Emergenze climatiche e disinvestimento nella ricerca, due facce della stessa medaglia!

Cambiamenti climaticiLa catastrofe alluvionale che ha sconvolto l’Emilia-Romagna rappresenta l’ennesimo disastro ambientale che trova nei cambiamenti climatici e, più in particolare, nel riscaldamento globale la propria “vis a tergo”. Dal 2015 al 2022 si sono consecutivamente registrati su scala globale, infatti, gli 8 anni più caldi degli ultimi 140!

“Come possiamo pensare di vivere sani in un mondo malato?”, si è giustamente domandato a tal proposito Papa Francesco, in piena pandemia da COVID-19, anch’essa figlia degli sconvolgenti cambiamenti climatici che stanno caratterizzando la presente era dell’Antropocene.

E, mentre il disastro emiliano-romagnolo ci richiama ad un improcrastinabile investimento di adeguate energie e risorse economiche nella gestione e nella cura del grave dissesto idro-geologico che affligge il nostro territorio, non si può sottacere il fatto che l’Italia continua pervicacemente ad investire poco più di un risibile 1% del proprio PIL nel finanziamento pubblico della ricerca.

Ciò fa il paio con la “fuga dei cervelli” e con la totale mancanza di “prestiti d’onore” riservati agli studenti meno abbienti, due ulteriori criticità che cronicamente interessano il nostro Paese, come la recente “protesta delle tendopoli universitarie” chiaramente testimonia.

Il cambiamento climatico andrebbe affrontato con un radicale cambiamento di mentalità, di passo e di paradigma, rispetto al quale l’investimento di adeguate risorse economico-finanziarie nella ricerca scientifica multidisciplinare, sia di base che applicata, costituisce un’assoluta priorità.

Tutto ciò tenendo bene a mente, ovviamente, che i costi della prevenzione risultano immensamente inferiori rispetto a quelli richiesti per la “cura” delle emergenze climatico-ambientali, come eloquentemente dimostrato dall’immane tragedia che l’Emilia-Romagna sta vivendo in queste drammatiche ore.

Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 

 

 




Dal Cnr-Ismn un biosensore ottico per la sicurezza alimentare

La contaminazione di prodotti alimentari ha un impatto nefasto sulla loro qualità e pone seri rischi per la salute dei consumatori.

La presenza di contaminanti microbiologici e chimici nei prodotti alimentari può essere correlata a molteplici cause quali la contaminazione ambientale, i metodi di produzione agricola e di processo delle materie prime, il conseguente immagazzinamento, confezionamento e trasporto dei prodotti finito, fino a pratiche di adulterazione fraudolenta.

Inoltre, prodotti alimentari contaminati devono essere ritirati dal mercato e smaltiti in quanto non rispondenti ai criteri normativi europei o agli standard di qualità, con conseguente spreco di cibo ed ingente perdita economica.

Di conseguenza in questi ultimi anni si è di molto intensificato lo sforzo per realizzare nuove tecnologie per una sensoristica che sia non solo veloce, accurata, quantitativa e a basso costo ma che possa anche essere facilmente trasferita dai laboratori di analisi agli ambienti di lavoro reali (come le aziende agricole, i siti di depurazione delle acque, gli ambulatori territoriali solo per fare alcuni esempi) per realizzare una rilevazione di tipo point-of-need (PON).

Ad oggi rimane aperta la sfida per integrare in un singolo sistema miniaturizzato, robusto e user-friendly le molteplici tecnologie necessarie per abilitare una sensoristica selettiva, multiplexing e altamente sensibile.

“L’attività di ricerca sviluppata da Cnr-Ismn di Bologna e recentemente pubblica sulla rivista Advanced Materials riporta l’innovativo approccio di utilizzare dispositivi optoelettronici organici per realizzare una nuova architettura di biosensore ottico proprio in virtù delle peculiari caratteristiche di questi dispositivi come OLED (diodi organici ad emissione di luce) e OPD (fotodiodi organici) di essere integrabili, modulari, planari e con spessore di qualche centinaio di nanometri mostrando performance ottiche ormai comparabili con le tecnologie competitive basate su semiconduttori inorganici”, conferma Stefano Toffanin dirigente di ricerca presso Cnr-Ismn e coordinatore dei progetti europei H2020 MOLOKO e h-ALO. “Nel nuovo sensore, il meccanismo di bio-riconoscimento molecolare selettivo, sensibile e multiplexing tipico di superfici nanostrutturate che sfruttano il fenomeno della risonanza plasmonica di superficie (SPR) viene abilitato in un chip di circa 1 pollice quadrato proprio grazie all’optoelettronica organica che ha sostituito le usuali componenti ottiche ingombranti e dispendiose che finora avevano impedito l’utilizzo della tecnologia SPR al di fuori dei laboratori di analisi specializzati”.

“La vasta applicabilità del sensore in ambienti industrialmente rilevanti è stata dimostrata nella rilevazione di composti sia ad alto che a basso peso molecolare di interesse per la sicurezza e la qualità nella catena di produzione del latte: in particolare, la lattoferrina che è una proteina presente nel latte vaccino indicatrice di mastini ed infezioni delle mammelle nelle vacche e la streptomicina, un antibiotico tipicamente utilizzati negli allevamenti di bestiame e che può essere facilmente trasferito alla carne, al latte ed altri prodotti caseari contribuendo così al pericoloso problema di salute pubblica dell’antibiotico resistenza”, aggiunge Margherita Bolognesi, ricercatrice del Cnr-Ismn.

In tempistiche dell’ordine di 15 minuti a misurazione è stato possibile ottenere le curve dose-risposta in soluzioni buffer per tali analiti andando ad identificare un limite di rilevabilità (LOD) comparabile con la strumentazione analitica da banco SPR utilizzata come standard in laboratorio (BIACORE 3000).

“In futuro – svela Toffanin – il prototipo del sensore consentirà di effettuare le misurazioni direttamente sul campo e in tutti i punti della filiera del latte senza dover inviare i campioni presso laboratori attrezzati: ad esempio, in sala di mungitura mediante diretta integrazione nell’impianto di mungitura, o presso i diversi siti di interesse della filiera del latte (centri di raccolta latte, caseifici, ecc..) ed è disegnato per essere utilizzato come strumento portabile da operatori specializzati e non”.

L’attività di ricerca e sviluppo su questo tematica è stata sostenuta dai progetti Europei ICT MOLOKO (Grant Agreement n. 780839) e h-ALO (Grant Agreement n. 101016706) all’interno del progamma quadro Horizon 2020 dei quali Cnr-Ismn è coordinatore.

Fonte: CNR




Il primo centro di ricerca italiano sulla biodiversità

Presentato il 22 maggio, in occasione della Giornata mondiale della biodiversità, il National Biodiversity Future Center (NBFC), il primo centro di ricerca italiano dedicato alla biodiversità, che sarà coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

L’evento di presentazione, compreso nelle celebrazioni del Centenario dell’Ente, si è articolato in due momenti: la mattina nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano (trasmesso in diretta streaming sul canale della Presidenza della Repubblica), alla presenza, tra gli altri, della Presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza, del Presidente di NBFC Luigi Fiorentino; del Comandante del Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri Antonio Pietro Marzo, dell’Assessore alla Cultura Roma Capitale Miguel Gotor e del Presidente di Infrastrutture SpA, ing. Pier Francesco Rimbotti. La Vicepresidente della Camera dei Deputati, Anna Ascani, ha mandato un videomessaggio di saluto; il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha mandato un messaggio letto in Sala. Il pomeriggio, i lavori sono proseguiti presso la sede centrale del Cnr (P.le A. Moro 7) con il kick off meeting del Centro.

Con NBFC, parte dall’Italia un messaggio concreto per promuovere la gestione sostenibile della biodiversità, che svolge un ruolo cruciale nel funzionamento di tutti gli ecosistemi del Pianeta ed è alla base della vita sulla Terra, con un impatto diretto sul benessere della collettività e del singolo. La varietà biologica in tutte le sue forme, dai microbi alle piante e agli animali, fino alla specie umana con le sue diversità culturali, è nel Mediterraneo – e in particolare in Italia – un patrimonio ancor più prezioso, visto che nel nostro Paese è concentrata una diversità biologica tra le più significative di tutta l’Europa, con 60.000 specie animali, 10.000 piante vascolari e oltre 130 ecosistemi (dati Ispra).

Per studiare e tutelare questa ricchezza – la cui protezione ora è sancita anche dall’articolo 9 della Costituzione italiana, modificato nel febbraio 2022 proprio per includervi il riferimento al concetto di biodiversità, unitamente alla nuova formulazione dell’articolo 41 circa la tutela della salute e dell’ambiente – nasce NBFC, il primo Centro nazionale di ricerca dedicato alla biodiversità.

Leggi l’articolo completo

Fonte: CNR




Centro di referenza europeo: Indicatori di benessere per l’allevamento del tacchino

Il Centro di referenza europeo per il benessere dei volatili e delle piccole specie (EURCAW), del quale IZSLER fa parte, ha presentato in modo diffuso ed esaustivo un estratto delle modalità di valutazione del benessere dei tacchini in allevamento  nella newsletter di aprile.

La pubblicazione combina un elenco di indicatori di benessere e metodi di valutazione relativi all’azienda. Non essendo ancora disponibile una legislazione europea specifica, i requisiti legali del direttiva 98/58/CE che si applicano ai tacchini sono identificati e assegnati a quattro principi di benessere identificati con il progetto Welfare quality: Good Feeding, Good Housing, Good Health and Appropriate Behaviour . Gli indicatori di benessere e loro metodi di valutazione sono sviluppati a seguito di una revisione della letteratura scientifica esistente e della checklist e linee guida utilizzate dagli ispettori ufficiali negli Stati membri(es. Classyfarm) . L’elenco non è esaustivo,. potrebbero esserci alcuni metodi non descritti in questo documento. EURCAW-Poultry-SFA ha scelto i metodi  più rilevanti e validi secondo le conoscenze dei ricercatori e i dati scientifici disponibili. Tra i diversi indicatori di benessere , gli indicatori basati sugli animali (ABI) hanno la priorità e questi indicatori e metodi di valutazione sono stati valutati in base alle conoscenze disponibili circa la loro fattibilità e affidabilità in fine di fornire alle Autorità Competenti informazioni utili per i controlli ufficiali. EURCAW-Poultry-SFA raccomanda l’uso di diversi indicatori specifici da usare in combinazione perchè possono fornire una panoramica generale del benessere del gruppo allevato. Il documento (allegato ) è senz’altro molto utile per quanti operano nel settore e per gli ispettori del servizio veterinario addetti ai controlli sul benessere.

Fonte: IZS Lombardia Emilia Romagna




La network analysis per spiegare la dinamica dell’epidemia di influenza aviaria

L’epidemia di influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità verificatasi tra il 2021 e il 2022 nel nord est Italia è stata una delle più gravi di sempre, con il coinvolgimento di 317 allevamenti avicoli e oltre 14 milioni di animali. La maggior parte degli allevamenti colpiti dall’epidemia è localizzata in un’area considerata ad alta densità, dove viene allevato circa il 70% del pollame italiano. La diffusione dell’epidemia è stata estremamente rapida, coinvolgendo inizialmente la provincia di Verona per poi espandersi alle province e alle Regioni circostanti, con picchi di oltre 50 nuovi focolai a settimana.

La grande velocità con cui l’epidemia si è diffusa sul territorio ha fatto emergere due ipotesi principali: 1) possibili fenomeni di contatto diretto tra allevamenti infetti e altre aziende avicole, oppure 2) la presenza di comuni fonti di infezione, che hanno determinato in breve tempo l’emergere di molteplici nuovi focolai.

Il Laboratorio epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica ha analizzato la dinamica di diffusione dell’epidemia di influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità verificatasi tra il 2021 e il 2022 nel nord est Italia. Per farlo è stata adottata la network analysis,  una metodologia che permette di integrare efficacemente dati virologici (genomi di virus e cluster genetici virali) ed epidemiologici (caratteristiche degli allevamenti colpiti).

La sfida per il Laboratorio epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica (SCS4) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) è stato di riuscire a spiegare la dinamica dell’epidemia valutando l’impatto di potenziali fattori di diffusione dell’infezione e utilizzando i dati raccolti durante i sopralluoghi negli allevamenti e le informazioni genetiche ottenute dalle analisi biomolecolari sui virus isolati da ciascun focolaio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Pathogens.

Network analysis ed epidemia di aviaria 2021-2022

Per condurre questo tipo di analisi è stato scelto di sfruttare la network analysis, una metodologia che trova applicazione in diversi ambiti, tra cui le scienze economiche, sociali, psicologiche, biologiche, ecc. Questo potente strumento di analisi permette di studiare le caratteristiche e le relazioni tra gli oggetti esistenti all’interno di un network: i nodi rappresentano delle entità, gli oggetti, mentre le connessioni rappresentano una relazione esistente tra queste entità.

Nel contesto dell’epidemia 2021-2022, le analisi filogenetiche condotte dal Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle hanno rivelato l’esistenza di diversi cluster genetici virali che rafforzano l’ipotesi di una diffusione del virus tra gli allevamenti domestici. Le successive analisi virologiche si sono quindi concentrate a valutare il grado di similarità genetica dei virus sequenziati appartenenti allo stesso cluster.

Nello specifico, i genomi completi di 214 virus sono stati utilizzati per costruire il network filogenetico. In questo network, ogni nodo corrisponde ad un virus identificato in un singolo focolaio, mentre i link mettono in relazione nodi caratterizzati dalla massima similarità genetica. Il network filogenetico rappresenta la base dati di partenza dello studio, su cui è stata applicata la metodica di network analysis denominata Exponential Random Graph Model (ERGM). L’ERGM è un modello statistico capace di spiegare il motivo per cui esiste un link tra due nodi, sulla base di una serie di variabili epidemiologiche. Applicato ad un network filogenetico, l’ERGM mette in relazione le caratteristiche epidemiologiche degli allevamenti colpiti con quelle più strettamente genetiche dei virus trovati. Questo approccio ha quindi consentito di valutare l’impatto di tali variabili sulla possibilità di diffusione dell’infezione tra gli allevamenti.

Le variabili dei network di diffusione virale

Dalle analisi è emerso che solo alcune variabili hanno un effetto significativo nella definizione della struttura del network e, conseguentemente, nella possibile trasmissione della malattia. Tra queste, le più importanti sono risultate l’appartenenza degli allevamenti alla stessa filiera avicola, la durata dell’esposizione degli allevamenti a focolai attivi e la distanza geografica tra le aziende.

Dalle analisi è emerso che solo alcune variabili hanno un effetto significativo nella definizione della struttura del network e, conseguentemente, nella possibile trasmissione della malattia. Tra queste, le più importanti sono risultate l’appartenenza degli allevamenti alla stessa filiera avicola, la durata dell’esposizione degli allevamenti a focolai attivi e la distanza geografica tra le aziende, che suggeriscono importanti implicazioni dal punto di possibili strategie di controllo, gestione e prevenzione di future epidemie di Influenza aviaria sul nostro territorio.

Lo studio dell’epidemia mediante l’applicazione della network analysis, normalmente utilizzata nelle scienze sociali, si è rivelato non solo innovativo ma anche valido per integrare efficacemente i dati virologici ed epidemiologici. Infatti, in molta letteratura scientifica spesso gli aspetti virologici ed epidemiologici di un’epidemia vengono presentati in maniera disgiunta, mentre in questo caso i dati epidemiologici sono stati utilizzati proprio per ‘spiegare’ la struttura dei dati virologici.

Ulteriori sviluppi di questo approccio sono già in cantiere. Per esempio, l’informazione relativa all’evoluzione di un’epidemia nel corso del tempo può essere integrata tramite la creazione di network ‘temporalizzati’, capaci di rappresentare con un quadro più dettagliato le dinamiche di diffusione spazio-temporale delle infezioni; oppure lo studio di malattie che coinvolgono diverse popolazioni (come, per esempio, le malattie trasmesse da vettori) potrebbe essere fatto tramite analisi dei cosiddetti multi-layer network, che integrano un maggior livello di complessità legato alla presenza di più ‘strati’ di entità che interagiscono tra loro all’interno dello stesso sistema.

Il potenziale applicativo della network analysis potrebbe in futuro aiutare gli epidemiologi a comprendere meglio la complessità delle malattie circolanti sul nostro territorio e fornire un efficace strumento di controllo e prevenzione delle epidemie.

Fonte: IZS Venezie




Api e pesticidi: aggiornata la guida EFSA alla valutazione dei rischi

apeL’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha revisionato la propria guida sulle modalità per valutare i rischi derivanti dai prodotti fitosanitari per api da miele, bombi e api solitarie. La guida riveduta tiene conto delle più recenti acquisizioni scientifiche e adotta le metodologie più aggiornate per eseguire valutazioni del rischio in questo ambito.

Quali sono le caratteristiche principali della guida aggiornata?

Il documento descrive come valutare il rischio per le api da miele esposte a prodotti fitosanitari in aree agricole. Lo fa seguendo un approccio progressivo per valutare sia l’esposizione delle api ai pesticidi (per contatto o per via alimentare) sia gli effetti che ne derivano. La guida descrive anche gli studi che i richiedenti devono produrre quando non sia possibile escludere un elevato rischio in fase di valutazione iniziale.

Contempla quindi vari scenari e aspetti pertinenti alla valutazione del rischio. Tra questi: le diverse tempistiche degli effetti (acuti e cronici) e le diverse fasi di vita delle api (adulti e larve). Per le api da miele esamina i possibili effetti a lungo termine delle basse dosi e le preoccupazioni potenziali dovute agli effetti subletali. Il documento esprime inoltre raccomandazioni in merito ai rischi da metaboliti e miscele di prodotti fitosanitari.

Che cos’è un approccio progressivo?

Sia la stima dell’esposizione che la valutazione degli effetti possono essere eseguite seguendo un approccio per gradi, passando da valutazioni prudenziali a valutazioni più realistiche. Il concetto di approccio progressivo consiste nel partire con una valutazione semplice, come ad esempio uno screening basato su dati standard, per poi aggiungere complessità, se necessario, onde affinare il rischio. Ciò avviene quando un rischio elevato non può essere escluso al gradino inferiore, e può implicare l’uso di dati desunti da studi di campo o semi-campo.

Per quale ragione e in che modo è stata condotta la revisione?

Ai sensi della legislazione europea, i prodotti fitosanitari possono essere approvati solo se una valutazione del rischio dimostri che essi non hanno effetti inaccettabili sull’ambiente, comprese le specie non bersaglio come le api. Nel 2013 l’EFSA ha pubblicato la sua prima guida alla valutazione del rischio da prodotti fitosanitari per le api (Apis melliferaBombus spp. e api solitarie), che la Commissione europea ci ha chiesto di rivedere nel 2019.

In risposta alla richiesta abbiamo istituito un gruppo di lavoro composto da personale dell’EFSA ed esperti esterni e, in linea con il mandato ricevuto, abbiamo effettuato una revisione basata sulle evidenze scientifiche tenendo conto delle ultime conoscenze scientifiche emerse dal 2013. Abbiamo raccolto dati sulla mortalità delle api, rivisto i requisiti per gli studi su campo e aggiornato le metodologie di valutazione del rischio.

Per documentare in modo trasparente lo studio scientifico che è alla base della revisione, la guida con le sue appendici e gli allegati sono stati corredati da un documento supplementare che racchiude tutte le informazioni di base nonché su raccolte dati e analisi.

In che modo sono stati coinvolti gli Stati membri e i portatori di interesse?

Durante il processo di revisione l’EFSA ha consultato gli Stati membri tramite la Rete di indirizzo sui pesticidi  (Pesticide Steering Network) e una serie di soggetti interessati tramite un apposito gruppo di portatori di interesse. L’EFSA ha poi preso parte a una serie di seminari e sessioni informative rivolte a rappresentanti degli Stati membri e parti interessate, organizzati dalla Commissione europea (CE).

Inoltre l’EFSA ha mantenuto stretti contatti con la CE e ha collaborato con l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) per armonizzare gli approcci alla valutazione dei rischi per le api nell’ambito dei regolamenti su prodotti fitosanitari e biocidi.

Tra luglio e ottobre del 2022 l’EFSA ha tenuto una consultazione pubblica sulla versione in bozza della guida. I contributi pervenuti sono stati elaborati in un workshop apposito rivolto a rappresentati di Stati membri e parti interessate, confluendo poi nel documento finale.

Ci sono state criticità particolari?

Poiché la legislazione europea in materia non definisce quantitativamente gli “effetti inaccettabili”, questo obiettivo di protezione generico doveva essere tradotto in obiettivi di protezione specifici (SPG), che potessero essere collegati in modo trasparente agli schemi di valutazione del rischio descritti nella guida. Sebbene la definizione degli SPG non rientri nelle competenze dell’EFSA, che ha il mero ruolo di valutatore del rischio, tuttavia abbiamo assistito i gestori del rischio – la Commissione europea e gli Stati membri – in questo compito organizzando diverse consultazioni.

A seguito di questo mutuo scambio e sulla base dei  dati scientifici forniti dall’EFSA, i gestori del rischio hanno concordato un GSP per le api mellifere del 10%. Si tratta del livello massimo consentito di riduzione delle dimensioni delle colonie dopo l’esposizione ai pesticidi. Per i bombi e le api solitarie non è stato definito un SPG quantitativo per mancanza di dati. È emerso tuttavia un generale consenso sulla necessità di richiedere più frequentemente studi di grado superiore per ottenere dati più solidi per il futuro.

Quali sono ora i prossimi passi?

Ora che la guida dell’EFSA è stata pubblicata, la Commissione europea inizierà a lavorare con gli Stati membri per l’approvazione del documento in seno al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi.

Chi fosse interessato a saperne di più sulla guida EFSA alla valutazione del rischio da prodotti fitosanitari per le api può partecipare alla nostra sessione informativa pubblica del 13 giugno 2023.

Fonte: EFSA




EFSA: per migliorare il benessere di bovine da latte, anatre, oche e quaglie è necessario migliorarne le condizioni in stalla

Le bovine da latte, le anatre, le oche e le quaglie hanno bisogno di più spazio e di migliori condizioni nelle stalle. Queste le raccomandazioni per il benessere degli animali espresse in due nuovi pareri scientifici odierni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) facenti parte di una serie dedicata alle specie animali d’allevamento su cui si basa l’attuale revisione delle norme dell’Unione europea sul benessere degli animali.

Bovine da latte

Avere spazio sufficiente per muoversi e riposare è un fattore importante per il benessere delle bovine da latte. Le risultanze scientifiche evidenziano che le vacche legate nelle stalle permanentemente hanno un ridotto benessere e, secondo l’EFSA, questa pratica andrebbe evitata. Ogni vacca deve avere accesso a uno spazio interno totale – compresa l’area per sdraiarsi – di almeno 9m2.

Altre raccomandazioni includono: dare alle vacche da latte accesso al pascolo con aree drenate e ombreggiate; verificare periodicamente eventuali casi di zoppia, mastite o disturbi metabolici; utilizzare spazzole in tutti i sistemi di stabulazione libera (cioè quelli in cui le vacche non sono legate) per consentire alle vacche di seguire comportamenti naturali come grattarsi e pulirsi. Se alloggiate in cubicoli, le vacche devono disporre di uno spazio individuale e di una lettiera sufficientemente spessa.

Consultate l’infografica sul benessere delle bovine da latte

Anatre, oche e quaglie

Gli scienziati dell’EFSA hanno esaminato anche i rischi per il benessere di anatre, oche e quaglie. Hanno valutato i sistemi zootecnici per gli animali da riproduzione e quelli utilizzati per i volatili destinati alla produzione di carne, foie gras e uova. L’EFSA ha individuato vari pericoli che possono avere un impatto negativo sul benessere dei volatili, consigliando misure adatte a prevenirli.

Per anatre, oche e quaglie l’EFSA raccomanda di evitare l’uso dei sistemi zootecnici detti comunemente gabbie. Inoltre i sistemi di allevamento utilizzati durante il periodo di sovralimentazione per la produzione di foie gras in anatre e oche dovrebbero essere evitati, poiché hanno ripercussioni notevoli sul benessere dei volatili. La pratica della sovralimentazione nella produzione di foie gras non rientrava nell’ambito di questa valutazione e non è stata esaminata.

L’EFSA raccomanda di fornire ai volatili più spazio e stabulari arricchiti e di altezza sufficiente per consentire a una persona di entrarvi per ispezionare gli animali. Altre raccomandazioni includono la necessità che: gli uccelli acquatici abbiano a disposizione acqua all’aperto per fare il bagno o immergere il capo; che le quaglie giapponesi abbiano a disposizione aree e materiale fine per fare il bagno nella polvere; pavimenti compatti con lettiera e materiali ruvidi per consentire agli uccelli di esplorare e foraggiarsi; e strutture di nidificazione per i volatili che depongono uova.

Consultate l’infografica sul benessere di anatre, oche e quaglie

Consulenza corroborata dalla scienza a supporto dei legislatori

Il parere scientifico sulle bovine da latte e quello su anatre, oche e quaglie forniscono consulenza al processo decisionale dei legislatori nell’ambito della revisione in corso della legislazione dell’Unione europea sul benessere degli animali. La relativa proposta legislativa della Commissione è attesa per la seconda metà del 2023.

La Commissione europea ha richiesto all’EFSA diversi pareri scientifici sul benessere degli animali d’allevamento nell’ambito della strategia Farm to Fork (F2F) [dal produttore al consumatore]. L’EFSA ha già pubblicato valutazioni sul benessere dei malaiali d’allevamentodei polli da carne, delle galline ovaiole e dei vitelli e degli animali durante il trasporto.

Evento in programma

L’EFSA presenterà le conclusioni raggiunte sui vitelli e i prossimi pareri sulle vacche da latte e su anatre, oche e quaglie in un evento pubblico che si terrà il 23 maggio 2023. Maggiori informazioni sono disponibili a questo link.

Fonte: EFSA




Quaderno Tecnico: Principi di gestione del puledro

Il Ministero della salute negli anni ha promosso e organizzato numerose iniziative di comunicazione in materia di benessere degli equidi, tra cui convegni e workshop e ha elaborato numerose brochure e opuscoli informativi. Infatti, tra i compiti del Ministero risulta essere punto cardine la promozione di programmi di informazione e di educazione finalizzati al rispetto degli animali e la tutela del loro stato di benessere come stabilito dall’art.7 dell’Accordo Stato-Regioni e Province Autonome del 6 febbraio 2003 in materia di benessere degli animali da compagnia e di pet therapy.

Questa pubblicazione, frutto della collaborazione con il Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università degli Studi di Messina, nasce dall’esigenza di fornire corretti indirizzi di gestione del puledro che si riverberano sul benessere del cavallo adulto, considerando anche che nel panorama nazionale del settore equestre non è presente una compiuta trattazione dei principi di gestione, educazione e allenamento del puledro.
Il testo, utilizzando un linguaggio diretto ed efficace e coniugando informazioni tecnico-scientifiche a un linguaggio visivo con l’ausilio di materiale fotografico dettagliato, rappresenta un utile strumento per tutti gli addetti del settore.

Leggi la pubblicazione

Fonte: Ministero della Salute




Aviaria. Meno focolai rispetto al 2022. In Europa rischio “basso” per la popolazione generale.

influenza aviariaTra il 2 marzo e il 28 aprile 2023, virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) A(H5Nx), clade 2.3.4.4b, sono stati segnalati focolai in uccelli domestici (106) e selvatici (610) in 24 paesi europei. A fare il punto sull’influenza aviaria è l’Ecdc in un nuovo rapporto.

I focolai si sono verificati meno frequentemente rispetto al periodo di riferimento precedente e rispetto alla primavera del 2022. La maggior parte di questi focolai sono stati classificati come focolai primari. Rispetto alla primavera del 2022, quando l’86% degli stabilimenti avicoli colpiti aveva segnalato la presenza di focolai secondari, quest’anno sono stati attribuiti alla diffusione secondaria un numero minore di focolai di pollame, il che potrebbe essere legato alla diminuzione della densità di pollame adottata in alcune aree e sistemi di produzione avicola considerati ad alto rischio; questo è stato il caso della Francia occidentale e sudoccidentale nel settore delle anatre domestiche e del foie gras e dell’Italia nordorientale nel settore dei tacchini e delle galline ovaiole.

Una presentazione atipica della malattia, caratterizzata da una bassa mortalità e dall’assenza di segni tipici dell’infezione da HPAI, è stata osservata in alcuni focolai di A(H5N1) causati dal genotipo BB (H5N1-A/Herring_gull/France/22P015977/2022-like) in tacchini e galline ovaiole in Italia. Questa presentazione atipica della malattia è stata ulteriormente valutata sperimentalmente. Rispetto agli isolati virali degli anni epidemici precedenti (2017-2021), il virus del genotipo BB ha richiesto una dose infettiva più elevata e anche il tempo mediano per l’insorgenza della malattia, dei segni clinici evidenti e della mortalità è stato più lungo.

l virus HPAI è generalmente poco rilevato e poco segnalato negli uccelli selvatici in Europa, poiché solo una parte dei volatili che muoiono di HPAI viene individuata e solo una parte di essi viene analizzata. Negli uccelli selvatici, i gabbiani dalla testa nera hanno continuato ad essere pesantemente colpiti, mentre anche altre specie di uccelli selvatici minacciati dal virus, come il falco pellegrino, hanno mostrato un aumento della mortalità.

Anche il virus HPAI A(H5N1) ha continuato ad espandersi nelle Americhe, anche nelle specie di mammiferi, e si prevede che raggiungerà l’Antartico nel prossimo futuro. Le infezioni da virus HPAI sono state rilevate in sei specie di mammiferi, in particolare nei mammiferi marini e nei mustelidi, per la prima volta, mentre i virus attualmente circolanti in Europa mantengono un legame preferenziale per i recettori aviari.

Dal 13 marzo 2022 e dal 10 maggio 2023, sono stati segnalati due rilevamenti di virus A(H5N1) 2.3.4.4b negli esseri umani provenienti dalla Cina (1) e dal Cile (1), nonché tre infezioni umane A(H9N2) e una A(H3N8) in Cina. Il rischio di infezione da virus dell’influenza aviaria H5 attualmente in circolazione del clade 2.3.4.4b in Europa rimane basso per la popolazione generale nell’UE/SEE e da basso a moderato per le persone esposte a livello professionale o in altro modo.

IL REPORT

Fonte: quotidianosanità.it




Artico: studio dimostra legame tra riscaldamento globale e aumento mercurio nel mare

Il mercurio, inquinante globale estremamente tossico per salute e ambiente, è al centro di un nuovo studio a guida italiana appena pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Geoscience”. Scienziate e scienziati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), Il mercurio, inquinante globale estremamente tossico per salute e ambiente, è al centro di un nuovo studio a guida italiana appena pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Geoscience”. Scienziate e scienziati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con altri partner internazionali hanno esaminato la relazione tra le variazioni climatiche del passato con i livelli di mercurio in Artico per capire quali sono i fattori naturali che influenzano il ciclo biogeochimico di questo elemento.

Nel contesto del progetto EastGRIP (East GReenland Ice core Project) coordinato dal Centre for Ice and Climate di Copenaghen, il team di ricerca ha condotto l’analisi di una carota di ghiaccio proveniente dalla calotta groenlandese, osservando la dinamica del mercurio tra 9.000 e 16.000 anni fa, durante la transizione tra l’ultimo periodo glaciale e l’attuale periodo climatico, l’Olocene.

I risultati hanno evidenziato che i livelli di mercurio durante questa transizione sono stati fortemente influenzati dalla riduzione della copertura di ghiaccio marino.

“Il nostro studio mostra che la deposizione di mercurio in Artico è triplicata all’inizio dell’Olocene rispetto all’Ultimo Periodo Glaciale”, spiega Delia Segato, dottoranda in Scienza e Gestione dei Cambiamenti Climatici dell’Università Ca’ Foscari Venezia. “Grazie all’analisi e l’interpretazione di archivi paleoclimatici e lo sviluppo di un modello di chimica atmosferica del mercurio”, continua Segato, “lo studio ha concluso che la perdita di ghiaccio marino, specialmente quello perenne, nell’oceano Atlantico sub-polare a causa del riscaldamento climatico avvenuto 11.700 anni fa, è stata la maggior responsabile dell’aumento di deposizione di mercurio in Artico”.

Le emissioni di mercurio, attentamente monitorate a livello internazionale, non sono solamente di origine antropica. Il ciclo biogeochimico del mercurio è controllato anche da diverse fonti naturali, come le attività vulcaniche, nonché da una moltitudine di processi fisici, chimici e biologici che si verificano nel suolo, nell’oceano e nell’atmosfera.

“Nelle regioni polari, il ghiaccio marino svolge un ruolo fondamentale nel controllo di questi processi”, spiega Andrea Spolaor, ricercatore presso del Cnr-Isp di Venezia e coautore dello studio. “Infatti, è stato dimostrato che il ghiaccio marino perenne, spesso di diverse decine di metri di spessore, impedisce il trasferimento del mercurio dall’oceano all’atmosfera, che altrimenti avverrebbe a causa della volatilità di questo metallo”.

“Al contrario, il ghiaccio marino stagionale, essendo più sottile, permeabile e salino, consente il trasferimento del mercurio e favorisce complesse reazioni atmosferiche che coinvolgono il bromo e aumentano la frequenza di eventi di depauperamento atmosferico del mercurio, causando una più rapida deposizione nell’ambiente artico”, conclude Spolaor. “A causa del riscaldamento climatico attuale, l’estensione del ghiaccio marino perenne nell’Artico è diminuita di oltre il 50% rispetto all’inizio delle misurazioni satellitari negli anni ’70. Studi futuri ci aiuteranno a stimare come questo fenomeno influirà sui livelli di mercurio e quali sono i rischi associati per le popolazioni e gli ecosistemi artici”.

Fonte: sanitainformazione.it