Nuove specie di flebotomi in Pianura Padana

Uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha riportato la presenza di alcune specie di flebotomi in aree della Pianura Padana dove non erano mai stati segnalati prima, e che possono trasmettere la leishmaniosi nei cani. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Parasites & Vectors.

Identikit dei flebotomi

flebotomi o ‘pappataci’ sono piccoli ditteri ematofagi, vettori di diversi patogeni, tra i quali i più noti sono i protozoi del genere Leishmania e i virus del genere Phlebovirus. L’insetto adulto ha dimensioni ridotte (2-4 mm di lunghezza), è di color sabbia e ha il corpo e le ali ricoperti da una fitta peluria, grazie alla quale è in grado compiere un volo silenzioso e di nutrirsi senza emettere alcun rumore (da cui il nome ‘pappatacio’: “mangia e taci”).

Uno studio condotto da ricercatori dell’IZSVe ha riportato la presenza di alcune specie di flebotomi in aree della Pianura Padana dove non erano mai stati segnalati prima. Dal 2017 al 2019 sono stati catturati più di 300 esemplari grazie alle trappole utilizzate per la sorveglianza entomologica della West Nile Disease. Di notevole interesse il ritrovamento per la prima volta in Veneto e Friuli Venezia Giulia della specie Phlebotomus perfiliewi (vettore di Leishmania infantum e Toscana virus), specie che aveva il suo limite di distribuzione al Nord Italia sull’Appennino emiliano.

In Italia sono presenti otto specie e le più comuni sono P. papatasiP. perniciosus e P. perfiliewi. I flebotomi sono molto comuni nelle aree del Centro e Sud Italia, mentre sono meno abbondanti nelle regioni settentrionali; qui sono confinate ad aree collinari e pedemontane, caratterizzate da un’altitudine compresa tra 100 e 800 metri, vegetazione abbondante e clima mite.

Espansione verso nord e in Pianura Padana

In studi sulla distribuzione di questi vettori condotti in passato era spesso riportato che “i flebotomi sono assenti in Pianura Padana”. Il motivo non è mai stato ben chiarito; probabilmente le condizioni climatiche e geologiche della pianura Padana non erano idonee allo sviluppo delle diverse specie di flebotomi.

Tuttavia, negli ultimi anni venivano segnalati sporadici ritrovamenti di alcuni esemplari di questo insetto. Partendo da questi “insoliti ritrovamenti” il Laboratorio di parassitologia, micologia ed entomologia sanitaria dell’IZSVe ha cominciato a raccogliere tutti gli esemplari di flebotomi che venivano catturati accidentalmente con le trappole utilizzate per la sorveglianza entomologica della West Nile Disease, quindi utilizzate per la cattura delle zanzare.

Dal 2017 al 2019 sono stati catturati più di 300 esemplari appartenenti alle specie Phlebotomus perniciosusP. perfiliewiP. mascittii e Sergentomyia minuta in aree di pianura, sia in ambienti rurali che peri-urbani. È stata osservata un’estensione dell’areale di distribuzione dei flebotomi, la cui presenza è stata segnalata in zone a maggiori latitudini e a diverse altitudini (addirittura anche a -2 metri), ambienti che si discostano da quelli tradizionalmente considerati idonei allo sviluppo di questi insetti. Di notevole interesse il ritrovamento per la prima volta in Veneto e Friuli Venezia Giulia della specie P. perfiliewi (vettore di Leishmania infantum e Toscana virus), specie che aveva il suo limite di distribuzione al Nord Italia sull’Appennino emiliano.

Sebbene in queste aree il numero di esemplari trovati è comunque limitato e inferiore a quello osservato negli ambienti tipicamente abitati dai flebotomi, la presenza di un vettore di patogeni in aree considerate ‘free’ è di grande rilevanza. Quindi, anche in Pianura Padana bisogna cominciare a porre attenzione nel proteggere i propri animali domestici (il cane principalmente) dalle punture di questi insetti, utilizzando prodotti repellenti registrati per la prevenzione della leishmaniosi.

Fonte: IZS delle Venezie




Apicoltura 2021 – Ruolo del Medico Veterinario nell’apicoltura moderna

imparare

Nell’ambito di Apicoltura 2021 si terrà il corso dal titolo RUOLO DEL MEDICO VETERINARIO NELL’APICOLTURA MODERNA il giorno 1 ottobre 2021 presso la Cooperativa Speranza a Mantova.

Il Convegno Apicoltura 2021, accreditato ECM,  si terrà invece il giorno 2 ottobre a Lazise (VR) presso Dogana Veneta, patrocinato dalla SIMeVeP.

Programma e scheda di iscrizione – 1 ottobre 2021

ECM Apicoltura 2021 – 2 ottobre 2021




Un approccio olistico per valutare il rischio per la salute umana delle nano- e microplastiche

microplasticheUn consorzio internazionale ha recentemente pubblicato una sintesi dei possibili nuovi paradigmi di cui bisogna tener conto per valutare il rischio per la salute umana associato all’esposizione alle nano- e microplastiche attraverso cibo e aria. L’approccio proposto prevede l’acquisizione di nuovi dati mediante l’impiego di nuove tecnologie, strumenti modellistici innovativi e il coinvolgimento partecipato di cittadini, esperti scientifici e portatori di interesse. La review è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nanoplastics and Microplastics, leader del settore.

Il consorzio, guidato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e denominato PLASTIRISK, ha riunito importanti e riconosciuti esperti europei in una proposta scientifica che affronta il tema del rischio per la salute umana associato all’ingestione e inalazione di nano- e microplastiche.

Maggiori informazioni sul sito dell’IZS delle Venezie




Primo nido di Vespa orientalis in Toscana

Continuano, le segnalazioni di Vespa orientalis nel sud della Toscana. Dopo la conferma della presenza di tale specie nel territorio regionale con la prima segnalazione documentata nell’autunno 2020 a Grosseto, è notizia di questi giorni il ritrovamento della prima colonia ancora attiva di tale calabrone, ancora una volta nel centro di Grosseto.

Altre 2 segnalazioni di adulti di Vespa orientalis concentrate nei pressi del centro urbano di Grosseto. Non è possibile escludere che gli adulti osservati possano provenire anche da altre colonie.

L’articolo integrale sul sito Stop Velutina




Position paper sul sistema di etichettatura nutrizionale volontaria NutrInform Battery

Diversi accademici e scienziati si sono pronunciati a favore del Nutrinform Battery realizzando un documento condiviso.

Il documento identifica il sistema di etichettatura nutrizionale FOP proposto dall’Italia come uno strumento utile per facilitare e migliorare la comprensione delle caratteristiche di composizione nutrizionale dell’alimento, consentendone il collocamento all’interno di una dieta varia ed equilibrata, scongiurando il rischio di semplificare l’educazione alimentare e di trascurare la complessità dei criteri e delle raccomandazioni nutrizionali ampiamente supportate dalle evidenze scientifiche.

Position paper sul sistema di etichettatura nutrizionale volontaria NutrInform Battery

Fonte: Ministero della salute




Trichinella in una lupa in provincia di Arezzo

I laboratori della sezione di Arezzo dell’IZS Lazio e Toscana hanno riscontrato larve di Trichinella britovi (come da conferma del Laboratorio nazionale di Riferimento presso l’Istituto Superiore di Sanità) nel muscolo tibiale anteriore di una lupa trovata morta nel comune di Subbiano, probabilmente a seguito di trauma stradale.

Nelle regioni Toscana e Lazio vi sono state altre segnalazioni del parassita negli scorsi anni:

  • marzo 2013: riscontro di larve Trichinella in una volpe ancora in provincia di Arezzo
  • gennaio 2013: ventisei persone, tra cacciatori e loro familiari, sono state colpite da trichinellosi nell’Alta Val del Serchio a seguito dell’ ingestione di salsicce di cinghiale crude contaminate;
  • Nella stagione venatoria 2019-2020 la sezione di Latina dell’IZS Lazio e Toscana ha identificato larve di Trichinella nelle carni di cinghiali abbattuti a caccia, poi identificate come appartenenti alla specie Trichinella britovi

Tutte le informazioni sulla trichinellosi sul sito dell’IZS LT




SARS-CoV-2, aumenta il numero delle specie animali sensibili

E’ di poche settimane fa la notizia relativa alla presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 – il famigerato coronavirus responsabile della CoViD-19 – in un’elevata percentuale (40%) di “cervi a coda bianca” popolanti la regione nord-orientale degli USA.

Ciò desta preoccupazione per una serie di motivi, come ho anche riferito in una mia “Lettera all’Editore” pubblicata sulla prestigiosa Rivista BMJ .

Degna della massima considerazione sarebbe, in primo luogo, l’avvenuta esposizione al virus della succitata popolazione di cervidi, ai quali lo stesso sarebbe stato trasmesso, con ogni probabilità, da uno o più individui SARS-CoV-2-infetti. In secundis, la propagazione dell’infezione ad un così ingente numero di esemplari suggerisce che il virus si sarebbe trasmesso all’interno della specie, il cui comportamento gregario ne avrebbe favorito la diffusione.

Numerose sono, altresì, le specie animali domestiche e selvatiche già dichiarate suscettibili nei confronti dell’infezione (naturale e/o sperimentale) da SARS-CoV-2. Fra queste si annoverano gatto, cane, criceto, furetto, leone, tigre, leopardo delle nevi, puma, gorilla, lontra e visone: elenco tutt’altro che esaustivo, ma che già di suo denota la notevole “plasticità” del virus, presumibilmente originatosi da uno o più “serbatoi” animali e capace d’infettare specie filogeneticamente assai distanti fra loro.

Un discorso a parte in tale ambito lo merita il visone, in cui SARS-CoV-2, una volta acquisito dall’uomo, sarebbe evoluto in una temibile “variante” (“cluster 5) per esser quindi “restituito” all’uomo in forma mutata, come è stato dimostrato un anno fa in numerosi allevamenti di visoni olandesi e danesi.

La comprovata capacità d’infettare in condizioni naturali un crescente numero di specie animali domestiche e selvatiche andrebbe pertanto considerata ai fini sia della loro salute e conservazione sia del potenziale sviluppo di nuove varianti di SARS-CoV-2, nella sana ottica della “One Health“, alias la “salute unica” di uomo, animali ed ambiente.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Usda conferma la positività di alcuni cervi a SARS-CoV-2

Il 27  agosto 2021 i National Veterinary Services Laboratories (NVSL) del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) hanno confermato il rilevamento di SARS-CoV-2 in alcuni cervi selvatici dalla coda bianca in Ohio.

Si tratta del primo caso di confermato in tutto il mondo. Studi precedenti avevano dimostrato che i cervi possono essere infettati sperimentalmente dal virus  e che alcuni cervi selvatici avevano anticorpi contro il virus.

Il comunicato integrale, in inglese, sul sito USA




Metà delle specie aliene marine arrivano in Ue via nave

Il trasporto marittimo svolge e continuerà a svolgere un ruolo essenziale nel commercio e nell’economia mondiale ed europea. Negli ultimi anni, il settore marittimo ha adottato misure significative per alleviare il proprio impatto ambientale.

In vista di un atteso aumento dei trasporti via mare a livello globale, con riferimento all’UE la relazione sull’impatto ambientale del trasporto marittimo europeo, presentata dall’Agenzia europea dell’ambiente e dall’Agenzia europea per la sicurezza marittima,  rivela per la prima volta la piena portata dell’impatto di tale settore sull’ambiente e individua le problematiche da risolvere per conseguire uno sviluppo sostenibile.

Dalla relazione emerge che nel complesso, dal 1949, il settore del trasporto marittimo è il principale responsabile dell’introduzione di specie non indigene nei mari dell’UE (circa il 50%), la maggior parte delle quali è stata rilevata nel Mediterraneo. Si tratta di un totale di 51 specie, tutte classificate ad alto impatto, perché possono incidere sugli ecosistemi e sulle specie autoctone. La relazione segnala anche che i dati disponibili per valutare l’impatto complessivo sugli habitat e sulle specie sono limitati.

Secondo il rapporto le navi che fanno scalo nei porti dell’Ue e dello Spazio economico europeo hanno generato circa 140 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2018, il 18% delle emissioni da trasporto marittimo su scala mondiale.

Migliora la situazione delle perdite di petrolio. Nonostante i volumi trasportati via mare siano aumentati negli ultimi 30 anni, su un totale di 18 grandi fuoriuscite accidentali di petrolio nel mondo dal 2010, solo tre sono state localizzate nell’Ue (17%).

A cura della segreteria SIMeVeP




Il Rapporto ISPRA sulla biodiversità in Italia

Ancora a rischio specie e habitat marini e terrestri. Necessari interventi di contrasto per il 35% delle specie esotiche piu’ pericolose

Situazione critica per le specie e gli habitat che popolano il nostro Paese: seppur tutelati ormai da decenni, sono in stato di conservazione sfavorevole il 54% della flora e il 53% della fauna terrestre, il 22% delle specie marine e l’89% degli habitat terrestri, mentre gli habitat marini mostrano status favorevole nel 63% dei casi e sconosciuto nel restante 37%.

E’ quanto emerge dal Rapporto ISPRA sulla biodiversità in Italia, disponibile on line sul sito dell’Istituto, che presenta il quadro aggiornato dello stato di conservazione delle specie animali e vegetali e degli habitat tutelati a livello comunitario presenti nel nostro Paese in ambito sia marino che terrestre. Il volume fornisce una sintesi commentata dei risultati che emergono dai dati italiani prodotti in risposta a direttive e regolamenti europei in materia di biodiversità e presenta i risultati emersi dalle tre rendicontazioni trasmesse dall’Italia alla Commissione
Europea nel 2019 nell’ambito delle Direttive Habitat e Uccelli e del Regolamento per il contrasto alle specie esotiche invasive.

L’Italia è tra i Paesi europei con maggior ricchezza di specie e habitat e con i più alti tassi di specie esclusive del proprio territorio; i dati presentati nel Rapporto, infatti, riguardano 336 specie di uccelli, 349 specie animali e vegetali e 132 habitat presenti nel nostro territorio e nei nostri mari, oltre che 31 specie esotiche invasive.

I risultati relativi all’avifauna mostrano che nonostante il 47% delle specie nidificanti presenti un incremento di popolazione o una stabilità demografica, il 23% delle specie risulta in decremento e il 37% è stato inserito nelle principali categorie di rischio di estinzione.

Inoltre il 35% delle specie esotiche invasive individuate come le più pericolose a scala europea presenti in Italia, non è stato ancora oggetto di alcun intervento gestionale finalizzato al contrasto. Ricchezza di specie e habitat sono accompagnati in Italia da elevata densità di
popolazione, forte pressione antropica e inarrestabile consumo di suolo.

In ambito terrestre tra le pressioni che minacciano la nostra biodiversità l’agricoltura è la principale causa di deterioramento per specie e habitat, seguita dallo sviluppo di infrastrutture e dall’urbanizzazione.

Tali pressioni sono tra le più ricorrenti anche per l’avifauna; in particolare le minacce connesse alle moderne pratiche agricole si ritiene abbiano inciso in modo determinante sulla drastica diminuzione delle popolazioni di specie tipiche degli ambienti agricoli, soprattutto in pianura e dove c’è maggiore utilizzo delle colture intensive.

In ambito marino il Rapporto mostra invece che le attività di prelievo e le catture accidentali rappresentano le maggiori fonti di pressione sulle specie di interesse comunitario, accompagnate dall’inquinamento, dai trasporti marittimi e dalla costruzione di infrastrutture, che insistono anche sulla maggioranza degli habitat marini, insieme alle attività con attrezzi da pesca che interagiscono fisicamente con i
fondali.

I risultati fanno emergere l’urgente necessità di un maggiore impegno nella conservazione e gestione di specie e habitat in Italia, anche in riferimento agli obiettivi della nuova Strategia Europea sulla Biodiversità per il 2030. È anche essenziale rafforzare gli sforzi di monitoraggio, perché le norme comunitarie impongono un salto di qualità nei dati che dovranno essere trasmessi nei prossimi anni.

Fonte: ISPRA