La recente segnalazione di un caso d’infezione umana sostenuta da un ceppo di SARS-CoV-2 fortemente divergente (B.1.641), acquisito da un esemplare di cervo a coda bianca (Odocoileus virginianus) nella regione canadese dell’Ontario (1), desta una certa preoccupazione.
I cervi a coda bianca, infatti, si sono già rivelati altamente suscettibili nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2, sostenendo efficacemente, in tal modo, la trasmissione intra-specifica di numerose “varianti di rilievo” (“variants of concern”, VOC) e “varianti d’interesse” (“variants of interest” VOI) circolanti all’interno della nostra specie (2).
Le indagini filogenetiche hanno altresì dimostrato, in maniera inequivocabile, che nei cervi a coda bianca si sarebbe selezionato uno stipite di SARS-CoV-2 (B.1.641) fra i più divergenti rispetto a quelli sin qui caratterizzati, albergante al proprio interno ben 76 mutazioni “non silenti” (37 delle quali mai identificate prima in ceppi virali umani) e condividente un comune “antenato” rispetto ad un isolato di SARS-CoV-2 precedentemente identificato nei visoni del Michigan (1).
A tal proposito, sebbene il virus proveniente dai cervi a coda bianca e dal paziente dell’Ontario, così come dai visoni del Michigan, non fosse caratterizzato dalla mutazione “S:Y453F” appannaggio dei visoni intensivamente allevati in Danimarca, nei quali si è selezionata la variante “cluster 5” che e’ stata quindi ritrasmessa all’uomo (“viral spillback”) (3), la natura “gregaria” dei cervi a coda bianca dovrebbe esser tenuta in seria considerazione quale rilevante fattore ecologico dell’ospite in grado di sostenere efficacemente la diffusione e la replicazione dell’agente virale. Alla medesima stregua andrebbero considerate, per quanto in condizioni “artificiali”, le dinamiche di trasmissione di SARS-CoV-2 all’interno degli allevamenti intensivi di visoni danesi, olandesi e di altri Paesi in cui sarebbe emersa la succitata variante “cluster 5”, unitamente alla comparsa di altri ceppi virali previamente acquisiti dall’uomo (“viral spillover”).
Di pari passo con un’accresciuta cinetica replicativa si assisterebbe alla progressiva acquisizione di una serie di eventi mutazionali “non silenti” (alias “non sinonimi”) a carico del genoma virale, che nel caso di SARS-CoV-2 consta di circa 30.000 nucleotidi. Si stima, al riguardo, che ad ogni ciclo replicativo coinvolgente 10.000 basi azotate corrisponderebbe la comparsa di una delle mutazioni anzidette (4). In tal modo si giustificherebbe lo sviluppo di varianti virali altamente divergenti e/o dotate di notevole patogenicita’, che potrebbero quindi infettare l’uomo a partire da specie o popolazioni animali “naturalmente” o “artificialmente” gregarie quali cervi a coda bianca e visoni, rispettivamente.
Ciononostante, l’efficienza di trasmissione degli isolati di SARS-CoV-2 fin qui identificati nelle 30 specie di animali domestici e selvatici suscettibili nei confronti dell’infezione risulterebbe a tutt’oggi piuttosto limitata, per nostra fortuna.
In conclusione, mentre l’opzione vaccinale andrebbe attentamente considerata anche per gli animali, con particolare riferimento alle specie selvatiche a rischio di estinzione (5), una meticolosa, capillare e qualificata attività di sorveglianza eco-epidemiologica, posta in essere nel segno della “One Health” ad opera dei Servizi Veterinari e delle competenti Istituzioni Medico-Veterinarie, rappresenta il necessario prerequisito per definire nella maniera più precisa ed accurata le complesse quanto intriganti traiettorie compiute da SARS-CoV-2 all’interno – così come al di qua e al di là – delle numerose “interfacce animali-uomo-animali”.
BIBLIOGRAFIA
1) Pickering B., et al. (2022). Divergent SARS-CoV-variant emerges in white-tailed deer with deer-to-human transmission. Nat. Microbiol. https://doi.org/10.1038/s41564-022-01268-9.
2) Hale V.L., et al. (2022). SARS-CoV-2 infection in free-ranging white-tailed deer. Nature 602, 481-486.
3) Lassaunière R., et al. (2021). In vitro characterization of fitness and convalescent antibody neutralization of SARS-CoV-2 cluster 5 variant emerging in mink at Danish farms. Front. Microbiol. 12, 698944. doi: 10.3389/fmicb.2021.698944.
4) Di Guardo G. (2022). Is gain of function a reliable tool for establishing SARS-CoV-2 origin?. Adv. Microbiol. 12, 103-108. doi: 10.4236/aim.2022.123009.
5) Di Guardo, G. (2022). We should be vaccinating domestic and wild animal species against CoViD-19. Vet. Rec. 190, 293.
Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo