I cavalli allo stato brado hanno livelli di benessere inferiore rispetto a quelli che vivono in scuderia ed impegnati in attività di lavoro

Una nuova ricerca IZSAM mostra che, analizzando i livelli di cortisolo nel crine, è possibile ottenere una stima del livello di benessere sperimentato dai cavalli

La minaccia di predatori, la ricerca di cibo ed acqua, le dinamiche sociali. Potrebbero essere questi gli elementi che provocherebbero un maggiore livello di stress nei cavalli allo stato brado rispetto a quelli scuderizzati e sotto la gestione dell’uomo. Sono i risultati di uno studio condotto dal Reparto Benessere Animale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo e pubblicato sulla rivista scientifica Animals.

I ricercatori hanno preso in esame complessivamente 47 cavalli, divisi in tre gruppi: sedici appartenenti alla Polizia di Stato di Ladispoli, dove svolgevano attività addestrativa e lavoro in campo; altri sedici impegnati in servizi di ordine pubblico, sempre in forze alla Polizia di Stato di Roma; quindici cavalli, infine, mantenuti allo stato brado sulle montagne dell’Abruzzo, e reperiti tramite la collaborazione di un allevatore locale. Tutti i soggetti inclusi nello studio erano stati preventivamente selezionati in base all’assenza di patologie di carattere acuto e cronico e seguendo i principali parametri di valutazione del protocollo “AWIN” di valutazione del benessere. I cavalli selezionati sono stati quindi sottoposti ad analisi dei livelli di cortisolo presente nel crine.

Leggi l’articolo integrale sul sito dell’Istituto Zooprofilatico Sperimentale Abruzzo e Molise




Grazie Piero

Caro Severgnini, care Lettrici e cari Lettori,

da docente universitario che per quasi 20 anni ha insegnato “Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria” presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Teramo, sento il dovere di rivolgere un pensiero, commosso e riconoscente al contempo, a Piero Angela, indiscusso gigante e antesignano della divulgazione scientifica nel nostro Paese, che ci ha lasciato all’età di 93 anni.

Tutti noi dovremmo tributare – come di fatto è avvenuto e sta tuttora accadendo – un plebiscitario e quanto mai meritato plauso a questo nostro grande connazionale, che della propria vita ha fatto una missione interamente dedicata a trasferire al grande pubblico non soltanto i risultati, ma anche e soprattutto il significato della Scienza ed il ruolo delle Donne e degli Uomini di Scienza nella società contemporanea.

Tanto più opportuna ed encomiabile appare altresì l’opera di “catechesi” infaticabilmente ed appassionatamente svolta da Piero Angela in tutti questi anni allorquando si pensi al basso livello di alfabetizzazione scientifica (e sanitaria) che caratterizza il tessuto sociale del nostro Paese.

Grazie Piero, grazie di cuore per quanto ci hai donato e che la Terra Ti sia lieve!

Giovanni Di Guardo

*pubblicato sulla rubrica Italians de Il Corrirere della sera



Langya henipavirus. Un nuovo virus animale suscita l’attenzione costante dei ricercatori ai salti di specie

Un nuovo virus animale in grado di infettare le persone è stato identificato nella Cina orientale.

Gli scienziati non sono preoccupati perché il virus non sembra diffondersi facilmente tra le persone e non è fatale. Il virus, chiamato Langya henipavirus (LayV), è strettamente correlato ad altri due henipavirus zoonotici: il virus Hendra e il virus Nipah e può causare sintomi respiratori come febbre, tosse e affaticamento. Sulla base dei dati acquisti si ipotizza che LayV sia trasportato dai toporagni, che potrebbero aver trasmesso il virus alle persone, direttamente o attraverso una specie intermedia, in modo sporadico a partire dal 2018.

Per determinare la potenziale origine animale del virus, i ricercatori hanno testato capre, cani, maiali e bovini che vivevano nei villaggi dei pazienti infetti, sia per la ricerca di anticorpi contro LayV sia per cercare la presenza di LayV RNA in campioni di tessuto e urina da 25 specie di piccoli animali selvatici. Hanno così trovato anticorpi LayV nel 2% delle capre e nel 5% dei cani testati, ma hanno identificato l’RNA virale LayV nel 27% dei 262 toporagni campionati. Sebbene molte ricerche debbano ancora essere fatte per capire come si sta diffondendo il virus nei toporagni e come le persone vengono infettate, questa nuova scoperta ribadisce l’urgente necessità di definire un sistema di sorveglianza globale per rilevare gli spillover (salto di specie) di virus e comunicare rapidamente tali risultati per evitare altre pandemie, come quella innescata da COVID-19.

Leggi l’articolo integrale sul sito dell’Istituto Zooprofilattico Sperimantale LER




Covid-19, una pandemia con una narrazione asimmetrica

La scena mediatica continua ad esser dominata da una narrazione tutt’altro che appropriata della pandemia. A tal proposito il sottoscritto, che dal 1995 è un “Diplomato del Collegio Europeo di Patologia Veterinaria”, coniò oltre due anni fa l’espressione “asimmetria narrativa” per descrivere l’incessante galleria di Virologi, Infettivologi, Microbiologi, Epidemiologi, Pneumologi, Cardiologi che, senza soluzione di continuità, popolavano “cotidie” i media nazionali ed internazionali.

E, per quanto lungi da chi scrive sia la benché minima tentazione di disconoscere il fondamentale contributo apportato da costoro alla conoscenza del virus SARS-CoV-2 e delle sue oltremodo complesse ed intriganti dinamiche d’interazione con l’ospite, andrebbe tuttavia sottolineato a chiare lettere che, pur nelle differenze che caratterizzano i rispettivi “ambiti di manovra”, gli Studiosi anzidetti si sono occupati e si occupano prevalentemente – se non esclusivamente – della “dimensione intra vitam” dell’infezione e della malattia.

Ne consegue che la sola figura preposta a definirne la “dimensione post mortem” era ed è il Patologo, alle cui approfondite ricerche si deve la comprensione di alcuni fondamentali aspetti patogenetici dell’infezione da SARS-CoV-2, primo fra tutti lo spiccato “endoteliotropismo” che consentirebbe al virus di colonizzare molti, se non tutti i nostri tessuti, ivi compresa la compagine cerebrale (altro che “virus respiratorio”, come pervicacemente asserivano certi nostri insigni Virologi ed Infettivologi!).

Ciononostante, come ebbi a denunciare oltre due anni fa su prestigiose Riviste quali Science e BMJ, il Patologo era – ed è tuttora – pressoché assente dalla scena mediatica.

Ma come si può pensare di monitorare in maniera efficace e capillare la continua e progressiva emergenza di nuove varianti virali (per le quali potrebbero a breve non bastare più le lettere dell’alfabeto greco!) narrando in maniera pressoché esclusiva le “traiettorie” che il virus compie all’interno della specie “Homo sapiens sapiens”?

Se da un lato, infatti, la probabile quanto plausibile origine del betacoronavirus SARS-CoV-2 sarebbe da ricercare nel mondo animale, così come è già stato chiaramente documentato per i suoi due “predecessori” SARS-CoV e MERS-CoV oltre che per almeno i due terzi degli agenti responsabili delle “malattie infettive emergenti”, sarebbero ben 23, dall’altro lato, le specie animali domestiche e selvatiche dichiarate (naturalmente e/o sperimentalmente) suscettibili nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2.

A queste si sono appena aggiunti altri animali appartenenti alle Famiglie dei Procionidi e dei Viverridi. E, sebbene tutte le specie anzidette avrebbero acquisito “in prima battuta” il virus dall’uomo, per poi consentirne la diffusione al proprio interno – come avvenuto nei visoni allevati nei Paesi Bassi e in Danimarca, nonché nei cervi a coda bianca statunitensi -, è stato altresì dimostrato che SARS-CoV-2 può anche esser trasmesso dagli animali all’uomo.

Particolarmente emblematico risulterebbe, in proposito, il caso dei visoni mantenuti negli allevamenti intensivi olandesi e danesi, che una volta acquisito il virus dall’uomo glielo avrebbero quindi “restituito” in forma mutata (variante “cluster 5”), mentre un singolare caso d’infezione sostenuto da una variante di SARS-CoV-2 selezionatasi nella locale popolazione di cervi a coda bianca (Odocoileus virginianus) sarebbe stato recentemente descritto in un nostro consimile canadese.

Per completezza d’informazione aggiungerei i casi d’infezione da variante “Delta” registratisi qualche mese fa ad Hong Kong in clienti e impiegati di esercizi commerciali dediti alla compravendita di animali d’affezione, casi che sarebbero stati verosimilmente trasmessi da criceti importati dai Paesi Bassi.

Da segnalare, inoltre, il recentissimo caso d’infezione – anch’esso da variante “Delta” – acquisito da una Collega Veterinaria tailandese (presumibilmente per via oculare e tramite uno starnuto) ad opera di un gatto SARS-CoV-2-infetto che era stato portato a visita presso il suo ambulatorio.

Last but not least”, casi d’infezione da variante “Alfa” sono stati riferiti in cani e gatti cardiopatici in Francia, mentre casi d’infezione da variante “Delta” sono stati descritti in cani paucisintomatici e sintomatici in Spagna, unitamente a casi d’infezione sostenuti dalla contagiosa variante “Omicron” nei cervi a coda bianca degli Stati di New York e dell’Ohio, oltre che in alcuni cani asintomatici.

A fronte di quanto sopra assistiamo tuttora, nostro malgrado, ad una narrazione mediatica totalmente asimmetrica della Covid-19 e dell’infezione da SARS-CoV-2 che la sottende, in un’ottica scandita da un miope quanto ingiustificato “antropocentrismo ed antropomorfismo”, come eloquentemente dimostrato, peraltro, dalla mancata cooptazione dei Medici Veterinari in seno al CTS nei due anni che ne hanno caratterizzato la fin troppo breve esistenza!

Tutto ciò per buona pace, ancora una volta, della tanto sbandierata quanto bistrattata “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente – e nel bel mezzo degli allarmanti cambiamenti climatici che con crescente frequenza ed intensità stanno caratterizzando la presente era dell’“Antropocene”.

Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Formazione Ecm. Per il triennio 2020-2022 obbligo formativo ridotto di un terzo

EcmLa Commissione Nazionale Formazione Continua nella riunione dell’8 giugno 2022 ha dato mandato al Co.Ge.A.P.S di procedere al riconoscimento del bonus ECM di cui all’art. 5 bis D.L. 19 maggio 2020 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

In particolare, il Co.Ge.A.P.S, entro il 31/07/2022, procederà all’applicazione automatica della riduzione di 1/3 dell’obbligo formativo individuale triennale 2020/2022 nei confronti di tutti i professionisti sanitari sottoposti all’attività di formazione continua in medicina.

Tale bonus sarà visualizzabile all’interno della propria area riservata presente nel portale del Co.Ge.A.P.S

Il testo della delibera




Autopsia degli animali selvatici con approccio One Health

Studiare l’impatto umano sulla fauna selvatica, ricorrendo all’11ma revisione dell’International Classification of Diseases per standardizzare, anche a fini statistici, i dati ottenuti dall’autopsia.

La crescita della popolazione umana ha portato, negli ultimi anni, a contatti sempre più frequenti con gli animali selvatici con cui condividiamo il territorio, fino ad arrivare talvolta a un’alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema. E a casi estremi come l’uccisione di individui o di intere specie animali e vegetali considerati indesiderabili o addirittura dannosi.

Si fa dunque sempre più pressante indagare nell’ambito della fauna selvatica cause e modalità di morte.

Con questo obiettivo, un team dell’Università di Parma ha scelto di applicare i codici contenuti nell’11ma revisione dell’International Classification of Diseases (ICD-11), in modo da codificare le cause di morte riconducibili all’impatto antropico sull’ecosistema.

I ricercatori, inoltre, si sono riproposti di verificare se il ricorso all’ICS-11 sia pure un valido strumento cui il veterinario possa ricorrere al fine di riconoscere e descrivere un sospetto abuso di animali come indicatore sentinella di violenza verso umani e non umani.

Lo scopo, dunque, diventa quello di ampliare il concetto di “One Health” anche in una prospettiva di indagine forense.

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Consumo di suolo: nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni

albero, proteggereCon una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.

Como, Impruneta e Marano di Valpolicella si aggiudicano la prima edizione del concorso ISPRA e conquistano il titolo di “Comune Risparmia suolo” del 2022.




Come sviluppare pareri scientifici in materia di benessere animale nel contesto della strategia Farm to Fork

Il benessere degli animali riveste un ruolo sempre più preponderante nel mandato dell’EFSA. Le valutazioni scientifiche dell’Agenzia sono di aiuto ai gestori del rischio nell’individuare metodi per ridurre il dolore, il disagio e altre forme di sofferenza negli animali, migliorando il loro benessere dove possibile. Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sulla salute e il benessere degli animali  ha valutato molte delle componenti del benessere animale quali la stabulazione e la gestione, il trasporto e la macellazione di animali d’allevamento come suini, ovini, pollame, bovini e pesci. I portatori di interesse svolgono un ruolo centrale nell’emanare raccomandazioni e linee guida, individuando questioni di potenziale preoccupazione e fornendo commenti sulle attività dell’EFSA e sui suoi approcci scientifici.

EFSA ha prodotto una linea guida metodologica per sviluppare diversi pareri scientifici sul benessere e la protezione degli animali in risposta a sette mandati ricevuti dalla Commissione europea nel contesto della revisione della strategia Farm to Fork (F2F).

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West Nile, meno zanzare ma l’attenzione rimane alta

Anche quest’anno il virus della West Nile (WNV) ha fatto la sua comparsa nelle zanzare, negli animali e nell’uomo. Fin dalla prima osservazione nel 2008 in Veneto, la sua circolazione è stata evidenziata tutti gli anni fino ad oggi; il 2018 è stato un anno caratterizzato da un’intesa circolazione virale, con numerosi casi negli animali e nell’uomo e molti ritrovamenti di zanzare positive al virus, mentre gli anni successivi sono stati relativamente “tranquilli” con meno casi a tutti i livelli.

Quest’anno, anche se siamo ancora a metà stagione (il periodo estivo è quello dove si registrano i casi d’infezione, che corrisponde al periodo di attività delle zanzare) si evidenzia un elevato tasso di positività per WNV in zanzare catturate in tutta l’area della Pianura Padana. Finora (metà luglio 2022) è stato trovato un numero di pool di zanzare positivi pari alla totalità di quelli trovati durante tutto il 2021. Tali evidenze indicano un’elevata circolazione del virus nell’ambiente, confermata anche dal ritrovamento di uccelli positivi. Fortunatamente il numero di zanzare presenti quest’anno è inferiore allo scorso anno e al 2018. La siccità è la principale causa del ridotto numero di zanzare, in quanto vengono a mancare molti ristagni e raccolte d’acqua che vengono usati dalla zanzare per deporre le uova e dalle larve per svilupparsi.

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Virus West Nile ed agenti veicolati da artropodi: una sfida nel segno della One Health

Giovanni Di GuardoI casi umani di encefalite da virus West Nile (VWN) recentemente diagnosticati in Veneto –  uno dei quali ad esito fatale in un paziente ultraottantenne – impongono una seria riflessione, non limitata esclusivamente al virus anzidetto, ma più in generale all’ecologia ed all’epidemiologia delle infezioni veicolate da artropodi.

Si tratta di un folto gruppo di agenti patogeni, virali (virus Zika, virus della Dengue e della febbre gialla, virus delle encefaliti da zecche, etc.), batterici (Ehrlichia spp.) e protozoari (Leishmania spp., Plasmodium malariae, etc.), il cui ciclo biologico si svolge parzialmente in un ospite invertebrato (insetto o zecca), che acquisirebbe la noxa biologica in questione da un ospite animale o umano infetto, per ritrasmettere a sua volta la stessa ad un nuovo ospite suscettibile.

Nel caso del VWN, che nel 1998 sarebbe comparso per la prima volta in Italia, rendendosi responsabile di una serie di casi di encefalomielite equina in Toscana (Cantile et al., 2000), sarebbero le zanzare del genere Culex (Culex pipiens, in particolare) a rappresentarne i principali vettori. E’ notizia di questi giorni, infatti, l’avvenuta identificazione del virus in pool di zanzare catturate in Veneto.

Gli agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi costituirebbero all’incirca i due terzi di quelli responsabili delle cosiddette “malattie infettive emergenti”, il 70% e più dei quali trarrebbe origine, a sua volta, da uno o più serbatoi animali (Casalone & Di Guardo, 2020).

Complice il progressivo surriscaldamento atmosferico cui stiamo assistendo, come eloquentemente testimoniato dal fatto che i 7 anni compresi fra il 2015 e il  2021 sono stati quelli in cui si sono registrate, nel corso degli ultimi 140 anni, le più alte temperature a livello planetario, la capacità e l’efficienza vettoriale degli artropodi nei confronti di molti agenti infettivi verrebbero esaltate. Ciò in quanto i mesi autunno-invernali vengono superati dagli insetti e dalle zecche, oggigiorno, in maniera ben più agevole rispetto agli anni passati, con il conseguente “svernamento” (“overwintering”) che si tradurrebbe, a sua volta, in una riduzione dei tempi di “maturazione” (alias replicazione) delle diverse noxae biologiche nell’organismo dei rispettivi artropodi vettori (“extrinsic incubation period”).

Un ulteriore, inconfutabile elemento probatorio sarebbe costituito, in proposito, dalla più o meno recente identificazione di casi d’infezione da Leishmania spp. nella popolazione canina del Regno Unito, così come di numerosi casi d’infezione da sierotipo 8 di “Bluetongue virus” (BTV) fra i ruminanti domestici dei Paesi Bassi, del Belgio, della Germania e di altri Paesi nord-europei. Queste evenienze, infatti, ben più difficilmente si sarebbero potute realizzare negli anni precedenti, in cui le rigide quanto persistenti temperature proprie dei mesi invernali avrebbero seriamente ostacolato l’overwintering di pappataci e culicoidi, vettori rispettivamente di Leishmania spp. e di BTV.

Alla luce di quanto sin qui esposto e considerato altresi’ il documentato potere zoonosico di numerosi agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi (ivi compreso il VWN), il “leitmotiv” al quale dovrebbe ispirarsi una corretta gestione di tali evenienze – anche e soprattutto in termini di “capacità predittiva” nei confronti delle medesime – e’ l’approccio “One Health”, da perseguire mediante la multidisciplinarieta’, la sinergia ed il confronto permanente fra tutte le figure istituzionali e professionali coinvolte, prime fra tutte ovviamente quelle di Medici e Veterinari.

Giovanni Di Guardo 
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo