Progetto CCM 2022: sviluppo di un sistema di sorveglianza dell’infezione da Hantavirus

Il progetto intende valutare la presenza e la diffusione  dell’Hantavirus, un virus zoonotico che causa nell’uomo sindromi renali e polmonari, nella popolazione umana, nelle popolazioni di roditori e chirotteri e anche in reflui urbani e di allevamento

Con l’ obiettivo di determinare  una rete tra le diverse professionalità della  veterinaria e della medicina umana, fondamentale per il raggiungimento delle finalità della One Health, viene  richiesta  la collaborazione dei medici veterinari liberi professionisti nel reperimento dei campioni per la ricerca del virus; per maggiori informazioni e dettagli sull’ Hantavirus e il progetto correlato è  possibile scaricare la Brochure illustrativa dell’ iniziativa.

Brochure Hantavirus

 

Fonte: IZS Lazio e Toscana




Malattie infettive emergenti. I risultati del programma INF-ACT

Il programma di ricerca INF-ACT affronta le pressanti esigenze scaturite da malattie infettive emergenti nell’uomo, sia per quanto riguarda gli aspetti fondamentali che quelli traslazionali; viene presa in considerazione la salute umana in un contesto molto ampio, che include il mondo degli animali – sia domestici che selvatici – quale potenziale serbatoio di malattie, e fattori ambientali che aumentano la possibilità di spillover, secondo un approccio One Health. Il consorzio INF-ACT è composto da 25 partner di ricerca di tutta Italia, sia del settore pubblico che privato.

I casi registrati nel 2023
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) del 2023, il sistema di sorveglianza nazionale ha rilevato centinaia di casi di infezioni virali trasmesse da artropodi. Alcuni di questi casi sono attribuibili a virus endemici, come il West Nile (con oltre 320 casi e 21 decessi) e l’Usutu Virus trasmessi dalla comune zanzara Culex pipiens, o il Toscana Virus trasmesso dai flebotomi (pappataci), oltre a casi di infezione neuro-invasiva trasmessi dalle zecche. Altri casi sono stati causati da virus tropicali, come la Dengue (347 casi), il Zika Virus (8 casi) e il Chikungunya (7 casi). La maggior parte di questi casi era precedentemente attribuita a viaggiatori provenienti da zone tropicali endemiche, ma nel 2023 si è verificata una svolta significativa con tre focolai autoctoni di Dengue trasmessi dalla zanzara tigre (Aedes albopictus), una specie invasiva presente in Italia da oltre 30 anni.

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Fonte: vet33.it




Zoonosi, virus 12 volte più letali entro il 2050

Negli ultimi decenni le zoonosi, ovvero le infezioni trasmesse dagli animali all’uomo, hanno mostrato un trend preoccupante di crescita. Recentemente, un gruppo di ricercatori di Ginkgo Bioworks ha pubblicato uno studio sulla rivista Bmj Global Health che allerta sulla possibilità di un aumento di dodici volte delle vittime causate dalle zoonosi entro il 2050.

La ricerca
La ricerca finanziata da Ginkgo Bioworks, un’azienda biotech fondata nel 2008 a Boston, ha messo in evidenza un incremento “esponenziale” delle zoonosi negli ultimi sessant’anni, sollevando preoccupazioni serie sulla salute globale.
Gli agenti patogeni virali zoonotici sono, infatti, la principale causa delle epidemie moderne, poiché passano dalla fauna selvatica o dagli animali domestici agli esseri umani attraverso la caccia, l’invasione degli habitat naturali e l’allevamento intensivo di bestiame. Il cambiamento climatico e altre forme di cambiamento ambientale di origine antropica, come lo sfruttamento eccessivo della terra, continuano a incrementare la frequenza degli episodi di spillover, mentre l’aumento della densità della popolazione umana e dei collegamenti globali ne faciliterà sempre più la diffusione.
In questo studio, grazie a un ampio database epidemiologico, i ricercatori si sono concentrati su quattro famiglie di virus per individuare le tendenze nella frequenza e nella gravità delle possibili future epidemie:

  • Filovirus (Ebolavirus, Marburgvirus),
  • Sars-CoV-1,
  • Virus Nipah,
  • Virus Machupo, responsabile della febbre emorragica boliviana.

Tra il 1963 e il 2019 sono stati registrati 3.150 focolai di infezione (con 50 o più decessi), con un incremento annuo dei contagi tra il cinque e il nove percento.

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Fonte: vet33




EFSA: Campylobacter e Salmonella i principali agenti zoonotici nel 2022

La campilobatteriosi e la salmonellosi sono state le malattie zoonotiche più frequentemente riferite nell’UE nel 2022. Tuttavia il numero di casi è rimasto inferiore a quello degli anni pre-pandemici 2018-2019.

Per il virus del Nilo occidentale è stato osservato un aumento del numero di infezioni. Queste e altre informazioni sulle malattie zoonotiche sono state pubblicate oggi dall’EFSA e dall’ECDC nel loro ultimo rapporto annuale a dimensione UE sulle zoonosi secondo l’approccio “One Health”.

Il numero dei casi riferiti per la campilobatteriosi , che è la malattia zoonotica più frequentemente segnalata, è rimasto stabile nel 2022 rispetto all’anno precedente, con 137 107 casi. La carne di pollo è stata la fonte più comune di infezioni.

La salmonellosi è stata la seconda malattia zoonotica più segnalata, con 65208 casi nel 2022 rispetto ai 60 169 del 2021. Tuttavia 19 Stati membri e il Regno Unito (Irlanda del Nord) hanno raggiunto tutti gli obiettivi prefissati per la riduzione di Salmonella nel pollame. Si tratta del numero più alto dal 2018, quando 14 Stati membri avevano raggiunto tutti gli obiettivi, una pietra miliare negli sforzi collettivi per combattere le malattie zoonotiche e proteggere la salute pubblica.

“Il numero di casi segnalati nell’uomo per le due più comuni malattie veicolate da alimenti rimane a livelli inferiori rispetto a quelli pre-pandemici”, ha dichiarato Ole Heuer, responsabile della sezione Malattie a tendenza epidemica dell’ECDC. “Tuttavia, dato l’impatto di queste infezioni sulla salute umana, occorrono ulteriore vigilanza e misure per ridurre il numero di casi”.

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Fonte: EFSA

 




Malattia emorragica epizootica (EHD): dall’EFSA una panoramica delle conoscenze attuali

muccaL’EFSA ha pubblicato una revisione sistematica della letteratura che fa una panoramica completa delle attuali conoscenze relative alla Malattia Emorragica Epizootica (EHD), inclusa la disponibilità di vaccini e test diagnostici.

La malattia emorragica epizootica (EHD) è una malattia virale che colpisce varie specie, con potenziali implicazioni per la salute degli animali, il benessere e la produttività agricola.

Recentemente sono stati rilevati focolai negli allevamenti di molti paesi dell’UE, tra cui Italia (Sardegna), Spagna e, più recentemente, la Francia, dove il numero elevato di casi ha portato a restrizioni nella movimentazione degli animali e a misure specifiche per controllarne la diffusione.

La EHD è una delle malattie elencate nel regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle malattie animali trasmissibili (“legislazione sulla salute animale”). L’EFSA ha quindi il compito di fornire pareri scientifici su cui poi la Commissione possa basare le sue decisioni.

L’Agenzia ha pubblicato quindi in questi giorni una revisione sistematica della letteratura (SLR) per raccogliere in modo completo le conoscenze scientifiche sulle infezioni naturali, quelle sperimentali e sulle valutazioni dei test diagnostici negli animali affetti da EHD. Inoltre, è stata studiata la disponibilità di vaccini per la prevenzione dell’EHD negli ospiti, nonché la disponibilità di test diagnostici volti a rilevare la malattia.

I dati degli articoli idonei per essere inclusi nella revisione della letteratura sono stati analizzati per fornire una panoramica completa delle attuali conoscenze sull’EHD.

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Fonte: ruminantia.it




Mosquito Alert, progetto di citizen science per il monitoraggio delle zanzare

Il primo mese d’autunno 2023 si è contraddistinto per le sue temperature estive, con picchi sopra i 30 gradi in gran parte d’Italia, e per l’assillante presenza delle zanzare: ovunque decidessimo di trascorrere del tempo all’aperto, loro erano sempre lì pronte a pungerci.

Tra queste vi sono le numerose specie di origine tropicale, che sempre più si stanno diffondendo nelle zone temperate in seguito alla globalizzazione e al loro trasporto involontario tramite le merci: si tratta delle specie del genere Aedes, che spesso veicolano malattie virali come Dengue, Ziga, Chikungunya e febbre gialla. L’Italia è stato il primo Paese europeo a essere raggiunto, negli anni Novanta, dalla zanzara tigre Aedes albopictus; sono poi arrivate anche altre specie alloctone come la zanzara giapponese Aedes japonicus e quella coreana Aedes koreicus, registrate in alcune regioni italiane e nei Paesi confinanti, ma delle quali si sa ancora poco.

È per questo che nel 2020 arriva in Italia l’app Mosquito Alert, un progetto europeo di citizen science che mira a contrastare e controllare la diffusione delle zanzare alloctone invasive e di informare dei potenziali rischi che vanno oltre il disturbo creato dalla loro puntura. L’iniziativa è coordinata da Alessandra della Torre, dell’Università Sapienza di Roma e coinvolge una task force nazionale, coordinata dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università Sapienza di Roma, con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), del MUSE -Museo delle Scienze di Trento, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e dell’Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna. Le informazioni ottenute grazie al coinvolgimento dei cittadini nel monitoraggio e nella raccolta dati attraverso l’app contribuiscono allo sviluppo di un sistema di previsione del rischio epidemiologico in tempo reale, partecipativo e dinamico.

Fonte: scienzainrete.it




Peste Suina, eradicazione in Sardegna risultato storico

Peste Suina Africana

Peste Suina, eradicazione in Sardegna risultato storico

Il 20 ottobre di quest’anno, grazie alla conferma di assenza di circolazione del virus della peste genotipo I e al proseguimento dell’attuazione delle misure di sorveglianza e controllo, l’Italia ha chiesto e ottenuto il riconoscimento dell’eradicazione della Peste Suina Africana (PSA) nel settore selvatico in tutto il territorio della regione Sardegna, nel corso della riunione dello Standing Committee Plant, Animal, Food and Feed – sezione Animal Health and Welfare.

Si tratta di un risultato storico, ottenuto grazie al coordinamento del Ministero della Salute e frutto dell’impegno e della costante collaborazione tra le amministrazioni coinvolte a tutti i livelli (locale, regionale, nazionale ed europea) e tutte le parti interessate, tra cui cacciatori, allevatori e comuni cittadini.

In Sardegna, dalla conferma nel 1978 ad oggi, sono stati profusi ingenti sforzi per cercare di eradicare la malattia, ma solo nell’ultimo decennio, grazie all’istituzione dell’Unità di Progetto Regionale e ad un efficace coordinamento di tutti gli Enti e le Amministrazioni coinvolte, la gestione della malattia nell’isola è sensibilmente migliorata.

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Fonte: Ministero della Salute




Così l’influenza aviaria ha cominciato a dilagare in Occidente

Finché si tratta di esseri umani o di animali da allevamento, la sfida può anche essere vinta.  Ma quando l’epidemia spicca il volo, letteralmente, la circolazione del virus diventa ufficialmente fuori controllo. È quello che è accaduto con l’influenza aviaria causata da un sottotipo del virus H5N1 che dal 2020 sta facendo strage di volatili in tutto il mondo.

Il nuovo ceppo che è in circolazione da qualche anno  è estremamente contagioso ed estremamente mortale. Prima lo era meno, molto meno.

Tanto per cominciare, il ceppo iniziale si diffondeva solamente tra i polli degli allevamenti. Poi nel 1996 ha cominciato a infettare anche gli uccelli (i primi casi in Cina), ma le epidemie erano stagionali legate alle migrazioni. Nel 2020, il tasso di diffusione dell’H5N1 tra gli uccelli selvatici è stato tre volte più veloce di quello osservato nel pollame d’allevamento, a causa di mutazioni che hanno permesso al virus di adattarsi a specie diverse. Dal novembre 2021, i contagi sono diventati permanenti, completamente slegati dal periodo dell’anno e sono stati registrati in tutto il mondo.  Nel 2022, il virus ha ucciso milioni di uccelli nei cinque continenti e ha causato epidemie tra i visoni d’allevamento e vari mammiferi marini.

Insomma, c’è stata una escalation di “aggressività” che ha catturato l’attenzione degli epidemiologi.

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Fonte: healthdesk.it




Per evitare future pandemie occorre tutelare il benessere animale e la natura

“Potremmo essere tentati di pensare che la pandemia di Covid-19 sia ormai storia. Ma la storia ci insegna che il Covid-19 non sarà l’ultima pandemia. La domanda che tutti dobbiamo affrontare è se saremo pronti quando arriverà il prossimo. In qualità di leader, abbiamo la responsabilità collettiva di assicurarci di essere pronti”. Con queste parole il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è intervenuto alla riunione di alto livello dell’Onu su prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie del 20 settembre, durante il quale è stata adottata una dichiarazione politica per affrontare le future crisi pandemiche.

Quando facciamo riferimento alla pandemia di Sars-Cov-2, virus responsabile della malattia Covid-19, dobbiamo ricordare che non si è trattato di un fenomeno del tutto inaspettato. La comunità scientifica ci aveva avvisato sullo stretto legame che esiste tra insorgenza di nuove malattie e la distruzione della natura, ma non le abbiamo dato e ascolto e, a di stanza di qualche anno, possiamo dire che l’atteggiamento nel post-pandemia non è poi così diverso da quello pre-pandemia.

L’attività antropica continua infatti a invadere gli ecosistemi e a distruggere i preziosi equilibri tra esseri umani e natura che si sono generati nel corso dei millenni, basti pensare che oggi i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani sono stati modificati in modo significativo. Di questo passo, il futuro potrebbe essere segnato da nuove malattie infettive che, va ricordato, non solo minacciano la salute umana, ma contribuiscono ad accelerare il tasso di estinzione naturale delle specie e hanno pesanti ricadute sulla conservazione della biodiversità.

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Fonte: asvis.it – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile




Il Nobel per la medicina Katalin Karikó racconta come si è arrivati al vaccino contro COVID-19

I ricercatori spesso si affannano per anni in un laboratorio senza alcuna promessa che la loro ricerca si traduca in qualcosa di significativo per la società. Ma a volte questo lavoro porta a una scoperta con ramificazioni globali. È il caso di Katalin Karikó che, insieme al suo collega Drew Weissman, ha contribuito a sviluppare la tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA) utilizzata per produrre i vaccini COVID altamente efficaci prodotti da Pfizer e Moderna.

Karikó, che ora è vicepresidente senior e responsabile delle terapie sostitutive della proteina basate sull’RNA presso BioNTech (l’azienda che ha co-sviluppato il vaccino COVID con Pfizer), e Weissman, professore di ricerca sui vaccini presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, hanno appena ricevuto il premio Breakthrough Prize in Life Sciences del valore di tre milioni di dollari per il loro lavoro sulla modifica della molecola genetica RNA per evitare di innescare una risposta immunitaria dannosa. I premi Breakthrough, istituiti da Sergey Brin, Priscilla Chan, Mark Zuckerberg, Yuri e Julia Milner e Anne Wojcicki, premiano le scoperte rivoluzionarie nel campo della fisica fondamentale, delle scienze della vita e della matematica. (All’inizio del 2021 Karikó ha ricevuto il premio Vilcek per l’eccellenza nella biotecnologia, un premio di 100.000 dollari che riconosce gli straordinari contributi degli immigrati alla società e alla cultura) Karikó ha dedicato anni a questa ricerca nonostante lo scetticismo e la mancanza di fondi. Alla fine, però, i suoi sforzi sono stati ripagati: ha gettato le basi per i vaccini estremamente efficaci che sono probabilmente la via d’uscita più sicura al mondo dalla pandemia COVID.
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Fonte: lescienze.it