Nuovo opuscolo ISPRA: specie aliene nei nostri mari

La biodiversità del Mar Mediterraneo è in continua evoluzione, colonizzato da specie in espansione di areale che arrivano attraverso corridoi naturali, come lo Stretto di Gibilterra, e da specie non indigene o specie aliene che sono introdotte dalle attività antropiche o arrivano attraverso corridoi artificiali quali il Canale di Suez; alcune di queste specie possono anche essere pericolose per la salute umana in quanto tossiche al consumo o velenose al contatto.

Allo scopo di fornire un supporto ai fruitori del mare per il riconoscimento delle nuove specie potenzialmente osservabili e pescabili nei nostri mari, incluse quelle pericolose per la salute umana, è stato realizzato un nuovo opuscolo, versione aggiornata dell’edizione 2021.

Le eventuali segnalazioni che verranno inviate ai ricercatori, contribuiranno anche a monitorare la distribuzione e diffusione di tali specie nelle nostre acque.

Fonte: ISPRA




Specie invasive: strategie di controllo e di adattamento per il comparto della pesca

L’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Ancona (Cnr-Irbim) ha coordinato il Technical Report “Fisheries responses to invasive species in a changing climate – Lessons learned from case studies” appena rilasciato dalla Food and Agriculture Organization delle Nazioni unite (FAO) e ora liberamente disponibile in rete: uno strumento a disposizione dei decisori politici, amministratori e delle imprese del settore pesca per rispondere in modo efficace al crescente impatto delle specie acquatiche invasive (AIS), sfida globale oggi ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici.

Esito di una approfondita ricerca che ha coinvolto undici casi di studio condotti da altrettanti team di esperti internazionali e un sondaggio condotto su 101 scienziati provenienti da 44 Paesi. Il Report individua tre differenti tipologie di misure: socioeconomiche, ambientali, fino a soluzioni che puntano a favorire una maggiore conoscenza e consapevolezza del problema a livello generale. Nove le misure esaminate, ciascuna corredata da analisi dei pro e dei contro e guide di implementazione dettagliate.

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Fonte: CNR




Svelata complessità catene di trasmissione zoonotica

zoonosiLe zoonosi, che ogni anno influenzano la salute di oltre due miliardi di persone in tutto il mondo, sono associate a una rete complessa di interazioni di trasmissione, che coinvolgono vari attori. A descriverle nel dettaglio sulla rivista Nature Communications gli scienziati del Complexity Science Hub e dell’Università di Medicina Veterinaria di Vienna.

Il team, guidato da Amélie Desvars-Larrive, ha introdotto il concetto di “rete zoonotica” per rappresentare l’insieme delle relazioni tra agenti zoonotici, i loro ospiti, vettori, fonti alimentari e ambiente.

“Le malattie zoonotiche – spiega Desvars-Larrive – possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo, e rappresentano pertanto un problema significativo di salute pubblica. Il nostro lavoro evidenzia l’importanza di un approccio olistico per comprendere e gestire i rischi da esse derivanti”.

Il contagio tra uomo e animali può avvenire tramite contatto diretto con saliva, sangue, urina o persino feci di animali infetti. Interazioni a rischio possono riguardare, ad esempio, morsi, graffi e persino contatti cutanei (in caso di dermatiti e funghi della pelle). La trasmissione indiretta può anche avvenire tramite morsi di vettori artropodi, come nel caso del virus West Nile e dell’encefalite trasmessa da zecche, o anche oggetti e superfici contaminati.

“Le malattie zoonotiche sono spesso discusse in termini di interazioni ospite-patogeno – osserva Anja Joachim, collega e coautrice di Desvars-Larrive – ma il quadro è molto più complesso. Per colmare queste lacune abbiamo sviluppato un metodo in grado di indagare le interfacce in cui avviene lo scambio di patogeni zoonotici circolanti”.

Gli autori hanno condotto una ricerca sistematica della letteratura scientifica riguardante tutte le interazioni documentate tra fonti zoonotiche e patogeni avvenute in Austria tra il 1975 e il 2022. La rete zoonotica risultante è stata elaborata in una dashboard, che ha permesso la visualizzazione di sei distinte comunità di condivisione di agenti zoonotici per quanto riguarda l’Austria: esseri umani, specie domestiche (cani, gatti, bovini, ovini e suini) e animali che si sono adattati agli ambienti umani, come i topolini. Queste linee sembravano influenzate da agenti infettivi altamente connessi, dalla vicinanza agli esseri umani e dalle attività umane. I risultati evidenziano poi il ruolo che alcuni animali, come gli artropodi, possono svolgere nel collegare le comunità ospitanti.

“Conoscere gli attori della rete più influenti – commenta Desvars-Larrive – ci permette di ottimizzare i programmi di sorveglianza delle malattie zoonotiche”. Utilizzando un approccio quantitativo basato sul concetto One Health e su strutture specifiche nella rete, la ricerca conferma che, in Austria, è più probabile che lo spillover zoonotico si verifichi nelle interfacce uomo-bestiame e uomo-cibo.

“Mangiare alimenti contaminati – conclude Desvars-Larrive – sembra associato al rischio maggiore di infezione per agenti comuni come Listeria, Salmonella ed Escherichia. La nostra mappa interattiva potrebbe suscitare curiosità anche tra i non addetti ai lavori e sensibilizzare così le persone sull’importanza della prevenzione. Entriamo a contatto con tanti innumerevoli agenti patogeni nel corso della nostra vita, ma solo alcuni possono provocare malattie. Eppure ci sono delle semplici accortezze che possono ridurre il rischio di contaminazione, come pulire i coltelli quando si maneggiano gli alimenti crudi”.

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Fonte: AGI




Aviaria: può essere trasmessa da mucche anche a topi e furetti

influenza aviariaIl virus altamente patogeno dell’influenza aviaria H5N1, che negli Stati Uniti ha raggiunto anche la popolazione bovina, si trasmette nei mammiferi attraverso il latte vaccino, infettando i topi, che, per esposizione, possono passarlo ai furetti. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati dell’Università del Wisconsin-Madison.

Il team, guidato da Yoshihiro Kawaoka, ha caratterizzato l’agente patogeno dell’influenza H5N1, rivelando che il virus viaggia verso le ghiandole mammarie degli animali infetti.

Nella primavera 2024, negli USA, è stato documentato il primo focolaio di influenza aviaria in un allevamento di bovini da latte, seguito da casi in altri mammiferi, compreso l’uomo. Si ipotizza che l’infezione della ghiandola mammaria e le attrezzature di mungitura contaminate siano coinvolte nella trasmissione tra mucche. Sono stati anche rilevati virus nel latte vaccino, ma le caratteristiche di base dell’H5N1 bovino sono piuttosto sconosciute.

Per colmare le lacune esistenti, gli autori hanno caratterizzato il materiale genetico di un virus isolato dal latte di una mucca infetta nel New Mexico.

I ricercatori hanno osservato il virus replicarsi e provocare la malattia nei topi e nei furetti. Gli scienziati hanno dimostrato che il virus si diffonde sistematicamente, anche alle ghiandole mammarie di entrambi gli animali, una caratteristica precedentemente trascurata dell’infezione dei mammiferi con questi virus aviari.

Il gruppo di ricerca ha inoltre scoperto che l’H5N1 bovino si lega sia ai recettori dell’acido sialico di tipo aviario che a quelli di tipo umano. Questa specificità di legame del recettore duale non è stata osservata per i virus H5N1 circolanti più vecchi.

Tra furetti, invece, la trasmissione poteva avvenire tramite aerosol e goccioline respiratorie, anche se la carica virale sembrava più bassa in questi casi.

Questo lavoro, concludono gli scienziati, rivela nuove caratteristiche del virus H5N1, che potrebbero essere particolarmente utili nella definizione di strategie di contenimento di potenziali focolai di infezione.




IIZZSS, influenza aviaria: allo studio test specifici per i bovini e il latte crudo

A seguito della diffusione del virus influenzale H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) negli allevamenti degli Stati Uniti, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie (IZSVe) e della Lombardia ed Emilia-Romagna (IZSLER), in accordo con il Ministero della Salute, si sono resi disponibili ad organizzare test sperimentali su bovini e latte crudo allo scopo di produrre dati scientifici utili ad una valutazione del rischio e per una precisa diagnosi, qualora dovessero presentarsi eventuali riscontri sul territorio nazionale di casi analoghi a quelli statunitensi.

 

Questi studi mirano ad ampliare il quadro delle conoscenze scientifiche attualmente a disposizione e a fornire una risposta efficace e tempestiva in caso di rischio sanitario, attraverso metodi di laboratorio validati. Allo stato attuale non vi è alcuna evidenza di infezione, neanche pregressa, nella popolazione bovina in Europa. La circolazione del virus H5N1 nelle vacche da latte ad oggi è stata segnalata solo negli Stati Uniti.

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Influenza aviaria: in calo in Europa ma si a sorveglianza in vista della prossima stagione influenzale

L’Europa ha registrato il più basso numero di casi di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nel pollame e negli uccelli selvatici dal 2019/2020 e il rischio per la popolazione in genere rimane basso. Sono questi i principali esiti della più recente relazione sull’influenza aviaria elaborata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea, sulla base dei dati notificati tra aprile e giugno 2024.

Il miglioramento della situazione in Europa può essere legato a diversi fattori e richiede ulteriori indagini ma tra i fattori determinanti potrebbero esservi l’immunità sviluppata dagli uccelli selvatici in seguito a una precedente infezione, la riduzione nel numero di alcune popolazioni di uccelli selvatici, la diminuzione delle contaminazioni ambientali e variazioni nella composizione dei genotipi virali.

Gli esperti hanno notato che il virus HPAI ha continuato a circolare tra gli uccelli selvatici in Europa per tutto il corso dell’anno, anche se con cifre ridotte, e hanno raccomandato di rafforzare la sorveglianza in vista della prossima stagione influenzale.

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Fonte: EFSA




Zanzare, sono un reale pericolo per la salute dell’uomo? Rispondono quattro esperti dell’IZS di Teramo

Il 26 giugno 2024 è stato segnalato in Italia, nella provincia di Modena il primo caso autoctono della forma neuroinvasiva di West Nile, un evento che, tuttavia, non ha sorpreso gli esperti. “Non è la prima volta che in Italia si verificano casi di febbre del Nilo Occidentale (WNF) e della forma neuroinvasiva (WNND) durante il mese di giugno – spiega Federica Iapaolo, dirigente del Reparto Diagnostica e sorveglianza delle malattie esotiche IZSAM -.

Anche negli anni precedenti, durante le stagioni epidemiche del 2018 e del 2022, i primi casi di infezione nell’uomo erano stati segnalati a giugno, in quelle occasioni nel Veneto. È importante segnalare che in entrambe le circostanze, le stagioni sono state caratterizzate da un elevato numero di casi umani (618 nel 2018, con 42 decessi, e 588 nel 2022, con 37 decessi).  Lo scorso anno invece sono stati confermati 332 casi nell’uomo, il primo dei quali il 13 luglio 2023, con 27 decessi”. Con i cambiamenti climatici in corso, il quadro della situazione potrebbe ulteriormente peggiorare, di anno in anno. Per evitare che accada, abbiamo interpellato la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani. La FNOVI ha coinvolto quattro esperti del IZSAM che, intervistati da Sanità Informazione, partendo da una fotografia dello stato dell’arte, propongono possibili soluzioni da mettere in campo per invertire la rotta.

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Fonte: sanitainformazione.it




Salmonella in insetti ad uso alimentare: cosa dice la letteratura scientifica?

InsettiLa crescente domanda di proteine alimentari, dovuta alla continua crescita della popolazione mondiale, ha spinto la ricerca di fonti alimentari alternative per soddisfare requisiti di nutrizione, sostenibilità ed efficienza. Nel 2013 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha pubblicato un documento che evidenzia il potenziale degli insetti come mangimi e alimenti.

Anche se gli insetti hanno caratteristiche biologiche ed ecologiche molto diverse da quelle degli animali tradizionalmente allevati per il consumo umano, possono presentare rischi microbiologici, chimici e tossicologici. Come per gli altri animali allevati, i patogeni alimentari dovranno essere monitorati anche all’interno della filiera di produzione degli insetti. Salmonella, ad esempio, rappresenta un rischio importante negli alimenti di origine animale essendo la prima causa di focolai di malattie alimentari in Europa.

Fattori come la specie di insetti, il substrato di allevamento e i metodi di lavorazione possono influenzare la presenza di patogeni. L’allevamento di insetti può essere contaminato da Salmonella se le procedure di igiene non sono adeguate; pertanto, comprendere la persistenza di Salmonella negli insetti allevati è cruciale per la valutazione e la mitigazione del rischio. Ed è altrettanto importante raccogliere dati sulla presenza di Salmonella nelle specie di insetti autorizzati per il consumo umano, come Acheta domesticus (grillo domestico) e Tenebrio molitor (tarma della farina).

Nell’ambito di un progetto di ricerca corrente finanziato dal Ministero della salute (RC IZSVe 03/21), l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha condotto due revisioni sistematiche della letteratura scientifica:

  • la prima con lo scopo di esaminare la letteratura scientifica sulla persistenza di Salmonella in differenti specie di insetti, al fine di fornire indicazioni sulle misure di sicurezza necessarie nella produzione alimentare a base di insetti;
  • la seconda, invece, con l’obiettivo di raccogliere le evidenze disponibili nella letteratura scientifica riguardanti la presenza di Salmonella negli insetti Acheta domesticus e Tenebrio molitor allevati e nei prodotti derivati.

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Un nuovo modello per capire come si sposteranno le specie marine in relazione al cambiamento climatico

Cambiamenti climaticiPrevedere come si sposteranno le specie marine in diversi scenari di emissione di anidride carbonica è di fondamentale importanza per garantire una gestione adeguata delle risorse ittiche, soprattutto in uno scenario in cui l’oceano si sta rapidamente riscaldando a causa del cambiamento climatico.

Un team di ricerca coordinato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, con il  coinvolgimento dell’Università di Bari, della Fondazione COISPA ETS e dell’Istituto di Oceanografia e Pesca di Split (Croazia), ha applicato un approccio modellistico per rappresentare presente, passato e futuro delle variazioni spaziali di nove specie demersali, ovvero pesci, crostacei e molluschi che nuotano attivamente ma si mantengono in prossimità del fondale. I risultati mostrano una probabile variazione futura della distribuzione e della densità di queste specie nell’area oggetto dello studio, Adriatico e Ionio, in risposta al cambiamento climatico.

L’approccio è stato applicato ai dati di individui sia giovanili che adulti del Mar Adriatico e nel Mar Ionio Occidentale in quattro finestre temporali (1999-2003, 2014-2018, 2031-2035 e 2046-2050). Le nove specie prese in esame sono state il nasello, la triglia, lo scampo, la rana pescatrice, il totano, il sugarello europeo, la seppia, la canocchia e la sogliola comune.

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Fonte: ogs.it




Consumo di prodotti ittici: causa di un’epidemia di Listeria in più paesi

Listeria monocytogenesTra il 2012 e il 2024, un’epidemia prolungata di 73 casi di infezioni da L. monocytogenes ST173 (“cluster My2“) è stata identificata in Belgio (5), Repubblica Ceca (1), Germania (39), Finlandia (2), Italia (1), Paesi Bassi (20) e Regno Unito (UK) (5). I decessi sono stati in totale quattordici.

Uomini di età superiore ai 60 anni rappresentano il gruppo di popolazione più colpito. La maggior parte dei pazienti, alle interviste, riporta di aver consumato vari prodotti ittici prima dell’insorgenza dei sintomi. Tra i 73 casi, inoltre, è stato identificato un “sotto-cluster My2 – 1” con 38 casi segnalati in sei paesi dell’UE e nel Regno Unito.

Il sotto-cluster My2 1 include anche 83 isolati non umani, di cui 48 sono isolati alimentari e sei sono isolati ambientali con dati di tracciabilità corrispondenti a 37 prodotti ittici (di diverse tipologie) e 12 produttori di pesce (situati in sei paesi dell’UE e in un paese terzo).

Non è stato possibile identificare un unico punto di origine comune o operatore economico responsabile della tracciabilità di tutti i prodotti, a causa dell’assenza di dati epidemiologici e di tracciabilità. Cinque paesi hanno segnalato l’implementazione di misure di controllo.

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Fonte: IZS Teramo