Giornata Mondiale dell’Alimentazione

 In occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione che si celebra ogni anno il 16 ottobre, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«La Giornata Mondiale dell’Alimentazione offre una preziosa opportunità di riflessione sulle drammatiche conseguenze della pandemia, segnate dall’aumento dei livelli di povertà e malnutrizione.

Lo stato della sicurezza alimentare nel mondo è sensibilmente peggiorato. La comunità internazionale dovrà saper dare adeguato seguito alle raccomandazioni del recente vertice sui sistemi alimentari, valorizzando le naturali sinergie del sistema ONU e le competenze delle agenzie delle Nazioni Unite insediate a Roma.

L’Italia, Presidente di turno del G20, ha assunto come temi quelli di People, Planet e Prosperity.

Si tratta di riprendere uno degli intenti più ambiziosi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: “sconfiggere la fame”.

La Dichiarazione di Matera sulla sicurezza alimentare e l’iniziativa tesa a mobilitare una nuova “coalizione per il cibo”, sono punti fermi da cui muovere, nel pieno rispetto delle culture alimentari di ciascuno, consapevoli che non esistono soluzioni preconfezionate per raggiungere l’obiettivo “fame zero”.

La sostenibilità ambientale è a sua volta cruciale a questo fine e interpella l’impatto climatico determinato dalla stessa produzione agricola e dall’allevamento.

La COP26 sul clima, che vede coinvolta l’Italia in partenariato con il Regno Unito, costituirà una tappa importante di un percorso di attenzione al rapporto tra nutrizione e cura dell’ambiente, tema essenziale se vogliamo consegnare alle giovani generazioni un futuro ricco di opportunità.»

 




Covid-19, il lungo viaggio dagli animali all’uomo

Secondo un lavoro appena pubblicato in forma di preprint, ovvero non ancora sottoposto a peer review (“revisione tra pari”), il betacoronavirus responsabile della Covid-19, SARS-CoV-2, sarebbe emerso nel 2019 in Cina differenziandosi in due distinti “lineages”, A e B, il secondo apparentemente più diffuso rispetto al primo e circolante ab initio nell’ormai famoso mercato del pesce di Wuhan, da dove si sarebbe progressivamente propagato al resto del mondo, dando vita alla drammatica pandemia con la quale conviviamo oramai da quasi due anni.

Secondo gli autori del contributo in questione, i due “lineages” potrebbero aver tratto origine da un primario ospite o “serbatoio” animale, che molti studiosi identificherebbero nei pipistrelli del genere Rinolophus, analogamente a quanto già accertato per i due coronavirus responsabili della SARS e della MERS.

Qualora l’origine naturale di SARS-CoV-2 – ritenuta più probabile e plausibile rispetto a quella artificiale o “laboratoristica” – dovesse risultare comprovata dalle ricerche future, la comparsa, più o meno contemporanea, di due distinti clusters virali potrebbe recare con sé una serie di intriganti implicazioni: prima fra tutte, non un singolo, bensì due salti di specie (spillover) separati che il “progenitore” di SARS-CoV-2 avrebbe compiuto dal mondo animale all’uomo. Ipotesi affascinante, ma pur sempre un’ipotesi!

I detrattori dell’origine naturale sostengono, di contro, che SARS-CoV-2 abbia avuto origine nei laboratori dell’Istituto di Virologia di Wuhan, dove tre ricercatori avrebbero sviluppato i sintomi della malattia già a novembre 2019, almeno un mese prima che la Cina comunicasse l’avvenuta identificazione del nuovo coronavirus. In verità, una serie di studi condotti in Europa e altrove avevano consentito di rilevare la presenza del virus nella popolazione umana già diversi mesi prima di quella data.

Cosa ci dicono i dati sull’origine del virus

L’origine “laboratoristica” di SARS-CoV-2 viene teorizzata sulla base della cosiddetta “gain of function”, l’acquisizione di nuove funzioni conseguente alle manipolazioni genetiche effettuate in laboratorio. Fra queste rientrerebbe, in primis, la capacità del virus di infettare le nostre cellule e di propagarsi nella nostra specie.

Su questo fondamentale crocevia l’ipotesi dell’origine artificiale si interseca, giustappunto, con quella dell’origine naturale di SARS-CoV-2, che risulterebbe avvalorata da una serie di dati, sia storici che attuali:
– i primi ci rimandano agli agenti responsabili delle cosiddette malattie infettive emergenti, che nel 70% e più dei casi avrebbero una comprovata o sospetta origine animale e, più nello specifico, ai due betacoronavirus della SARS e della MERS, originanti da un serbatoio animale “primario” (pipistrelli) e da un ospite “intermedio” (zibetto e dromedario, rispettivamente);
– per i secondi, invece, l’elevata similitudine genetica (oltre il 96%) che SARS-CoV-2 condivide con altri due coronavirus isolati in Cina dai pipistrelli (RA-TG13 e RmYN02) renderebbe plausibile la sua origine naturale.

Tutto ciò non senza aver posto adeguata enfasi sul lungo viaggio che in un paio di anni avrebbe portato SARS-CoV-2 a infettare, in condizioni assolutamente naturali, un elevato numero di specie animali domestiche (gatto, cane) e selvatiche (visone, tigre, leone, puma, leopardo delle nevi, lontra, gorilla, cervo a coda bianca), nonché a evolvere in una serie di temibili varianti, quali ad esempio la “cluster 5”, che si sarebbe selezionata per l’appunto negli allevamenti di visoni olandesi e danesi, per esser quindi trasmessa dal visone stesso all’uomo.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

Lettera pubblicata anche su Il Mattino e su saperescienza.it




Virus Yezo: scoperto in Giappone un virus precedentemente sconosciuto collegato a una malattia infettiva “emergente”

In Giappone è stato scoperto un nuovo virus che può essere trasmesso da punture di zecca. Soprannominato virus Yezo (YEZV), può causare febbre e altri sintomi negli esseri umani. Un caso della misteriosa malattia è stato registrato nel 2019 dopo che un uomo di 41 anni è stato ricoverato in ospedale con sintomi, tra cui febbre e dolore alle gambe, ha riportato l’Università di Hokkaido in un comunicato stampa. L’uomo è stato punto da un “artropode ritenuto una zecca”, ma i test hanno rivelato che non era infetto da nessuno dei virus delle zecche conosciuti nella regione. Sebbene l’uomo sia stato dimesso dall’ospedale dopo due settimane, un anno dopo è stato segnalato un altro caso della misteriosa malattia, con il paziente che mostrava sintomi simili.

Nuovo orthonairovirus 

In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, un team di ricercatori ha identificato il nuovo orthonairovirus attraverso l’analisi genetica dei campioni di sangue raccolti dai due pazienti. Inoltre, sono stati analizzati campioni di sangue di 248 pazienti sospettati di avere una malattia trasmessa da zecche e hanno scoperto che c’erano in totale sette casi dal 2014 al 2020. Il virus “YEZV è filogeneticamente raggruppato con il virus Sulina rilevato nelle zecche Ixodes ricinus in Romania”. Il nome del nuovo virus fa riferimento allo storico nome giapponese di Hokkaido, il luogo in cui è stata scoperta la malattia. Per individuare il serbatoio naturale del virus a Hokkaido, il team di ricercatori ha esaminato campioni di siero raccolti da animali selvatici a Hokkaido dal 2010 al 2020. Nei cervi e procioni shika di Hokkaido sono stati trovati anticorpi di YEZV; inoltre è stato identificato l’RNA YEZV in “tre principali specie di zecche” raccolte dal 2016 al 2020. “Abbiamo dimostrato che dal 2014 almeno sette pazienti sono stati infettati da YEZV e che animali selvatici e zecche potrebbero essere potenziali serbatoi del virus, suggerendo che l’infezione da YEZV è endemica in quest’area”, il team di ricercatori comunica.

Fonte: IZS Teramo

 




Prima segnalazione confermata di Vespa orientalis in Sardegna

Il calabrone orientale, Vespa orientalis, sembra essere sbarcato anche in Sardegna. E’ del 9 Settembre la segnalazione della presenza di tale calabrone nell’isola, pervenuta alla rete STOPVelutina per mezzo di un video registrato a Cagliari da Ignazio Trogu, in cui viene ripreso un individuo adulto di Vespa orientalis.

Non è possibile sapere al momento se la segnalazione riguardi un singolo individuo giunto per caso nel capoluogo sardo tramite i trasporti e gli scambi marittimi, o se l’osservazione di tale adulto possa essere la spia della presenza di un nido di Vespa orientalis nell’isola.

La Sardegna rappresenterebbe in tal caso una nuova regione colonizzata da Vespa orientalis, che tuttavia non è l’unico calabrone “alieno” in Sardegna; nell’isola, infatti, non sono presenti naturalmente specie del genere Vespa e solo in anni recenti il calabrone europeo, Vespa crabro, è stato accidentalmente introdotto nel nord dell’isola, nella zona portuale di Olbia, presumibilmente tramite i trasporti marittimi, e da qui si sta spostando progressivamente in altre aree dell’isola.

La rete STOPVelutina ha prontamente allertato i colleghi dell’università di Sassari che si occupano del monitoraggio di Vespa crabro nell’isola, così da poter attivare la loro rete anche nella zona di Cagliari per valutare l’effettiva presenza di Vespa orientalis.

Per chiunque volesse aderire alla campagna di monitoraggio e segnalazione di Vespa crabro e Vespa orientalis in Sardegna, oltre che sul sito STOPVelutina, è possibile inviare le segnalazioni alla Dr.ssa M. Pusceddu dell’Università di Sassari, all’indirizzo email mpusceddu@uniss.it, e sulla pagina Facebook “Monitoraggio Vespa crabro in Sardegna“.

Fonte: stopvetulina.it




Allevamento più sostenibile di cozze e ostriche

L’acquacoltura rappresenta il settore di produzione di alimenti animali in più rapida espansione al mondo, eppure in passato è rimasta indietro rispetto ad altri settori alimentari per quanto riguarda l’adozione di sistemi informativi di maggiore efficienza.

Al momento, il settore dell’acquacoltura, trainato dalla visione dello sviluppo sostenibile sta introducendo velocemente tecnologie che renderanno la gestione degli allevamenti ittici più ecologica ed efficiente. Tra le aree di innovazione figura l’acquacoltura di precisione. Questa tecnologia si avvale di una miriade di sensori interconnessi per il monitoraggio delle condizioni dell’allevamento ittico, sostenendo gli allevatori nel prendere decisioni volte all’ottimizzazione della salute ittica e del ritorno economico e, al tempo stesso, riducendo al minimo gli impatti ambientali.

In altri termini, l’acquacoltura di precisione possiede il potenziale di trasformare il settore dell’acquacoltura. Un articolo recente pubblicato sul sito web «Global Seafood Alliance» si concentra sulla produzione sostenibile di bivalvi, quali cozze e ostriche, allevati impiegando questa tecnologia. L’articolo è il quinto di una serie dedicata all’agricoltura di precisione pubblicata con il sostegno del progetto GAIN, finanziato dall’UE. Seguendo la scia dei quattro articoli di presentazione dell’acquacoltura di precisione e della sua applicazione nell’allevamento di trote, nel settore dei branzini e delle orate del Mediterraneo e in quello del salmone, quest’ultimo articolo si occupa dell’acquacoltura di bivalvi.

Fare i conti con i rischi dell’acquacoltura di bivalvi

L’articolo illustra gli strumenti innovativi dell’acquacoltura di precisione sviluppati dal gruppo di GAIN per contribuire alla previsione di eventi avversi sulla qualità dell’acqua che potrebbero pregiudicare l’acquacoltura di bivalvi e comportare chiusure dei siti. «La produzione di bivalvi allevati fa affidamento sull’eccellente qualità dell’acqua, che spesso esula dal controllo degli allevatori.

Alcuni eventi specifici che condizionano la qualità dell’acqua, tra cui la fioritura di alghe, la risalita delle acque profonde (upwelling) ricche di sostanze nutritive o il deflusso urbano, possono sfociare in chiusure normative dei siti di allevamento dei bivalvi per prevenire l’immissione sul mercato dei bivalvi contaminati, arrecando pertanto danni economici gravi agli allevatori. La portata e l’intensità di tali eventi peggiorativi della qualità dell’acqua sono difficili da prevedere poiché sono innescati da combinazioni complesse di diversi fattori interagenti», spiegano gli autori. Al fine di fornire agli allevatori di bivalvi un sistema di allerta precoce e di favorire una previsione e una gestione delle decisioni migliori, il gruppo ha impiegato strumenti basati sull’apprendimento automatico per modellare le condizioni ambientali. I dati adoperati per la modellizzazione comprendevano sensori ambientali in loco, dati provenienti da satelliti e dall’oceano aperto, dati meteorologici e schemi di temperature e correnti, che sono stati tutti confrontati con i dati relativi alle chiusure passate dei siti. L’integrazione delle fonti di dati è avvenuta su una piattaforma basata su cloud che permette il monitoraggio in tempo reale dei siti di acquacoltura dei bivalvi. «La modellizzazione e l’apprendimento automatico hanno inoltre incorporato dati necessari alle disposizioni statutarie per la legislazione a livello statale e dell’UE, comprese la direttiva quadro sulle acque (“buono stato ecologico”) e la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (“buono stato ambientale”).

L’archiviazione dei dati in una soluzione centralizzata basata su cloud aiuterà inoltre gli allevatori a ottenere certificazioni sulla sostenibilità», si afferma nell’articolo. Le prove sono state eseguite presso il sito pilota di Sagres sulla costa dell’Algarve nella parte sud-occidentale del Portogallo. Tuttavia, l’utilizzo dell’apprendimento automatico per la creazione di modelli predittivi specifici per il sito permette il facile adattamento della tecnologia ad allevamenti di bivalvi in altri luoghi. L’attività di ricerca ha riscontrato alcune forti variazioni nelle condizioni di chiusura «tra siti, evidenziando l’esigenza di tecniche di modellizzazione e di apprendimento automatico che si servono di dati specifici per ciascun sito e per la sua storia al fine di prevedere le condizioni di chiusura.» Basandosi sull’apprendimento automatico di tipo semiautomatico, gli strumenti per l’acquacoltura di precisione del gruppo «permettono di raggiungere tale livello di precisione.» Il gruppo del progetto GAIN (Green Aquaculture Intensification in Europe) ha attualmente raggiunto la fase di collaudo del prodotto finale per il settore industriale.

Fonte: Commissione Europea




Tetrodotossine nei molluschi bivalvi, primo rilevamento nell’Adriatico settentrionale

Analisi di laboratorio condotte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) su alcuni campioni di cozze provenienti dalla laguna di Marano hanno riscontrato una presenza notevole di tetrodotossine, sostanze tossiche che costituiscono un serio rischio per la salute dei consumatori. Si tratta del primo rilevamento di queste tossine in molluschi bivalvi provenienti dall’area settentrionale del Mare Adriatico.

Analisi di laboratorio condotte dall’IZSVe su alcune cozze provenienti dalla laguna di Marano, in provincia di Udine, hanno riscontrato una presenza notevole di tetrodotossine, sostanze tossiche che costituiscono un serio rischio per la salute dei consumatori, note anche come “veleno del pescepalla”.

Le analisi svolte e i loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Food control dai ricercatori dell’IZSVe, in collaborazione con esperti del Centro di Ricerche Marine di Cesenatico (Laboratorio nazionale di riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine), dell’Università “Federico II” di Napoli, del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) e dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Friuli Venezia Giulia (ARPA FVG).

Il veleno del pesce palla

Le tetrodotossine sono neurotossine con effetti potenzialmente letali per l’uomo: se ingerite ad alte dosi possono bloccare la conduzione nervosa, provocando paralisi e blocchi cardiorespiratori. Sono note comunemente come “veleno del pesce palla”, in quanto sono state identificate per la prima volta in questa famiglia di pesci (tetrodontidi). I pesci palla convivono infatti con batteri simbionti produttori di tetrodotossine: per questo mangiare la carne dei pesci palla è molto rischioso.

Gli avvelenamenti da tetrodotossine sono frequenti in diversi Paesi del sud-est asiatico nei quali viene fatto largo consumo di questi pesci, come ad esempio Giappone, Taiwan e Bangladesh. In Giappone, in particolare, il pesce palla è alla base di un piatto tradizionale chiamato fugu, che per legge può essere preparato solo da cuochi autorizzati con una licenza speciale, rilasciata dalle autorità sanitarie a seguito di un esame molto selettivo.

Nell’Unione Europea e in molti altri Paesi del mondo invece il commercio dei tetrodontidi per scopi alimentari è vietato.

Le tetrodotossine nei mari europei

I campioni era stati prelevati dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria locale competente nell’ambito dei programmi di monitoraggio e controllo ufficiale degli allevamenti di acquacoltura. Si tratta del primo rilevamento di queste sostanze in molluschi bivalvi provenienti dall’area settentrionale del Mare Adriatico, e della quantità più alta mai riscontrata in molluschi bivalvi europei.

Le tetrodotossine sono presenti non solamente nei pesci palla, ma anche in diverse altre specie ittiche come i polpi dagli anelli blu (Hapalochlaena) e in vari crostacei e gasteropodi marini.

Tradizionalmente, in Europa la presenza di queste sostanze negli organismi acquatici non era considerata una minaccia rilevante per i consumatori. Solo in tempi recenti ricercatori e autorità hanno iniziato a occuparsi di questo rischio, in seguito alla diffusione nel Mediterraneo di specie invasive note per essere portatrici di tetrodotossine, come il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus).

Nel 2008 è stata segnalata la prima intossicazione umana da tetrodotossine in Europa, avvenuta in Spagna e dovuta al consumo di un gasteropode contaminato proveniente da mari portoghesi. Inoltre, negli ultimi anni Paesi come il Regno Unito, la Grecia, i Paesi Bassi e l’Italia hanno segnalato la presenza di tetrodotossine in numerosi campioni di molluschi bivalvi, anche specie importanti per l’acquacoltura europea come le cozze (Mytilus sp.) e le ostriche (Crassotea Gigas).

In questo contesto si inserisce la segnalazione effettuata dai ricercatori dell’IZSVe, che hanno riscontrato la presenza di tetrodotossine in alcuni campioni di cozze del mediterraneo (Mytilus galloprovincialisprelevati nel maggio 2017 e nel maggio 2018 dalla laguna di Marano, in provincia di Udine.

I campioni erano stati prelevati dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria locale competente nell’ambito dei programmi di monitoraggio e controllo ufficiale degli allevamenti di acquacoltura presenti sul territorio. Le analisi hanno riscontrato nelle cozze un accumulo di tetrodotossine pari a 541 μg/kg nei campioni del 2017 e 216 μg/kg in quelli del 2018: la quantità più alta di queste sostanze mai riscontrata in molluschi bivalvi europei.

Per cercare di comprendere meglio questo fenomeno i ricercatori dell’IZSVe stanno continuando a monitorare i molluschi delle aree lagunari dell’Alto Adriatico attraverso un progetto di Ricerca Corrente finanziato dal Ministero della Salute (RC 01/19). Lo studio è ancora in corso, ma dai primi dati raccolti sembra emergere che il periodo delle contaminazioni sia delimitato alla tarda primavera.

Fonte: IZS delle Venezie




Glifosato: EFSA ed ECHA avviano le consultazioni

L’EFSA e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) hanno avviato consultazioni parallele sulle valutazioni scientifiche iniziali del glifosato. Le consultazioni si protrarranno per 60 giorni e tutte le parti interessate sono invitate a contribuire. 

Durante le consultazioni parallele l’EFSA raccoglierà osservazioni sul “rapporto di valutazione sul rinnovo del glifosato”, mentre la consultazione indetta dall’ECHA verte sul dossier in tema di armonizzazione della classificazione ed etichettatura del glifosato.

Entrambe le valutazioni scientifiche iniziali sottoposte a consultazione quest’oggi sono state predisposte dal Gruppo di Valutazione sul Glifosato (AGG), che comprende enti nazionali competenti di Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia.

L’EFSA e l’ECHA, agenzie dell’UE, intendono essere trasparenti e rendere partecipi i cittadini e le parti interessate quanto più possibile al proprio lavoro. Tutte le parti interessate sono invitate a contribuire alle consultazioni presentando commenti pertinenti o informazioni e dati scientifici. Le consultazioni rimarranno aperte per 60 giorni e, una volta terminate, tutti i commenti pertinenti saranno pubblicati sui siti web delle due agenzie.

Al termine delle consultazioni ciascuna di esse collazionerà i commenti pertinenti ai rispettivi mandati. Per quanto concerne la procedura di classificazione armonizzata, il Gruppo di Valutazione sul Glifosato e il Comitato per la Valutazione dei Rischi (RAC) dell’ECHA vaglieranno i dati e i commenti ricevuti. Le considerazioni che ne deriveranno saranno messe a disposizione quando il RAC elaborerà il proprio parere sulla classificazione del glifosato ai sensi del Regolamento CLP dell’UE su classificazione, etichettatura e imballaggio.

La classificazione dei prodotti chimici è concepita esclusivamente in base alle proprietà pericolose di una sostanza, senza tenere conto del suo uso né della probabilità di esposizione alla sostanza stessa. L’esposizione viene invece valutata nell’ambito del processo di valutazione dei rischi connessi ai principi attivi nei pesticidi curato dall’EFSA.

Attualmente il glifosato è classificato in maniera armonizzata come sostanza che causa gravi danni agli occhi e tossica per la vita acquatica con effetti di lungo termine, sia prima che dopo la valutazione dell’ECHA del 2017. Non è stata invece ritenuta giustificata una classificazione in base a mutagenicità delle cellule germinali, carcinogenicità e tossicità riproduttiva. La valutazione scientifica iniziale condotta dall’AGG non prevede un cambiamento della classificazione in essere.

L’EFSA terrà conto delle risultanze del parere del RAC dell’ECHA sulla classificazione del glifosato nella propria revisione tra pari, la cui conclusione è prevista nella seconda metà del 2022. Al termine la Commissione europea, insieme ai gestori del rischio dei 27 Stati membri dell’UE, deciderà se rinnovare l’approvazione dell’impiego del glifosato nell’Unione.

Note informative

Il glifosato è una sostanza chimica ampiamente utilizzata nei prodotti fitosanitari (PPP). I PPP a base di glifosato (cioè i formulati contenenti glifosato, i coformulanti come gli agenti antischiuma e altre sostanze chimiche) sono utilizzati principalmente in agricoltura e orticoltura per controllare le erbe infestanti competitive rispetto alle colture.

Nel 2017 la Commissione europea ha concesso un’autorizzazione di cinque anni per il glifosato, il cui uso è attualmente ammesso nell’UE fino al 15 dicembre 2022. Ciò significa che esso può essere utilizzato come principio attivo nei PPP solo fino a tale data, purché ciascun prodotto sia stato autorizzato dai singoli enti nazionali a ciò preposti dopo una valutazione in termini di sicurezza.

Per partecipare alla consultazione pubblica cliccare sul link seguente:

Fonte: EFSA




Indagine internazionale sull’antibioticoresistenza in apicoltura

apicolturaAn international survey comparing antimicrobial resistance risk and  awareness between beekeepers in  Europe, the United Kingdom and North America”

Lo studio mostra i risultati di un’indagine internazionale on-line elaborata come strumento di valutazione del rischio sull’uso degli antimicrobici e la sensibilizzazione sulla resistenza antimicrobica tra gli apicoltori.

L’indagine è stata condotta in collaborazione tra la Divisione Produzione e Salute Animale della FAO, l’Appalachian State University (CARE) e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT).
Il sondaggio è durato 12 mesi in dieci lingue, a livello globale,  attraverso la piattaforma TECA (Tecnologie e Pratiche per i piccoli produttori agricoli) della FAO, in collaborazione con la Federazione Internazionale dell’Associazione degli Apicoltori (Apimondia).

Per quanto riguarda gli antibiotici, i risultati hanno mostrato, sia nel Nord America, nel Regno Unito e nell’Europa continentale, una percentuale piuttosto bassa di apicoltori (2-5%) che li utilizza per controllare le malattie infettive delle api mellifere.

In Europa non sono attualmente registrati antibiotici per le api perché si privilegia il controllo delle malattie infettive con l’applicazione di buone pratiche di apicoltura.

Per quanto riguarda la consapevolezza della resistenza antimicrobica da parte degli apicoltori, le esigenze specifiche di formazione sono legate alle carenti indicazioni in etichetta (soprattutto in Nord America) e  alle scarse conoscenze sulla funzione antimicrobica e sulla possibilità di trovarne i residui nei prodotti dell’alveare.

E’ importante garantire che gli apicoltori abbiano accesso a informazioni accurate, fornite da fonti affidabili e da esperti formati.

Fonte: IZS Lazio e Toscana




Osservatorio ASAPS 
Incidenti con animali primi sei mesi 2021

ASAPS, da sempre attenta ai problemi di sicurezza stradale, fornisce alcuni dati del suo Osservatorio sugli incidenti con animali  e  consigli agli automobilisti ma anche agli enti proprietari strade.
L’Osservatorio nei primi sei mesi 2021 ha registrato 76 incidenti significativi (l’Osservatorio considera  esclusivamente quelli con persone ferite o decedute, quelli con danni ai soli mezzi sono migliaia), col coinvolgimento di animali, (63 nei primi sei mesi del 2020 +20,6%)  nei quali   persone sono morte (come nello stesso periodo del 2020) e 86  sono rimaste seriamente ferite (82 nel primo semestre dell’anno scorso +4,9%). Le segnalazioni pervengono dai 600 referenti sul territorio e cronache della stampa.
In 70  casi l’incidente è avvenuto con un animale selvatico (92,1%) e in 6 (7,9%) con un animale domestico.
64 incidenti sono avvenuti di giorno e 12 di notte. 72  incidenti sono avvenuti sulla rete ordinaria e 4 nelle autostrade e extraurbane principali.
In 54 casi il veicolo impattante contro l’animale è stato una autovettura, in 17 casi un motociclo, in 1 incidente l’impatto è avvenuto contro autocarri o pullman e in 11  incidenti coinvolti dei velocipedi. Il totale è superiore al numero degli eventi perché in alcuni sinistri sono rimasti coinvolti veicoli diversi.
Al primo posto negli incidenti gravi con investimenti di animali la Lombardia e il Lazio con 11  sinistri, segue la Toscana con 10,  l’Emilia Romagna con 8, le Marche con 7, la Campania con 4, Liguria, Piemonte, Puglia, e Veneto con 3, Friuli V.G., Molise, Sardegna, Sicilia e Umbria con 2, Abruzzo, Basilicata e Calabria con 1.

Fonte: ASAPS




One Health per rispondere alle emergenze: il documento dell’ISS alla task force del G20

Rafforzare i piani di prevenzione con un approccio globale tra salute umana, animale e ambientale per fronteggiare possibili future pandemie. E’ questo uno degli obiettivi primari del Policy Brief  One Health-Based Conceptual Frameworks for Comprehensive and Coordinated Prevention and Preparedness Plans Addressing Global Health Threats” un documento sviluppato dai ricercatori dell’ISS e da un team di esperti internazionali nel quadro della Task Force Global Health and Covid-19 del T20/G20

La salute umana è strettamente connessa alla salute animale e dell’ambiente, per cui è importante considerare un approccio One Health nella prevenzione e nella preparedness per affrontare prontamente possibili minacce per la salute emergenti dall’interfaccia uomo-animale-ambiente.

Il Policy Brief esamina gli aspetti ancora deboli dei piani di preparedness e discute le strategie di One Health da adottare ed integrare nei piani.

Infine, vengono evidenziati gli aspetti che ancora ostacolano la piena ed efficiente adozione di strategie di One Health e si propongono una serie di raccomandazioni al G20 al fine di condurre azioni concrete in grado di trasformare l’attuale “momentum” della One Health in impegni a lungo termine.

La ricerca su questi aspetti contribuirà anche all’attuale necessità di una migliore comprensione degli scenari futuri relativi che considerino la connessione tra degrado naturale e sfruttamento planetario, rischi di spillover e potenziali nuove pandemie.

Fonte: ISS