Autopsia degli animali selvatici con approccio One Health

Studiare l’impatto umano sulla fauna selvatica, ricorrendo all’11ma revisione dell’International Classification of Diseases per standardizzare, anche a fini statistici, i dati ottenuti dall’autopsia.

La crescita della popolazione umana ha portato, negli ultimi anni, a contatti sempre più frequenti con gli animali selvatici con cui condividiamo il territorio, fino ad arrivare talvolta a un’alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema. E a casi estremi come l’uccisione di individui o di intere specie animali e vegetali considerati indesiderabili o addirittura dannosi.

Si fa dunque sempre più pressante indagare nell’ambito della fauna selvatica cause e modalità di morte.

Con questo obiettivo, un team dell’Università di Parma ha scelto di applicare i codici contenuti nell’11ma revisione dell’International Classification of Diseases (ICD-11), in modo da codificare le cause di morte riconducibili all’impatto antropico sull’ecosistema.

I ricercatori, inoltre, si sono riproposti di verificare se il ricorso all’ICS-11 sia pure un valido strumento cui il veterinario possa ricorrere al fine di riconoscere e descrivere un sospetto abuso di animali come indicatore sentinella di violenza verso umani e non umani.

Lo scopo, dunque, diventa quello di ampliare il concetto di “One Health” anche in una prospettiva di indagine forense.

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Consumo di suolo: nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni

albero, proteggereCon una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.

Como, Impruneta e Marano di Valpolicella si aggiudicano la prima edizione del concorso ISPRA e conquistano il titolo di “Comune Risparmia suolo” del 2022.




Come sviluppare pareri scientifici in materia di benessere animale nel contesto della strategia Farm to Fork

Il benessere degli animali riveste un ruolo sempre più preponderante nel mandato dell’EFSA. Le valutazioni scientifiche dell’Agenzia sono di aiuto ai gestori del rischio nell’individuare metodi per ridurre il dolore, il disagio e altre forme di sofferenza negli animali, migliorando il loro benessere dove possibile. Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sulla salute e il benessere degli animali  ha valutato molte delle componenti del benessere animale quali la stabulazione e la gestione, il trasporto e la macellazione di animali d’allevamento come suini, ovini, pollame, bovini e pesci. I portatori di interesse svolgono un ruolo centrale nell’emanare raccomandazioni e linee guida, individuando questioni di potenziale preoccupazione e fornendo commenti sulle attività dell’EFSA e sui suoi approcci scientifici.

EFSA ha prodotto una linea guida metodologica per sviluppare diversi pareri scientifici sul benessere e la protezione degli animali in risposta a sette mandati ricevuti dalla Commissione europea nel contesto della revisione della strategia Farm to Fork (F2F).

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West Nile, meno zanzare ma l’attenzione rimane alta

Anche quest’anno il virus della West Nile (WNV) ha fatto la sua comparsa nelle zanzare, negli animali e nell’uomo. Fin dalla prima osservazione nel 2008 in Veneto, la sua circolazione è stata evidenziata tutti gli anni fino ad oggi; il 2018 è stato un anno caratterizzato da un’intesa circolazione virale, con numerosi casi negli animali e nell’uomo e molti ritrovamenti di zanzare positive al virus, mentre gli anni successivi sono stati relativamente “tranquilli” con meno casi a tutti i livelli.

Quest’anno, anche se siamo ancora a metà stagione (il periodo estivo è quello dove si registrano i casi d’infezione, che corrisponde al periodo di attività delle zanzare) si evidenzia un elevato tasso di positività per WNV in zanzare catturate in tutta l’area della Pianura Padana. Finora (metà luglio 2022) è stato trovato un numero di pool di zanzare positivi pari alla totalità di quelli trovati durante tutto il 2021. Tali evidenze indicano un’elevata circolazione del virus nell’ambiente, confermata anche dal ritrovamento di uccelli positivi. Fortunatamente il numero di zanzare presenti quest’anno è inferiore allo scorso anno e al 2018. La siccità è la principale causa del ridotto numero di zanzare, in quanto vengono a mancare molti ristagni e raccolte d’acqua che vengono usati dalla zanzare per deporre le uova e dalle larve per svilupparsi.

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Virus West Nile ed agenti veicolati da artropodi: una sfida nel segno della One Health

Giovanni Di GuardoI casi umani di encefalite da virus West Nile (VWN) recentemente diagnosticati in Veneto –  uno dei quali ad esito fatale in un paziente ultraottantenne – impongono una seria riflessione, non limitata esclusivamente al virus anzidetto, ma più in generale all’ecologia ed all’epidemiologia delle infezioni veicolate da artropodi.

Si tratta di un folto gruppo di agenti patogeni, virali (virus Zika, virus della Dengue e della febbre gialla, virus delle encefaliti da zecche, etc.), batterici (Ehrlichia spp.) e protozoari (Leishmania spp., Plasmodium malariae, etc.), il cui ciclo biologico si svolge parzialmente in un ospite invertebrato (insetto o zecca), che acquisirebbe la noxa biologica in questione da un ospite animale o umano infetto, per ritrasmettere a sua volta la stessa ad un nuovo ospite suscettibile.

Nel caso del VWN, che nel 1998 sarebbe comparso per la prima volta in Italia, rendendosi responsabile di una serie di casi di encefalomielite equina in Toscana (Cantile et al., 2000), sarebbero le zanzare del genere Culex (Culex pipiens, in particolare) a rappresentarne i principali vettori. E’ notizia di questi giorni, infatti, l’avvenuta identificazione del virus in pool di zanzare catturate in Veneto.

Gli agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi costituirebbero all’incirca i due terzi di quelli responsabili delle cosiddette “malattie infettive emergenti”, il 70% e più dei quali trarrebbe origine, a sua volta, da uno o più serbatoi animali (Casalone & Di Guardo, 2020).

Complice il progressivo surriscaldamento atmosferico cui stiamo assistendo, come eloquentemente testimoniato dal fatto che i 7 anni compresi fra il 2015 e il  2021 sono stati quelli in cui si sono registrate, nel corso degli ultimi 140 anni, le più alte temperature a livello planetario, la capacità e l’efficienza vettoriale degli artropodi nei confronti di molti agenti infettivi verrebbero esaltate. Ciò in quanto i mesi autunno-invernali vengono superati dagli insetti e dalle zecche, oggigiorno, in maniera ben più agevole rispetto agli anni passati, con il conseguente “svernamento” (“overwintering”) che si tradurrebbe, a sua volta, in una riduzione dei tempi di “maturazione” (alias replicazione) delle diverse noxae biologiche nell’organismo dei rispettivi artropodi vettori (“extrinsic incubation period”).

Un ulteriore, inconfutabile elemento probatorio sarebbe costituito, in proposito, dalla più o meno recente identificazione di casi d’infezione da Leishmania spp. nella popolazione canina del Regno Unito, così come di numerosi casi d’infezione da sierotipo 8 di “Bluetongue virus” (BTV) fra i ruminanti domestici dei Paesi Bassi, del Belgio, della Germania e di altri Paesi nord-europei. Queste evenienze, infatti, ben più difficilmente si sarebbero potute realizzare negli anni precedenti, in cui le rigide quanto persistenti temperature proprie dei mesi invernali avrebbero seriamente ostacolato l’overwintering di pappataci e culicoidi, vettori rispettivamente di Leishmania spp. e di BTV.

Alla luce di quanto sin qui esposto e considerato altresi’ il documentato potere zoonosico di numerosi agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi (ivi compreso il VWN), il “leitmotiv” al quale dovrebbe ispirarsi una corretta gestione di tali evenienze – anche e soprattutto in termini di “capacità predittiva” nei confronti delle medesime – e’ l’approccio “One Health”, da perseguire mediante la multidisciplinarieta’, la sinergia ed il confronto permanente fra tutte le figure istituzionali e professionali coinvolte, prime fra tutte ovviamente quelle di Medici e Veterinari.

Giovanni Di Guardo 
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo 




Alfabetizzazione sanitaria, una priorità per il nostro Paese

Stando ai dati scaturiti da un’indagine resa pubblica una decina di anni fa da L’infedele, la celebre trasmissione televisiva magistralmente condotta da Gad Lerner, la popolazione italiana di età compresa fra i 18 e i 65 anni sarebbe risultata affetta da una condizione di analfabetismo totale (5%), di semi-analfabetismo (33%) o di analfabetismo funzionale (33%). Si tratterebbe di una “fotografia” che, per quanto impietosa, riguarderebbe ben 30 milioni di nostri connazionali, ieri come oggi (temo), ahimé/ahinoi.

Va da sé che nell’epoca dei social, ove la scena mediatica è popolata da notizie spesso e volentieri destituite di qualsivoglia attendibilità e/o dei più elementari fondamenti scientifici – come l’infodemia caratterizzante la presente era pandemica eloquentemente dimostra -, chi “la spara più grossa” e, soprattutto, chi lo fa per primo, ha le migliori chance di “successo comunicativo” nei confronti di questa folta platea, le cui reazioni passerebbero prevalentemente, se non esclusivamente, per la “pancia”.

In tali dinamiche troverebbero così spiegazione l’assurda “ondata di sfiducia” nei confronti dei (pur salvifici ed efficaci) vaccini anti-CoViD-19, resi disponibili a meno di un anno dall’avvenuta identificazione del virus SARS-CoV-2 (un autentico miracolo della Scienza!), nonché i “processi mediatici” intentati nei confronti di autorevoli Donne e Uomini di Scienza, che – a titolo puramente esemplificativo ed in totale ossequio al principio della “Scienza basata sull’evidenza” – hanno dedicato un’intera vita allo studio degli agenti virali e delle complesse relazioni virus-ospite.

In un siffatto contesto, l’alfabetizzazione sanitaria appare una priorità assoluta per il nostro Paese, a cominciare dalle ragazze e dai ragazzi nella loro più tenera età scolare, conditio sine qua non affinché le stesse e gli stessi imparino a districarsi agevolmente nella giungla dei social discernendo le fonti e le notizie affidabili rispetto a quelle che tali non sono.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Covid 19, strategica la collaborazione medici e veterinari in un’ottica “One Health”

Giovanni Di Guardo

Dalle pagine della Rivista statunitense “Emerging Infectious Diseases” apprendiamo la notizia relativa ad un singolare caso d’infezione da Sars-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della Covid-19 -, che una collega veterinaria tailandese avrebbe acquisito ad opera di un gatto infetto. Il felino in questione, i cui proprietari risultavano affetti da Covid-19, avrebbe a sua volta contratto l’infezione dagli stessi, sviluppando quindi una sintomatologia respiratoria in seguito alla cui insorgenza sarebbe stato condotto a visita dalla succitata collega, alla quale avrebbe infine trasmesso il virus.

Il gatto – la cui suscettibilità nei confronti dell’infezione naturale e sperimentale era già nota da tempo – si aggiungerebbe pertanto al crescente novero delle specie animali da cui il virus Sars-CoV-2 sarebbe stato trasferito all’uomo, un elenco già comprendente visoni (Paesi Bassi, Danimarca, USA), criceti (Hong Kong) e cervi a coda bianca (Canada).

E, per quanto il contagio interumano continui a rappresentare la modalità di gran lunga più frequente attraverso cui Sars-CoV-2 si diffonde in Italia, così come in Europa e nel resto del mondo – come le varianti e le sottovarianti “omicron” chiaramente testimoniano -, i reiterati “scambi” dell’agente virale fra l’uomo e gli animali, nonché fra gli animali stessi e fra gli animali e l’uomo, andrebbero attentamente monitorati in relazione (anche e soprattutto) alla comparsa di nuove, particolarmente contagiose e/o patogene varianti.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Rafforzamento della governance EFSA: operativo il nuovo CdA

logo-efsaIl nuovo consiglio di amministrazione (CdA) dell’EFSA è operativo da oggi, 1° luglio 2022. Ne fanno parte rappresentanti di tutti gli Stati membri dell’UE, della Commissione europea e del Parlamento europeo, nonché rappresentanti della società civile e della filiera alimentare.

“In un contesto internazionale in cui la sicurezza degli alimenti e la loro disponibilità sono interconnesse è significativo che il CdA EFSA includa ora un’ampia gamma di rappresentanti che contribuiranno al funzionamento efficace della filiera degli alimenti e mangimi”, ha dichiarato Claire Bury, vicedirettrice per la sostenibilità alimentare presso la DG SANTE.

La struttura precedente del CdA contemplava 14 membri con competenze in materia di filiera alimentare che non rappresentavano alcun governo, organizzazione o settore, oltre a un rappresentante della Commissione europea.

Nel nuovo modello di governance saranno invece rappresentati nel CdA dell’EFSA gli Stati membri, il Parlamento europeo, la Commissione europea, la società civile e coloro che rappresentano gli interessi della filiera alimentare.

Il nuovo modello risponde ai requisiti prescritti dal regolamento sulla trasparenza, entrato in vigore nel 2019 , che rafforza il ruolo degli Stati membri e l’impegno di tutte le parti coinvolte nelle attività dell’EFSA.

Ruolo

Il consiglio di amministrazione garantisce il funzionamento efficace ed efficiente dell’Autorità, espleta il proprio mandato in conformità del regolamento istitutivo dell’EFSA e risponde alle aspettative delle istituzioni europee e nazionali, delle parti interessate e del pubblico.

Membri

Il nuovo consiglio di amministrazione è composto da 27 rappresentanti degli Stati membri (con supplenti), due rappresentanti del Parlamento europeo (senza supplenti), due rappresentanti della Commissione europea (con supplenti) e quattro rappresentanti della società civile e degli interessi della filiera alimentare (con supplenti).

Inoltre due rappresentanti dei Paesi EFTA/SEE (Norvegia e Islanda) e un rappresentante dell’Autorità di vigilanza EFTA (con supplenti) parteciperanno al consiglio di amministrazione dell’EFSA, ma senza diritto di voto. Il CdA è composto in totale da 38 membri.

Fonte: EFSA




Resoconto di un caso efficiente di approccio One Health nella regione Calabria

ambiente, animale e uomoTre casi di antrace cutaneo umano, uno complicato dalla meningite, si sono verificati nei pressi della provincia di Vibo Valentia (Calabria, Italia), in un’area rurale dove, negli ultimi decenni, non sono stati segnalati focolai di antrace animale.

Tutti i casi sono stati collegati a un singolo toro infetto e sono brevemente descritti.

Un camionista di 41 anni e due macellai di età compresa tra 42 e 45 anni, sono stati ricoverati in ospedale per lesioni necrotiche del braccio associate ad edema dell’arto e a febbre molto alta(40◦C). Tutti e tre i pazienti hanno partecipato al trasporto di un toro al macello. L’esame microbiologico del linfonodo prescapolare e di una porzione di muscolo della carcassa del toro ha rilevato la presenza del Bacillus anthracis.

I tre pazienti sono stati sottoposti a biopsia dei tessuti infetti e tutti i campioni sono risultati positivi per B. anthracis al test della PCR.

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Fonte: IZS Teramo




Federico Cesi, un grande mecenate ed un autentico pioniere

Correva l’anno del Signore 1603 quando Federico Cesi, a soli 18 anni, fondava a Roma l’Accademia dei Lincei, il primo consesso scientifico della storia moderna. Effigie dell’Accademia era giustappunto una lince, alla cui spiccata capacità visiva si ispirava la scritta che campeggiava al di sotto dell’animale, “Sagacius Ista“, più acuta di questa (alias di una lince).

Institutor, Princeps, Utrumque“, così veniva appellato Federico Cesi, insigne umanista, filosofo e botanico, nonche’ pioniere della microscopia vegetale, presso la cui prestigiosa Accademia – trasferitasi nel frattempo ad Acquasparta, in provincia di Terni – soggiornò, nel 1624, il “Fratello Linceo” Galileo Galilei. A quest’ultimo e’ stata altresi’ attribuita la frase

L’intenzione dello Spirito Santo (sarebbe) d’insegnarci come si vadia al cielo e non come vadia il cielo

compito di cui si dovrebbe piuttosto far carico la Scienza – l’Astronomia nella fattispecie -, un celebre motto la cui paternità spetterebbe invece al Cardinale Cesare Baronio.

Nell’era della pandemia da Covid-19, in cui gli Scienziati hanno subito e continuano tuttora a subire violenti quanto ingiustificati attacchi da parte di chi ignora persino cosa sia e come sia fatto un virus, una così chiara e netta demarcazione – esplicitata ben 4 secoli orsono – fra il “campo di manovra” della Religione e quello della Scienza ci dovrebbe far riflettere.

O Tempora O Mores“!

Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 

Ritratto di Federico Cesi