Rapporti EFSA destinati a ispirare futura comunicazione del rischio in Europa

Quattro nuovi rapporti pubblicati oggi dall’EFSA forniranno una vasta mole di informazioni tecniche e consigli sulle migliori prassi per contribuire a strutturare un futuro “Piano generale europeo per la comunicazione del rischio” in tema di sicurezza alimentare.

Il regolamento sulla trasparenza (2019/1381) ha introdotto nuove disposizioni che richiedono un quadro integrato per la comunicazione del rischio a cura dei valutatori e dei gestori del rischio per la sicurezza alimentare nell’UE a livello dell’Unione e dei singoli Stati.

Barbara Gallani, responsabile del dipartimento “Comunicazione, partecipazione e cooperazione” dell’EFSA ha dichiarato: “Il piano generale aiuterà gli enti di sicurezza alimentare in Europa a coordinare meglio i rispettivi compiti di comunicazione dei rischi e a fornire consigli e informazioni più coerenti a beneficio dei consumatori dell’UE e delle parti interessate alla sicurezza alimentare”.

La Commissione europea, che presiede all’attuazione del piano generale, ha chiesto all’EFSA di prestare assistenza alla sua elaborazione arricchendolo con spunti tratti da ricerche in ambito sociale e dalla mappatura delle strutture di comunicazione del rischio esistenti nonché delle migliori prassi adottate dagli enti di sicurezza alimentare nell’UE. Il pacchetto di quattro rapporti che ne è risultato è stato elaborato congiuntamente dall’EFSA, da esperti di livello accademico e da organizzazioni partner degli Stati membri.

Ha dichiarato Barbara Gallani: “L’EFSA è grata a tutti i suoi partner nazionali e ai molti esperti di comunicazione del rischio che hanno collaborato a questo studio, anche nel corso della consultazione pubblica tenutasi sul nostro rapporto scientifico. Tali sforzi sono destinati a ispirare e dare forma al futuro quadro in cui opererà il Piano Generale, per la cui elaborazione siamo pronti a fornire supporto alla Commissione e alle autorità dei vari Paesi”.

L’equipe di comunicazione dell’EFSA sta vagliando la ricca serie di risultanze disponibili nei rapporti con l’obiettivo di migliorare le proprie prassi di lavoro e di rivedere il proprio manuale di comunicazione del rischio, i materiali correlati e i relativi programmi di formazione.

“Stiamo preparando anche alcuni interessanti progetti di ricerca sociale per contribuire a soddisfare i nuovi, specifici requisiti introdotti dal regolamento sulla trasparenza. Tra questi c’è l’obbligo di aiutare i nostri diversi tipi di pubblico a capire la differenza tra ‘pericolo‘ e ‘rischio’, due concetti fondamentali nella valutazione scientifica del rischio”

Fonte: EFSA




Trasporto di animali vivi: l’EFSA alla ricerca di contributi in preparazione a imminente valutazione scientifica

trasporto gallineL’EFSA sta raccogliendo pareri dai portatori di interesse nelle fasi preliminari alla propria valutazione scientifica sul benessere degli animali durante il trasporto su territorio UE. Su tale valutazione poggerà l’imminente revisione della legislazione sul benessere degli animali presso la Commissione europea.

La consultazione si prefigge i seguenti scopi:

  • raccogliere tutti i dati e le informazioni disponibili relativamente alle condizioni ambientali (temperatura, umidità, livelli di ammoniaca, ecc.) che gli animali sperimentano durante il trasporto;
  • chiedere alle parti interessate se il mandato assegnato all’EFSA e l’interpretazione dei termini di riferimento che essa ne fa trattino adeguatamente le pratiche di trasporto e le aree di preoccupazione del caso. Più specificatamente, si chiede se vengano effettivamente toccate tutte le principali pratiche di trasporto;
  • collazionare commenti sugli ostacoli pratici che si frappongano al rispetto dell’attuale legislazione sul benessere degli animali durante il trasporto degli stessi.

Nikolaus Kriz, a capo dell’unità EFSA di “Salute animale e vegetale”, ha dichiarato: “Abbiamo deciso di organizzare una consultazione anticipata per garantire che il nostro lavoro si basi sulla più ampia base di evidenze possibile. La letteratura scientifica sul trasporto degli animali è scarsa, ed è per questo che stiamo cercando input da tutti gli organismi competenti come ad esempio le organizzazioni di trasporto degli animali, le autorità nazionali, le ONG e le associazioni veterinarie.

“Una consultazione pubblica fruttuosa è importante non solo per l’EFSA ma per tutti coloro che lavorano per incrementare gli standard di benessere animale nell’UE utilizzando le conoscenze scientifiche più aggiornate”.

Il parere scientifico, che dovrebbe essere terminato nella seconda metà del 2022, intende individuare pericoli e conseguenze sul benessere delle comuni pratiche di trasporto – ad esempio su traghetti ro-ro, su strada e per via aerea – per sei gruppi di animali: equidi (cavalli, asini); bovini (mucche e vitelli); piccoli ruminanti (pecore e capre); suini; uccelli domestici (polli, galline ovaiole, tacchini, ecc.); e conigli.

Inquadrate nel contesto della strategia della Commissione europea “dal produttore al consumatore” le risultanze della consultazione EFSA saranno di ausilio per l’aggiornamento delle politiche volte a salvaguardare il benessere degli animali trasportati sul territorio UE. La consultazione rimarrà aperta per otto settimane e si chiuderà il 10 giugno 2021.

Fonte: EFSA




Trasparenza nella valutazione del rischio: una nuova era incomincia

logo-efsaNuove regole sulla trasparenza e la sostenibilità sono destinate a ridisegnare  il modo in cui l’EFSA svolge il proprio ruolo di valutatore del rischio nel sistema di sicurezza alimentare dell’UE.

Un nuovo regolamento approvato dal Parlamento europeo e da Consiglio dell’UE, in vigore dal prossimo 27 marzo, potenzierà la capacità dell’Autorità di svolgere le sue attività di valutazione dei rischi in linea con i più elevati standard di trasparenza.

Il regolamento rafforzerà l’affidabilità e la trasparenza degli studi scientifici presentati all’EFSA dalle aziende e rafforzerà la dirigenza dell’Autorità per garantirne l’efficienza a lungo termine.

Ha dichiarato Bernhard Url, direttore esecutivo dell’EFSA: “Questo è un momento cruciale per la valutazione dei rischi nella filiera alimentare dell’UE. L’EFSA ringrazia il Parlamento europeo, la Commissione europea e agli Stati membri dell’UE per l’opportunità che le viene offerta di avvicinare i cittadini e i portatori di interesse al proprio lavoro e di beneficiare dei vantaggi conseguenti a un vaglio più attento dei propri processi e prassi di lavoro”.

Tra le varie iniziative per agevolare l’applicazione del nuovo regolamento l’EFSA ha messo a punto nuovi strumenti informatici e un portale web dedicato per aiutare i portatori di interesse ad adeguarsi alle nuove disposizioni. Il nuovo portale entrerà in funzione dal 30 marzo.

E’ stata inoltre organizzata una serie di sessioni di formazione e seminari online.

Queste procedure sono state elaborate in collaborazione con i portatori di interesse dell’EFSA e con partner quali l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) e gli Stati membri.

Le nuove disposizioni verranno applicate ai futuri mandati e richieste di autorizzazione, senza alcun valore retroattivo. E’ pertanto previsto un periodo di transizione durante il quale molte attività correnti dell’EFSA verranno ancora svolte seguendo le norme e disposizioni di legge uscenti.

Url ha poi aggiunto: “Si tratta di una grossa sfida logistica nella quale abbiamo profuso risorse rilevanti per garantire che i nostri portatori di interesse trovino quanto più agevole la transizione al nuovo sistema”.

Che cos’è il regolamento sulla trasparenza?

Il regolamento è stato elaborato in risposta all’iniziativa di cittadini europei in materia di pesticidi e alle risultanze di una revisione del regolamento generale della legislazione alimentare conclusasi nel gennaio 2018.

Tra l’altro il nuovo regolamento:

  • consente ai cittadini di avere accesso agli studi scientifici e alle informazioni presentate all’EFSA dall’industria già nelle prime fasi del processo di ;
  • incorpora le pubbliche consultazioni nel processo di valutazione delle richieste di approvazione di prodotti soggetti ad apposito regolamento;
  • garantisce che l’EFSA sia messa al corrente di tutti gli studi commissionati in un dato settore per garantire che le aziende che presentano domande di autorizzazione trasmettano tutte le informazioni attinenti;
  • conferisce alla Commissione europea la possibilità di chiedere all’EFSA di commissionare studi ulteriori.

Più in là il regolamento modificherà anche la struttura gestionale dell’EFSA immettendo rappresentanti degli Stati membri nel suo consiglio di amministrazione. Si sta inoltre lavorando per rendere più accessibile ai cittadini dell’UE la valutazione e gestione dei rischi nella filiera alimentare migliorando gli strumenti e le prassi di comunicazione e partecipazione.

Per ulteriori informazioni si rimanda al sito web della Commissione europea.

Fonte: europa.eu




Epidemia di EHV-1 in Europa. Prime indicazioni operative sulla diagnosi di possibili casi sospetti

La diffusione della Rinopolmonite Equina da Herpes Equino di tipo 1 (EHV-1) in Europa sta destando una certa preoccupazione nelle autorità sanitarie europee; anche il Ministero della Salute italiano sta monitorando e analizzando attentamente la situazione.

Dopo il primo focolaio scoperto a Valencia lo scorso febbraio, sono stati segnalati casi analoghi anche in Francia, Belgio e Germania. Dalle prime informazioni sembra si tratti dell’epidemia di EHV-1 più grave che si sia registrata in Europa da diversi decenni, causata da un ceppo di EHV-1 particolarmente aggressivo che ha già causato decessi di equini e un numero molto elevato di casi clinici gravi. La Federazione Equestre Internazionale (FISE) ha pertanto comunicato alcuni giorni fa alle Federazioni nazionali, e poi anche alla stampa, le misure di controllo assunte per prevenirne l’espansione.

Tutte le info sul sito dell’ IZS Venezie

 

 




Basso rischio di infezione parassitaria in gran parte delle specie ittiche allevate nelle acque europee

pesciBuone notizie per i consumatori di pesce europei: c’è un parassita di cui non si devono preoccupare quando consumano pesce d’allevamento prodotto dalla maricoltura d’Europa. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista «Eurosurveillance», il rischio correlato a questo parassita, chiamato Anisakidae, è trascurabile per il pesce di mare allevato in Europa. L’aumento della domanda di prodotti ittici in Europa e le nuove tendenze alimentari che prevedono il consumo di pesce crudo o poco cotto potrebbero avere aumentato la nostra esposizione ai parassiti dei pesci. Il diritto europeo richiede pertanto l’applicazione di un trattamento di congelamento ai prodotti ittici destinati a essere consumati crudi o poco cotti. L’unica specie esente da tale trattamento è il salmone atlantico per il quale, come dimostrato dagli studi precedenti, il rischio che contenga parassiti è molto basso. Con il sostegno del progetto ParaFishControl, finanziato dall’UE, lo studio in questione si è dunque concentrato sulla presenza di parassiti di Anisakidae zoonotici, ovvero trasmessi dagli animali agli esseri umani, nelle specie ittiche marine più allevate in Europa, ad esclusione del salmone atlantico. L’Anisakidae è una famiglia di vermi nematodi parassiti presenti nell’intestino degli animali. Se questi vermi vengono ingeriti da una persona tramite il consumo di pesce crudo o poco cotto, le loro larve possono provocare una malattia chiamata anisachiasi. Identificata per la prima volta negli esseri umani nel 1960, questa malattia è considerata una grave minaccia per la salute umana ed è la causa di migliaia di sindromi invasive e allergiche correlate in tutto il mondo, come affermato dallo studio.

Le specie ittiche studiate

I ricercatori hanno valutato il rischio di presenza del parassita Anisakidae zoonotico in orate, branzini, rombi chiodati e trote iridee marine allevati nei mari europei. Da marzo 2016 a novembre 2018 sono stati analizzati in totale 6 549 pesci marini: 2 753 orate, 2 761 branzini e 1 035 rombi chiodati. I campioni sono stati raccolti da 14 allevamenti in Grecia, Spagna e Italia. In aggiunta, sono stati esaminate 200 trote iridee provenienti dalla Danimarca, oltre a 290 branzini e 352 orate importati in Spagna e in Italia da Croazia, Grecia e Turchia. Secondo lo studio, l’orata, il branzino e il rombo chiodato «rappresentano il 95 % della produzione della maricoltura dell’UE, escludendo il salmone atlantico, e vengono allevati quasi interamente in 19 paesi mediterranei, tra cui Grecia, Spagna e Italia sono i più importanti produttori dell’UE». Data l’assenza di vermi di Anisakidae zoonotici nel pesce esaminato, il gruppo di ricerca ha scoperto che il rischio di infezione è trascurabile per la gran parte delle specie ittiche prodotte dalle attività della maricoltura europea. Gli autori dello studio concludono: «Orate, branzini, rombi chiodati e trote iridee marine allevati dovrebbero pertanto essere considerati adatti, al pari del salmone atlantico, a beneficiare dell’esenzione dal trattamento di congelamento previsto dal regolamento UE 1276/2011 per i prodotti di itticoltura, nella forma di “prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi; oppure i prodotti della pesca marinati, salati e qualunque altro prodotto della pesca trattato, se il trattamento praticato non garantisce l’uccisione del parassita vivo”». Il progetto ParaFishControl (Advanced Tools and Research Strategies for Parasite Control in European farmed fish) si è concluso a marzo 2020. Il suo obiettivo generale è stato rendere il settore dell’acquacoltura europea più sostenibile e competitivo. Per raggiungerlo, il progetto ha migliorato la comprensione scientifica delle interazioni tra pesci e parassiti, trovando modi per evitare, controllare e mitigare la presenza dei parassiti più pericolosi che interessano le specie ittiche maggiormente allevate in Europa.

Per ulteriori informazioni, consultare: sito web del progetto ParaFishControl

Fonte: Commissione Europea




Trovate le varianti di SARS-CoV-2 nelle acque di scarico: la ricerca dell’ISS

“CS n°13/2021 – Trovate le varianti di SARS-CoV-2 nelle acque di scarico: la ricerca dell’ISS”

Lucentini: risultati importanti per esplorare la variabilità genetica del virus

Bonadonna: le potenzialità della sorveglianza sui reflui riconosciute nel Piano europeo contro le varianti

Le varianti del virus SARS-CoV-2 inglese e brasiliana sono state individuate per la prima volta nelle acque di scarico italiane.

La ricerca, prima in assoluto sulle varianti in reflui urbani in Italia e tra le prime al mondo, è stata condotta dal gruppo di lavoro coordinato da Giuseppina La Rosa* del Dipartimento Ambiente e Salute e da Elisabetta Suffredini del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica Veterinaria dell’ISS, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico della Puglia e della Basilicata.   I risultati dello studio dimostrano che le acque di scarico posso essere un utile strumento per valutare la circolazione delle varianti di SARS-CoV-2 nei centri urbani.

Per consentire uno screening rapido, pratico e semplice delle varianti circolanti nella popolazione italiana è stato sviluppato, infatti, un metodo che prevede l’amplificazione e il sequenziamento di una parte del gene S contenente specifiche mutazioni in grado di caratterizzarle. Il metodo, testato inizialmente su campioni clinici (tamponi naso-faringei), è stato successivamente applicato all’analisi delle acque di scarico raccolte in fognatura prima dei trattamenti di depurazione. L’esame di questa matrice ha individuato, per la prima volta in campioni ambientali, la presenza di mutazioni caratteristiche delle varianti UK e brasiliana in alcune aree del nostro paese dove la circolazione di tali varianti era stata accertata in campioni clinici di pazienti CoViD-19.

In particolare sono state individuate sequenze con mutazioni tipiche di variante brasiliana e inglese in reflui raccolti a Perugia dal 5 all’8 febbraio e mutazioni tipiche della variante spagnola in campioni raccolti da impianti di depurazione a Guardiagrele, in Abruzzo dal 21 al 26 gennaio 2021.

“I nostri risultati – sottolinea Luca Lucentini, direttore del Reparto Qualità dell’Acqua e Salute – confermano le potenzialità della wastewater based epidemiology, non solo per lo studio dei trend epidemici, come già dimostrato in precedenti nostre ricerche e ormai consolidato nella letteratura scientifica, ma anche per esplorare la variabilità genetica del virus”.

“Le prospettive sono promettenti – dice Lucia Bonadonna, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS – in particolare se pensiamo che la sorveglianza sui reflui è applicata in diversi paesi europei, anche se non ancora per la ricerca delle varianti. L’importanza della sorveglianza ambientale è stata riconosciuta, grazie anche al contributo dei risultati italiani, nel Piano europeo contro le varianti del COVID-19 (Hera incubator), che mira a rafforzare le difese dell’Unione davanti al crescente numero di mutazioni del virus”.

*gruppo di lavoro: Marcello Iaconelli, Giusy Bonanno Ferraro, Pamela Mancini e Carolina Veneri

Fonte: ISS




CoViD-19, influenza e morbillo, una salvifica alleanza fra vaccini

A pochi giorni dall’avvio della campagna vaccinale in Italia, che dovrebbe auspicabilmente portare all’immunità di gregge nei confronti di  SARS-CoV-2 entro al fine del 2021, il Prof. Giovanni Di Guardo, Docente di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facolta’ di Medicina Veterinaria dell’Universita’ di Teramo, con  una lettera al Direttore pubblicata su Quotidiano Sanità, invita a riflettere sulla contestuale importanza della vaccinazione anti-influenzale “di massa” e dei grandi benefici conferiti dalla vaccinazione di massa nei confronti del morbillo.

Recentemente sulle pagine della prestigiosa Rivista Science, è stato descritto il meccanismo patogenetico attraverso il quale il virus del morbillo sarebbe capace d’indurre una singolare condizione di “amnesia immunitaria” nei pazienti infetti. Ciò equivale a dire che il sistema immunitario di un individuo che dovesse sviluppare il morbillo “si dimenticherà”, per così dire, di tutti gli agenti biologici, virali e non, che quello stesso soggetto dovesse avere “incontrato” in precedenza a seguito di un’infezione naturale, così come pure a seguito di una vaccinazione.

Conclude Di Guardo

“Proviamo ad immaginare, per un solo istante, quale “catastrofe” potrebbe avere origine dal “ritorno” del morbillo in un contesto d’immunità di gregge già acquisita dalla popolazione generale nei confronti della CoViD-19, ragion per cui mai e poi mai dismettere, senza la benché minima esitazione, le campagne di vaccinazione di massa nei confronti del virus del morbillo!”




L’EFSA avvia la campagna « EU Choose Safe Food »

Gli alimenti si presentano in varie forme. Alcuni sono di grandi dimensioni. Alcuni minuscoli. Alcuni belli e brillanti. Altri, non molto. Alcuni sono squisiti. Altri, insomma…è una questione di gusti. Che siano di proprio gusto o meno, a prescindere dalla loro provenienza, ci si può fidare della sicurezza dei nostri alimenti. E questo grazie alla scienza.

I consumatori europei sono tra i più protetti e informati al mondo riguardo ai rischi presenti nella catena alimentare. Il sistema di sicurezza alimentare dell’UE conferisce a ogni cittadino eropeo il diritto di sapere come viene prodotto, trattato, confezionato, etichettato, e venduto il cibo che consuma. Nell’ambito di tale sistema, gli esperti imparziali dell’EFSA esaminano i dati e gli studi scientifici per valutare i rischi alimentari. E, in una catena alimentare interconnessa, l’EFSA collabora con le autorità nazionali per la sicurezza alimentare di tutta l’Europa, partner nazionali e organismi internazionali affinché gli europei possano gustare i pasti con la massima tranquillità.

#EUChooseSafeFood

In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare di quest’anno, l’EFSA avvia la campagna di comunicazione #EUChooseSafeFood che si svolgerà per tutta l’estate 2021. La campagna si prefigge di sensibilizzare i cittadini alla scienza alla base dei nostri alimenti e di raccontare la storia degli scienziati che si adoperano per garantirne la sicurezza. L’obiettivo generale è incoraggiare i cittadini a pensare in modo critico alle loro scelte quotidiane riguardanti gli alimenti.

Per maggiori informazioni, consultare il nuovo sito web #EUChooseSafeFood

Fonte: EFSA




Studiare le simbiosi fra batteri e zanzare per vincere la resistenza agli insetticidi

Un batterio simbionte delle zanzare potrebbe essere coinvolto in fenomeni di resistenza agli insetticidi. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Camerino, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Laboratorio di parassitologia) e le Università di Pavia, Milano, San Paolo (Brasile) e Glasgow (Regno Unito). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale mBIO dell’American Society for Microbiology e apre prospettive interessanti per il controllo delle malattie trasmesse da vettori.

Riduzione genomica nei batteri simbionti

Un batterio simbionte delle zanzare potrebbe essere coinvolto in fenomeni di resistenza agli insetticidi. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori coordinato dall’Università di Camerino, in collaborazione con il Laboratorio di parassitologia) dell’IZSVe e le Università di Pavia, Milano, San Paolo (Brasile) e Glasgow (Regno Unito).

Il batterio si chiama Asaia e si trova nell’intestino, negli organi riproduttivi e nelle ghiandole salivari di molte specie di zanzare ed altri insetti nocivi all’agricoltura. Come tutti i batteri simbionti, anche Asaia non è dannoso per la salute dell’ospite, ma ne influenza in maniera positiva il percorso evolutivo, con un vantaggio reciproco. In generale, le associazioni simbiotiche mostrano un elevato livello di integrazione fisica, metabolica e genomica fra gli organismi in simbiosi, al punto che se anche i batteri simbionti non diventano essenziali all’esistenza stessa dell’ospite, sono comunque in grado di fornirgli un vantaggio nei termini di una migliore fitness all’ambiente.

Uno degli effetti della coevoluzione nelle simbiosi è la riduzione delle dimensioni del genoma del batterio, che consiste nella perdita di geni ritenuti invece indispensabili per i batteri non simbiotici. L’analisi filogenetica di Asaia ha infatti rivelato una sostanziale distanza genetica nella linea evolutiva dei diversi ceppi, mostrando proprio come processi indipendenti di riduzione/variazione genetica hanno determinato una “erosione” di geni a seconda del ceppo di Asaia e della sua relazione simbiotica con l’ospite. Alla base di questo fenomeno ci sarebbero meccanismi evolutivi in cui sono coinvolti percorsi metabolici che svolgono funzioni essenziali per la vita del microorganismo.

Geni di resistenza agli insetticidi nelle zanzare

L’attenzione dei ricercatori si è concentrata in particolare su un gene (PH) che regola la degradazione dei piretroidi, un principio attivo di molti insetticidi. I ceppi di Asaia sono stati isolati da diverse specie di zanzare, da popolazioni di mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata) e da campioni ambientali. In tutti i ceppi batterici analizzati è stato trovato il gene PH, tranne in un caso: nella zanzara Anopheles darlingi, una delle specie maggiormente responsabili della diffusione di malaria nelle regioni amazzoniche.

L’efficacia degli insetticidi nei confronti di insetti vettori, come nel caso della zanzara anofele, o di insetti delle piante potrebbe dipendere da meccanismi di regolazione genetica che agiscono a livello metabolico nelle simbiosi tra zanzare e batteri.

Il ruolo del gene PH nella biologia del batterio è ancora da approfondire ma, secondo gli autori dello studio, la sua presenza – di cui è nota la funzione protettiva nei confronti di Asaia – potrebbe proteggere indirettamente anche le zanzare dagli insetticidi a base di piretroidi, rendendoli poco efficaci. La zanzara anofele An. darlingi sembra rappresentare un buon candidato per testare questa ipotesi.

Lungo questa linea di ricerca, uno studio condotto qualche anno fa nell’ambito del Programma di controllo della malaria in Brasile ha evidenziato che An. darlingi non è resistente ad alcuni insetticidi a base di piretroidi. È interessante notare che alcuni studi hanno evidenziato come l’infezione da Plasmodium (il parassita malarico) riduca la sopravvivenza delle zanzare solo nei ceppi resistenti agli insetticidi ma non in quelli sensibili , fornendo così la prova di un “costo di sopravvivenza” associato all’infezione da Plasmodium solo nelle zanzare selezionate per la resistenza agli insetticidi. L’efficacia degli insetticidi nei confronti di insetti vettori, come nel caso della zanzara anofele, o di insetti delle piante potrebbe quindi dipendere da meccanismi di regolazione genetica che nelle simbiosi agiscono a livello metabolico.

In generale, la detossificazione da insetticidi mediata dai batteri simbionti è oggi riconosciuto come un problema emergente nelle strategie di controllo degli insetti. Nei prossimi anni sarà quindi necessario approfondire il funzionamento dei processi metabolici coinvolti nei meccanismi di resistenza agli insetticidi, al fine di sviluppare nuovi metodi di controllo efficaci per insetti vettori di patogeni e altri insetti nocivi.

Fonte: IZS delle Venezie




Eutanasia in apicoltura: una questione di benessere animale

L’attenzione nei confronti del benessere animale è notevolmente cresciuta negli ultimi anni e ha trovato opportuno riconoscimento e sostegno normativo per gli animali di allevamento, d’affezione e anche per quelli impiegati a fini scientifici. In quest’ultimo caso, la direttiva 2010/63/UE, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 26/2014, considera tra gli invertebrati solo i cefalopodi. Pertanto, il benessere delle api non è al momento normato sebbene esistano situazioni in cui sarebbero necessarie precise indicazioni, come nel caso dell’eutanasia della colonia.

Il Centro di referenza nazionale (CRN) per l’apicoltura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha approfondito questa tematica relativamente alle api da miele, quando l’opzione dell’eutanasia si rende necessaria. Sulla base della letteratura scientifica, i ricercatori del CRN hanno individuato le tecniche maggiormente utilizzate a tale scopo in relazione all’efficacia e alla possibilità di ridurre al minimo le sofferenze per le api. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Apicultural Research

L’eutanasia in apicoltura

Il Centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’IZSVe ha approfondito la tematica dell’eutanasia in apicoltura, una pratica a volte necessaria per prevenire la diffusione di malattie infettive o parassitarie delle api mellifere. Sulla base della letteratura scientifica, i ricercatori del CRN hanno individuato le tecniche maggiormente utilizzate a tale scopo in relazione all’efficacia e alla possibilità di ridurre al minimo le sofferenze per le api. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Apicultural Research.

Anche in apicoltura può essere necessario ricorrere all’eutanasia, pratica autorizzata e prevista dalla normativa vigente qualora insorgano problemi per le api, per l’ambiente e/o per la salute pubblica che non si possono risolvere in altro modo. La soppressione delle api mellifere si realizza, di regola, dopo il tramonto, quando la maggior parte delle api è rientrata nell’arnia. A questo punto l’alveare viene sigillato confinandovi tutte le sue api, per evitare che possano ulteriormente fuoriuscire.

Nel caso di alcune malattie infettive o parassitarie delle api mellifere, come la peste americana o le infestazioni parassitarie esotiche (come l’infestazione da Aethina tumida), la normativa veterinaria e i piani di emergenza nazionali prevedono la soppressione immediata delle api, quando gli agenti responsabili dell’infezione/infestazione sono presenti in numero ancora limitato e localizzato. In questi casi, l’eutanasia è una riposta rapida ed efficace per tutelare la salute del patrimonio apistico di un territorio o di una nazione.

Altre volte, questa pratica è necessaria per prevenire l’introduzione e la diffusione di api di origine sconosciuta, o qualora siano segnalati alveari abbandonati, o ancora sciami in luoghi difficilmente accessibili e di difficile gestione, magari anche con rischi per la salute delle persone.

Tecniche e sostanze per la soppressione delle api mellifere

Grazie all’esperienza maturata direttamente sul campo, la pratica apistica ha raccomandato e tramandato vari metodi, chimici o fisici, di soppressione delle api mellifere, che non sono stati però adeguatamente studiati in condizioni controllate o riconosciuti ufficialmente. Nel caso di un focolaio di malattia infettiva o infestiva si applica la procedura più semplice, realizzabile in loco, di immediata efficacia e scelta tra quelle disponibili.

Criteri generali

Innanzitutto, la manipolazione delle api e la tecnica di soppressione impiegata devono essere rapide per limitarne la sofferenza: in questo modo la procedura potrà rispondere ai criteri di tutela del benessere dell’animale al momento dell’eutanasia. Anche durante la manipolazione, il disagio dell’ape deve essere ridotto al minimo. Andranno poi tenuti in considerazione i seguenti fattori:

Principali sostanze e loro autorizzazione

Nello studio, vengono elencate le principali sostanze utilizzate per l’eutanasia delle api mellifere nel mondo. L’anidride solforosa è la sostanza maggiormente utilizzata in Italia, perché economica e di facile impiego per l’operatore: è sufficiente posizionare una pastiglia di zolfo sul fondo dell’arnia e accenderla; l’anidride solforosa prodotta dalla combustione satura l’aria dell’alveare in breve tempo provocando rapidamente la morte delle api. Quando è necessario intervenire su più alveari, l’anidride solforosa viene invece immessa da personale esperto e autorizzato tramite una bombola.

Nello studio, vengono elencate le principali sostanze utilizzate per l’eutanasia delle api mellifere nel mondo. La lista comprende:

Queste sono le sostanze maggiormente indicate perché tengono in considerazione anche la sicurezza di chi le maneggia e l’impatto sull’ambiente. In passato, venivano utilizzati anche l’acetato di etile, il cianuro di calcio e il cianuro di sodio, successivamente abbandonati in quanto tossici.

L’anidride solforosa è la sostanza maggiormente utilizzata in Italia, perché economica e di facile impiego per l’operatore: è sufficiente posizionare una pastiglia di zolfo sul fondo dell’arnia e accenderla; l’anidride solforosa prodotta dalla combustione satura l’aria dell’alveare in breve tempo provocando rapidamente la morte delle api. Quando è necessario intervenire su più alveari, l’anidride solforosa viene invece immessa da personale esperto e autorizzato tramite una bombola. Questa tecnica è applicata solo in condizioni di campo, all’aria aperta, dove il rischio di esposizione per gli operatori è assente.

Nonostante il loro storico utilizzo in apicoltura, né in Italia né nell’Unione Europea l’impiego di principi attivi per la soppressione delle api risulta regolamentato, come invece avviene in altri stati quali Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia. Anche le sostanze sopra citate non sono incluse ad oggi fra quelle autorizzate dal Regolamento (Ue) 528/2012 che disciplina l’uso di biocidi per proteggere uomo e animali da organismi nocivi.

Operatori autorizzati

In base alle diverse situazioni, l’eutanasia può essere eseguita dall’apicoltore o da ditte specializzate che forniscono servizi di disinfestazione. In entrambi i casi è prevista la supervisione dei Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria competente per il territorio.

Consolidare ricerca e legislazione

Dallo studio IZSVe emerge che, nonostante l’eutanasia in apicoltura in molti casi sia una pratica necessaria e obbligatoria, poco è stato fatto finora per aumentare l’adeguatezza delle tecniche di eutanasia alle caratteristiche proprie della specie. Servono pertanto conoscenze maggiori e specifiche sul benessere delle api mellifere e degli insetti in generale, informazioni che possono derivare dalla ricerca e dalla pratica di laboratorio, come già avviene per il mondo dei vertebrati. Infine, servirà che le istituzioni ravvedano l’opportunità di autorizzare le sostanze già in uso, e che gli apicoltori siano più attenti e sensibili circa le corrette modalità d’impiego.