Giornata mondiale della sicurezza sanitaria degli alimenti 2021

giornata mondiale sicurezza alimentare“Cibo sicuro ora per un domani sano” è lo slogan che caratterizzerà la III Giornata mondiale della sicurezza sanitaria degli alimenti che si celebrerà il 7 giugno 2021.

Il consumo e la produzione di alimenti sicuri hanno benefici immediati e a lungo termine per le persone, il pianeta e l’economia. La disponibilità di alimenti sicuri e sani per tutti può essere sostenuta nel futuro abbracciando le innovazioni digitali, avanzando soluzioni scientifiche e onorando le conoscenze tradizionali che hanno resistito alla prova del tempo.

I nostri sistemi alimentari devono produrre cibo  sicuro per tutti. Riconoscere le connessioni sistemiche tra la salute di persone, animali, piante, ambiente ed economia ci aiuterà a soddisfare le esigenze del futuro. Le azioni locali basate su soluzioni eque, spesso nuove, e una collaborazione multisettoriale rafforzata sono essenziali per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Sebbene il COVID-19 non sia stato trasmesso dal cibo, la pandemia ha affinato l’attenzione su questioni relative alla sicurezza alimentare, come l’igiene, la resistenza antimicrobica, le malattie zoonotiche, i cambiamenti climatici, le frodi alimentari e i potenziali benefici della digitalizzazione dei sistemi alimentari.

Ha inoltre identificato debolezze o vulnerabilità nei sistemi di produzione e controllo degli alimenti.

Per l’immediato futuro, ridurre al minimo le interruzioni delle catene di approvvigionamento alimentare rimane una delle massime priorità di tutti i governi, in quanto i consumatori devono avere un accesso affidabile agli alimenti.

Un approccio basato sul rischio alla sicurezza alimentare e al rispetto dei requisiti di sicurezza alimentare può contribuire a mantenere aperte le forniture alimentari globali e consentire ai consumatori l’accesso agli alimenti.

Sforzi concertati sulla sicurezza alimentare aiuteranno i paesi a mitigare gli impatti socioeconomici della pandemia e a rafforzare la loro resilienza a lungo termine facilitando e accelerando il commercio alimentare e agricolo, contribuendo a prevenire la prossima pandemia zoonotica e trasformando i sistemi alimentari.

La sicurezza alimentare salva vite umane e svolge un ruolo  cruciale nella riduzione delle malattie di origine alimentare. Ogni anno, 600 milioni di persone si ammalano a causa di circa 200 diversi tipi di malattie di origine alimentare, il cui peso ricade soprattutto sui poveri e sui giovani. Le malattie di origine alimentare sono responsabili di 420 000 decessi prevenibili ogni anno.

La Giornata mondiale della sicurezza alimentare è un modo importante per:

  • rendere le persone consapevoli dei problemi relativi alla  sicurezza alimentare
  • prevenire le malattie attraverso la sicurezza alimentare
  • discutere approcci collaborativi per migliorare la sicurezza alimentare
  • promuovere soluzioni e modi per rendere più sicuri per gli alimenti

Pagina Fao dedicata alla Giornata mondiale della sicurezza sanitaria degli alimenti 2021




Spiaggiamento dei cetacei, perchè succede?

spiaggiamentiIl 26 dicembre un capodoglio si è spiaggiato lungo la costa di Castellabate, nel Cilento. Ormai non è più così raro che accada su una spiaggia italiana. Ma per quale motive succede?

Giovanni Di Guardo, docente alla facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Teramo e super esperto di cetacei, ne ha parlato in un’intervista a kodami.it.

«Un cetaceo spiaggiato è un’ “occasione d’oro” perché dà la possibilità di effettuare una serie di indagini fondamentali per conoscere il livello di minacce che affliggono questi animali. Oltre a farci capire come vivono e cosa gli facciamo. E quando gli spiaggiamenti sono molti, diventano un vero e proprio campanello d’allarme in grado di mostrarci le nefandezze di cui siamo capaci».

Ve ne proproniamo la lettura




ISS: Come raccogliere e gettare mascherine e guanti monouso

Al lavoro e a casa: tre infografiche a cura dell’Istituto Superiore di Sanità su come smaltire questi rifiuti, anche in caso di positività al virus.

A casa se non sei positivo

A casa se sei positivo

Al lavoro




Cambiamenti climatici, trasmessa a Bruxelles la strategia nazionale di lungo periodo

Bandiera Unione EuropeaIl documento individua le azioni per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Costa: “Italia in prima linea per raggiungere i target di Parigi”

Riduzione della domanda di energia, grazie soprattutto al calo della mobilità privata e dei consumi in ambito civile. Decisa accelerazione delle rinnovabili e della produzione di idrogeno. Potenziamento e miglioramento delle superfici verdi, per aumentare la capacità di assorbimento di CO2. Sono le tre direttrici fondamentali della Strategia Nazionale di lungo periodo, che il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha trasmesso alla Commissione Europea.

La strategia è stata elaborata nell’ambito degli impegni dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che invita i Paesi firmatari a comunicare entro il 2020 le proprie “Strategie di sviluppo a basse emissioni di gas serra di lungo periodo” al 2050.

“L’Italia – ha commentato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – con l’elaborazione di questa Strategia si conferma fra i paesi più attivi e motivati per il raggiungimento del target della Cop 21, che è quello di mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5/2 gradi. Siamo consapevoli che per raggiungere la cosiddetta neutralità climatica entro 30 anni saranno necessarie scelte coraggiose e profondi cambiamenti nel tessuto socio-economico come nei nostri stili di vita. Ma la sfida climatica è la sfida strategica per il futuro dell’umanità e non possiamo permetterci di perderla”.

La Strategia nazionale di lungo termine individua i possibili percorsi per raggiungere, nel nostro Paese, al 2050, una condizione di “neutralità climatica”, nella quale le residue emissioni di gas a effetto serra sono compensate dagli assorbimenti di CO2. Un obiettivo in linea con quello indicato dalla Presidente della Commissione UE Commissione Ursula Von der Leyen, nella sua Comunicazione sul Green Deal europeo, ha tracciato una strategia di crescita verso “un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra”.

La strategia prende le mosse dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), che indica il percorso fino al 2030, “trascinando” fino al 2050 le conseguenti tendenze energetico-ambientali virtuose. Vengono quindi individuate le tipologie di leve attivabili per raggiungere al 2050 la neutralità climatica: una riduzione spinta della domanda di energia, legata in particolare ad un calo dei consumi per la mobilità privata e dei consumi del settore civile; un cambio radicale nel mix energetico a favore delle rinnovabili (FER), coniugato ad una profonda elettrificazione degli usi finali e alla produzione di idrogeno; un aumento degli assorbimenti garantiti dalle superfici forestali (compresi i suoli forestali) ottenuti attraverso la gestione sostenibile, il ripristino delle superfici degradate e interventi di rimboschimento.

L’intervento, incisivo, su queste tre leve si renderà necessario perché il mero “trascinamento” delle tendenze attuali, per quanto virtuoso, sarebbe insufficiente a centrare il target fissato per il 2050.

È necessario, perciò, prevedere un sostanziale cambio del “paradigma energetico italiano” che, inevitabilmente, passa per investimenti e scelte che incidono sulle tecnologie da applicare, sulle infrastrutture ma anche sugli stili di vita dei cittadini. E’ una trasformazione importante e radicale come quella prospettata dalla Strategia di lungo periodo che dovrà permeare tutte le politiche pubbliche, in un percorso di ampia condivisione. Primi passi in tal senso sono stati effettuati con la trasformazione del CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in CIPESS, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile e con l’avvio del Green Deal.

Per chiudere il gap emissivo e arrivare alla neutralità climatica saranno necessarie scelte politiche a elevato impatto sociale ed economico, tecnologie ancora non pronte in parte perseguibili solo su base europea, nonché una condivisione a livello internazionale del processo di decarbonizzazione. Per tenere conto degli sviluppi su tutti questi fronti, ferme restando le tendenze di fondo individuate, la Strategia, elaborata in linea con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) deve essere considerata uno strumento “dinamico”, che avremo modo di aggiornare e integrare, anche per tenere pienamente conto dei processi di revisione degli obbiettivi energetico-ambientali nazionali attualmente in corso a livello europeo, e delle scelte conseguenti che si faranno per un rilancio economico in chiave sostenibile con il Piano per la Ripresa e la Resilienza.

La Strategia Nazionale di lungo periodo è consultabile al seguente link. Sono inoltre consultabili i seguenti allegati: Allegato 1 – Dettagli della Consultazione PubblicaAllegato 2 – Dettagli sulle tecnologie di decarbonizzazione.

Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare




Conclusa indagine OMS a Wuhan: i dati conducono a origine animale di SARS-CoV-2

Tutti i dati che abbiamo raccolto sin qui ci portano a concludere che l’origine del coronavirus è animale”. Lo ha detto il capo della missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek, in una conferenza stampa nella città cinese, primo focolaio del coronavirus.

Il lavoro sul campo su quello che è successo all’inizio della pandemia di coronavirus non ha stravolto le convinzioni che avevamo prima di cominciare”, ha detto ancora il ricercatore.

Della stessa opinione anche il professor Lian Wannian, a capo della delegazione di 17 esperti cinesi che ha affiancato la missione dell’Oms.

Le ricerche effettuate sul coronavirus sin qui suggeriscono che abbia un’origine “animale” ma non è chiaro quale sia l’esemplare “ospite” ha detto sottolineando che “pipistrelli e pangolini sono i più probabili candidati alla trasmissione, ma i campioni di coronavirus trovati in quelle specie non sono identici al Sars-CoV-2”.

Non ci sono tracce sostanziali della diffusione del coronavirus in Cina prima della fine del 2019. E non ci sono prove che circolasse a Wuhan prima del dicembre del 2019”, ha detto il professor Lian Wannian.

Molti casi di contagio sono «stati rilevati nella seconda metà di dicembre. Dal punto di vista epidemiologico il virus è stato trovato al mercato del pesce Huanan, ma altri casi in altri mercati. Non è possibile concludere che il virus sia arrivato per primo al mercato Huanan».

«L’ipotesi della fuga dal laboratorio del coronavirus è estremamente improbabile». lo ha detto il capo missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek. Il capo missione dell’Oms ha anche sottolineato che raccomandazione per il futuro è di non continuare «le ricerche» nella direzione di una fuga del Codi dal laboratorio di Wuhan.

Sappiamo che il virus può sopravvivere nei cibi surgelati, ma non sappiamo ancora se da questi si può trasmettere all’uomo. Su questo servono più ricerche”. Ha detto Peter Ben Embarek. “L’ipotesi che il Covid attraverso il commercio di prodotti surgelati è possibile ma molto lavoro deve essere ancora fatto in questo ambito”, ha aggiunto.

Il lavoro congiunto in Cina del team di esperti dell’Oms e di Pechino “è terminato” e ora il lavoro di tracciamento dell’origine del Covid-19 procederà nel resto del mondo e “non sarà vincolato ad alcuna località”, ha affermato Lian Wannian che ha anche aggiunto che la Cina sosteniene “il lavoro e l’azione dell’Oms”.

La notizia sul sito dell’Onu (in inglese)

Il video della conferenza stampa (in inglese)




Covid: studio, seconda ondata inevitabile per effetti climatici

Cambiamenti climaticiLa “seconda ondata” della pandemia potrebbe non avere nulla a che vedere con la mancanza di prudenza o di adeguate misure di controllo. Secondo uno studio condotto da Talib Dbouk e Dimitris Drikakis, ricercatori dell’Università di Nicosia a Cipro, avere due focolai all’anno durante una pandemia è praticamente inevitabile, a causa dell’impatto delle temperature, dell’umidità e del vento.

I risultati, pubblicati sulla rivista Physics of Fluids, evidenziano che sebbene le mascherine, le restrizioni dei viaggi e le linee guida per il distanziamento sociale aiutino a rallentare la crescita dei nuovi contagi a breve termine, a giocare un ruolo chiave a lungo termine sono soprattutto gli effetti climatici.

Per questo, gli studiosi sostengono che bisognerebbe incorporarli nei modelli epidemiologici.

Attualmente i modelli per prevedere il comportamento di un’epidemia contengono solo due parametri di base: la velocità di trasmissione e la velocità di recupero. Questi tassi tendono a essere trattati come costanti, ma Dbouk e Drikakis pensano che in realtà non sia così. Secondo gli studiosi, temperatura, umidità relativa e velocità del vento giocano tutti un ruolo significativo.

Per questo, gli studiosi suggeriscono di modificare i modelli in modo che tengano conto anche di queste condizioni climatiche.

I ricercatori hanno chiamato questa nuova variabile Indice del tasso di infezione nell’aria (Air). Quando hanno applicato l’indice AIR ai modelli di Parigi, New York City e Rio de Janeiro, hanno scoperto che prediceva accuratamente il momento della seconda epidemia in ciascuna città, suggerendo che due focolai all’anno sono un fenomeno naturale.

Inoltre, il comportamento del virus a Rio de Janeiro è risultato nettamente diverso dal comportamento del virus a Parigi e New York, a causa delle variazioni stagionali negli emisferi settentrionale e meridionale, coerenti con i dati reali. Gli autori sottolineano l’importanza di tenere conto di queste variazioni stagionali quando si progettano misure per la gestione della pandemia.

“Proponiamo che i modelli epidemiologici debbano incorporare gli effetti climatici attraverso l’indice AIR”, dice Drikakis. “I lockdown nazionali o i lockdown su larga scala non dovrebbero essere basati su modelli di previsione a breve termine che escludono gli effetti della stagionalità meteorologica“, aggiunge. “In caso di pandemia, dove non è disponibile una vaccinazione massiccia ed efficace, la pianificazione del governo dovrebbe essere a lungo termine, considerando gli effetti meteorologici e progettando di conseguenza le linee guida per la salute e la sicurezza pubblica“, sottolinea Dbouk. Man mano che la temperatura aumenta e l’umidità diminuisce, Drikakis e Dbouk si aspettano un altro miglioramento nel numero di infezioni, sebbene notino che le linee guida su uso mascherine e su distanziamento sociale dovrebbero continuare a essere seguite con le opportune modifiche basate sul clima.

Fonte: AGI




Ormai imminente l’eradicazione della peste dei piccoli ruminanti

FAOA livello mondiale, negli ultimi anni, il numero di focolai di peste dei piccoli ruminanti (PPR – peste des petits ruminants), è diminuito di due terzi, mostrando l’impegno della comunità internazionale nel combattere questa malattia animale altamente contagiosa e alimentando le speranze di centrare l’obiettivo dell’eradicazione mondiale di questa malattia entro il 2030.

La PPR può essere letale per gli animali (con un tasso di mortalità che varia dal 30 al 70%) ma non colpisce l’uomo. Ciò premesso, la PPR produce comunque gravi conseguenze per la sicurezza alimentare, nonché per i mezzi di sussistenza e la resilienza delle comunità. Nel 2019 (anno cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono scoppiati poco più di 1200 focolai di PPR in tutto il mondo, rispetto agli oltre 3500 del 2015, secondo i nuovi dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e i suoi partner.

La riduzione dei focolai di PPR è riconducibile all’impatto delle campagne di vaccinazione in oltre 50 paesi: campagne finanziate e portate avanti con il sostegno della FAO e dei suoi partner. In solo 12 di questi paesi, sono stati vaccinati oltre 300 milioni di capi ovini e caprini fra il 2015 e il 2018. Due le aree geografiche più colpite dalla PPR, con il maggior numero di focolai riscontrati nel periodo 2015-2019; l’Asia (oltre il 75%) e l’Africa (oltre il 24%), ma la malattia potrebbe anche non essere stata documentata in modo completo. Quasi la metà di tutti i focolai del periodo considerato ha interessato solo cinque paesi, sottolineando la necessità urgente di rafforzare la prevenzione e i meccanismi di controllo.

La PPR si è diffusa a un ritmo allarmante negli ultimi 15 anni. Più di 70 paesi, soprattutto in Asia, Africa e Medio Oriente, hanno segnalato la presenza della malattia da quando venne individuata per la prima volta in Côte d’Ivoire negli anni ‘40. Nella sua fase più critica, la malattia, se fuori controllo, rischia di infettare fino all’80% dei 2,5 miliardi di piccoli ruminanti a livello globale, esercitando enorme pressione su alcune delle popolazioni più vulnerabili al mondo.

Per circa 300 milioni di nuclei familiari, i piccoli ruminanti (ovini e caprini) costituiscono una fonte alimentare e di reddito. Tali nuclei, pertanto, rischiano di perdere i loro mezzi di sussistenza se la malattia non viene tenuta sotto controllo. Si stima, inoltre, che la PPR causi perdite economiche fino a 2,1 miliardi di USD l’anno. All’inizio era considerata una malattia come la peste bovina, ma che colpiva solo i piccoli ruminanti domestici. Nel recente passato, tuttavia, la PPR ha infettato cammelli, bovini, bufali e anche varie specie selvatiche, dal bufalo africano fino all’antilope saiga in Asia.

La strada per eradicare la PPR

Nel 2015, la comunità internazionale si è prefissata l’obiettivo di eradicare la PPR entro il 2030. Da allora, la FAO e l’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) hanno sviluppato e attuato la Strategia mondiale per il controllo e l’eradicazione della PPR. “Eradicare questa malattia è possibile e fondamentale per mettere fine a povertà e fame. Non solo salverebbe una preziosa fonte di cibo e di reddito per molte persone vulnerabili; potrebbe anche prevenire la migrazione di intere famiglie, un rischio che esiste quando vengono distrutti i loro mezzi di sussistenza. Un mondo libero dalla PPR offrirebbe anche più sicurezza e possibilità di emancipazione per le donne rurali, spesso responsabili del bestiame”, afferma Maria Helena Semedo, Vicedirettore generale della FAO.

Da maggio 2020 (ultimi dati disponibili), 58 paesi e una regione della Namibia sono stati riconosciuti “liberi dalla PPR”. Gli ultimi paesi a essere inseriti in questo elenco, l’anno scorso, sono la Russia e il Lesotho. Inoltre, 21 paesi, che non hanno registrato nuovi casi per cinque anni di seguito, possono preparare la documentazione per essere ufficialmente dichiarati, dall’OIE, “paesi liberi dalla PPR”. Per essere considerato ufficialmente libero dalla PPR, il paese è sottoposto a un rigoroso processo in quattro fasi (valutazione, controllo, eradicazione e post-eradicazione) portato avanti da FAO e OIE.

La vaccinazione è essenziale per la prevenzione e il controllo della PPR, sulla base dell’esperienza di successo dell’eradicazione della peste bovina nel 2011 da parte di FAO, OIE e dei loro partner, e della disponibilità di vaccini efficaci contro la PPR. La FAO e l’OIE raccomandano di portare avanti la vaccinazione contro la PPR per due anni consecutivi, seguita dalla vaccinazione degli animali neonati per uno o due anni di seguito.

Principali ostacoli alla lotta contro la PPR

“Se i focolai di PPR sono notevolmente diminuiti negli ultimi anni, resta invece estesa la portata dell’infezione da virus PPR, sia a livello geografico che di animali ospiti, e occorre fare di più per combattere la malattia”, spiega Felix Njeumi, veterinario e Coordinatore del programma PPR della FAO.

La mancanza di vaccini, i movimenti delle greggi e, soprattutto, le sfide logistiche per proseguire il programma vaccinale continuano a rimanere gli ostacoli principali per prevenire e controllare la PPR. Il costo di una dose di vaccino rappresenta circa un ottavo del costo di distribuzione del vaccino.

Nessuno dei vaccini esistenti è termotollerante e, pur esistendo una tecnologia capace di superare il problema della termotolleranza, la maggior parte dei paesi dove la PPR è endemica si trova nell’area geografica tropicale o subtropicale con risorse limitate per garantire la catena del freddo necessaria per la conservazione e il trasporto dei vaccini.

I vaccini esistenti al momento, inoltre, non fanno differenza fra animali infetti e non vaccinati. “Riconosciamo l’assoluta importanza della vaccinazione contro la PPR per eradicare questa malattia e proteggere la salute e il benessere animale, oltre ai mezzi di sussistenza delle persone. La banca dei vaccini contro la PPR offre tempestivamente agli agricoltori vaccini di alta qualità ed economicamente accessibili, grazie ai quali paesi e regioni possono poi dichiararsi liberi dalla PPR”, asserisce Jean-Philippe Dop, Vicedirettore generale dell’OIE per gli Affari istituzionali e le attività regionali.

La banca e le riserve di vaccino contro la PPR costituite dalla FAO, dall’OIE e da altri partner hanno migliorato la garanzia di qualità e la fornitura dei vaccini. Per riuscire a eradicare la PPR, tuttavia, occorre colmare la carenza di finanziamenti per le campagne di vaccinazione e altre attività del programma. La prima fase del programma mondiale contro la PPR prevedeva, come obiettivo, la vaccinazione di 1,5 miliardi di piccoli ruminanti entro la fine del 2021. Il 50% dell’obiettivo è stato raggiunto a metà del 2020, ma la pandemia da COVID-19, l’anno scorso, ha inciso molto negativamente sui servizi veterinari, tra cui anche le vaccinazioni contro la PPR e la documentazione dei focolai.

Conseguenze negative che continueranno nel 2021 con il mondo ancora alle prese con la pandemia. La FAO sottolinea la necessità di attuare misure di prevenzione e controllo, che devono essere coordinate tra paesi confinanti, al fine di limitare il passaggio transfrontaliero della malattia. Inoltre, risulta essenziale rafforzare la sorveglianza e il monitoraggio sierologico post-vaccinale a livello nazionale.

Si stima a 340 milioni di USD la carenza di finanziamenti per il Programma mondiale di eradicazione della PPR. Gravi problemi permangono, sia a livello finanziario che logistico. Tuttavia, gli ultimi dati evidenziano dei progressi, indicando l’impegno dei paesi, della FAO e dell’OIE per eradicare la PPR e giustificando un cauto ottimismo. La seconda fase (2022-2027) del programma sarà elaborata nel 2021.

Fonte: FAO




SARS-CoV-2 nei visoni: raccomandazioni per migliorare il monitoraggio

logo-efsaIn un nuovo rapporto si raccomanda il rilevamento precoce di SARS-CoV-2 (coronavirus) negli allevamenti di visoni dell’Unione europea come obiettivo prioritario delle attività di monitoraggio.

Il rapporto, redatto dall’EFSA e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), propone alcune strategie di monitoraggio che contribuiranno a prevenire e controllare la diffusione della malattia.  Vi si conclude che tutti gli allevamenti di visoni vanno considerati a rischio di SARS-CoV-2 e che il monitoraggio dovrebbe comprendere, oltre alla sorveglianza passiva da parte di allevatori e veterinari, misure attive come test sugli animali e sul personale.

Il rapporto è stato richiesto dalla Commissione europea in seguito ai focolai epidemici di SARS-CoV-2 verificatisi negli allevamenti di visoni in vare parti d’Europa nel 2020.

Al gennaio 2021 il virus era stato rilevato in 400 allevamenti di visoni in otto Paesi dell’UE/SEE, di cui 290 in Danimarca, 69 nei Paesi Bassi, 21 in Grecia, 13 in Svezia, 3 in Spagna, 2 in Lituania, 1 in Francia e in Italia.

Fonte: EFSA




5 FEBBRAIO 2021 – 8^ Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare

giornata nazionale spreco alimentare“Stop food waste. One health, one planet” è il tema degli eventi della 8^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, venerdì 5 febbraio 2021: un appuntamento consolidato per l’agenda dello sviluppo sostenibile e, nei mesi ancora convulsi della pandemia, una data importante per guardare alla prevenzione e riduzione degli sprechi come elemento chiave per presidiare la salute dell’uomo e dell’ambiente.

Il Forum è in programma dalle 11.30 su piattaforma digitale, per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market in sinergia con il Ministero dell’Ambiente e inoltre con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, del World Food Programme Italia, di ANCI e della rete di Comuni Sprecozero.net.

Molti gli interventi istituzionali programmati per l’occasione, introdotti e coordinati dal fondatore Last Minute Market e campagna Spreco Zero, l’agroeconomista Andrea Segrè. A tracciare un quadro dell’Orizzonte Italia saranno, fra gli altri, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il sottosegretario al ministero della Salute Sandra Zampa, il sottosegretario al ministero dell’Ambiente Roberto Morassut e il sottosegretario al inistero delle Politiche Sociali Francesca Puglisi.

Dal 2021 la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare si focalizza con attenzione sul nuovo decennio che ci guiderà al 2030: in primo piano gli Obiettivi di Sostenibilità indicati nell’Agenda Onu 2030 e in questa direzione la nuova dimensione di uno strumento di riferimento per il monitoraggio dello spreco alimentare in Italia, l’Osservatorio Waste Watcher che diventa adesso una realtà internazionale e progetta una survey di respiro globale che sarà presentata il prossimo 29 settembre, Giornata internazionale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari promossa dalle Nazioni Unite.

“L’impegno per lo sviluppo sostenibile e la prevenzione degli sprechi – spiega Andrea Segrè, fondatore Last Minute Market e promotore Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare – passa anche attraverso il monitoraggio dei comportamenti e quindi attraverso i dati. Questa svolta culturale è un passaggio obbligato per la riduzione dello spreco alimentare domestico, che incide per il 50% circa dello spreco complessivo del cibo sul pianeta. I 17 Obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite sono davanti a noi e il decennio che si apre sarà determinante per coglierli: la prevenzione degli sprechi e lo sviluppo sostenibile devono coinvolgere l’impegno congiunto delle governance e dei cittadini del pianeta. Anche l’Osservatorio Waste Watcher si attrezza per promuovere una campagna globale di sensibilizzazione, attraverso un monitoraggio su scala mondiale”.

A presentare il nuovo Osservatorio internazionale sarà Vincenza Lomonaco, ambasciatore presso la Rappresentanza Permanente d’Italia alle Nazioni Unite a Roma.

I dati nazionali dello spreco

Nel conto alla rovescia verso l’ ottava Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, ecco un piccolo viaggio nelle abitudini del ‘consumatore errante’: lo spreco di cibo a livello domestico in Italia vale 4,9 euro a nucleo familiare, per un totale di ca 6,5 miliardi di euro complessivi e un costo nazionale di circa 10 miliardi di euro includendo gli sprechi di filiera produzione/distribuzione 2020, oltre 3 miliardi 293 milioni (Rapporto Waste Watcher 2020, legato allo spreco percepito).

Il dato dello spreco ‘reale’ era stato calcolato nel 2018 – 2019 misurando lo spreco nelle famiglie italiane con i test scientifici dei “Diari di famiglia” (Progetto Reduce dell’Università di Bologna /Distal con il Ministero dell’Ambiente e la campagna Spreco Zero), registrando 8,70 euro di spreco alimentare settimanale per ogni nucleo familiare, per un costo complessivo di 11.500 miliardi di euro ogni anno. In termini di peso i diari avevano misurato uno spreco di ca 100 grammi al giorno pro capite, per un totale di ben 2 miliardi e 200 milioni di tonnellate di cibo buttato annualmente in Italia.

Cibo e salute sono il nuovo binomio strettamente ‘attenzionato’ dagli italiani: una consapevolezza che diventa quasi plebiscito, perché quasi 7 italiani su 10 (il 66%) ritengono ci sia una connessione precisa fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo: è sempre così’ per il 30% degli intervistati, lo è spesso per il 36% e solo talvolta per il 20%. E al momento di acquistare il cibo l’attenzione agli aspetti caratterizzanti della salubrità del cibo e del suo valore per l’impatto sulla salute – così come agli elementi di sicurezza alimentare – incide in maniera determinante per 1 italiano su 3, il 36%. Nelle scuole l’indagine Reduce sulla refezione scolastica aveva calcolato un avanzo medio di 90 grammi nel piatto di ogni studente: eppure 7 italiani su 10 (68%) danno un mandato proprio alla sensibilizzazione scolastica per promuovere l’attenzione e la prevenzione negli sprechi alimentari (dati Waste Watcher).

 




HPAI. Patogenicità comparata e trasmissibilità nelle recenti infezioni da virus H5.

influenza aviariaWageningen Bioveterinary Research fornisce informazioni sul decorso delle infezioni da influenza aviaria.

La minaccia di focolai di influenza aviaria altamente patogena (HPAI) nel pollame rimane alta, con diversi allevamenti di pollame che sono stati infettati negli ultimi anni. Al fine di ottenere maggiori informazioni sul decorso e la trasmissione delle infezioni da HPAI, Wageningen Bioveterinary Research (WBVR) ha esaminato i sintomi della malattia, la diffusione del virus e la mortalità a seguito di infezione recenti da virus H5.

La ricerca mostra che un’infezione da virus HPAI H5N8-2014, H5N8-2016 o H5N6-2017 differisce notevolmente tra polli, anatre e piccioni eurasiatici. La patogenicità dei virus per i polli è superiore a quella per anatre e piccioni eurasiatici.

I risultati suggeriscono anche che la patogenicità dei virus HPAI H5 e la diffusione del virus dalle anatre si sta evolvendo, il che può avere conseguenze sul rischio di introduzione di questi virus nel settore del pollame.

Il virus dell’influenza aviaria è facilmente trasmissibile attraverso l’acqua.

La ricerca ha anche osservato livelli più elevati di diffusione del virus da anatre e piccioni infettati dai virus del 2016 e del 2017 rispetto al virus del 2014. Gli uccelli selvatici infetti (come i piccioni) possono introdurre il virus negli allevamenti di pollame attraverso le loro feci.

Più il virus è presente nelle feci degli uccelli, più è facile trasmettere il virus al pollame. Questa ricerca mostra anche che il virus può sopravvivere a lungo in acqua (più di una settimana) e che i polli possono essere facilmente infettati dall’acqua potabile contaminata dalle feci degli uccelli.

La WBVR sta conducendo ulteriori ricerche sui fattori genetici e altri aspetti che determinano la patogenicità dei virus HPAI. Una migliore comprensione delle caratteristiche dei virus HPAI può contribuire alla prevenzione di future epidemie.

Fonte: IZS Abruzzo e Molise

Articolo completo (in inglese)