Incremento di positività per cimurro nelle volpi

Dai primi mesi del 2018 tramite la sorveglianza passiva (animali morti consegnati alle autorità sanitarie competenti) si sta registrando un incremento di positività per cimurro nelle volpi . Particolarmente interessato è il Friuli Venezia Giulia (39 casi su 85 volpi analizzate dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie) soprattutto nella provincia di Udine, da Tarvisio fino a Udine, con il maggior numero di casi nel Comune di Gemona e limitrofi, e per alcuni casi anche la provincia Gorizia e Trieste. Inoltre, anche in altre aree del Triveneto, come il Bellunese, l’Alto Adige ed il Trentino, si stanno osservando i primi casi di questa ondata epidemica.

Il cimurro è una malattia che colpisce carnivori selvatici, tra cui appunto le volpi, e che può essere trasmessa ad altri animali, soprattutto canidi (tra cui quindi i cani domestici) e mustelidi. Il virus del cimurro non resiste nell’ambiente esterno, ma si trasmette per contatto diretto. Cani domestici che circolano in ambienti aperti, come boschi e montagne, potrebbero quindi infettarsi a causa di un incontro ravvicinato con una volpe infetta. Per contro, il cimurro non è una malattia che si trasmette all’uomo (zoonosi).

Per i cani di proprietà, la misura di protezione più efficace contro il cimurro è la vaccinazione

Maggiori informazioni sul sito IZS delle Venezie




ISS identifica nuova malattia da prioni nei dromedari in Algeria

Una nuova malattia da prioni è stata scoperta nei dromedari nella regione di Ouargla, in Algeria. Lo studio è il risultato di una collaborazione internazionale condotta da un’equipe di ricercatori del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità e delle Università di Tlemcen e di Ouargla. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Emerging Infectious Disease.

Le malattie da prioni sono malattie neurodegenerative a decorso fatale che colpiscono sia l’uomo che gli animali. La malattia di Creutzfeldt-Jakob dell’uomo e la scrapie delle pecore e delle capre sono le patologie conosciute da più tempo. A queste si è aggiunta negli anni ’80 l’enefalopatia spongiforme bovina, la cosiddetta “mucca pazza” che, nel 2001 – in seguito alla dimostrazione della sua trasmissibilità all’uomo – ha causato una delle crisi alimentari più gravi che siano mai state registrate a livello globale.

I sintomi neurologici osservati nei dromedari, che ricordavano quelli della “mucca pazza”, hanno fatto sospettare i ricercatori Algerini che potesse trattarsi di una malattia da prioni. Le indagini di laboratorio, condotte dal gruppo di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità, hanno confermato il sospetto. La nuova malattia è stata denominata Camel Prion Disease. La frequenza relativamente elevata della malattia ed il coinvolgimento del sistema linforeticolare suggeriscono che si tratti di una malattia trasmissibile fra gli animali e diffusa nella regione. Ulteriori indagini saranno necessarie per verificare l’eventuale diffusione di questa malattia in altre aree dell’Algeria e in altri Paesi.

La scoperta di una nuova malattia da prioni in una specie animale di interesse economico e alimentare in ampie aree del pianeta – dice Gabriele Vaccari, responsabile dell’Unità Operativa Zoonosi Emergenti dell’ISS – pone importanti interrogativi di sanità pubblica e sicurezza alimentare. L’allevamento dei dromedari infatti è diffuso in tutto il nord e centro Africa, oltre che in Medioriente, Asia e Australia, e rappresenta una componente importante nell’economia di molte popolazioni. In molte aree i dromedari vengono utilizzati per la produzione di latte e carne per il consumo umano”.

I risultati delle indagini condotte sinora suggeriscono che la malattia dei dromedari sia diversa dalla encefalopatia spongiforme bovina, l’unica malattia da prioni degli animali dimostratasi fino ad oggi trasmissibile all’uomo, con oltre 200 decessi in varie parti del Mondo. Tuttavia il rischio per l’uomo è al momento ignoto e sono necessarie ulteriori indagini per avere chiarezza sul suo potenziale zoonotico.

Il recente aggiornamento da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità della lista delle malattie infettive a rischio epidemico ha compreso numerose malattie di origine zoonotica, a dimostrazione dell’importanza di tali patologie e dell’attenzione che deve essere rivolta, anche rispetto al potenziale rischio per l’uomo, alla scoperta di una nuova malattia degli animali.

Al di là delle implicazioni di sanità animale e di sanità pubblica, la scoperta di una nuova malattia da prioni riveste un indiscutibile interesse scientifico per la peculiarità degli agenti responsabili di questo gruppo di patologie e perchè il modello patogenetico proprio delle malattie da prioni ha recentemente trovato ampi e promettenti spazi di applicazione a patologie umane di enorme interesse quali la malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson.

Fonte: ISS




Leptospirosi, IZS Ve cerca collaborazione di veterinari che si occupano di animali da compagnia

Dall’inizio di quest’anno l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha intrapreso un’attività di ricerca nel campo della leptospirosi canina, e ha bisogno della collaborazione dei medici veterinari che si occupano di animali di compagnia. In caso di sospetto clinico di leptospirosi, se si aderisce al progetto, gli esami diagnostici di laboratorio e il trasporto dei campioni saranno gratuiti.

 

I principali obiettivi della ricerca sono:

  •  raccogliere dati su casi clinici nel cane;
  • collezionare i ceppi di Leptospira che circolano localmente;
  • creare mappe di diffusione della malattia in funzione di fattori climatico-ambientali;
  • valutare l’adeguatezza dei vaccini attualmente disponibili per il cane;
  • valutare il rischio di infezione nell’uomo.

Il progetto “Valutazione e distribuzione dei determinanti di rischio ambientali per la leptospirosi canina” avrà durata biennale e costituisce la prosecuzione di una ricerca precedente conclusa nel 2016

A cura della segreteria SIMeVeP



Quattro Paesi alpini affrontano insieme la tubercolosi nella fauna selvatica

Germania, Liechtenstein, Austria e Svizzera vogliono collaborare per la sorveglianza e la lotta alla tubercolosi nei cervi del territorio alpino. Il 7 marzo 2018 i rappresentanti dei quattro Paesi hanno firmato una dichiarazione comune a Salisburgo con l’obiettivo di evitare il contagio di uomini e animali da reddito.

Nel territorio alpino la tubercolosi nella selvaggina rappresenta un pericolo per l’uomo e per gli animali. Da anni nel territorio alpino al confine tra Germania e Austria l’agente patogeno della malattia, il Mycobacterium caprae, viene riscontrato nei cervi, con casi isolati di contagio negli effettivi di bovini.

La Svizzera e il Principato del Liechtenstein finora non sono interessati dal fenomeno. Tutti e quattro i Paesi continuano a essere ufficialmente riconosciuti come esenti dalla tubercolosi per quanto riguarda la popolazione di bovini.

I rispettivi servizi veterinari sono concordi sul fatto che il modo più efficace per limitare la tubercolosi nei cervi nello spazio alpino ed evitarne la diffusione sia attuare misure coordinate.

La dichiarazione sottoscritta il 7 marzo 2018 include i seguenti punti:

  • La sorveglianza e la lotta deve essere organizzata e attuata con maggiore coordinazione tra Germania, Francia, il Principato del Liechtenstein e la Svizzera. A tale proposito viene istituito un nucleo transnazionale.
  • La diffusione della tubercolosi nella selvaggina e i successi delle misure di lotta devono essere documentati in modo trasparente per tutti.
  • Devono essere affrontati insieme i casi in cui vi sono lacune nella ricerca.
  • Le misure servono alla protezione della salute di uomo e animali e a garantire derrate alimentari sicure.

Fonte: Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria




Studio sui virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità rilevati in Italia nel 2016-2017

I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno effettuato uno studio sui virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) rilevati in Italia nel biennio 2016-2017, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Emerging infectious disease.

Durante questo periodo i virus dell’influenza aviaria H5N8 e H5N5 sono stati identificati in voltatili selvatici e domestici in diverse regioni del Nord Italia. Tutti i casi in allevamenti di pollame si sono verificati in prossimità di zone umide, note come siti di riposo per gli uccelli acquatici migratori.

Lo studio evidenzia l’importanza di generare sequenze complete del genoma virale in modo tempestivo, per monitorare la diffusione virale e definire strategie appropriate di controllo della malattia. Questo, insieme all’intensificazione della sorveglianza negli uccelli selvatici nelle zone di importanza ecologica per i virus dell’influenza aviaria, può migliorare la comprensione delle vie di diffusione del virus e sostenere l’individuazione precoce di virus altamente patogeni per il pollame.

Tutte le info sul sito IZSVe




Lanciata un’innovativa strategia per arrestare la trasmissione della TBC bovina e zoonotica

La prima tabella di marcia per combattere la TBC animale (TBC bovina) e la sua trasmissione all’uomo, denominata TBC zoonotica – trasmessa di solito attraverso il consumo di carni contaminate o di prodotti lattiero-caseari provenienti da animali malati – richiede una stretta collaborazione tra coloro che lavorano per migliorare la salute umana e animale. È basata su un approccio One Health (un’unica salute, umana e animale N.d.T.) per affrontare i rischi sanitari nei diversi settori.

E’ stata lanciata oggi La Roadmap per la TBC zoonotica nel corso della 48a Conferenza mondiale dell’Unione sulla salute polmonare in corso a Guadalajara, in Messico, questa settimana. Quattro partner in materia sanitaria, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione mondiale per la salute animale(OIE), l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e l’Unione internazionale contro la TBC e le malattie polmonari (L’Unione) hanno avviato una collaborazione per sviluppare una strategia comune e affrontare l’impatto economico e sanitario di questa malattia.

Nuovi dati rilasciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stimano che ogni anno oltre 140.000 persone si ammalano e più di 12.000 perdono la vita a causa della TBC zoonotica – soprattutto nelle regioni dell’Africa e del Sud-Est asiatico.

“Abbiamo fatto progressi nel porre fine alla TBC, ma le persone colpite dalla TBC zoonotica sono state in larga misura lasciate alle spalle”, ha dichiarato Mario Raviglione, Direttore del Programma dell’OMS Global TBC. “Le priorità delineate in questa tabella di marcia evidenziano la necessità di un’azione multisettoriale per affrontare questa forma trascurata di TBC e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU e della strategia dell’OMS sulla TBC “, “Insieme possiamo salvare vite e garantire mezzi di sussistenza”.

La TBC bovina in genere si trasmette agli esseri umani attraverso il consumo di alimenti – di solito prodotti lattiero-caseari – non trattati termicamente o carni crude o impropriamente cotte di animali malati. Possono anche verificarsi trasmissioni dirette da animali infetti o da prodotti animali.

“Questa mappa multidisciplinare rappresenta una pietra miliare nella lotta contro la TBC in entrambi gli uomini e gli animali”, ha dichiarato Paula I Fujiwara, Direttore Scientifico dell’Unione. “Migliori tecnologie, migliori conoscenze scientifiche e una migliore governance per le comunità colpite dalla TBC bovina nelle zone rurali più povere devono diventare il nuovo mantra se dobbiamo andare avanti sulla strada per eliminare del tutto e ovunque la TBC”.

Ma la TBC zoonotica è in gran parte nascosta. Spesso non sono disponibili strumenti di laboratorio avanzati necessari per la sua diagnosi. La malattia è resistente alla pirazinamide – uno dei farmaci standard di prima linea utilizzati per trattare la TBC. I pazienti sono quindi spesso erroneamente diagnosticati e possono ricevere un trattamento inefficace.

“Nella lotta contro la TBC dobbiamo riconoscere l’interdipendenza tra la salute umana e quella animale”, ha dichiarato Berhe Tekola, Direttore della Divisione FAO Produzione e Salute Animale.
“In particolare, la TBC bovina, causata dal Mycobacterium bovis, colpisce i bovini, minaccia la vita delle persone e causa grandi barriere economiche e commerciali, oltre a rappresentare un enorme rischio per la sicurezza alimentare e la salute umana”.

Dieci interventi prioritari per combattere la TBC zoonotica nelle persone e la TBC bovina negli animali
La tabella di marcia, sostenuta dai quattro partner, si articola in 10 azioni prioritarie che devono essere prese sia per la salute umana che per quella animale e ne definisce le tappe a breve e medio termine:

MIGLIORARE LA BASE DI CONOSCENZE
1. Sistematicamente esaminare, raccogliere, analizzare e riportare dati di qualità migliori sull’incidenza della TBC zoonotica nelle persone e migliorare la sorveglianza e la segnalazione della TBC bovina nel bestiame e nella fauna selvatica.
2. Ampliare la disponibilità di strumenti diagnostici appropriati e la capacità di fare test per identificare e caratterizzare la TBC zoonotica nelle persone.
3. Individuare e affrontare le lacune di ricerca nella TBC zoonotica e bovina, nell’epidemiologia, negli strumenti diagnostici, nei vaccini, in efficaci regimi di trattamento dei pazienti, nei sistemi sanitari e negli interventi coordinati con i servizi veterinari.

RIDURRE LA TRASMISSIONE TRA ANIMALI E UMANI
4. Sviluppare strategie per migliorare la sicurezza degli alimenti.
5. Sviluppare la capacità del settore veterinario di ridurre la prevalenza della TBC nel bestiame.
6. Individuare le popolazioni e i percorsi di rischio per la trasmissione della TBC zoonotica.

RAFFORZARE LA COLLABORAZIONE INTERSETTORIALE
7. Incrementare la consapevolezza della TBC zoonotica, coinvolgere le principali parti interessate pubbliche e private e stabilire un’efficace collaborazione intersettoriale.
8. Sviluppare e attuare politiche e linee guida per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e il trattamento della TBC zoonotica, in linea con gli standard intergovernativi se pertinenti.
9. Identificare le opportunità per interventi appositamente designati per le comunità che affrontino congiuntamente la salute umana e animale.
10. Sviluppare investimenti per sostenere l’impegno politico e il finanziamento per affrontare la TBC zoonotica attraverso i diversi settori, a livello globale, regionale e nazionale.

Molti di questi interventi raccomandati per il controllo della TBC bovina e zoonotica porteranno anche notevoli benefici per la prevenzione di altre malattie zoonotiche o originate dal cibo, ad esempio causate dalla Brucella.
Affrontare la salute degli animali e l’impatto socioeconomico della TBC zoonotica
L’impatto della TBC zoonotica si estende oltre la salute umana.

Matthew Stone, Vice Direttore Generale dell’OIE, Dipartimento Scienza e Norme Internazionali, ha sottolineato: “Prevenire e controllare la TBC bovina alla sua fonte animale è cruciale per evitare la sua trasmissione all’uomo, per migliorare la sicurezza alimentare e proteggere il sostentamento di molte comunità rurali. A tal fine, l’attuazione di strategie basate su standard internazionali e un approccio trasversale consentirà una migliore sorveglianza e diagnosi della malattia negli animali e di conseguenza ridurre i rischi per l’uomo”.

La TBC bovina minaccia anche il benessere degli animali e coloro che dipendono dal bestiame come mezzo di sussistenza. La malattia può devastare economicamente la produzione zootecnica con grandi perdite connesse con la produzione animale, con i mercati e con il commercio, oltre ai costi per l’attuazione dei programmi di sorveglianza e di controllo. Per eliminare la malattia, il bestiame domestico che è stato infettato da TBC bovina deve essere macellato sotto controllo veterinario.

Anche i paesi più ricchi ne sono colpiti. Negli Stati Uniti, tra il 2000 e il 2008 per rispondere ai focolai di TBC bovina sono stati necessari oltre 200 milioni di dollari per fondi di emergenza. Anche la fauna selvatica può essere infettata, fungendo da serbatoio di infezione per il bestiame e per le persone. Questo può potenzialmente minacciare gli sforzi di conservazione della fauna selvatica.

La tabella di marcia sollecita un’azione per stimolare la risposta e le risorse urgentemente necessarie per affrontare la TBC zoonotica e bovina.




Oms: le malattie con potenziale epidemico che richiedono attenzione prioritaria

Nell’ambito del progetto “R&D Blueprint”, l’Oms ha pubblicato la seconda revisione dell’elenco delle malattie in grado di provocare un’emergenza sanitaria pubblica, a causa del loro potenziale epidemico, per le quali non esistono o non sono sufficienti contromisure, e che per questo meritano un’attenzione  “prioritaria” di Ricerca&Sviluppo, in particolare per sviluppare farmaci e vaccini utili a contrastarle.

E’ proprio attraverso una “metodologia di prioritizzazione “ che a dicembre nel 2015 è stato rilasciato un primi elenco di malattie prioritarie, sottoposto a una prima revisione nel gennaio 2017.

Queste le malattie individuate, elencate non in ordine di importanza:

La “malattia X” rappresenta la consapevolezza che una grave epidemia internazionale potrebbe essere causata da un agente patogeno attualmente sconosciuto, pertanto il Progetto “R&D Blueprint” mira esplicitamente ad una preparazione il più possibile trasversale di Ricerca & Sviluppo che sia rilevante anche per un’eventuale “malattia X” sconosciuta.

L’elenco è considerato non esaustivo.

Altre malattie che dovrebbero essere osservate attentamente in una futura revisione delle lista sono: febbri emorragiche arenavirali diverse dalla febbre di Lassa; Chikungunya; malattie coronavirali altamente patogene diverse dalla MERS e dalla SARS; emergenti enterovirus non polio (compresi EV71, D68); e grave febbre con sindrome da trombocitopenia (SFTS).

Malattie come Dengue, febbre gialla, HIV/AIDS, tubercolosi, malaria, influenza che causa gravi malattie umane, vaiolo, colera, leishmaniosi, virus del Nilo occidentale e peste continuano a porre gravi problemi di salute pubblica, ma sono sono già oggetto di programmi di controllo e ricerca specifici e per questo non incluse nell’elenco prioritario; gli esperti ’OMS hanno comunque riconosciuto la necessità di migliorare la diagnostica e i vaccini per la peste polmonare e il supporto aggiuntivo per terapie più efficaci contro la leishmaniosi.

Gli esperti hanno anche osservato che:

– Per molte delle malattie discusse, così come per tutte le malattie che potrebbero causare un’emergenza sanitaria pubblica, è necessario migliorare la diagnostica.

– I farmaci e i vaccini esistenti necessitano di ulteriori miglioramenti per molte delle malattie considerate anche non incluse nell’elenco delle priorità.

– Qualsiasi tipo di agente patogeno potrebbe essere priorizzato nell’ambito del Progetto “R&D Blueprint”, non solo i virus.

– La ricerca necessaria comprende la ricerca di base/fondamentale e di caratterizzazione, nonché studi epidemiologici, entomologici o multidisciplinari, ulteriori chiarimenti sulle e vie di trasmissione, così come la ricerca in scienze sociali.

– È necessario valorizzare le contromisure sviluppate per più malattie o per famiglie di agenti patogeni, ove possibile.

È stato inoltre deciso che nelle revisioni future andrà preso in considerazione anche l’impatto delle questioni ambientali sulle malattie con il potenziale di causare emergenze sanitarie.

È stato infine sottolineato il valore di un approccio “One Health”, che comprende un processo di prioritizzazione parallelo per la salute degli animali, come utile a sostenere la ricerca e lo sviluppo per prevenire e controllare le malattie degli animali, riducendo al minimo i contagi e migliorando la sicurezza alimentare. È stata anche rilevata la possibile utilità dei vaccini animali per prevenire emergenze sanitarie.

Sono stati poi ricordati gli sforzi coordinati per affrontare la resistenza antimicrobica attraverso specifiche iniziative internazionali. Non è stata esclusa la possibilità che, in futuro, possa emergere un agente patogeno resistente, che verrebbe, in questa eventualità, appropriatamente priorizzato.

A cura della segreteria SIMeVeP




Ecdc: zanzare Aedes aegypti alle porte dell’Ue

Il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) lancia l’allarme e invita i Paesi europei a rafforzare la sorveglianza sulle zanzare, perchè la temibile ‘Aedes aegypti‘, portatrice di diverse malattie tropicali da Zika alla febbre gialla, è ormai alle porte del continente.

Dal 2007, scrivono gli esperti, la specie vive stabilmente a Madeira, intorno al Mar Nero, e sulla costa turca.

Nel 2017 è tornata in Egitto, e la Spagna ha riportato alcuni ritrovamenti nelle Canarie.

Se non saranno prese misure – avvertono gli esperti – la zanzara si diffonderà con molta probabilità nelle aree estreme dell’Europa, che potrebbero diventare un serbatoio per l’introduzione dei vettori nel continente. Questo aumenterebbe il rischio di focolai locali di virus“.

La aegypti, ricorda l’Ecdc, è stata endemica nell’Europa meridionale fino a metà del ‘900, le condizioni climatiche europee permettono una proliferazione in caso di reintroduzione.

Fonte: Ansa

Scheda informativa Ecdc su Aedes aegypti (in inglese)

Schede informative e infografiche Ecdc sulle diverse speciedi artropodi vettori (in inglese)

Mappe ECDC sulla presenza e distribuzione in Europa degli artropodi vettori

Linee guida ECDC per la sorveglianza delle zanzare autoctone e delle zanzare invasive in UE




Efsa conferma, bassa incidenza delle TSE in Unione europea

muccaL’EFSA ha pubblicato il suo secondo rapporto sintetico a dimensione UE sul monitoraggio delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE).

Le TSE sono una famiglia di malattie che colpisce il cervello e il sistema nervoso dell’uomo e degli animali. Ne fanno parte l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la scrapie e la malattia da deperimento cronico (CWD o Chronic wasting disease). Fatta eccezione per la BSE classica, non vi è alcuna prova scientifica che le TSE possano essere trasmesse all’uomo.

Il rapporto presenta risultati sulla base dei dati raccolti da tutti gli Stati membri dell’UE nonché da Islanda, Norvegia e Svizzera per l’anno 2016.

Le principali risultanze sono:
•Su 1 352 585 animali testati sono stati segnalati nell’UE 5 casi di BSE nei bovini, nessuno dei quali è entrato nella catena alimentare. Solo uno di questi è stato classificato come BSE classica e ha riguardato un animale nato dopo l’entrata in vigore nel 2001 del divieto UE sull’uso di proteine animali nell’alimentazione degli animali d’allevamento.
•685 casi di scrapie in pecore (su 286 351 testate) e 634 in capre (su 110 832 testate) sono state riferiti nell’UE.
•Nessun caso di CWD in alcuno dei 2 712 cervidi testati (ad es. renne e alci) nell’UE. Tuttavia in Norvegia sono stati segnalati cinque casi di CWD: 3 tra le renne selvatiche e 2 tra gli alci.

E’ la prima volta dallo scoppio dell’epidemia di BSE e dalla prima segnalazione di casi di BSE che il Regno Unito non ne segnala alcuno.

EUSR on Transmissible Spongiform Encephalopathies in 2016

Fonte: EFSA

Qui il rapporto precedente