Che cos’è oggi il Covid in Italia

A distanza di cinque anni dall’inizio della pandemia, il coronavirus è ancora diffuso in Italia, ma le cose sono molto cambiate. La fase dell’emergenza è finita da tempo e non ci sono più misure di prevenzione obbligatorie da rispettare per evitare i contagi. Oggi negli ospedali e negli ambulatori dei medici di base il coronavirus non è più il problema predominante, e ha smesso di paralizzare il resto dell’attività di cura come succedeva durante la pandemia.

Massimo Andreoni, professore di malattie infettive all’università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), dice che siamo in realtà in una fase di «assestamento». «Il coronavirus che circola oggi è meno aggressivo rispetto a cinque anni fa. Resta però pericoloso per i pazienti cosiddetti fragili, cioè le persone anziane, immunodepresse e con altre patologie, e non va quindi sottovalutato», dice.

Nonostante la bassa pericolosità del coronavirus oggi, anche considerati i livelli di immunizzazione raggiunti dalla popolazione, secondo Andreoni è comunque importante continuare ad analizzare con puntualità il materiale genetico del virus. Come previsto, infatti, il SARS-CoV-2 non ha smesso di evolvere. La comunità scientifica internazionale continua a monitorare le varianti che emergono nel mondo per capire come si diffondono e come potrebbero potenzialmente impattare sulla salute umana. In Italia, secondo i report settimanali dell’Istituto superiore di sanità (ISS), la variante attualmente prevalente è chiamata JN.1, che circola ormai da mesi e ha diverse sotto-varianti, come accade sempre nei periodi di lunga circolazione. Nessuna finora ha suscitato particolari preoccupazioni.

I vaccini contro il coronavirus che vengono somministrati da metà settembre sono comunque stati adattati alla variante JN.1. Sono monovalenti e basati sull’RNA messaggero (mRNA), come quelli prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna che si rivelarono molto efficaci nel prevenire il COVID-19 soprattutto nelle sue forme più gravi. Oggi il vaccino contro il coronavirus è raccomandato in particolare per alcune categorie, come chi ha più di 60 anni, persone con malattie croniche e patologie oncologiche e gli operatori sanitari. La campagna vaccinale è iniziata in autunno insieme a quella antinfluenzale, e come negli anni scorsi è gestita dalle regioni: da settembre a febbraio hanno fatto una dose di richiamo contro il coronavirus quasi un milione di persone (qui ci sono i dati completi e aggiornati).

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Fonte: ilpost.it




Manuale sul benessere per le specie ittiche allevate. Guida per l’operatore

 È disponibile il Manuale sul benessere per le specie ittiche allevate – Guida per l’operatore, risultato di un progetto di collaborazione fra Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e Associazione Piscicoltori Italiani (API), finanziato dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF).

Il manuale, presentato nei giorni scorsi ad AQUAFARM 2025, è concepito come guida pratica per gli operatori del settore, e affronta i seguenti temi:

  • caratteristiche delle principali specie ittiche allevate e relative tecnologie di allevamento;
  • valutazione del benessere animale in allevamento, attraverso l’utilizzo degli Operational Welfare Indicators (OWIs). In allegato saranno incluse check-list utili per l’analisi del benessere animale in allevamento;
  • tutela del benessere dei pesci allevati;
  • benessere animale durante il trasporto;
  • tecniche corrette di stordimento e abbattimento;
  • panoramica normativa sul benessere dei pesci in allevamento.

Alla redazione del manuale hanno contribuito Ministero della Salute (UVAC-PCF), Università di  Bologna, Università di Camerino, Università di Milano, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Federazione Europea dei Produttori di Acquacoltura.

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Fonte: IZS Venezie




Aperta la consultazione pubblica per valutare le prestazioni dell’EFSA

La Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica finalizzata alla valutazione delle prestazioni dell’EFSA per il periodo 2017-2024.
La valutazione periodica delle prestazioni dell’EFSA da parte della Commissione europea è un’attività svolta ai sensi dell’articolo 61 della legislazione alimentare generale (Regolamento CE 178/2002 e successive modifiche ed integrazioni).
La consultazione è finalizzata raccogliere evidenze, informazioni significative e pareri di esperti da parte degli stakeholder e del pubblico in generale a supporto di una valutazione approfondita dell’EFSA, in linea con i criteri di valutazione standard della Commissione.
I destinatari di riferimento della consultazione sono, in particolare:
  • Le organizzazioni di rappresentanza degli stakeholder, ad esempio: consumatori, ONG e gruppi di sensibilizzazione, imprese e industria alimentare (PMI incluse), distributori, dettaglianti, settore dell’ospitalità, agricoltori e altri produttori primari, università, organizzazioni di ricerca e tecnologia, associazioni di professionisti, responsabili della comunicazione del rischio e dei media (anche media digitali e social media);
  • le autorità competenti degli Stati membri e gli organismi/organizzazioni nazionali di valutazione del rischio;
  • altre agenzie dell’UE pertinenti;
  • altri stakeholder interessati.
Ulteriori informazioni sono disponibili alla pagina presente sul portale della Commissione europea.
Per partecipare alla consultazione è necessario rispondere al relativo questionario, accessibile alla sezione  “About this consultation” (disponibile in tutte le lingue ufficiali dell’UE).
La scadenza per la compilazione del questionario è fissata al 1° aprile 2025 (mezzanotte, ora di Bruxelles).
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Fonte: Ministero della Salute



Un intestino di pesce artificiale per sperimentare mangime più sostenibile per i pesci di allevamento

Banco di pesceAll’Università statale di Milano si lavora da più di cinque anni a un nuovo sistema utile a supportare la produzione di mangime più sostenibile per i pesci di allevamento. È un metodo che consente di ridurre sia il tempo e le energie necessari a sperimentare gli effetti dell’introduzione di nuovi mangimi in acquacultura sia la quantità di animali necessari alle sperimentazioni.
Ne abbiamo parlato con Fulvio Gandolfi, docente di Anatomia e Fisiologia Veterinaria all’Università degli Studi di Milano, coordinatore del progetto Fish-AI, guidato dalla stessa Università di Milano, che si è appena concluso, alla fine del 2024, dopo cinque anni, ma si apre ora a nuovi sviluppi e applicazioni concrete. È stato realizzato grazie a un finanziamento europeo European Innovation Council (EIC), un tipo di finanziamento finalizzato al trasferimento tecnologico, ovvero a sostenere progetti di ricerca scientifica caratterizzati dalla possibilità di avere applicazioni pratiche.

«La nostra idea – spiega Gandolfi, del Dipartimento DISAA dell’Università di Milano, – è stata quella di mettere a frutto la nostra lunga esperienza nel campo delle cellule staminali, dei meccanismi di differenziamento e della creazione di modelli in vitro, per realizzare un intestino artificiale di pesce, più precisamente di trota, che possa essere utilizzato per testare nuovi tipi di mangime destinati all’acquacoltura. Semplificando, l’interno dell’intestino in natura è rivestito di una mucosa, composta da cellule che assorbono i nutrienti e li trasmettono al sangue: abbiamo voluto replicare questa struttura in laboratorio, attraverso cellule intestinali di trota coltivate in vitro. In questo modo si possono testare più agevolmente alimenti innovativi da destinare all’acquacultura, rendendo più veloce la procedura e riducendo la necessità di test in vivo sugli animali».

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Fonte: scienzainrete.it




Influenza aviaria: una marcia lenta ma continua

Il mondo scientifico aveva previsto già diverse decadi fa la pole position dei virus dell’influenza per l’innesco della prossima pandemia umana, con previsioni catastrofiche soprattutto basate sull’esperienza della famosa pandemia di “spagnola” (almeno in Italia fu chiamata così) del 1918. Ma non sempre le previsioni si avverano: infatti la pandemia più recente e disastrosa è stata causata dal coronavirus Sars-CoV-2 e ci siamo trovati a fronteggiarla con piani pandemici influenzali, anche non aggiornati, ma soprattutto basati su parametri e modalità di contagio inadeguati. Che Covid-19 si sia preso il palcoscenico della pandemia più recente non deve però far pensare che la minaccia dei virus influenzali non sia reale: anzi, a ben guardare l’avvicinamento di nuovi virus influenzali alla nostra specie è continuo e costante.

Influenza aviaria, una minaccia sempre presente

Per fare il punto della situazione è utile ricordare che i virus dell’influenza (famiglia Orthomyxoviridae) sono virus a RNA classificati in diversi generi in base alla composizione delle loro nucleoproteine e nella proteina matrice. I virus del genere A provocano tutte le pandemie di influenza e sono responsabili dalla maggior parte dei casi delle epidemie stagionali; infettano gli umani, i mammiferi e gli uccelli. Sono classificati in base a due grandi glicoproteine che si trovano sulla superficie esterna delle particelle virali: H (emoagglutinina di cui sono stati identificati 18 sottotipi) e N (neuraminidasi, 11 sottotipi). Tutti i sottotipi sono stati identificati tra gli uccelli, che quindi vengono indicati come il serbatoio naturale delle infezioni.

Perché specie diverse vengano infettate è necessario che specifici ceppi virali producano emoagglutinine in grado di legarsi ai recettori specie-specifici delle cellule dell’ospite. Purtroppo i virus dell’influenza sono dei grandi trasformisti e, a causa di un genoma segmentato, il rimescolamento genico e quindi la produzione di continue varianti virali, con  nuove proteine anche di superficie, è continuo. Il fenomeno avviene con i virus stagionali adattati all’essere umano, per cui in ogni autunno si preparano vaccini mirati alle varianti che si prevede avranno maggiore circolazione, ma avviene anche tra i virus che infettano gli uccelli e altri animali. La maggior parte dei vaccini per l’essere umano è preparata mediante colture virali su uova di pollo.

Il salto di specie che fa emergere un nuovo sottotipo che dagli uccelli è in grado di infettare e trasmettersi tra le persone non avviene all’improvviso, ma attraverso passaggi in specie animali biologicamente sempre più affini a noi. Monitorare le infezioni tra gli animali selvatici, tra quelli domestici e di allevamento fornisce la misura dell’avvicinamento all’umano di nuovi sottotipi potenzialmente molto pericolosi, perché completamente nuovi.

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Fonte: scienzainrete.it




Aviaria, le onde elettromagnetiche inattivano il virus: è meno infettivo del 94%

Inattivare i virus dell’influenza aviaria H5N1 colpendoli con le onde elettromagnetiche. La rivista Nature Scientific Reports ha pubblicato uno studio che attesta l’efficacia delle onde elettromagnetiche nell’inattivazione del virus in aerosol ad alta patogenicità A(H5N1) responsabile dell’influenza aviaria grazie ad una opportuna combinazione di frequenza, tempo di esposizione e intensità minima di campo elettrico.

La ricerca dal titolo “Selected microwave irradiation effectively inactivates airborne avian influenza A(H5N1) virus” è frutto del lavoro del team di ricerca ed innovazione di ELT Group, il cui articolo finale ha visto il contributo dei professori Silvio Brusaferro del Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine, Gaetano P. Privitera, docente di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Pisa e Alberto Sangiovanni Vincentelli, docente di Ingegneria elettrica e informatica all’Università della California, Berkeley.

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Fonte: Repubblica – salute




Al professor Adriano Mantovani l’Attestato di benemerenza del Quirinale alla memoria

È stato recentemente pubblicato sul sito della Presidenza della Repubblica il conferimento, alla memoria, dell’Attestato di benemerenza al Prof. Adriano Mantovani. Il riconoscimento, assegnato con decreto del Presidente della Repubblica il 31/10/2024, è firmato dal Ministro della Salute Orazio Schillaci.

Il Prof. Mantovani, medico veterinario, è certamente tra i grandi Maestri della Sanità Pubblica Veterinaria, disciplina che egli ha saputo declinare nelle sue diverse forme e che quasi per naturale evoluzione ha trovato il suo completamento nella visione One Health della quale è stato forte e antesignano sostenitore. Ha dedicato la sua carriera alla promozione della salute pubblica.

Direttore del Laboratorio di Parassitologia nell’Istituto Superiore di Sanità e del Centro di Collaborazione OMS/FAO per la Sanità Pubblica Veterinaria di Roma, ha operato panche presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Abruzzo e Molise e l’Università di Bologna. Ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione delle emergenze epidemiche e non, ed è stato ideatore della “Medicina Veterinaria nelle catastrofi” in seguito al terremoto dell’Irpinia, dove i servizi veterinari furono cruciali nell’assistenza agli animali di interesse zootecnico e nella sicurezza alimentare.

Il suo impegno ha portato a importanti riforme nel settore della sanità pubblica e della medicina preventiva, con un’attenzione particolare agli aspetti sociali. L’Attestato di Benemerenza celebra la sua carriera e il suo contributo fondamentale alla salute pubblica. Il suo approccio scientifico e la sua dedizione hanno fatto conoscere la sanità pubblica veterinaria e contribuito alla formazione di nuove generazioni di professionisti. Il riconoscimento sottolinea l’importanza della veterinaria nella salute globale e celebra il suo instancabile impegno.

Fonte: ISS




Si intensifica la scarsità idrica nei principali Paesi produttori di cibo

L’acqua è una risorsa fondamentale ma il suo utilizzo insostenibile minaccia la sicurezza alimentare e ambientale a livello planetario. Un recente studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, ha analizzato l’evoluzione della scarsità idrica nelle le tre nazioni più popolose e tra le maggiori produttrici di cibo al mondo, Cina, India e Stati Uniti, rivelando un aumento significativo della domanda di acqua, in gran parte legato all’irrigazione agricola.
Lo studio è stato condotto da un team internazionale di ricercatori, tra cui Marta Tuninetti del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI del Politecnico di Torino, in collaborazione con scienziati del Politecnico di Milano, della University of Delaware, Beijing Normal University, Virginia Polytechnic Institute and State University, Peking University, University of Alabama, e altre istituzioni. I ricercatori coinvolti hanno analizzato dati ad alta risoluzione spaziale e temporale per valutare l’andamento della domanda idrica dal 1980 al 2015 nei diversi settori economici, quali il settore domestico, industriale e agricolo.

Acqua blu

I risultati mostrano che la domanda di acqua blu, ovvero l’acqua prelevata da corpi idrici superficiali e di falda, è aumentata del 70% in Cina, 83% in India e 22% negli Stati Uniti. Tuttavia, mentre in Cina e in India i prelievi continuano a crescere, negli Stati Uniti il consumo idrico si è stabilizzato intorno ai 100 km³ all’anno. L’analisi evidenzia un incremento significativo del sovrasfruttamento delle risorse idriche nei mesi di picco dell’irrigazione. Secondo lo studio, il 32% dei bacini fluviali in Cina, il 61% in India e il 27% negli Stati Uniti attraversano almeno quattro mesi di scarsità idrica all’anno.

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Fonte: foodandtec.com




Ispra: sprecati due terzi dell’energia alimentare prodotta

Il 5 febbraio si è celebrata la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, il tema di quest’anno, #tempodiagire – #timetoact, sottolinea l’importanza di un’azione immediata per contrastare questo fenomeno e raggiungere l’obiettivo 12.3 delle Nazioni Unite.

La scoperta, una dozzina di anni fa, che le perdite e rifiuti alimentari (convenzionalmente indicati come “spreco alimentare”) lungo tutta la catena di fornitura alimentare ammontavano a circa un terzo della produzione alimentare, suscitò l’enorme interesse di governi, accademie e settore privato.

Il fatto che quantità sostanziali di alimenti siano prodotti ma non mangiati dagli esseri umani ha impatti negativi sostanziali: ambientali, sociali ed economici. Le stime suggeriscono che l‘8-10% delle emissioni globali di gas serra sono associate al cibo che non viene consumato.
La riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari è stata identificata come un mezzo essenziale per migliorare la sicurezza alimentare riducendo al contempo la pressione sulle risorse naturali.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, riconoscendo che la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari è un mezzo essenziale per raggiungere la sicurezza alimentare riducendo al contempo la pressione sulle risorse naturali, chiede ai Paesi di ridurre entro il 2030, rispetto ai valori del 2015, le perdite di cibo nelle filiere di produzione e di fornitura, comprese le perdite post-raccolto, e dimezzare i rifiuti alimentari pro-capite (misurato in kcal/persona/giorno) a livello di vendita al dettaglio e di consumo.

Purtroppo, sebbene consapevolezza e sforzi siano aumentati, lo spreco alimentare non è diminuito. Rispetto alle prime stime globali della FAO nel 2011 (1,3 miliardi di tonnellate), studi recenti che considerano anche le perdite in campo riportano che lo spreco alimentare ammontino a 2,5 miliardi di tonnellate, pari al 40% della produzione.

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Fonte: ISPRA Ambiente




Api e microplastiche

apeLe microplastiche – cioè i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ad un micrometro, un milionesimo di metro – stanno diventando uno dei principali inquinanti a livello globale, presenti ormai in molti ambienti e con effetti che spesso sono ancora da capire pienamente.

Prodotte dalla degradazione degli oggetti in plastica, per le loro piccolissime dimensioni si diffondono velocemente nell’ambiente e sono difficilissime da rimuovere.

Così si trovano ormai in mare, nelle acque dolci, nel terreno, nell’aria e all’interno di molti organismi viventi, dove possono causare problemi che vanno dalle ostruzioni fisiche, ad effetti tossici e cancerogeni.

Un problema reso più grave dal fatto che qualsiasi oggetto in plastica può produrle, anche se non è ancora un rifiuto, come uno pneumatico che si consuma sull’asfalto o un maglione sintetico durante il lavaggio e l’asciugatura.

E oltre all’attenzione sui vari problemi che possono causare all’uomo e all’ambiente, si stanno iniziando a moltiplicare anche gli studi sui possibili effetti sulle api.

Per cercare di fare il punto sulla questione abbiamo parlato con il dottor Giovanni Cilia del Crea Agricoltura e Ambiente, Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, che è stato anche tra gli autori di un recente articolo sugli effetti combinati di insetticidi, patogeni e microplastiche sulle api, pubblicato sulla rivista Environmental Toxicology and Pharmacology.

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Fonte: agronotizie.com