Malattia X da causa X in Congo, la storia si ripete!

La “nuova” malattia insorta nella Repubblica Democratica del Congo, già messa a dura prova dall’epidemia di “Monkeypox”, avrebbe sin qui provocato almeno 450 casi e oltre 30 decessi, soprattutto fra i bambini al di sotto dei 5 anni.

A dispetto della recentissima notizia relativa alla presenza di una “coinfezione” da Plasmodium falciparum/vivax/malariae – agenti della malaria, malattia endemica nel Continente Africano – nell’80% dei pazienti colpiti dalla “nuova” malattia congolese, fattispecie quest’ultima che renderebbe oltremodo di plausibile e giustificata la frequente coesistenza di quadri anemici negli stessi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e le più importanti Istituzioni planetarie coinvolte nella lotta, nel controllo e nella profilassi delle malattie infettive (quali i prestigiosi “Centers for Disease Control and Prevention”/CDC di Atlanta, negli USA) brancolano ancora nel buio.

A tal proposito, infatti, andrebbe parimenti sottolineato che i succitati quadri anemici si rinvenirebbero comunemente associati ad altre manifestazioni cliniche comprendenti tosse, disturbi respiratori, cefalea ed ipertermia febbrile, elementi dai quali trarrebbe sostegno l’ipotesi di un coinvolgimento di uno o più patogeni respiratori, ai quali potrebbe essere altresì ascritto il ruolo di agente/agenti primario/primari.

Mutatis mutandis, ben prima che il virus responsabile dell’AIDS (Human Immunodeficiency Virus/HIV) venisse contemporaneamente e definitivamente identificato da Luc Montagnier (in Francia) e da Robert Gallo (in USA) nel lontano 1983, i sospetti iniziali si erano indirizzati, per oltre due anni, su Pneumocystis carinii (successivamente ribattezzato P. jirovecii), un protozoo di frequente riscontro nei pazienti affetti da AIDS e che “col senno di poi” avrebbe rappresentato la “punta dell’iceberg” dell’infezione da HIV, costituendo al tempo stesso uno degli svariati agenti opportunisti responsabili di infezioni secondarie in tali individui.

In effetti, si potrebbero citare molteplici esempi di infezioni secondarie sostenute da protozoi sia in persone che in animali primariamente infetti ad opera di agenti immunodeprimenti/immunodepressivi, virali e non, quali Toxoplasma gondii sempre in pazienti con AIDS nonché in cani affetti da cimurro (malattia causata da “Canine Distemper Virus”/CDV, un Morbillivirus) e in delfini con infezione da “Cetacean Morbillivirus” (CeMV, un altro Morbillivirus).

E, poiché di agenti protozoari anche nel caso di Plasmodium falciparum, P. vivax e P. malariae si tratta, l’ipotesi di un coinvolgimento secondario degli stessi nell’eziologia della misteriosa malattia congolese potrebbe risultare plausibile, tanto più in ragione del fatto che i disturbi respiratori osservati nei bambini affetti da siffatta “sindrome X” non rientrerebbero fra i reperti clinico-sintomatologici tipici della malaria.

Se poi andiamo a scavare, neppure più di tanto, nell’affascinante storia delle malattie infettive, fatto salvo il succitato eloquente esempio dell’AIDS, ci accorgiamo che l’identificazione di SARS-CoV, il betacoronavirus responsabile della SARS – malattia riconosciuta per la prima volta nel 2002 dal medico italiano Carlo Urbani, poi deceduto a causa della stessa – è stata preceduta dall’attribuzione, ad opera di ricercatori cinesi, di una responsabilità causale non gia’ ad un agente virale, ma bensi’ a batteri del genere Chlamydia.

Nel mondo animale poi, tanto per citare un ulteriore, eloquente esempio, prima che si addivenisse alla scoperta di una serie di nuovi membri del genere Morbillivirus quali responsabili di devastanti epidemie fra i mammiferi marini (Pinnipedi e Cetacei), la cui salute e conservazione appaiono sempre più minacciate per mano dell’uomo, altri agenti erano stati indiziati quali noxae causali, primo fra tutti Herpesvirus, rivelatosi in seguito un patogeno frequentemente coinvolto in infezioni secondarie. Illuminanti esempi di questo tipo non mancano neppure tra gli ospiti animali invertebrati, come chiaramente ci mostrano i ripetuti episodi di mortalità collettiva che in anni recenti hanno interessato le popolazioni di nacchere (Pinna nobilis) in più aree del Mediterraneo. Si tratta del più grande mollusco bivalve lamellibranco presente nella regione, i cui eventi di mortalità collettiva erano stati ricondotti all’azione di un protozoo (Haplosporidium pinnae) e di batteri (Mycobacterium sherrisii, Vibrio mediterranei) prima che si addivenisse a definirne l’eziologia primaria, ascrivibile ad un piccolo virus a RNA facente parte dell’ordine Picornavirales, rispetto al quale il parassita e i due batteri anzidetti andrebbero considerati come agenti opportunisti d’irruzione secondaria.

Alla luce di quanto sopra, verrebbe da dire che la “malattia X” recentemente identificata in Congo non rappresenti un’eccezione alla regola secondo cui l’identificazione certa di qualsivoglia agente causale di qualsivoglia nuova malattia infettiva (e non) sia anticipata, giocoforza, da “errori” grazie ai quali l’accertamento della responsabilità eziologica primaria emergera’ a tempo debito e a coronamento degli sforzi profusi dalla Comunità Scientifica, in una sana ottica di collaborazione intersettoriale e multidisciplinare e, nondimeno, nel segno della “One Health”, la salute unica di uomo, animali ed ambiente.

Historia Magistra Vitae!

 

Giovanni Di Guardo,

DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 

 




Concretizzare l’One Health nell’UE: la veterinaria può essere trainante

La salute degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi non può essere considerata come un insieme di realtà separate, ma emerge, come già osservato da tempo, da un’interdipendenza intrinseca. In un mondo che si fa sempre più interconnesso, non può più esistere una scienza separata dalle altre: diventa imprescindibile un dialogo tra i saperi. È in questa prospettiva che si colloca il concetto di One Health, una visione olistica e integrata della salute che riconosce l’unità del vivente e la necessità di una collaborazione interdisciplinare per affrontare le sfide del nostro tempo.
Alcuni giorni fa la Commissione Europea ha reso pubblico un importante e corposo documento (oltre cento pagine) su come sviluppare e concretizzare il concetto One health a livello della UE. Si tratta di un documento redatto dal “Gruppo dei consulenti scientifici principali” (Group of chief scientific advisors), dal titolo “One Health Governance in the European Union”.

Perché l’One Health è fondamentale

È ormai innegabile che l’umanità intera, insieme agli ecosistemi, al clima e al pianeta stesso, si trovi a vivere un’epoca di trasformazioni profonde e drammatiche. Tali cambiamenti non solo ridefiniscono l’idea stessa di salute — umana, animale e vegetale — ma sollevano questioni epocali che intersecano scienza, politica, etica e società.

Non è un caso che si parli di zoonosi ( malattie che si trasmettono tra uomini e animali ), panzoozie (pandemie degli animali come la Peste Suina Africana) e panfitopatie (pandemie delle piante, come Xylella fastidiosa) come fenomeni speculari di un’unica realtà patologica planetaria. La recente pandemia di Covid-19 ha dimostrato come un virus originatosi in una nicchia ecologica possa, in pochi mesi, trasformarsi in una calamità globale, sfruttando la rete dei trasporti, degli scambi commerciali e degli stili di vita. Ma Covid-19 è solo l’ultimo capitolo di una storia più ampia: si pensi al ritorno inquietante di malattie che si credevano archiviate, come la tubercolosi, o all’emergere di patologie inedite, quali il vaiolo delle scimmie, che gettano ombre inquietanti su un futuro sanitario incerto.

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Fonte: co-scienza.vet




Rete degli IZS Italiani. Dieci sedi centrali e 90 sezioni diagnostiche periferiche, oltre 5mila collaboratori

zoonosi viraleDieci sedi centrali e 90 sezioni diagnostiche periferiche, oltre 5mila collaboratori tra ricercatori veterinari, chimici, biologi, agronomi, tecnologi alimentari, tecnici di laboratorio biomedico, ingegneri, statistici e personale amministrativo, una media di 25 milioni di analisi di laboratorio effettuate annualmente. Questi sono i numeri presentati dalla Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Italiani (IIZZSS) alla 19° edizione del “Forum risk management” in corso ad Arezzo. L’evento si pone l’ambizioso obiettivo di parlare della “sanità di domani” con dibattiti e confronti finalizzati al rilancio e alla riforma del sistema sanitario.

“In questo contesto, la Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Italiani rappresenta un unicum che altri Paesi prendono quale modello. Con i propri collaboratori rappresentano un vero e proprio tesoro per la salute pubblica italiana”, ha ricordato il Dr. Stefano Palomba, Commissario Straordinario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e rappresentante, per competenza territoriale, della Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. La Rete degli IIZZSS è lo strumento di cui dispone il Servizio Sanitario Nazionale per assicurare la sorveglianza epidemiologica, la ricerca sperimentale, la formazione del personale, il supporto di laboratorio e la diagnostica nell’ambito della sanità pubblica e della sicurezza alimentare. Dalla Valle D’Aosta alla Sicilia questa rete costituisce una capacità sanitaria in grado di assicurare, con un approccio integrato multidisciplinare, tutti i servizi indispensabili a garantire la salute pubblica: dalla sicurezza degli alimenti, la salute e il benessere animale, alla tutela della salute umana e dell’ambiente.

Fonte: quotidianosanita.it



L’importanza di sorvegliare le acque residue

Fece giustamente molta impressione lo studio pubblicato nel 2009 dall’Istituto Mario Negri di Milano sull’importanza di sorvegliare le acque fognarie per stimare il consumo di droghe nella popolazione (1). Lo studio descriveva un nuovo metodo per stimare il consumo di droghe nella popolazione basato sulla misura dei residui delle droghe eliminati con le urine dai consumatori e veicolati tramite le acque fognarie ai depuratori cittadini. Il metodo è stato utilizzato per stimare i quantitativi di cannabis, cocaina, eroina e amfetamine consumati giornalmente nelle città di Milano, Lugano e Londra.

Nel marzo 2024 sono stati pubblicati i risultati del più grande progetto europeo nel campo dell’analisi delle acque reflue da parte del gruppo europeo SCORE (Sewage Analysis CORe group Europe) in collaborazione con l’Agenzia Europea per il Monitoraggio delle Dipendenze (EMCDDA) – Wastewater analysis and drugs: a European multi-city study. L’analisi delle acque reflue o epidemiologia delle acque reflue rivela i profili di consumo delle principali droghe d’abuso in Europa con un trend in aumento di cocaina e MDMA/ecstasy.

Se l’analisi delle acque residue si è rivelato un metodo efficace per valutare l’andamento nei consumi di sostanze d’abuso, non bisogna pensare tuttavia che questo tipo di analisi sia limitato a questo tipo di sostanze. Sempre più si diffonde la consapevolezza della fondamentale importanza della sorveglianza delle acque residue (wastewater) per monitorare la diffusione nelle popolazioni delle malattie infettive.

SARS-CoV 2 (l’agente responsabile della epidemia di Covid 19) e Poliovirus rappresentano la più solida evidenza della correlazione fra i patogeni identificati nelle acque residue e la diffusione delle due malattie virali (2). Nel 2023 il dipartimento di Water and Sanitation and Hygiene della Organizzazione Mondiale della Salute ha presentato la prima guida per la sorveglianza del SARS-CoV 2.

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Fonte: saluteinternazionale.info




Prevedere le pandemie con la genetica dei virus

Abbiamo tutti acquisito familiarità con le mutazioni del virus responsabile del Sars-CoV-2 nel corso della pandemia e probabilmente tutti possiamo elencarne le varianti: Alpha, Delta e Omicron. La preoccupazione che ha destato la comparsa di nuove forme di Covid-19 offre una misura della pericolosità di questo fenomeno che è del tutto naturale.

Gli scienziati sono consapevoli del fatto che per contrastare le future pandemie sia necessario puntare sull’analisi di dati che possano indicarci le forme di evoluzione dei virus, cioè appunto la comparsa di varianti. Una variante si genera quando un virus, moltiplicandosi nell’organismo ospite, subisce una o più variazioni, dette mutazioni, nel suo patrimonio genetico che lo rendono diverso dal virus originario.

Uno studio pubblicato su Nature communications presenta i promettenti risultati di RecombinHunt, un nuovo metodo data-driven sviluppato dal dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano e dall’Università degli Studi di Milano: in grado di riconoscere, con grande precisione e efficienza computazionale, genomi ricombinanti di Sars-CoV-2 con uno o due punti di rottura.

Il significato della ricombinazione

La ricombinazione è un fenomeno che accade spontaneamente in virus a Rna proprio per assicurare loro la sopravvivenza. La ricombinazione del genoma è un meccanismo molecolare messo in atto dai virus per evolvere e per ingannare il sistema immunitario, che nel frattempo potrebbe aver provveduto a innescare strategie mirate a bloccare il patogeno.

Quando gli organismi si riproducono, utilizzano le istruzioni genetiche (rappresentate da Dna o Rna) per replicarsi. Ma dato che ciò avviene a un ritmo molto rapido nei virus, è facile che possano verificarsi errori, chiamati mutazioni. Quando il codice genetico è cambiato a causa di una mu tazione o di una serie di mutazioni, allora si parla di una variante. Una variante, sebbene diversa geneticamente, non differisce necessariamente nel comportamento dal virus genitore.

La ricombinazione consiste nel rimescolamento di due o più genomi virali in cui sono avvenuti questi errori per formare un nuovo genoma. I genomi si spezzano e si scambiano parti di sequenza. È un meccanismo molecolare che si verifica solo se due virus differenti circolano contemporaneamente e se infettano lo stesso organismo ospite, in modo che possano interagire durante la loro replicazione.

Nel caso della ricombinazione, il rimescolamento di due genomi può far sì che il virus generato manifesti le proprietà di uno o entrambi i virus.

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Fonte: aboutpharma.com




Resistenza antimicrobica, IZS Sardegna: Antibiotici? Solo se lo dice il medico veterinario

La Regione Sardegna con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (Izs) della Sardegna ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per promuovere l’uso consapevole degli antibiotici negli animali. “Antibiotici? Solo se lo dice il medico veterinario” è il messaggio al centro dell’iniziativa che mira a combattere la crescente minaccia della resistenza antimicrobica (Amr).
Sicuro che l’antibiotico sia la soluzione?

Usare gli antibiotici quando non servono può rendere i batteri resistenti ai successivi trattamenti. Da qui parte la campagna di comunicazione di Regione Sardegna e Izs della Sardegna per sensibilizzare sul tema dell’Amr.
L’antibioticoresistenza, infatti, è un problema che riguarda la salute umana, il mondo animale e quello vegetale, perché nell’ambiente in cui viviamo è tutto collegato. Una possibile soluzione risiede nel concetto di One Health, Salute Unica, al centro del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025.

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Fonte: vet33




IZS Teramo – Al via a Tunisi il progetto MEDNET 4OH

Il 22 ottobre 2024, presso l’ufficio regionale di Tunisi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) si è tenuto l’evento di lancio del progetto “Rete Mediterranea per una sola salute – MEDNET 4OH” (Mediterranean Network for One Health). Finanziato dall’AICS e realizzato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZS Teramo) in collaborazione con il Ministero della Salute Pubblica in Tunisia e con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il progetto si propone di migliorare le capacità di risposta alle emergenze sanitarie attraverso un approccio integrato One Health, che tiene conto della stretta connessione tra salute umana, animale e ambientale.

 Il cuore del progetto è lo sviluppo di una piattaforma genomica all’avanguardia, capace di monitorare in tempo reale la diffusione di agenti patogeni che rappresentano una minaccia crescente per la salute pubblica. Questa infrastruttura digitale utilizzerà metodi diagnostici innovativi sviluppati nel corso del progetto, come le tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS), per raccogliere e analizzare dati genetici in modo rapido e accurato. MEDNET 4OH si propone, inoltre, di mobilitare le risorse digitali e sociali per garantire che le informazioni sulla salute siano facilmente accessibili ai decisori, agli operatori sanitari e al pubblico.

La cerimonia di apertura si è tenuta alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia, Alessandro Prunas, Abderrazak Bouzouita, Direttore Generale della Salute Pubblica del Ministero tunisino della Salute, Ibrahim EL-ZIQ, Rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Tunisia, del Direttore Generale dell’IZS Teramo, Nicola d’Alterio, e del Direttore dell’Ufficio regionale di AICS Tunisi, Andrea Senatori.

Durante il suo discorso di apertura, l’Ambasciatore d’ItaliaAlessandro Prunas, ha sottolineato quanto “questo evento segni l’inizio di una promettente iniziativa che dimostra il forte impegno dell’Italia per la salute e il benessere della popolazione tunisina. […] Grazie alla collaborazione con le autorità tunisine, abbiamo l’opportunità di sviluppare strumenti e piattaforme digitali per una sorveglianza efficace e una risposta ottimale alle minacce per la salute”.

Il Direttore Generale dell’IZS TeramoNicola D’Alterio, ha evidenziato come “condividere risorse e conoscenze non sia solo una questione tecnica, ma una strategia essenziale per affrontare le sfide sanitarie globali nel segno della One Health. Per questo siamo orgogliosi di lavorare con la Tunisia e in futuro con i Paesi dell’Africa del nord per creare una rete di sorveglianza capace di rispondere tempestivamente alle minacce sanitarie, con benefici che andranno oltre i confini nazionali, a favore della salute pubblica dell’intera regione mediterranea”.

Il Direttore dell’AICS TunisiAndrea Senatori, ha ribadito infine che “l’impegno della Cooperazione italiana per il rafforzamento del sistema sanitario tunisino si riflette anche nel sostegno agli investimenti pubblici per il potenziamento dei vari servizi ospedalieri. […] Il progetto MEDNET 4OH si inserisce perfettamente in questa dinamica, mirando a rafforzare le capacità del sistema sanitario tunisino migliorando la sorveglianza sindromica e la diagnosi delle malattie infettive”.

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Fonte: IZS Teramo




One Health: la nostra salute e il benessere degli animali sono una cosa sola

Prendersi cura degli animali domestici vuol dire salvaguardare la salute di tutta la comunità. Il loro benessere, infatti, è strettamente legato al nostro.
Nelle case degli italiani ci sono circa 18 milioni tra cani e gatti che vivono insieme ai loro padroni e diventano a tutti gli effetti parte della famiglia. Una vicinanza fisica che regala calore e allegria, ma, allo stesso tempo, aumenta il rischio di trasmissione di tutte quelle patologie veicolate dall’animale all’uomo, le cosiddette zoonosi.

Due dati diffusi dal World Organisation for Animal Health mostrano quanto sia importante non sottovalutare la questione. Il primo evidenzia che il 75% delle patologie emerse nell’ultimo secolo è stato causato proprio dall’interazione tra l’uomo e gli animali. Il secondo che circa il 60% di tutti i patogeni che colpiscono l’essere umano ha origine dagli animali. L’epidemia Covid-19, sviluppatasi a partire dal 2020, è senza dubbio l’esempio più drammatico nella storia recente.Secondo il World Organisation for Animal Health circa il 60% di tutti i patogeni che colpiscono l’essere umano ha origine dagli animali
Alla luce di queste percentuali è evidente come la visione antropocentrica della medicina tradizionale risulta inefficace ad affrontare le sfide del presente e del futuro. All’opposto, la strada da seguire è il modello One Health: un approccio sanitario integrato secondo cui la salute dell’uomo, di tutte le specie animali e dell’ambiente sono strettamente interconnesse tra loro e hanno un profondo impatto l’una sull’altra.

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Fonte: corriere.it




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie




One Health Award 2024: successo per la terza edizione, oltre 2.000 partecipanti. I premiati

homepage - One Health AwardDomenica 13 ottobre, al Centro Internazionale di Formazione e Informazione Veterinaria (CIFIV) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, l’autore e compositore David Monacchi, in dialogo con Giorgia Cardinaletti, giornalista Rai, ha trattato il tema del patrimonio eco-acustico delle foreste primarie. In quella che è stata una vera e propria Lectio magistralis, l’artista ha illustrato, con l’ausilio di immagini e suoni, l’ambizioso progetto Fragments of Extinction, una ricerca di lungo termine sul patrimonio dei suoni delle foreste primarie equatoriali più remote e ancora incontaminate del pianeta, basata su registrazioni 3D ad altissima definizione in Amazzonia, Bacino del Congo, Borneo.

Nelle conclusioni, Nicola D’Alterio, Direttore Generale dell’Istituto, ha ringraziato chi ha supportato e sostenuto concretamente l’evento, tra cui le Istituzioni nazionali e locali in primis, gli autorevoli ospiti, poi la parte organizzativa e tutto il personale dell’Istituto che, ancora una volta, ha fatto squadra per portare la storia e l’attività dell’Ente su palcoscenici prestigiosi.

Mentre venivo qui stamattina ripensavo a un anno fa, eravamo in questo stesso luogo a chiudere tre giorni meravigliosi ‘passati’ sulle sponde del Mediterraneo: direi che ne abbiamo fatta di strada nel corso di quest’anno… dal Nord Africa ci siamo spinti fino al cuore del continente e poi giù fino in Namibia. L’Africa è stata e sarà la Frontiera del nostro impegno come Istituto. Lo abbiamo ripetuto spesso da venerdì a oggi. L’Istituto lavora in Africa da quasi 40 anni. Tanto abbiamo imparato in questi decenni e tanto ancora dobbiamo imparare, in uno scambio che è sempre reciproco” ha dichiarato D’Alterio.
Una cosa di cui sono certo è che siamo sulla strada giusta. Ma abbiamo bisogno di restare insieme. Da soli non c’è salute, non c’è salvezza per il pianeta” ha continuato il Direttore. “La Salute Unica rimane il nostro faro e sono fermamente convinto che questo evento ci aiuta ogni anno diffondere la cultura di One Health”.
“Vi posso assicurare che One Health Award non si ferma qui” ha concluso D’Alterio. “Certo, richiede sacrificio, ma come insegna l’etimologia della parola, si tratta di ‘sacrum facere’ ed è qualcosa di sacro quello che realizziamo da tre anni. Abbiamo già in testa qualche novità per il 2025 e la prossima destinazione del viaggio, ma l’orizzonte non cambierà: la Salute Unica per gli uomini, gli animali e il pianeta”.

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Fonte: vet33.it