupazioni relative a questa malattia per la salute pubblica. Il corso ha visto la partecipazione di quattro veterinari che lavorano presso diversi laboratori veterinari regionali in Ucraina, e si è tenuto presso la sede centrale dell’IZSVe a Legnaro (Padova).

Nonostante la rabbia sia scomparsa nell’Europa occidentale, il continente non è esente dalla malattia; in particolare, la volpe rossa (Vulpes vulpes) rimane il serbatoio principale del virus nell’Europa orientale. Un’efficace sorveglianza attiva e passiva, una diagnosi accurata e una vaccinazione di massa sono fattori critici per controllare ed eliminare progressivamente la malattia nel serbatoio animale, riducendo così il suo impatto significativo sulla salute pubblica. Di recente, è aumentata la preoccupazione per la diffusione della rabbia in Ucraina. Dall’inizio della guerra, si è registrato infatti un aumento significativo di animali randagi e un calo della copertura vaccinale sia tra la fauna selvatica (come le volpi) che tra gli animali domestici (tra cui cani e gatti). Inoltre, si è registrato una crescita notevole dei casi segnalati di morsi umani da parte di animali domestici e selvatici, insieme a un aumento significativo dei trattamenti di profilassi antirabbica somministrati.

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Fonte: IZS Venezie




Non solo virus. Nuovi rischi aumentano la minaccia di pandemia su scala globale. Il rapporto del Gpmb

I recenti focolai del virus di Marburg, dell’Mpox e dell’ultimo ceppo di influenza aviaria (H5N1) ci ricordano la vulnerabilità del mondo alle pandemie. Solo nel 2024 si sono già verificati 17 focolai di malattie pericolose. Ogni nuovo focolaio mette a nudo le falle dell’attuale architettura di prevenzione delle pandemie e della preparazione globale a rispondere ai focolai di malattie.

Secondo un nuovo rapporto del Global Preparedness Monitoring Board (GPMB), una pletora di rischi aumenta la probabilità di nuove pandemie. Il rapporto, lanciato in occasione del 15° Vertice Mondiale della Sanità di Berlino, delinea 15 fattori chiave del rischio pandemico, classificati in cinque gruppi distinti: sociale, tecnologico, ambientale, economico e politico.

Il GPMB, un’iniziativa sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Banca Mondiale, tiene traccia dei fattori di rischio pandemico e supervisiona la preparazione globale. Il rapporto sottolinea l’urgenza di comprendere la vulnerabilità globale alle minacce e chiede una reimpostazione radicale dell’approccio collettivo alla preparazione alle pandemie.

La mancanza di fiducia tra i Paesi e all’interno di essi, l’iniquità, gli allevamenti intensivi e la probabilità di incroci tra uomo e animale sono tra le minacce principali delineate nel rapporto. Il rapporto identifica anche nuovi rischi al di fuori dei tradizionali fattori sanitari.

La connettività digitale ha permesso agli scienziati di sequenziare e condividere rapidamente i dati sugli agenti patogeni e di personalizzare le risposte sempre più velocemente. Tuttavia, questa impronta digitale lascia esposti i sistemi sanitari e le società. Gli attacchi informatici, l’aumento delle minacce alla biosicurezza e la rapida diffusione della disinformazione aumentano il rischio di pandemia.

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Fonte: quotidianosanita.it




Scienza: l’IA scopre oltre 160.000 nuove specie di virus

L’intelligenza artificiale, AI, ha scoperto 161.979 nuove specie di virus a RNA, il che, secondo i ricercatori, migliorerà notevolmente la mappatura della vita sulla Terra e potrebbe aiutare a identificare molti altri milioni di virus ancora da caratterizzare. Lo dimostra uno studio guidato da Edwards Holmes, della School of Medical Sciences della Facoltà di Medicina e Salute dell’Università di Sydney, pubblicato su Cell. Lo studio è il più grande lavoro di scoperta di specie virali mai pubblicato. “Ci è stata offerta una finestra su una parte altrimenti nascosta della vita sulla Terra, rivelando una notevole biodiversità”, ha dichiarato Holmes, autore senior del lavoro. “Si tratta del maggior numero di nuove specie virali scoperte in un unico studio, che amplia in modo massiccio la nostra conoscenza dei virus che vivono tra noi”, ha dichiarato Holmes. “Trovare così tanti nuovi virus in un colpo solo è sbalorditivo e non fa che scalfire la superficie, aprendo un mondo di scoperte”, ha continuato Holmes. “Ce ne sono altri milioni da scoprire e possiamo applicare lo stesso approccio all’identificazione di batteri e parassiti”, ha proseguito Holmes. Sebbene i virus a RNA siano comunemente associati alle malattie umane, si trovano anche in ambienti estremi in tutto il mondo e potrebbero persino svolgere un ruolo chiave negli ecosistemi globali. In questo studio sono stati trovati nell’atmosfera, nelle sorgenti calde e nelle bocche idrotermali. “Il fatto che gli ambienti estremi ospitino così tanti tipi di virus è solo un altro esempio della loro fenomenale diversità e della loro tenacia nel vivere negli ambienti più difficili, e potenzialmente ci fornisce indizi su come sono nati i virus e altre forme di vita elementari”, ha affermato Holmes. I ricercatori hanno costruito un algoritmo di apprendimento profondo, LucaProt, per calcolare grandi quantità di dati di sequenze genetiche, tra cui genomi di virus lunghi fino a 47.250 nucleotidi e informazioni genomicamente complesse per scoprire più di 160.000 virus

“La stragrande maggioranza di questi virus era già stata sequenziata e si trovava in banche dati pubbliche, ma erano così divergenti che nessuno sapeva cosa fossero”, ha detto Holmes. “Costituivano quella che viene spesso definita ‘materia oscura’ delle sequenze”, ha precisato Holmes. “Il nostro metodo di intelligenza artificiale è stato in grado di organizzare e classificare tutte queste informazioni disparate, facendo luce per la prima volta sul significato di questa materia oscura”, ha aggiunto Holmes. Lo strumento di intelligenza artificiale è stato addestrato a calcolare la materia oscura e a identificare i virus in base alle sequenze e alle strutture secondarie delle proteine che tutti i virus a RNA utilizzano per la replicazione. L’IA è stata in grado di accelerare in modo significativo la scoperta dei virus che, se si utilizzassero i metodi tradizionali, richiederebbe molto tempo. “Per la scoperta dei virus ci affidavamo a noiose pipeline bioinformatiche, che limitavano la diversità che potevamo esplorare, ora disponiamo di un modello basato sull’intelligenza artificiale molto più efficace, che offre una sensibilità e una specificità eccezionali e, allo stesso tempo, ci permette di approfondire la diversità virale”, ha sottolineato Mang Shi, coautore della Sun Yat-sen University e responsabile istituzionale dello studio.

“Abbiamo intenzione di applicare questo modello in diverse applicazioni”, ha annunciato Shi. ”LucaProt rappresenta un’integrazione significativa tra la tecnologia AI all’avanguardia e la virologia, dimostrando che l’AI può svolgere efficacemente compiti di esplorazione biologica”, ha osservato Zhao-Rong Li, ricercatore presso l’Apsara Lab di Alibaba Cloud Intelligence.” Questa integrazione – ha precisato Li – fornisce preziose intuizioni e incoraggia l’ulteriore decodifica delle sequenze biologiche e la decostruzione dei sistemi biologici da una nuova prospettiva”. “Continueremo inoltre la nostra ricerca nel campo dell’IA per la virologia”, ha commentato Li. “L’ovvio passo successivo è quello di addestrare il nostro metodo per trovare un numero ancora maggiore di questa straordinaria diversità, e chissà quali altre sorprese sono in serbo”, ha concluso Holmes.

Fonte: AGI