Pelo e lana come strumenti per monitorare il Benessere Animale
Un nuovo metodo di analisi consente di misurare con maggiore accuratezza gli ormoni legati allo stress in cavalli e pecore, offrendo uno strumento utile per valutare il loro benessere nel tempo
Lo stress negli animali non è solo un problema di comportamento o di salute veterinaria. Conoscere quanto un animale sia esposto a condizioni stressanti significa migliorare le sue condizioni di vita e, nel caso degli allevamenti, garantire una produzione più sostenibile e attenta al benessere. È un’informazione preziosa per i proprietari, per i veterinari e per chi si occupa di politiche agricole e ambientali.
Ma misurare lo stress non è semplice. Gli ormoni che lo regolano, come il cortisolo, variano molto rapidamente nel sangue o nella saliva e raccontano solo ciò che accade nell’immediato. Diverso è il discorso per i tessuti come il pelo e la lana, dove la presenza di questi ormoni si accumula nel tempo, permettendo di avere una fotografia di lungo periodo.
Proprio su questo si è concentrato lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports dal reparto di Bromatologia e Residui dei Farmaci dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZSAM), in collaborazione con l’Università di Milano e quella di Urbino. I ricercatori hanno sviluppato due nuovi metodi per misurare con grande precisione quattro ormoni legati alla risposta allo stress (cortisolo, cortisone, DHEA e DHEAS) in campioni di criniera di cavallo e lana di pecora.
“Abbiamo utilizzato – dice Giorgio Saluti dirigente chimico IZSAM – una tecnologia analitica precisa e selettiva, la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS/MS), insieme a una strategia chiamata ‘surrogate analyte approach’, che consente di superare alcuni problemi tecnici legati alla mancanza di campioni di riferimento privi di ormoni”.
La surrogate analyte approach permette infatti di affrontare un problema comune nella misurazione di sostanze già normalmente presenti nell’organismo. Nel caso di sostanze inquinanti, basterebbe effettuare le misurazioni su animali che non vi siano stati esposti, che in questo modo costituirebbero il campione di riferimento. Ma con gli ormoni, non esiste un campione “bianco” con cui confrontare i risultati. Per risolvere questo limite, i ricercatori aggiungono al campione delle molecole artificiali costruite in modo da imitare gli ormoni da misurare. Queste molecole sono quasi identiche a quelle naturali, ma contengono piccoli marcatori (come isotopi stabili) che permettono di distinguerle. Confrontando la risposta dello strumento tra gli ormoni “veri” e quelli marcati, è possibile ottenere misure molto precise, anche in un contesto complesso come il pelo o la lana, dove possono esserci molte sostanze interferenti.
“Il metodo – continua il dirigente – è stato messo a punto e validato su campioni raccolti da animali che vivono in aree marginali dell’Appennino. È importante sottolineare la sua sensibilità: è capace di rilevare quantità anche molto basse di questi biomarcatori, una caratteristica determinante per valutare il benessere degli animali in contesti reali, come allevamenti o ambienti naturali”.
Fonte: IZS Lazio e Toscana
La leishmaniosi è una malattia parassitaria che minaccia la salute sia degli animali che degli esseri umani in Europa, Africa, Asia e Sud America. Trasmessa dalla puntura di mosche infette, si manifesta come leishmaniosi cutanea, che causa gravi ulcerazioni cutanee, o come leishmaniosi viscerale, una forma potenzialmente letale che colpisce organi vitali come milza, fegato e midollo osseo. I cani sono il principale serbatoio del parassita, perciò la diagnosi rapida e precisa delle infezioni canine è essenziale per proteggere la nostra salute e quella degli animali. Tuttavia, i metodi diagnostici convenzionali sono spesso invasivi e costosi o producono risultati ambigui.
l settore zootecnico globale si trova ad affrontare una pressione crescente per identificare alternative proteiche sostenibili per l’alimentazione animale, a fronte dell’impatto significativo dei mangimi tradizionali sull’ambiente. Una soluzione innovativa emerge dall’economia circolare: le larve di mosca soldato nera (Hermetia illucens) vengono allevate su sottoprodotti agroindustriali, con un efficace recupero dei flussi di perdite e sprechi alimentari in mangimi proteici di alto valore per il pollame.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato il National Health Emergency Alert and Response Framework, una guida operativa pensata per aiutare i Paesi a rafforzare i propri sistemi di allerta e risposta alle emergenze sanitarie. Il documento – frutto di due anni di lavoro e di un’ampia consultazione con esperti e governi – rappresenta il nuovo punto di riferimento per la gestione delle crisi, dalle epidemie ai disastri naturali, fino alle emergenze climatiche.
“A dieci anni dalla pubblicazione del primo Rapporto, crediamo ancora nei valori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e ci ostiniamo a raccontare i risultati insoddisfacenti dell’impegno, talvolta puramente di facciata, dei 193 Paesi membri dell’Onu”. È con questo incipit che prende il via il nuovo Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) – ETS “
Le microplastiche hanno raggiunto anche gli ecosistemi più remoti. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Università di Pretoria ha individuato frammenti di nylon e altri polimeri sintetici nei polmoni e nel sangue di animali selvatici prelevati in riserve naturali del Sudafrica, zone finora considerate incontaminate. Lo studio è stato presentato al Sardinia Symposium 2025, il convegno mondiale sulla gestione dei rifiuti e sull’economia circolare, e ha sollevato un forte allarme sulla diffusione globale di questi inquinanti invisibili e sui rischi per la salute degli animali e dell’uomo.
È stato individuato il primo caso della stagione venatoria 2025-2026 di Trichinella spp. in un cinghiale abbattuto nel corso di una battuta a squadra nella Foresta San Marco di Campodimele (LT), su un gruppo di sei capi sottoposti ai controlli di routine.
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Per la prima volta, le api selvatiche sono state ufficialmente classificate come ‘in pericolo’ all’interno dell’Europa: grazie a un grande lavoro di monitoraggio e raccolta dati che ha colmato una lacuna di lunga data, i ricercatori hanno esaminato lo stato di conservazione della specie Apis mellifera in sette paesi europei, stimando un calo medio delle popolazioni selvatiche del 56% in un decennio.