Questionario sulla percezione delle meduse come possibile fonte alimentare

L’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa-Cnr), in collaborazione l’Università di Scienze gastronomiche (UNISG) di Pollenzo,  propone un questionario anonimo sulla percezione delle meduse come possibile fonte alimentare.

Il questionario si inserisce nel progetto Europeo GoJelly sull’uso di biomasse di meduse per la produzione di alimenti e/o ingredienti alimentari ma anche mangimi, fertilizzanti, cosmetici e filtri per microplastiche,.

Nell’ambito di GoJelly il CNR-ISPA ha il compito di studiare i nuovi processi di trasformazione alimentare, fino alla produzione di un prototipo, anche in collaborazione con un’azienda alimentare, e della valutazione delle proprietà nutraceutiche di alcune specie di meduse.

È possibile rispondere al questionario in modo anonimo e i dati raccolti saranno elaborati nel rispetto della privacy.

QUESTIONARIO

Il progetto GoJelly nelle parole della ricercatrice Cnr Antonella Leone

A cura della segreteria SIMeVeP




EFSA discute di micotossine e cambiamenti climatici con i partner italiani

logo-efsaSi è appena conclusa una visita di due giorni a Roma da parte di una delegazione dell’EFSA che ha preso parte a una conferenza internazionale da titolo “L’onere delle micotossine sulla salute umana e animale” organizzata congiuntamente dal Ministero della Salute, dall’Istituto nazionale di sanità (ISS) e dall’EFSA. Tra gli oratori anche rappresentanti della Commissione europea e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Alla conferenza sono state esaminate questioni scientifiche relative a micotossine e catena alimentare, compreso l’impatto dei cambiamenti climatici. Durante la sessione pomeridiana è stato analizzato l’uso del biomonitoraggio – ovvero i risultati dei test su sangue e urina umani – nella valutazione dei rischi da micotossine per l’uomo.

Le micotossine sono sostanze chimiche – alcune delle quali estremamente velenose – prodotte da muffe. Possono entrare nella filiera degli alimenti e dei mangimi tramite colture contaminate come cereali e noci.

L’EFSA ha inoltre presentato l’anteprima di un nuovo video su “Micotossine e cambiamenti climatici” in cui si mette in luce come i cambiamenti di temperatura, umidità, precipitazioni e produzione di anidride carbonica influiscono sul comportamento dei funghi e, di conseguenza. sulla produzione di micotossine.

L’EFSA e gli Stati membri dell’UE collaborano alla raccolta di dati sulle micotossine nonché alla ricerca e valutazione scientifica sul tema, per contribuire a ridurre l’esposizione di uomo e animali ai rischi che queste tossine rappresentano.

I dati, i modelli scientifici e le conoscenze che essi generano potranno essere utilizzati per affrontare le sfide future per la valutazione del rischio da micotossine non solo in Europa ma anche a livello mondiale.

Colloqui ad alto livello su temi di cooperazione scientifica

L’EFSA ha incontrato i vertici del Ministero della Salute, del Ministero dell’Agricoltura e dell’ISS. Tra i temi sul tavolo: l’agenda UE di valutazione del rischio e comunicazione del rischio; la resistenza agli antimicrobici; la peste suina africana; e Xylella fastidiosa. La delegazione EFSA ha inoltre incontrato gli organismi scientifici italiani designati ex art. 36 del regolamento istitutivo EFSA, riconoscendone il significativo contributo alle attività scientifiche dell’Autorità.

Fonte: Efsa




Rapporto 2016 EFSA-ECDC sulle tendenze e le fonti delle zoonosi

efsa_ecdcI casi di Salmonella Enteritidis rilevati nell’UE sono aumentati nell’uomo del 3% dal 2014, afferma il rapporto compilato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Nelle ovaiole l’insorgenza è cresciuta dallo 0,7% all’1,21% nello stesso periodo.

L’aumento evidenziato dai nostri dati di sorveglianza è preoccupante e ci ricorda che dobbiamo restare vigili“, ha dichiarato Mike Catchpole, direttore scientifico dell’ECDC. E ha aggiunto: “Anche in condizioni di estrema allerta e con programmi di controllo nazionali per S. Enteritidis in atto vi è la necessità di perseguire le misure di gestione del rischio sia come Stati membri sia a livello di UE“.

Marta Hugas, responsabile scientifico capo all’EFSA, ha dichiarato: “La diminuzione di Salmonella ha rappresentato una storia di successo nel sistema di sicurezza alimentare dell’UE negli ultimi 10 anni. I recenti focolai di S. Enteritidis indicano un’inversione di tendenza nell’uomo e nel pollame. Ulteriori indagini da parte delle autorità competenti in campo di salute pubblica e sicurezza alimentare saranno fondamentali per comprendere le ragioni dietro questo aumento“.

Nel 2016 sono stati segnalati nell’uomo 94 530 casi di S. Enteritidis , il più diffuso tipo di Salmonella, che ha rappresentato il 59% di tutti i casi di salmonellosi verificatisi nell’UE ed è per lo più associata al consumo di uova, prodotti a base di uova e carne di pollame.

Campylobacter e Listeria

Campylobacter, l’agente patogeno di origine alimentare più segnalato negli esseri umani, è stato rilevato in 246 307 persone, con un incremento del 6,1% rispetto al 2015. Nonostante l’elevato numero di casi, i decessi sono stati bassi (0,03%). I livelli di Campylobacter nella carne di pollo sono elevati.

Le infezioni da Listeria, generalmente più gravi, hanno portato al ricovero nel 97% dei casi segnalati. Nel 2016 la listeriosi ha continuato a salire, con 2 536 casi (un incremento del 9,3%) e 247 decessi segnalati. La maggior parte dei decessi si verifica in persone di età superiore a 64 anni (il tasso di mortalità è del 18,9%). Le persone di età superiore a 84 anni sono particolarmente a rischio (tasso di mortalità del 26,1%). Di rado Listeria ha superato i limiti legali di sicurezza nei cibi pronti.

In aumento i focolai di Salmonella da alimenti

I 4 786 focolai di malattie veicolate da alimenti riferiti nel 2016 rappresentano un lieve aumento rispetto al 2015 (4 362 focolai), ma questa cifra è analoga al numero medio di focolai nell’UE nel periodo 2010-2016.

I focolai dovuti a Salmonella sono in aumento, con S. Enteritidis che causa un sesto dei focolai di malattie da alimenti nel 2016.

I batteri di Salmonella sono stati la causa più comune di focolai da alimenti (22,3%), con un incremento dell’11,5% rispetto al 2015. Hanno causato il più alto onere in termini di numero di ricoveri ospedalieri (1 766; 45,6% di tutti i casi ospedalizzati) e di decessi (10; 50% di tutti i decessi tra i casi di epidemia).

Salmonella nelle uova ha causato il maggior numero di casi di epidemia (1 882).
EU summary report on zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks 2016

Il rapporto EFSA-ECDC sulle tendenze e le fonti delle zoonosi si basa sui dati del 2016 raccolti da tutti i 28 Stati membri dell’Unione europea. Nove altri Paesi europei (Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein, Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, FYROM) hanno riferito dati su alcuni degli agenti zoonotici.

Salmonella Enteritidis è il sierotipo di Salmonella responsabile del maggior numero di casi salmonellosi e focolai di Salmonella di origine alimentare. Era stata in costante diminuzione fin dal 2007 quando cominciò la sorveglianza nell’UE e furono assunte misure di controllo sul pollame. I dati relativi a Salmonella Enteritidis citati in questo comunicato stampa non contemplano casi connessi con viaggi all’estero.

Fonte: EFSA

Consulta il rapporto 2015




Specie aliene invasive, in arrivo controlli e sanzioni

Specie Aliene InvasiveIl Consiglio dei ministri dell’11 dicembre, su proposta del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, ha approvato in via definitiva il provvedimento che adegua la normativa nazionale alle disposizioni europee del regolamento UE n° 1143/2014 sulle “specie esotiche invasive”.

Con questo termine sono individuati animali e piante originarie di altre regioni geografiche, introdotte volontariamente o accidentalmente in un ambiente naturale nel quale normalmente non risiedono e che insediandosi alterano gli ecosistemi rappresentando una minaccia per l’ambiente.

Parliamo di un fenomeno – spiega il ministro Galletti – che rappresenta una delle principali cause di perdita di biodiversità in Italia, come nel resto del mondo. Una specie invasiva può pregiudicare la natura italiana, che è unica in Europa per varietà di specie animali e vegetali, recando danni anche alla nostra economia, se è vero che uno dei nostri asset più preziosi di sviluppo è proprio il Capitale Naturale. Questo regolamento – conclude il ministro – configura un insieme di azioni fondamentali: da quelle di prevenzione ai controlli, dalla sorveglianza alle sanzioni. Così – conclude il ministro – potremo contenere una realtà molto allarmante”.

Entrato in vigore il 1° gennaio 2015, il regolamento europeo definisce le norme necessarie a prevenire, ridurre al minimo e mitigare gli effetti negativi sulla biodiversità causati dall’introduzione e dalla diffusione, sia deliberata che accidentale, delle specie esotiche invasive all’interno dell’Unione.

Il provvedimento si articola in tre azioni: la prevenzione, la diagnosi precoce e l’eradicazione rapida, la gestione delle specie esotiche invasive.

Il Ministero dell’ambiente è individuato quale Autorità nazionale competente per i rapporti con la Commissione europea, per il coordinamento delle attività necessarie per la sua attuazione, nonché per il rilascio delle autorizzazioni: a suo supporto tecnico-scientifico agisce l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

Il testo prevede l’obbligo di denuncia per i soggetti che detengono esemplari di specie esotiche invasive inclusi nell’elenco unionale e nazionale e nei loro successivi aggiornamenti, definendo allo stesso tempo i divieti: introduzione, trasporto o transito nel territorio nazionale; detenzione anche in confinamento; allevamento o coltivazione anche in confinamento, vendita o immissione sul mercato, utilizzazione, cessione o scambio, rilascio nell’ambiente. Per le violazioni più gravi sono previste sanzioni penali, mentre per quelle minori sono individuate sanzioni amministrative.

Nel provvedimento si disciplina il rilascio delle autorizzazioni, distinguendole in permessi (nel caso di istituti di ricerca o di conservazione ex situ) e autorizzazioni (nel caso di operatori commerciali), come anche il sistema di sorveglianza e le ispezioni per la verifica del mantenimento dei requisiti da parte dei titolari dei provvedimenti. Sono inoltre definiti i controlli presso le Dogane, i punti di entrata in caso di vegetali e i posti di ispezione frontaliera per gli animali.

Il provvedimento accoglie buona parte delle proposte di modifica avanzate dalla Conferenza Unificata e tutte le osservazioni e le condizioni formulate nei pareri resi dalle Commissioni parlamentari competenti.

Fonte: Ministero dell’Ambiente




Valorizzazione selvaggina: svolto incontro a Bergamo su progetto Selvatici e Buoni

Si è svolto ieri a Bergamo, presso la sede del CAI (Club Alpino Italiano) un incontro preparatorio di presentazione del progetto “Selvatici e Buoni” curato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano e la Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva e sostenuto dalla Fondazione UNA Onlus.

L’incontro è stato finalizzato alla realizzazione del progetto nel bergamasco, quale prima area test a livello nazionale, per creare una filiera tracciabile della selvaggina e valorizzare le potenzialità di quel territorio, in cui sono presenti oltre 13.000 ungulati selvatici tra cui cervo, camoscio, capriolo e cinghiale.

All’incontro hanno partecipato tutti gli stakeholders che saranno coinvolti nelle varie fasi di realizzazione del progetto: Corpo di Polizia Provinciale, Regione Lombardia UTR Bergamo, Istituto Zooprofilattico Sperimentale sezione di Bergamo, Agenzia Tutela Salute di Bergamo, Slow Food, Ascom Bergamo, Società Italiana di Medicina veterinaria preventiva, Studio AlpVet, Sezione del Cai Bergamo, Presidenti dei Comprensori Alpini di Caccia e relative associazioni venatorie.

Ad introdurre i lavori è stato Maurizio Zipponi, Presidente del Comitato Scientifico di UNA, che ha illustrato le finalità del progetto “Selvatici e Buoni” che intende introdurre i criteri di tracciabilità, sicurezza alimentare, trasparenza e legalità all’interno della filiera della selvaggina, tanto pregiata quanto sottovalutata e che invece merita di essere valorizzata anche dal punto di vista economico ed occupazionale, riconoscendo un positivo ruolo della caccia e dei cacciatori quali “paladini del territorio e della biodiversità”.

A seguire, Silvio Barbero, Vice Presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha illustrato il progetto di filiera nelle sue fasi di realizzazione, ponendo l’accento sulle importanti qualità organolettiche della carne di selvaggina. Barbero, inoltre, ha sottolineato la necessità di garantire una filiera controllata, dal bosco alla tavola, che sia “buona, pulita e giusta”, con modelli comportamentali definiti, attraverso una nuova etica del cibo e nel pieno rispetto della legalità, combattendo così le frodi in campo alimentare.

È intervenuto poi Antonio Sorice, Presidente Società Italiana Medicina Veterinaria Preventiva, che ha sottolineato la necessità di lavorare nella direzione della sicurezza alimentare anche nel settore delle carni di selvaggina.

Infine hanno preso la parola il prof. Paolo Lanfranchi, il dott. Luca Pellicioli e il dott. Roberto Viganò che hanno illustrato nel dettaglio le fasi operative del modello di gestione sostenibile della selvaggina da mettere in atto nel territorio dell’arco alpino per valorizzare la carne e renderla sicura dal punto di vista igienico e sanitario.

Dopo questa prima giornata di lavori e di consultazione con i diversi stakeholders si entrerà, attraverso successivi incontri tecnici, nella fase operativa del progetto finalizzata alla realizzazione delle azioni previste nel periodo giugno 2017 – dicembre 2018 (indagine sulle tradizioni gastronomiche, formazione ed educazione nell’utilizzo delle risorse, approfondimenti sanitari, analisi economica della filiera delle carni di selvaggina e sviluppo/promozione del prodotto finale).




Farmacovigilanza veterinaria, workshop al Ministero della salute

Si è tenuto lo scorso 16 novembre 2017 a Roma, presso l’Auditorium Biagio D’Alba del Ministero della Salute, il Workshop dedicato alla Farmacovigilanza Veterinaria organizzato dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari (DGSAF) in collaborazione con la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani (FNOVI).

L’incontro è stata l’occasione per approfondire le conoscenze relative all’organizzazione del sistema di farmacovigilanza veterinaria italiano ed europeo, anche alla luce della novità previste dall’imminente approvazione del nuovo regolamento dell’unione sui medicinali veterinari, e per analizzare le principali cause di sotto-segnalazione di sospette reazioni avverse.

Pur essendo uno strumento indispensabile a garantire l’uso sicuro ed efficace dei medicinali veterinari negli animali, la sicurezza degli alimenti di origine animale, la sicurezza per l’uomo che viene a contatto con i medicinali veterinari e la sicurezza dell’ambiente, la farmacovigilanza resta un mezzo a cui, nel nostro Paese, si continua a fare poco ricorso. Infatti, malgrado negli ultimi anni il tasso di segnalazione di sospette reazioni avverse da farmaci veterinari abbia mostrato una costante crescita, passando dalle 68 del 2007 alle 460 di novembre 2017, resta ancora lontano dai trend di alcuni Paesi europei. Nonostante questo l’Italia risultava, nel 2016, al decimo posto per le segnalazione tra i Paesi UE con ulteriori miglioramenti attesi per la fine dell’anno in corso.

L’evento voluto dal Ministero della salute ha offerto ai principali stakeholders pubblici e privati coinvolti nel sistema della Farmacovigilanza veterinaria la possibilità di condividere proposte finalizzate ad incrementare il numero delle segnalazioni.

Tra i relatori erano presenti rappresentanti dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA), dell’Agenzia spagnola, dell’Istituto federale tedesco dei vaccini e delle biomedicine Paul-Ehrlich-Institut, dei Centri regionali italiani di farmacovigilanza, dell’industria farmaceutica e delle principali associazioni (animali da reddito, animali da affezione e specie minori).

Dagli interventi è emersa l’esigenza di incrementare la formazione per gli operatori sanitari sulla farmacovigilanza, la necessità di una divulgazione più capillare delle informazioni relative alla sicurezza ed efficacia dei farmaci ed anche un maggiore feedback ai medici veterinari segnalatori. E’ stato, inoltre, ribadito come il sistema della segnalazione potrebbe essere reso più efficiente attraverso il potenziamento dei nuovi strumenti tecnologici come App per smartphone o piattaforme web.

Infine, non è passato inosservato il rischio associato al ruolo dei social media nella diffusione di fake news nel campo della sicurezza dei farmaci veterinari ed il possibile contributo delle Autorità competenti nel contrastare questo fenomeno.

Opuscolo: Farmacovigilanza dei medicinali veterinari

Tabelle: Segnalazioni per anno in Italia/Numero percentuale di
segnalazioni da parte degli Stati membri

Consulta l’evento e gli interventi dei relatori

Fonte: Ministero della salute




Migliorare l’uso delle date di conservazione e scadenza per prevenire lo spreco alimentare

AlimentiLa Commissione europea Ue ha pubblicato uno studio sull’utilizzo delle date di conservazione e scadenza nel sistema di etichettatura e sulle altre informazioni fornite sulle etichette degli alimenti, ai fini della prevenzione dei rifiuti alimentari.

Ne emerge che lo spreco alimentare generato annualmente in Unione europea (88 milioni di tonnellate di cibo) collegato alle data di conservazione e scadenza ammonta fino al 10% del totale, dunque un uso migliore e la comprensione delle date date utilizzate – da parte di tutti gli attori della filiera alimentare – aiuterebbe a prevenire lo spreco .

Lo studio ha riguardato l’applicazione pratica della legislazione Ue sull’uso delle date indagando come queste siano utilizzate sul mercato, sia dagli Operatori del Settore Alimentare che dalle Autorità di controllo. Attraverso 109 visite in negozi di 8 Stati membri (Germania, Grecia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svezia) sono state raccolte e analizzate le date etichettate su 2.296 prodotti provenienti da 1,058 marchi alimentari relativi a 10 prodotti alimentari predefiniti (frutta/verdura pre-confezionata, pane affettato preconfezionato, pesce fresco, prosciutto affettato, latte fresco, yogurt, formaggio a pasta dura, succo fresco refrigerato, pasta fresca pre-preparata e ketchup).

Lo studio ha effettivamente verificato un’ampia diversità di utilizzo delle date indicate in etichetta (non solo in relazione al tipo di prodotto alimentare preso in esame, ma anche variazioni da Stato a Stato), oltre a una scarsa leggibilità della stessa (sull’11% dei prodotti campionati) che non facilita la comprensione da parte del consumatore.

L’analisi evidenzia che l’utilizzo delle date da parte degli OSA è influenzato da diversi fattori come la sicurezza alimentare e considerazioni tecnologiche, le prassi consuetudinarie nazionali e fattori specifici delle aziende produttrici .

Lo studio sottolinea quindi come l’innovazione e la cooperazione fra tutti gli attori della filiera alimentare possono giocare un ruolo importante nella prevenzione dello spreco alimentare e che, per alcuni settori, sarebbero necessarie delle indicazioni ulteriori da parte della autorità di controllo, ad esempio per facilitare la ridistribuzione del cibo che ha superato il Termine Minimo di Conservazione (TMC) “da consumarsi preferibilmente entro“.

In particolare sono necessarie linee guida tecniche per le aziende produttrici su come determinare la data di conservazione, come scegliere fra le diciture “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro“, consigli per la conservazione e l’estensione della vita commerciale dei prodotti; alle aziende sono anche richieste azioni specifiche per rimediare al problema delle etichette illeggibili.

Così come sono ritenute necessarie campagne di divulgazione rivolte ai consumatori per migliorare la comprensione della data di scadenza e del TMC e aiutarli quindi a fare scelte informate.

La Commissione considera il tema della date di conservazione e scadenza dei prodotti alimentari come parte del “Piano per l’economia circolare”. Per esaminare i risultati dello studio sarà creato, nell’ambito della Piattaforma sulle perdite e sullo spreco alimentare, uno specifico sottogruppo di lavoro per discutere delle possibili implicazioni per la prevenzione dello spreco alimentare con l’obiettivo di individuare le opzioni (legislative e non) da percorrere e di guidare l’azione coordinata degli attori coinvolti.

Lo studio ha provveduto anche a una revisione dei dati per identificare le principali categorie alimentari che contribuiscono allo spreco verificando che frutta e verdura rappresentano il 33% del totale (16,2 milioni di tonnellate) dei rifiuti alimentari evitabili nell’Ue a 28. Seguono prodotti da forno (21%, 10,5 milioni di tonnellate), pesce e carni (10%, 4,8 milioni di tonnellate) e prodotti lattiero-caseari (10%, 4,7 milioni di tonnellate).

Intervenire sulle date in etichetta per ridurre gli sprechi, conclude lo studio, avrebbe comunque senso in particolare per alcuni prodotti, come latte e yogurt, succhi di frutta freschi, carne refrigerata e pesce.

Lo studio “Market study on date marking and other information provided on food labels and food waste prevention“.

A cura della segreteria SIMeVeP




Al via il Progetto GoJelly: le meduse come risorsa

medusaL’Ispa-Cnr partecipa al progetto di ricerca europeo GoJelly sull’uso di meduse per la realizzazione di nuovi prodotti come fertilizzanti in agricoltura, ma anche mangimi sostenibili per acquacoltura o novel food. Il progetto è stato finanziato dall’UE con 6 milioni di euro.

Le meduse, creature certamente affascinanti, in alcune situazioni, possono tuttavia essere molto dannose, ad esempio, alcune specie tropicali sono tra gli animali più tossici esistenti. L’aumento delle temperature dell’acqua, l’acidificazione degli oceani e l’eccessiva attività di pesca sembrano favorirne la proliferazione. Sempre più spesso, sulle coste Europee, le meduse si presentano in enormi masse in grado di procurare gravi danni alle aziende di acquacoltura e maricoltura e di bloccare i sistemi di raffreddamento delle centrali elettriche localizzate vicino alla costa. Possiamo trovare una soluzione razionale a questa minaccia emergente?

Un consorzio di quindici istituzioni scientifiche e aziende provenienti da otto Paesi coordinato da Geomar Helmholtz Center for Ocean Research di Kiel ha proposto un’idea innovativa. Mediante il progetto GoJelly, finanziato dall’Unione europea con sei milioni di euro per un periodo di quattro anni, si cercherà di utilizzare le meduse facendole diventare una risorsa. “Nella sola Europa, la specie aliena Mnemiopsis leidyi introdotta mediante le acque di zavorra, raggiunge una biomassa di un miliardo di tonnellate.”, dice Jamileh Javidpour di Geomar, coordinatore del progetto GoJelly.

Nel progetto GoJelly saranno sviluppate, in primo luogo, ricerche di base, dal momento che il ciclo vitale di molte specie di meduse è ancora solo scarsamente conosciuto ed è pressoché impossibile prevedere i fenomeni di proliferazione. “Questo è ciò su cui vorremmo lavorare in modo da ridurre le grandi masse di meduse che raggiungono le coste”, spiega Javidpour.

Contemporaneamente, i partner del progetto lavoreranno al secondo obiettivo della proposta che punta a dare risposte alla domanda: cosa fare con la biomassa catturata?

I ricercatori considerano di impiegare alcune specie di meduse per la produzione di alimenti. “In alcune culture, come quella asiatica, le meduse sono già sul menù. Quando il prodotto finale sarà più vicino al gusto occidentale, e sarà prodotto nel rispetto delle leggi europee sulla sicurezza alimentare, potrà essere favorevolmente accolto dai consumatori”, sottolinea Antonella Leone, ricercatrice del Cnr, Istituto di scienze delle produzioni alimentari di Lecce. Infine, ancora più importante, è il fatto che le meduse contengono collagene, una sostanza molto ricercata nell’industria cosmetica.

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Ecdc: zanzare Aedes aegypti alle porte dell’Ue

Il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc) lancia l’allarme e invita i Paesi europei a rafforzare la sorveglianza sulle zanzare, perchè la temibile ‘Aedes aegypti‘, portatrice di diverse malattie tropicali da Zika alla febbre gialla, è ormai alle porte del continente.

Dal 2007, scrivono gli esperti, la specie vive stabilmente a Madeira, intorno al Mar Nero, e sulla costa turca.

Nel 2017 è tornata in Egitto, e la Spagna ha riportato alcuni ritrovamenti nelle Canarie.

Se non saranno prese misure – avvertono gli esperti – la zanzara si diffonderà con molta probabilità nelle aree estreme dell’Europa, che potrebbero diventare un serbatoio per l’introduzione dei vettori nel continente. Questo aumenterebbe il rischio di focolai locali di virus“.

La aegypti, ricorda l’Ecdc, è stata endemica nell’Europa meridionale fino a metà del ‘900, le condizioni climatiche europee permettono una proliferazione in caso di reintroduzione.

Fonte: Ansa

Scheda informativa Ecdc su Aedes aegypti (in inglese)

Schede informative e infografiche Ecdc sulle diverse speciedi artropodi vettori (in inglese)

Mappe ECDC sulla presenza e distribuzione in Europa degli artropodi vettori

Linee guida ECDC per la sorveglianza delle zanzare autoctone e delle zanzare invasive in UE




Efsa conferma, bassa incidenza delle TSE in Unione europea

muccaL’EFSA ha pubblicato il suo secondo rapporto sintetico a dimensione UE sul monitoraggio delle encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE).

Le TSE sono una famiglia di malattie che colpisce il cervello e il sistema nervoso dell’uomo e degli animali. Ne fanno parte l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la scrapie e la malattia da deperimento cronico (CWD o Chronic wasting disease). Fatta eccezione per la BSE classica, non vi è alcuna prova scientifica che le TSE possano essere trasmesse all’uomo.

Il rapporto presenta risultati sulla base dei dati raccolti da tutti gli Stati membri dell’UE nonché da Islanda, Norvegia e Svizzera per l’anno 2016.

Le principali risultanze sono:
•Su 1 352 585 animali testati sono stati segnalati nell’UE 5 casi di BSE nei bovini, nessuno dei quali è entrato nella catena alimentare. Solo uno di questi è stato classificato come BSE classica e ha riguardato un animale nato dopo l’entrata in vigore nel 2001 del divieto UE sull’uso di proteine animali nell’alimentazione degli animali d’allevamento.
•685 casi di scrapie in pecore (su 286 351 testate) e 634 in capre (su 110 832 testate) sono state riferiti nell’UE.
•Nessun caso di CWD in alcuno dei 2 712 cervidi testati (ad es. renne e alci) nell’UE. Tuttavia in Norvegia sono stati segnalati cinque casi di CWD: 3 tra le renne selvatiche e 2 tra gli alci.

E’ la prima volta dallo scoppio dell’epidemia di BSE e dalla prima segnalazione di casi di BSE che il Regno Unito non ne segnala alcuno.

EUSR on Transmissible Spongiform Encephalopathies in 2016

Fonte: EFSA

Qui il rapporto precedente