Febbre del topo da Hantavirus: moria di topi nel Nordest

In relazione alla mortalità di topi di diverse specie osservata nel Nordest italiano nelle ultime settimane, e alle informazioni riportate da diversi organi di stampa, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ritiene utile fornire alcune informazioni aggiornate dal punto di vista sanitario, in particolare per quanto riguarda il rischio di infezione per l’uomo da Hantavirus (“febbre del topo”).

In particolare, si precisa che:

  • campioni conferiti all’IZSVe a partire dallo scorso mese di maggio sono stati sottoposti ad un ampio spettro di analisi, non solo virologiche e batteriologiche ma anche istopatologiche e tossicologiche, che ad oggi hanno dato esito negativo per la ricerca di cause specifiche di mortalità;
  • l’infezione da Hantavirus è da tempo nota nei paesi confinanti e vicini (Austria, Slovenia, Croazia…), anche con focolai nell’uomo, mentre in Italia fino ad oggi essa non è stata ancora dimostrata nella popolazione murina ed umana. È naturalmente possibile che nell’uomo vi siano casi di importazione;
  • la mortalità di piccoli roditori non è necessariamente associata alla presenza di questi virus. Ad esempio in un analogo fenomeno, verificatosi sempre nel Nordest nel 2012, i campioni conferiti all’IZSVe, analizzati anche in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’IZS Lombardia ed Emilia Romagna, erano risultati negativi;
  • le mortalità “di massa” nei micromammiferi sono relativamente frequenti e possono costituire un fenomeno di regolazione della popolazione, ad esempio in seguito ad una precedente esplosione demografica dovuta a diverse cause, anche in associazione tra loro. Tra queste, stagioni con un’iperproduzione di risorse alimentari, o con una minore abbondanza di predatori naturali, o altri fattori meno noti. In caso di presenza di Hantavirus nella popolazione murina, è certamente prevedibile che ad un picco di popolazione si associ una maggior frequenza di casi nell’uomo, in relazione al notevole incremento della carica virale nell’ambiente ma, ripetiamo, mortalità nei microroditori e presenza di virus sono completamente indipendenti.

In relazione alla mortalità di topi di diverse specie osservata nel Nordest italiano nelle ultime settimane i campioni analizzati dall’IZSVe hanno dato esito negativo in relazione alla presenza di Hantavirus ma sono in corso approfondimenti diagnostici.

Tuttavia, dati la vicinanza dei focolai al nostro territorio e i mutamenti ecologico-ambientali particolarmente evidenti negli ultimi anni, non possiamo escludere che questi virus arrivino ad interessare anche il Nordest.

Per tale ragione sono in corso ulteriori approfondimenti diagnostici sui campioni ricevuti, anche in collaborazione con altri enti di sanità pubblica. Inoltre, l’IZSVe sta lavorando a stretto contatto con le autorità sanitarie per tracciare un quadro più completo e chiaro della situazione.

Regole di comportamento per ridurre il rischio di infezione da Hantavirus

L’infezione da roditore a uomo può avvenire per contatto diretto con feci, saliva o urina dei roditori infetti, e in particolare attraverso l’inalazione del virus presente in queste matrici biologiche. A titolo precauzionale possiamo già in questa sede richiamare l’attenzione su alcune basilari norme igieniche che, oltre ad essere certamente consigliabili in generale, ridurrebbero sensibilmente il rischio di infezione nel caso di presenza di Hantavirus:

  • è opportuno minimizzare il contatto con polvere e suolo contaminato da escreti di roditori. Ad esempio, utilizzando detersivi/disinfettanti liquidi quando si puliscono aree in cui possono raccogliersi feci e urine di questi animali, in modo da evitare il generarsi di aerosol, e utilizzando guanti resistenti possibilmente monouso e una mascherina di protezione;
  • lavarsi e lavare il proprio vestiario dopo aver effettuato tali operazioni di pulizia;
  • i cittadini possono segnalare tempestivamente fenomeni di mortalità significativa ai Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie, senza però manipolare o raccogliere direttamente le carcasse;
  • chi invece dovesse maneggiare tali carcasse, ad esempio per raccogliere campioni da analizzare o per allontanare le carcasse rinvenute nei pressi della propria abitazione, dovrà essere munito di guanti resistenti possibilmente monouso, mascherina di protezione e contenitori ben richiudibili, e lavarsi accuratamente dopo aver effettuato tali operazioni.

Fonte: IZS Venezie




In arrivo data base europeo per la condivisione dei dati sull’utilizzo di animali ai fini scientifici

datiLa trasparenza nella gestione degli animali utilizzati ai fini scientifici è uno dei cardini della Direttiva Europea 62/2010 che impone la pubblicazione dei riassunti delle attività di ricerca che utilizzano animali e i dati statistici ad essa connessi.
Al fine di garantire una sempre maggiore trasparenza relativa alla diffusione e condivisione dei dati statistici inerenti l’impiego degli animali a scopo scientifico il Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi (ECVAM) ha presentato il nuovo database europeo ALURES.
ALURES rappresenta il primo database europeo pubblico, consultabile sia dai ricercatori sia dagli stakeholders interessati, che raggruppa i dati di tutti i Paesi membri e tutte le ricerche svolte in Europa.
All’interno della piattaforma vi sono 3 sezioni che individuano gli utilizzi degli animali a scopo scientifico, relativamente al tipo di ricerca (di base, traslazionale, ai fini del sistema regolatorio), alla specie, all’eventuale grado di sofferenza, possibilità di riutilizzo dell’animale, etc.
Nello specifico, il fine ultimo di tale piattaforma, come di tutti gli altri strumenti/documenti sviluppati in ambito internazionale, è quello di arrivare alla sostituzione del modello in vivo con uno non basato sull’impiego di animali.
L’accesso è totalmente libero e rappresenta la volontà da parte di tutti i Paesi membri di garantire e seguire il percorso comune legato al principio delle 3R (reduction, refinement, replacement), che, grazie ai continui progressi scientifici, porterà ad avere sempre meno bisogno del modello in vivo con il contemporaneo sviluppo di nuovi approcci non basati sull’impiego degli animali.
Le finalità del database e le sue possibilità sono descritte oltrechè sul sito di ECVAM anche in un video scaricabile da youtube

 Fonte: IZS Lombardia ed Emilia Romagna



Masterclass in biologia molecolare

Si terrà a Roma dal 14 Settembre 2021 – 17 Settembre 2021 e 19 Ottobre 2021 – 22 Ottobre 2021, la Masterclass in biologia molecolare .

La Biologia Molecolare clinica è scienza, oltre che una disciplina accademica, ramo della biologia che studia e interpreta a livello molecolare i fenomeni biologici, considerando la struttura, le proprietà e le reazioni delle molecole chimiche di cui gli organismi viventi sono costituiti. Il suo sviluppo ha cambiato radicalmente lo status delle scienze biologiche: nata intorno alla seconda metà del XX secolo come risultato della convergenza di due discipline «coetanee», ossia biochimica e genetica, ha posto le basi per gli studi riguardanti i meccanismi molecolari su cui si fonda la fisiologia cellulare, concentrandosi in particolare sulle interazioni tra le macromolecole, ovvero proteine e acidi nucleici. Il contributo della Biologia Molecolare è tuttora fondamentale per l’analisi dei genomi degli organismi: la conoscenza di un difetto molecolare ha diverse implicazioni, permettendo di:

a) capire il funzionamento dei sistemi;
b) identificare quali alterazioni possono compromettere
la funzionalità delle diverse pathway a livello cellulare;
c) identificare le basi molecolari di malattia;
d)determinare gli aspetti di risposta alle terapie;
e) stabilire profili di rischio ed agire a livello preventivo;
f) correggere mediante tecniche di terapia genica i difetti genetici.

Le tecnologie di analisi genomica si sono nel tempo raffinate, permettendo di aumentare esponenzialmente la capacità di analisi e di calcolo, ampliando la base dati (si parla di big data) oltre che il livello di automatizzazione, rendendo i processi operativi più rapidi e
più precisi.

Negli anni il valore della Biologia Molecolare clinica si è affermato enormemente: il sequenziamento del genoma di diversi organismi (incluso l’essere umano grazie al Progetto Genoma Umano) ha infatti permesso la nascita delle biotecnologie e lo sviluppo delle varie discipline «omiche», ma è nella clinica e nella medicina di laboratorio che la Biologia Molecolare gioca un ruolo fondamentale, essendo impiegata sia per la ricerca, l’identificazione e lo sviluppo di biomarcatori diagnostici, prognostici e predittivi della risposta e della sicurezza ai trattamenti farmacologici sia per la produzione di molecole ad uso terapeutico, quali proteine, ormoni, anticorpi e simili.

I campi applicativi in cui la Biologia Molecolare viene impiegata sono molteplici ed il continuo sviluppo di nuove tecniche e metodiche impone alle figure professionali coinvolte, in particolar modo al tecnico sanitario di laboratorio biomedico, il compito di aggiornarsi continuamente. L’obiettivo di questa Masterclass è dunque permettere alle figure interessate di esaminare le principali metodiche e le fasi coinvolte nei processi basilari della Biologia Molecolare, analizzando le applicazioni attuali e le tecnologie in via di sviluppo; al termine di ogni sessione teorica seguirà una sessione pratica in cui i partecipanti potranno applicare sul campo le nozioni acquisite volta per volta, entrando così in contatto con la realtà delle tecnologie e delle procedure operative utilizzate nel percorso diagnosi-terapia nell’ambito sanitario.
Programma preliminare

Locandina




CTS ancora senza veterinari

Con una lettera inviata al direttore di Quotidiano Sanità, Giovanni Di Guardo – già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo – ribadisce il proprio sconforto e disappunto per l’assenza della categoria dei medici veterinari nell’ambito del Comitato Tecnico-Scientifico (CTS) al quale, dall’inizio della pandemia da COViD-19, compete la consulenza e il supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza epidemica dovuta alla diffusione di SARS-CoV-2.

Tale essenza non è stata colmata neanche in occasione del nuovo assetto del CTS, modificato a marzo 2021.

Leggi la lettera integrale




Resistenza agli antimicrobici e ambienti di produzione degli alimenti: fonti e opzioni per il controllo

Antibioticoresistenza

La resistenza agli antimicrobici (AMR) negli alimenti di origine vegetale e/o nell’acquacoltura ha origine per lo più da fertilizzanti di origine fecale e acque (compresa quella usata per irrigare). Secondo l’EFSA in zootecnia le fonti potenziali di resistenza sono riconducibili a mangimi, esseri umani, acqua, aria o polvere, suolo, fauna selvatica, roditori, artropodi e attrezzature.

Per la prima volta gli esperti dell’EFSA hanno valutato il ruolo svolto dagli ambienti destinati alla produzione alimentare nell’insorgenza e diffusione dell’AMR, mappando le principali fonti dei relativi batteri e geni, anche se i dati attuali non consentono di quantificare il contributo specifico di ciascuna di esse a questo problema di portata mondiale.

L’EFSA ha individuato i batteri e i geni resistenti di massima priorità per la salute pubblica che possono essere trasmessi tramite la catena alimentare, vagliando la letteratura scientifica per documentarne la presenza nelle suddette fonti ambientali.

Tra le misure volte a limitare la comparsa e la diffusione di resistenza negli ambienti per la produzione alimentare vi sono la riduzione della contaminazione microbica di origine fecale nei fertilizzanti, nell’acqua e nei mangimi nonché l’adozione di buone pratiche igieniche in genere . Gli esperti hanno inoltre formulato raccomandazioni per proseguire la ricerca nei settori ritenuti prioritari onde contribuire a colmare le lacune nei dati, affiancando così i responsabili dell’UE in materia di gestione del rischio nell’attuare il piano d’azione europeo «One Health» contro la resistenza agli antimicrobici.

Per elaborare il parere, gli esperti hanno lavorato a stretto contatto con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) e l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA).

Fonte: EFSA




Glifosato: le autorità di regolamentazione dell’UE avviano le valutazioni del rinnovo

All’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) è pervenuto un progetto di valutazione del rischio relativo al glifosato, effettuata da quattro Stati membri dell’UE. Le due Agenzie si accingono ora a esaminarne le risultanze. L’uso del glifosato, l’erbicida più utilizzato a livello mondiale, è attualmente autorizzato nell’UE fino a dicembre 2022.

Le autorità nazionali di Francia, Paesi Bassi, Svezia e Ungheria (il gruppo di valutazione del glifosato, AGG) hanno esaminato l’insieme delle evidenze trasmesse dalle imprese che hanno presentato domanda di rinnovo dell’approvazione al fine di commercializzare la sostanza nell’UE. Il progetto di relazione dell’AGG conta circa 11 000 pagine.

In merito al suddetto progetto di relazione l’EFSA e l’ECHA organizzeranno ora consultazioni pubbliche parallele, che saranno avviate nella prima settimana di settembre di quest’anno.

Le consultazioni costituiscono la prima fase delle valutazioni. Il comitato dell’ECHA per la valutazione dei rischi (RAC) procederà a un riesame della classificazione del glifosato nell’ambito del regolamento dell’UE relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio (CLP). La classificazione delle sostanze chimiche si basa esclusivamente sulle proprietà pericolose e non tiene conto della probabilità di esposizione a tali sostanze. L’esposizione è considerata parte del processo di valutazione del rischio condotto dall’EFSA.

Il glifosato è stato classificato ufficialmente come causa di gravi danni agli occhi e come tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata, sia prima che dopo la valutazione dell’ECHA nel 2017. Non vi è stata alcuna classificazione in termini di mutagenicità delle cellule germinali, carcinogenicità o tossicità riproduttiva. Nella proposta dei quattro Stati membri non è prevista alcuna modifica della classificazione attuale.

Dopo l’adozione di un parere da parte dell’ECHA, l’EFSA porterà a termine la propria revisione paritaria e ne pubblicherà le conclusioni, attese per la fine del 2022. Sulla base di tale valutazione del rischio la Commissione europea renderà una decisione in merito al rinnovo dell’approvazione per il glifosato.

Contesto

Il glifosato è una sostanza chimica ampiamente utilizzata nei prodotti fitosanitari. Quelli a base di glifosato, ossia i formulati contenenti glifosato, coformulanti e altre sostanze chimiche, sono utilizzati principalmente nell’agricoltura e nell’orticoltura per combattere le erbe infestanti che competono con le colture.

Nel 2017 la Commissione europea ha concesso un’approvazione quinquennale per il glifosato: attualmente il periodo di approvazione dell’uso del glifosato nell’UE si estende fino al 15 dicembre 2022. Ciò significa che fino a tale data il glifosato può essere utilizzato come sostanza attiva nei prodotti fitosanitari, a condizione che ciascuno di essi sia autorizzato dalle autorità nazionali a seguito di una valutazione della loro sicurezza.

Informazioni dettagliate sono disponibili sul sito web della Commissione europea.

Fonte: EFSA




Valutazione del rischio microbiologico, linee guida Fao Oms

Fao e Oms hanno redatto il documento “Microbiological risk assessment: guidance for food” per fornire un quadro strutturato sulla valutazione dei rischi microbiologici negli alimenti, aggiornando e riunendo in un unico volume i 3 precedenti documenti di orientamento  (MRA 3, MRA 7 e MRA 17)

Le linee guida sono state sviluppate per la comunità globale di scienziati e valutatori del rischio, gestori del rischio o altri responsabili del processo decisionale e/o della comunicazione del rischio in modo che possano:

1) identificare i problemi e le caratteristiche chiave di un rischio microbiologico;

2) riconoscere le proprietà di una valutazione del rischio basata sulle migliori pratiche;

3) evitare alcuni errori comuni nella valutazione del rischio;

4) eseguire valutazioni del rischio che rispondano alle esigenze dei gestori del rischio.

 




Il biossido di titanio non è più ritenuto sicuro come additivo per mangimi

Il biossido di titanio non può più essere ritenuto sicuro se usato come additivo nei mangimi per animali, ha concluso l’EFSA. La valutazione effettuata dal gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sugli additivi e i prodotti o le sostanze usati nei mangimi (FEEDAP) fa seguito alla conclusione raggiunta dal gruppo di esperti EFSA sugli additivi alimentari e gli aromatizzanti (FAF) secondo cui il medesimo composto non può più essere considerato sicuro se usato come additivo alimentare.

Il gruppo FEEDAP non ha potuto escludere timori in termini di genotossicità, ovvero la capacità di una sostanza di danneggiare il DNA, il materiale genetico delle cellule.

Dopo l’ingestione l’assorbimento di particelle di biossido di titanio è basso, tuttavia esse possono accumularsi nell’organismo. Tale elemento, insieme alla carenza di dati, ha comportato per il gruppo di esperti scientifici l’impossibilità di trarre conclusioni circa la sicurezza del TiO2 per gli animali, i consumatori e l’ambiente. Per quanto riguarda la sicurezza dei consumatori, il biossido di titanio, se inalato, è considerato potenzialmente cancerogeno.

Attualmente il biossido di titanio è attualmente autorizzato per l’uso come colorante.




Peste suina africana: rischi da allevamenti suini all’aperto

L’EFSA ha valutato il rischio di diffusione della peste suina africana (PSA) negli allevamenti suini all’aperto e ha proposto misure di biosicurezza e controllo per gli allevamenti all’aperto nelle zone dell’UE colpite dalla PSA. 

L’allevamento all’aperto di maiali è comune nell’UE. Non esiste tuttavia una legislazione a livello europeo che categorizzi tale tipo di allevamenti, per cui le informazioni sono limitate, non armonizzate tra loro e da interpretare con attenzione.

Il gruppo di esperti scientifici EFSA sulla salute e il benessere degli animali ha concluso che gli allevamenti di suini all’aperto comportano un rischio notevole di introdurre e diffondere la PSA, ritenendo però che l’installazione di robuste recinzioni singole o di recinzioni doppie in tutti gli allevamenti di suini all’aperto nelle zone dell’UE in cui è presente la PSA potrebbe ridurre tale rischio almeno del 50%.

Inoltre l’attuazione di valutazioni in termini di biosicurezza complete e obiettive in allevamento e l’approvazione di allevamenti suini all’aperto sulla base del rispettivo rischio di biosicurezza ridurrebbero ulteriormente il rischio di introduzione e diffusione della malattia. Le valutazioni effettuate sul sito dell’allevamento sono uno strumento efficace non solo per migliorare la biosicurezza, ma anche per affrontare questioni zootecniche più ampie.

L’EFSA è dell’avviso che le deroghe alle attuali restrizioni sull’allevamento di suini all’aperto nelle zone interessate da PSA possano essere prese in considerazione caso per caso, una volta attuate tali misure e altre misure specifiche di biosicurezza.

Il parere scientifico si basa su evidenze raccolte da enti veterinari nazionali, associazioni di agricoltori e letteratura scientifica. E’ stata effettuata un’elicitazione della conoscenza di esperti (EKE) per classificare gli allevamenti di suini all’aperto in base al loro rischio di introdurre e diffondere la PSA, onde classificare le misure di biosicurezza in base alla loro efficacia, e proporre migliorie in termini di biosicurezza.

Scientific opinion on African swine fever and outdoor farming of pigs

Fonte: EFSA




Sulla dibattuta origine di SARS-CoV-2

covid-19Nel dibattito sull’origine di SARS-CoV-2, recentemente riacceso dall’ipotesi che l’agente della CoViD-19 abbia avuto origine nei laboratori dell’Istituto di Virologia di Wuhan in Cina, l’ipotesi dell’origine “artificiale” si interseca con quella dell’origine “naturale” di SARS-CoV-2.

Secondo Giovanni Di Guardo – già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo – l’origine naturale risulterebbe però avvalorata da una serie di dati, sia storici che attuali.

Fra gli elementi storici a supporto dell’origine naturale va ricordato, prima di tutto, che gli agenti responsabili delle cosiddette “malattie infettive emergenti” nel 70% dei casi (almeno) avrebbero una comprovata o sospetta origine animale e che, più nello specifico, i due betacoronavirus della SARS e della MERS sono originati da un serbatoio animale “primario” (pipistrelli) e da un ospite “intermedio” (zibetto e dromedario, rispettivamente).

I dati attuali portano a considerare l’elevata similitudine genetica (oltre il 96%) che SARS-CoV-2 condivide con un altro coronavirus isolato in Cina dai pipistrelli (RA-TG13), il che renderebbe oltremodo plausibile la sua origine naturale.

Non senza aver sottolineato anche il lungo viaggio che in poco più di un anno avrebbe portato SARS-CoV-2 ad infettare, in condizioni assolutamente naturali, un elevato numero di specie animali domestiche (gatto, cane) e selvatiche (visone, tigre, leone, puma, leopardo delle nevi), nonché ad evolvere in una serie di temibili varianti.

Leggi la lettera integrale pubblicata da Il Fatto Quotidiano del 5 giugno