Linee guida per monitoraggio biotossine nelle aree di produzione e stabulazione molluschi bivalvi

L’Ufficio 2 – Igiene degli alimenti ed esportazioni della Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della Salute ha diffuso una nota sulla pubblicazione delle Linee Guida per la valutazione del rischio per la gestione uniforme del monitoraggio delle biotossine marine nelle aree di produzione e stabulazione dei molluschi bivalvi a livello nazionale.

Il Regolamento (UE) 2019/627, in conformità al regolamento (UE) 2017/625, stabilisce, per i molluschi bivalvi, che nei periodi di raccolta la frequenza del campionamento ai fini dell’analisi delle tossine abbia cadenza settimanale. Tuttavia, tale frequenza può essere ridotta o aumentata in determinate zone classificate di stabulazione o di produzione o per determinati tipi di molluschi bivalvi vivi in base a una valutazione del rischio dell’Autorità Competente relativa alla presenza di tossine o fitoplancton.

Lo scopo delle Linee Guida è quindi quello di fornire un supporto alle Autorità Competenti (AC) regionali e locali per l’elaborazione della valutazione del rischio che può portare a una diminuzione o a un aumento della frequenza dei controlli.

Sul sito del Laboratorio Nazionale di Riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine (LNR-BM) Centro Ricerche Marine di Cesenatico (CRM) sono disponibili quattro documenti:

  • Procedura Operativa per la Valutazione del Rischio;
  • Modulo per la Valutazione del Rischio;
  • Esempio di compilazione Modulo Valutazione del Rischio;
  • Istruzioni Operative Monitoraggio fitoplancton tossico.

La valutazione del rischio è soggetta ad una rivalutazione periodica e deve necessariamente essere riportata in modo completo dalle AC in un documento ufficiale a giustificazione della riduzione della frequenza settimanale per il monitoraggio delle biotossine marine nei molluschi bivalvi. Questa procedura può essere soggetta a modifiche e/o integrazioni, in relazione all’evoluzione delle conoscenze scientifiche ed in base all’esperienza acquisita dalle stesse AC dall’applicazione dei Regolamenti Comunitari.

Per approfondire consulta la pagina dedicata del sito del Laboratorio Nazionale di Riferimento per il monitoraggio delle biotossine marine (LNR-BM) Centro Ricerche Marine di Cesenatico




Antiossidanti nei prodotti della pesca, raccomandazoni del CNSA

A febbraio 2023 la sezione Sicurezza Alimentare del CNSA (Comitato Nazionale per la sicurezza alimentare, ha emesso il documento tecnico “Impiego di antiossidanti nei prodotti della pesca – raccomandazioni“.

L’acido ascorbico (E 300), l’ascorbato di sodio (E 301) e l’ascorbato di calcio (E 302) sono additivi alimentari autorizzati e comunemente utilizzati come antiossidanti nel pesce trasformato e non trasformato per rallentare la decolorazione della polpa di pesce e l’irrancidimento.

In assenza di una normativa europea che indicasse la quantità massima per tali additivi alimentari, il Ministero della salute ha ritenuto opportuno procedere a una valutazione del rischio per il consumatore per determinazioni di acido ascorbico superiori ai 300 mg/kg nel tonno incaricando la Sezione 1 del CNSA a redigere un apposito parere scientifico.

Ora il Regolamento UE 2022/1923 fissa a 300 mg/kg i livelli massimi di utilizzo degli antiossidanti E300, E 301 ed E 302 nel tonno.

A conclusione del proprio parere, gli esperti del CNSA raccomandano l’importanza di mantenere alta l’attenzione verso una buona pratica di produzione, conservazione, vendita e utilizzo del prodotto a cominciare dal mantenimento della catena del freddo.

Fonte: Ministero della Salute




Sicurezza alimentare, nuovo regolamento sulla plastica riciclata destinata al contatto con prodotti alimentari

MocaIl 20 settembre 2022 è stato pubblicato il nuovo Regolamento (UE) 2022/1616, entrato in vigore il 10 ottobre 2022, che abroga il Regolamento (CE) 282/2008 relativo ai materiali e agli oggetti di materia plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

La norma, nello specifico, disciplina:

  • l’immissione sul mercato di materiali e oggetti di materia plastica, destinati al contatto con gli alimenti, contenenti plastica riciclata;
  • lo sviluppo e il funzionamento di tecnologie, processi e impianti di riciclo, per produrre materia plastica riciclata da utilizzare in detti materiali e oggetti di materia plastica;
  • l’uso a contatto con i prodotti alimentari di materiali e oggetti di materia plastica riciclata e di materiali e oggetti di materia plastica destinati a essere riciclati.

Secondo le disposizioni del regolamento è possibile immettere sul mercato materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti (MOCA) di materia plastica riciclata fabbricati:

  • con una tecnologia di riciclo idonea, in grado di riciclare i rifiuti in materiali e oggetti di materia plastica riciclata sufficientemente inerti e sicuri da un punto di vista microbiologico
  • oppure con una nuova tecnologia, purché questa sia conforme al capo IV del regolamento.

Nell’Allegato I del regolamento sono elencate le tecnologie di riciclo idonee per la produzione di plastica riciclata destinata alla fabbricazione dei MOCA, tecnologie già valutate positivamente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

Per garantire la trasparenza e facilitare le attività di controllo, il nuovo regolamento istituisce il Registro dell’Unione delle nuove tecnologie, dei riciclatori, dei processi di riciclo, degli schemi di riciclo e degli impianti di decontaminazione, accessibile al pubblico sul sito web della Commissione Europea.

Per quanto concerne la registrazione al Registro dell’Unione, la Commissione ha pubblicato una pagina informativa, che

  • illustra le modalità di registrazione e fornisce i moduli necessari
  • fornisce il modello della scheda di sintesi del monitoraggio della conformità (Allegato II del regolamento), finalizzata a riassumere in modo standardizzato il funzionamento, il controllo e il monitoraggio degli impianti di riciclo
  • i modelli di dichiarazione di conformità della materia plastica riciclata, che devono essere utilizzati dai riciclatori e dai trasformatori (Allegato III, Parte A e Parte B, del regolamento).

Il regolamento dispone che la notifica per la registrazione delle nuove tecnologie, dei riciclatori, degli schemi di riciclo e degli impianti di decontaminazione deve essere effettuata, entro i termini previsti, sia alla Commissione Europea che all’autorità competente del territorio in cui è situato l’impianto, il Gestore dello schema o lo Sviluppatore della nuova tecnologia.

Per quanto riguarda l’Italia, la notifica deve essere trasmessa alle autorità territorialmente competenti, utilizzando gli indirizzi riportati nell’Elenco delle autorità territorialmente competenti e, per conoscenza ,all’autorità competente centrale, Ministero della Salute, utilizzando l’indirizzo di posta certificata dgsan@postacert.sanita.it .

In merito alla Scheda di sintesi del monitoraggio della conformità degli impianti di decontaminazione, la stessa deve essere inviata, entro i termini previsti dal regolamento, esclusivamente all’autorità competente del territorio in cui è situato l’impianto e per conoscenza all’autorità competente centrale, utilizzando gli stessi indirizzi sopraindicati.

Fonte: Ministero della Salute




Pubblicato il rapporto “Clima in Italia nel 2022”

Cambiamenti climaticiIl Rapporto “Clima in Italia nel 2022”, pubblicato dall’ISPRA con cadenza annuale dal 2006, quest’anno diventa un prodotto SNPA. Grazie al coinvolgimento del Sistema nazionale per la protezione ambientale, si arricchisce di approfondimenti sul clima anche a scala regionale e locale, nonché su aspetti idro-meteo-climatici e meteo-marini più rilevanti dell’anno in esame.

La prima parte del volume descrive l’andamento del clima nel corso dell’ultimo anno e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia sulla base di dati, statistiche, indici e indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA).

La seconda parte raccoglie contributi di approfondimento, dalla scala nazionale alla scala locale, sui principali elementi che hanno caratterizzato il 2022: la siccità e la scarsità idrica, il caldo, gli eventi idro-meteo-climatici e meteo-marini significativi. Il 2022 è infatti stato un anno caratterizzato da temperature e siccità record.

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Fonte: snpambiente.it




Intossicazione acuta in bovini in Veneto, la causa è il sorgo selvatico

In relazione al caso di intossicazione acuta in un gruppo di bovini e la conseguente moria di 13 animali avvenute nel comune di Gambugliano (Vicenza), e a seguito degli accertamenti diagnostici, i veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e dell’Ulss 8 Berica ritengono che la causa sia da imputare all’ingestione di sorgo selvatico.

L’episodio risale allo scorso 3 luglio, quando un gruppo di 55 bovine da latte appartenenti a un’azienda agricola, dopo circa un’ora di pascolo in un prato di proprietà dell’azienda, ha mostrato sintomi neurologici acuti caratterizzati da barcollamento e tremori, decubito permanente e irrigidimento degli arti.

Il giorno stesso, a titolo precauzionale il Servizio veterinario di sanità animale dell’Ulss 8 Berica ha fatto prontamente spostare dal pascolo gli animali in grado di muoversi autonomamente e ha disposto la sospensione della consegna del latte prodotto nell’azienda agricola. I veterinari del Laboratorio di diagnostica dell’IZSVe e i colleghi dell’Ulss 8 Berica, intervenuti sul posto il giorno successivo per un sopralluogo congiunto, hanno constatato il decesso dei 13 bovini.

A seguito dell’esito negativo degli esami tossicologici effettuati su campioni biologici presso i laboratori di chimica dell’IZSVe, il sospetto diagnostico si è orientato sull’ingestione di piante tossiche, tenuto conto della sintomatologia iperacuta manifestata dai bovini.

La verifica effettuata successivamente dai veterinari nell’area del pascolo ha evidenziato la presenza di un gran numero di piante di sorgo selvatico, noto anche come sorghetta. In specifiche situazioni, questa pianta, se ingerita da bovini, pecore o altri ruminanti, può dar luogo alla liberazione di cianuri. In presenza di siccità, eccesso di nitrati nel terreno, presenza di insetti o altre situazioni che ritardano la crescita e lo sviluppo della pianta, il sorgo può accumulare una sostanza detta durrina, che può liberare acido cianidrico, direttamente nella pianta o qualora venga ingerita dagli animali. I bovini sono più sensibili all’azione della durrina poiché l’ambiente ruminale favorisce la liberazione dell’acido cianidrico da parte di questa sostanza.

Dalle analisi chimiche effettuate dall’Arpav sulle piante di sorgo selvatico prelevate dal pascolo è emersa la presenza di una bassa quantità di cianuri, inferiore alla dose prevista per le materie prime vegetali dal Piano Nazionale Alimentazione Animale 2022-2023.

Gli altri bovini coinvolti nell’episodio si sono completamente ristabiliti, senza mostrare alcuna sintomatologia clinica. Secondo i veterinari, i giorni trascorsi dall’evento sono un tempo adeguato per lo smaltimento di eventuali residui di sostanze tossiche da parte dell’organismo, considerato che la patologia si è manifestata in forma iperacuta e non cronica, il che porta ad escludere un processo di accumulo di un’eventuale sostanza tossica. Le autorità sanitarie hanno così potuto riammettere il latte prodotto dall’azienda agricola alla trasformazione casearia, e hanno stabilito un periodo di monitoraggio per consentire agli animali un ritorno al pascolo in sicurezza.

Fonte: IZS Venezie




Influenza aviaria, maggiore sorveglianza negli uccelli e nei mammiferi

influenza aviariaIl virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) continua a circolare ampiamente tra gli uccelli selvatici in Europa causando un’elevata mortalità in diverse specie, mentre la situazione generale nel pollame dopo la stagione invernale è migliorata. Segnalati casi anche negli animali da compagnia, sono in corso indagini epidemiologiche su casi nei gatti in Polonia, e negli animali da pelliccia con casi in allevamenti di volpi artica e visoni in Finlandia.

Secondo l’ultimo rapporto sull’influenza aviaria dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (EURL) presso l’IZS delle Venezie, dal 29 aprile al 23 giugno 2023, l’H5N1 ha colpito in Europa un’ampia gamma di specie di uccelli selvatici, dalle zone più settentrionali della Norvegia fino alle coste del Mediterraneo. Le autorità raccomandano di intensificare la sorveglianza attiva della malattia negli uccelli selvatici, soprattutto quelli acquatici, per meglio conoscere la circolazione dei diversi virus HPAI in natura.

Fonte: IZS Venezie

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Iss, a Parma primo caso nel 2023 di West Nile nell’uomo

Primo caso confermato di infezione da virus West Nile (WNV) nell’uomo dall’inizio della sorveglianza, segnalato in un donatore di sangue nella Provincia di Parma (Provincia già colpita dalla circolazione del virus negli animali vettori). Inoltre, salgono a 14 le Province con dimostrata circolazione di WNV in vettori e animali, appartenenti a 5 Regioni: Piemonte, Lombardia, EmiliaRomagna, Sicilia e Sardegna.

Quest’anno la stagione di trasmissione di malattie trasmesse da insetti ha avuto un inizio precoce in Italia. La circolazione del virus West Nile, infatti, è stata infatti confermata dalla presenza del virus in pool di zanzare e in avifauna nel paese già nel mese di maggio 2023. Sono state di conseguenza attivate precocemente le misure di prevenzione su trasfusioni e trapianti nelle aree interessate. Recentemente anche l’Ecdc ha lanciato un alert sulle zanzare invasive e i conseguenti rischi per la salute.

Sebbene ad oggi non siano stati notificati casi confermati di infezione nell’uomo da virus West Nile contratti nei mesi di aprile e maggio 2023, è possibile che la circolazione di questo o di altri patogeni trasmessi da insetti possa aumentare nelle prossime settimane.

Si sono inoltre verificate emergenze idro-geologiche per eventi climatici estremi in diverse Regioni Italiane. Dal 15 maggio 2023 una forte ondata di maltempo sta interessando in particolare numerose province della Regione Emilia-Romagna dove si sono registrate esondazioni e frane (Fonte: Dipartimento della Protezione Civile). Inondazioni, esondazioni ed alluvioni sono associate all’aumento del rischio di alcune malattie infettive, incluse le arbovirosi trasmesse da zanzare, come il virus West Nile, endemico in Italia, e i virus dengue e chikungunya, che hanno dato luogo a focolai sporadici nel nostro paese.

Fonte: ISS




Presentato il Rapporto grandi carnivori: il punto su orsi e lupi in Trentino

Quattordici cucciolate di orso, per un totale di circa venticinque nuovi nati lo scorso anno, portano il numero degli esemplari presenti in Trentino a superare certamente le cento unità. L’annuale Rapporto grandi carnivori, che dedica ampio spazio anche a lupo, lince e sciacallo dorato, fotografa la situazione a fine 2022: il documento tecnico è stato presentato oggi dall’assessore provinciale alle foreste, Giulia Zanotelli.

“I numeri dimostrano la necessità di proseguire lungo la strada tracciata dall’Amministrazione, con l’obiettivo di contenere la popolazione di orsi in Trentino, affinché questa presenza sia resa maggiormente compatibile con le attività antropiche” ha osservato Zanotelli, ricordando l’azione diplomatica avviata dal Governo per i trasferimenti all’estero e l’impegno della Provincia nella definizione di un piano per la revisione della normativa di gestione. Va detto che nel 2022 l’analisi di materiale genetico è stata eseguita con l’obiettivo di identificare i soggetti problematici ed è stata ampiamente impiegata la tecnica del fototrappolaggio. Il monitoraggio genetico intensivo, volto a determinare i principali parametri demografici della popolazione, viene condotto ad anni alterni e dunque a fine 2023 sarà eventualmente possibile confermare il trend di crescita.

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Fonte: Provincia autonoma di Trento




Ecco tutta la quantità di plastica che inaliamo ogni settimana

microplasticheRespiriamo minuscole particelle di plastica che trovano poi casa all’interno dei nostri polmoni.

Le microplastiche sono pezzi piccolissimi di detriti plastici con una lunghezza inferiore ai 5 mm generati dallo smaltimento e dalla rottura dei prodotti di consumo e dei rifiuti industriali. Ogni anno, circa 42 000 tonnellate di microplastiche finiscono nell’ambiente. Questa situazione, che può condurre a potenziali effetti gravi sulla salute pubblica e sull’ambiente, non è tuttavia evitabile: mangiamo e beviamo microplastiche, che sono scambiate dalla fauna marina per cibo.

Cosa fanno le microplastiche quando si trovano dentro di noi?

Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista «Physics of Fluids» suggerisce che le microplastiche pongano una minaccia più seria alla salute rispetto a quanto ritenuto. «Sono state trovate milioni di tonnellate di queste particelle in microplastica nell’acqua, nell’atmosfera e nel suolo. La produzione globale di microplastica è in aumento e anche la densità di questo materiale nell’atmosfera registra un significativo incremento», ha dichiarato Mohammad S. Islam, autore principale attivo presso l’Università tecnologica di Sydney, in un comunicato stampa dell’American Institute of Physics. «Per la prima volta, nel 2022, gli studi hanno individuato microplastiche all’interno delle vie aeree umane profonde, il che solleva preoccupazioni sui gravi rischi di natura respiratoria per la salute.» I contaminanti e le sostanze chimiche tossici si raccolgono all’interno del naso e nella parte posteriore della gola e, grazie alle loro piccole dimensioni, restano intrappolati nelle vie respiratorie.

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Fonte: Commissione Europea




Prima segnalazione europea di infezione da Leptospira interrogans – sierogruppo Australis ST24 in un gatto

La leptospirosi è una delle zoonosi più diffuse a livello mondiale e può infettare sia l’uomo sia molte specie animali, compresi il cane e, più raramente, il gatto. Tuttavia, il ruolo del gatto come ospite suscettibile e potenziale serbatoio ambientale di Leptospira non è stato ancora ben definito.

Ricercatori IZSVe hanno documentato per la prima volta in Europa un caso di infezione da Leptospira interrogans, sierogruppo Australis ST24, in un giovane gatto a vita libera. Nel soggetto è stata dimostrata una comorbidità da panleucopenia felina (FPV). Sebbene i gatti che vivono all’aperto siano potenzialmente esposti all’infezione da leptospira per via del possibile contatto con altri animali, essi manifestano la malattia clinica molto più raramente rispetto al cane.

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Tropical Medicine and Infectious Disease porta nuovi contributi sperimentali utili alla comprensione di questa malattia. I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno documentato per la prima volta in Europa un caso di infezione da Leptospira interrogans, sierogruppo Australis ST24, in un giovane gatto a vita libera. Nel soggetto è stata dimostrata una comorbidità da panleucopenia felina (FPV).

La leptospirosi nel gatto presenta aspetti oscuri; gli studi epidemiologici puntano a chiarire il quadro ecopatologico della malattia ed il ruolo di questa specie come possibile serbatoio di infezione. Per esempio, sebbene i gatti che vivono all’aperto siano potenzialmente esposti all’infezione per via del possibile contatto con l’ambiente e con la fauna selvatica e/o sinantropica, essi manifestano la malattia clinica molto più raramente rispetto al cane.

Il gatto sul quale è stata dimostrata l’infezione presentava un quadro severo, rivelatosi mortale, anche a causa della coinfezione da FPV. Il parvovirus felino è un virus che provoca, tra l’altro, immunodepressione, perciò potrebbe aver favorito la manifestazione clinica di leptospirosi, insieme ad altre condizioni come la giovane età e la vita all’aperto.

Pur non essendo ad oggi dimostrata una correlazione fra malattie infettive debilitanti/immunosoppressive e forme di leptospirosi gravi nel gatto, sono stati documentati alcuni casi clinici di sospetta leptospirosi in soggetti con malattie intercorrenti ad effetto immunosoppressivo e/o debilitante.

Sieroprevalenza della leptospirosi nei gatti liberi

Ulteriori informazioni provengono dai risultati di uno studio realizzato tra il 2014 e il 2016 sull’esposizione a Leptospira di gatti apparentemente sani ospitati in oasi e colonie feline nel Nordest Italia, e riportato nell’articolo scientifico. Lo studio è stato condotto dall’IZSVe, in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per la leptospirosi dell’IZS Lombardia Emilia-Romagna e con la Clinica Veterinaria S. Marco (Veggiano, Padova), grazie a un finanziamento del Ministero della Salute (RC IZSVE 16/12).

Dalle indagini sierologiche e molecolari su 95 gatti a vita libera apparentemente sani è stata osservata una sieroprevalenza del 10,5%, ma con titoli borderline o poco significativi, verso i sierogruppi Grippotyphosa, Icterohaemorrhagiae, Bratislava, Canicola e Ballum. Le evidenze raccolte porterebbero alla conclusione secondo cui i gatti sani avrebbero una resistenza naturale alla leptospirosi clinica, forse sviluppata a causa dell’evoluzione in stretta relazione ecologica con piccoli roditori, le principali prede naturali dei nostri felini.

Dalle indagini sierologiche e molecolari su 95 gatti a vita libera apparentemente sani è stata osservata una sieroprevalenza del 10,5%, ma con titoli borderline o poco significativi, verso i sierogruppi Grippotyphosa, Icterohaemorrhagiae, Bratislava, Canicola e Ballum. Nessun soggetto è risultato escretore attivo.

Nei quattro casi selezionati di gatti sintomatici sospetti di leptospirosi e affetti da patologie intercorrenti (es. infezione da herpesvirus, FeLV, FIV, linfoma, ipertitoridismo), sono stati riscontrati titoli anticorpali decisamente più elevati nei confronti dei sierogruppi Grippotyphosa, Bratislava, Icterohaemorrhagiae e Copenagheni e un soggetto è risultato escretore attivo alla PCR sulle urine.

Le evidenze raccolte dagli studiosi:

  • prevalenza di anticorpi anti-Leptospira a basso titolo nei gatti liberi in assenza di segni clinici;
  • titoli anticorpali elevati riscontrati in quattro casi clinici sospetti già affetti da patologie debilitanti;
  • identificazione di L. interrogans ST24 nel giovane gatto affetto da FPV,

porterebbero alla conclusione secondo cui i gatti sani avrebbero una resistenza naturale alla leptospirosi clinica, forse sviluppata a causa dell’evoluzione in stretta relazione ecologica con piccoli roditori, le principali prede naturali dei nostri felini. Ulteriori studi saranno necessari per definire meglio il ruolo epidemiologico che questi animali possono avere come serbatoi di Leptospire patogene, ruolo sospettato da alcuni ricercatori.

Fonte: IZS Venezie