Microplastiche nei mari: il livello di contaminazione nelle carni di pesce spada e tonno rosso del Mediterraneo

microplastichePer la prima volta, microplastiche, polimeri e additivi sono stati rilevati nel tessuto muscolare dei pesci, proprio la parte che finisce nel piatto dei consumatori.

Le microplastiche sono un serio problema ambientale che sta colpendo gli ecosistemi marini in tutto il mondo. Particelle di dimensioni ridotte, comprese tra 0,1 e 5000 micron, che possono adsorbire sostanze tossiche presenti nell’ambiente circostante rappresentando un’ulteriore via di esposizione alle stesse per la fauna marina. Essendo oramai presenti nella catena alimentare acquatica, i consumatori possono rischiare la loro ingestione. E proprio nel Mediterraneo la contaminazione da plastiche, assieme agli additivi usati per i trattamenti a cui sono sottoposte, è una delle più elevate a livello globale.

Una ricerca condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo in collaborazione con il Croatian Veterinary Institute di Spalato e l’Università Politecnica delle Marche, pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Sea Research, ha permesso ora di rivelare il livello di contaminazione da microplastiche in due specie di pesce comuni nel Mediterraneo: il pesce spada (Xiphias gladius), pescato nel Mare Ionio, e il tonno rosso (Thunnus thynnus), proveniente dall’Adriatico. La particolarità dello studio è che i contaminanti sono stati rilevati anche mediante metodologie mai applicate prima nei muscoli dei pesci, quindi nella parte che effettivamente finisce nei nostri piatti.

“Molti studi precedenti – dice Federica Di Giacinto, ricercatrice del Centro per la Biologia delle acque dell’IZS Teramo – erano incentrati sul contenuto delle sole microplastiche esclusivamente nell’apparato digerente dei pesci. La nostra ricerca, invece, ha potuto evidenziare la contaminazione a livello muscolare non solo da microplastiche, ma anche da polimeri e additivi usati per la loro produzione. Le microplastiche che abbiamo rilevato nei muscoli molto probabilmente sono state ingerite dai pesci e poi sono traslocate dall’apparato gastro-intestinale ai tessuti circostanti”.

Mediante l’utilizzo della stereomicroscopia, della microspettroscopia Raman e della cromatografia liquida con spettrometria di massa, lo studio, condotto con il supporto finanziario dell’Unione Nazionale Cooperative Italiane (UNCI), ha riguardato microplastiche di dimensioni inferiori ai 10 micron e polimeri, come polietilentereftalato (PET) e policarbonato (PC), oltre a pigmenti e additivi come il bisfenolo A (BPA) e l’acido p-ftalico (PTA). Alcune di queste sostanze, ampiamente utilizzate per la produzione di beni di plastica di largo consumo, sono sotto osservazione per valutare se abbiano effetti sulla salute. È il caso del BPA, considerato capace di interferire con la funzionalità del sistema endocrino.

“Questo lavoro – continua Di Giacinto – punta a contribuire a una conoscenza più approfondita di queste particolari categorie di inquinanti, sia dal punto di vista dell’estensione del fenomeno, sia applicando nuove metodologie per la loro quantificazione. I prossimi passi del nostro laboratorio, ora, saranno di valutare quale sia il livello di contaminazione in ulteriori animali acquatici, arrivando ad una valutazione dell’effettiva esposizione alla quale sono esposti i consumatori”.

 Fonte: IZS Teramo



Apicoltura. Il questionario Coloss 2022/2023 sulla perdita di colonie

apicolturaAnche quest’anno l’associazione COLOSS (Prevention of honey bee COlony LOSSes, www.coloss.org)  ha predisposto il questionario con cui raccogliere informazioni sulle perdite di colonie di api. Gli Stati europei e non solo che partecipano all’indagine somministrano annualmente agli apicoltori il questionario, standardizzato e uguale per tutti gli Stati, in modo da poter comparare a livello internazionale i dati raccolti e quindi comprendere meglio i fattori di rischio implicati nella perdita di colonie.

Si chiede la collaborazione degli apicoltori, delle loro associazioni, dei veterinari e delle istituzioni coinvolte nel settore dell’apicoltura per una diffusione capillare di questa iniziativa, affinché anche l’Italia contribuisca in modo significativo a questo studio.

Compilazione del questionario

Il questionario è compilabile online, in italiano e in tedesco, dal seguente link:

Questionario COLOSS – Versione italiana » Questionario COLOSS – Versione tedesca »Alcune domande, contrassegnate da un asterisco rosso, sono particolarmente importanti per il questionario ed è obbligatorio rispondere. Altre domande (senza asterisco) sono facoltative, ma vi chiediamo di rispondere anche a queste per poterle confrontare con le risposte dei questionari raccolti negli altri stati.

È possibile salvare le risposte inserite e riprendere la compilazione in un secondo momento seguendo le istruzioni riportate.
Istruzioni per il salvataggio del questionario (in italiano) >
Istruzioni per il salvataggio del questionario (in tedesco) >

Per supporto tecnico nella compilazione del questionario:
tel. 049 8084265


Scadenze

Affinché i dati raccolti siano analizzati ed inclusi nell’indagine europea 2022-2023, è necessario compilare il questionario entro e non oltre il 15 giugno 2023 e rispondere a tutte le domande contrassegnate con un asterisco rosso. I dati raccolti saranno trasmessi, in un’unica soluzione, ai coordinatori internazionali del monitoraggio per la successiva analisi ed elaborazione.

Controllo della coerenza dei dati

Al fine di verificare la coerenza e validità dei dati inseriti, si evidenziano alcuni punti:

  1. Il numero di colonie ad inizio inverno non deve mancare e deve essere maggiori di zero
  2. Il numero delle colonie perse non deve mancare e deve essere maggiore o uguale a zero
  3. Il numero delle colonie morte, più quello delle colonie perse a causa di problemi con la regina, più quello delle colonie perse a causa di calamità naturali non deve essere maggiore del numero delle colonie all’inizio dell’inverno
  4. Gli apicoltori con 1 apiario non possono avere le loro colonie a più di 15 km di distanza l’una dall’altra, ecc.
  5. Il numero di colonie svernate che hanno avuto una nuova regina [nell’anno precedente] non può essere maggiore del numero di colonie svernate!

Fonte: IZS Venezie




Ritrovato sulla costa laziale un pesce istrice tropicale

Un pesce istrice Chilomycterus reticulatus, conosciuto anche come pesce porcospino punteggiato, è l’esemplare di circa 60 cm spiaggiato a Santa Marinella e segnalato da un pescatore grazie alla campagna “Attenti a quei 4!” lanciata da ISPRA e CNR IRBIM per informare i cittadini sulla presenza di quattro pesci alieni potenzialmente pericolosi per la salute umana.
In seguito alla segnalazione ricevuta, i ricercatori dell’ISPRA sono intervenuti per recuperare l’esemplare di Santa Marinella ed effettuare le analisi morfologiche e molecolari per l’identificazione della specie.

E’ il secondo esemplare segnalato nel Mar Mediterraneo dal 2008

Il video del pesce istrice

Leggi il Comunicato




ONU, aree protette anche negli Oceani

Anche gli Oceani avranno le aree protette, è il risultato dell’accordo storico all’Onu per il primo trattato internazionale a protezione dell’alto mare, quello che a oltre 200 miglia nautiche dalle coste esula dalle giurisdizioni nazionali e rappresenta i due terzi degli oceani, che rappresentano ecosistemi fondamentali per l’umanità.

“Il Trattato ONU sulle aree protette negli Oceani apre la strada all’umanità per fornire finalmente protezione alla vita marina in vaste aree dell’oceano. La sua adozione colmerà una lacuna significativa nel diritto internazionale e offrirà un quadro ai governi per lavorare insieme per proteggere la salute globale degli oceani, la resilienza climatica, il benessere socioeconomico e la sicurezza alimentare di miliardi di persone. Siamo pronti a supportarne l’attuazione”, afferma il direttore generale dell’IUCN, il dott. Bruno Oberle.

Il testo definito dai Paesi membri, sarà adottato dopo l’esame degli uffici legali e la traduzione nelle sei lingue delle Nazioni Unite. Dovrà essere ratificato in seguito da un numero sufficiente di Paesi. Il contenuto non è stato reso noto nel dettaglio ma si tratta di un passo avanti  per l’attuazione dell’impegno ’30×30′ preso alla conferenza Onu di dicembre sulla biodiversità, per proteggere un terzo dei mari (e delle terre) entro il 2030.

Senza un trattato, questo obiettivo sarebbe certamente fallito. Finora infatti non esistevano meccanismi legali per creare aree protette marine (Mpa) nelle acque internazionali difendendo la fauna e condividendo le risorse genetiche. Le acque oceaniche, benchè rappresentino i due terzi degli oceani e quasi la metà del pianeta,  è stato a lungo ignorato negli impegni ambientali, a vantaggio delle zone costiere e di qualche spazio particolare.

La necessità di proteggere gli oceani nella loro interezza è emerge dal fatto che essi  producono la metà dell’ossigeno che respiriamo e rappresentano il 95% della biosfera del pianeta, limitando il riscaldamento climatico assorbendo anidride carbonica.

Le principali minacce per gli oceani sono l’inquinamento, l’acidificazione delle acque e la pesca eccessiva. Tra i nodi che finora avevano impedito un accordo c’erano la procedura per creare le aree marine protette e il modello per gli studi di impatto ambientale.

“Una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali per contrastare le tendenze distruttive che minacciano la salute degli oceani, oggi e per le generazioni a venire”, ha commentato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Fonte: IUCN




Minacce al programma di reintroduzione dell’ ibis eremita (Geronticus eremita) in Italia: un’ indagine forense.

L’Ibis eremita (Geronticus eremita) è uno degli uccelli più rari al mondo; un tempo era diffuso in tutto il Medio Oriente, in Africa settentrionale ed Europa meridionale e centrale, ma da oltre 400 anni risulta scomparso dall’Europa e ne è rimasta una sola popolazione riproduttiva in Marocco, Algeria, Turchia e Siria.

Nel 2002, il waldrappteam ha avviato uno studio di fattibilità per consentire l’insediamento di colonie migratorie dell’Ibis eremita in Europa e dal 2012 ha iniziato un progetto Life di reintroduzione.

Tale progetto è stato fortemente minacciato da morti improvvise degli animali, soprattutto in Italia, dove vi sono il sito di svernamento e gran parte della rotta migratoria dell’Ibis eremita.

Una delle principali cause di morte in questa specie è il bracconaggio, che soprattutto durante la migrazione autunnale, è un enorme ostacolo, non solo demografico, ma anche economico, per il progetto di reintroduzione. Al fine di combattere il fenomeno della caccia illegale, dalla fine del 2016 il Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria (CeMedForVet) ha iniziato una collaborazione con il waldrappteam, che tramite indagini forensi, si proponeva di fornire alle autorità prove e materiale per le indagini.

In questo studio sono stati analizzati presso il CeMedForVet tutti i 27 ibis eremita morti (con sospetto di bracconaggio) e consegnati dalle autorità giudiziarie presso il suddetto centro tra il 2016 e il 2022. In linea con la letteratura, anche in questo studio si è rilevato che il bracconaggio è la principale causa di morte di questa specie in Italia, soprattutto durante la stagione venatoria. Inoltre, le cause di morte antropiche hanno rappresentato il 60% dei decessi, di cui il 30% per bracconaggio.

In sintesi in questo studio i ricercatori del Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana hanno utilizzato un approccio forense per analizzare, per la prima volta, le principali cause di morte nell’Ibis eremita, ritenendo di straordinaria importanza l’individuazione di azioni illegali sulle specie animali selvatiche, ancor più se in via di estinzione, al fine di fermare il fenomeno del bracconaggio, che rimane tutt’ora la principale causa di morte di questi animali e di molte altre specie migratorie.

Link all’ articolo completo

Fonte: IZS Lazio e Toscana




Ambiente, nuove specie protette dalla Convenzione Cites

Entreranno in vigore il 23 febbraio le modifiche alle Appendici della Convenzione sul Commercio internazionale delle specie animali e vegetali selvatiche minacciate d’estinzione (CITES) adottate dalla 19a Conferenza delle Parti CITES che si è tenuta a Panama dal 14 al 25 novembre 2022.

Le circa 38.000 specie animali e vegetali tutelate dalla CITES, sono riportate nelle Appendici della Convenzione e negli Allegati del Regolamento UE n. 338/97 con il quale viene attuata la CITES nell’Unione europea.

Al fine di agevolare la corretta applicazione della Convenzione e del Regolamento UE, è stata diffusa un’informativa alle Associazioni di categoria maggiormente interessate ed è stato pubblicato sul sito internet del Ministero un comunicato ai possessori ed ai commercianti di esemplari di specie selvatiche animali e vegetali.

Tra le novità più rilevanti si segnala l’inclusione nell’Appendice I (Allegato A del Regolamento UE) delle specie: Tiliqua adelaidensis (scinco pigmeo), Kinosternon cora (tartaruga di fango Cora) e Kinosternon vogti (tartaruga di fango Vallarta) e l’inclusione nell’Appendice II (Allegato B del Regolamento UE) di numerose essenze arboree e specie di sauri, testuggini, anuri, squali e razze.

Il possesso di esemplari di specie incluse nell’Allegato A del Regolamento UE dovrà essere denunciato ai Nuclei CITES dell’Arma dei Carabinieri entro novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – seconda serie speciale – del regolamento che modificherà i sopracitati allegati del Reg.(CE) n. 338/97.

Si ricorda che per le importazioni e le esportazioni di esemplari di specie CITES è necessaria una licenza rilasciata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; le riesportazioni e la commercializzazione intra-UE richiedono un certificato rilasciato dai Nuclei CITES dell’Arma dei Carabinieri.

Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica




Pescato pesce palla nelle acque del salernitano

In data 8 gennaio 2023, nelle acque antistanti il litorale tra i comuni di Salerno e Cetara, è stata segnalata, da pescatori locali, la cattura all’amo di un raro pesce palla adulto, della lunghezza di 60 cm. L’esemplare è stato identificato come Lagocephalus lagocephalus, specie bentopelagica ben distribuita in acque tropicali e subtropicali, a profondità comprese tra i 10 e 100 metri, piuttosto rara nel Mediterraneo e comunemente conosciuto come capolepre.
Tuttavia non è la rarità della cattura ad aver destato scalpore, quanto la tossicità dei tessuti di tale specie. Infatti il capolepre, appartenente alla famiglia Tetraodontidae, deve la sua pericolosità alla tetradotossina (TTX), una neurotossina termostabile (non inattivata dalla cottura) contenuta principalmente nel tessuto epatico. La TTX se ingerita, infatti, può comportare effetti particolarmente gravi sulla salute dei consumatori, quali vomito, diarrea e alterazioni della conduzione nervosa come convulsioni e paralisi, fino al blocco cardio-respiratorio. La Comunità Europea, per tale motivo, con il Regolamento di esecuzione 627/2019, vieta l’immissione in commercio di prodotti della pesca ottenuti da specie appartenenti alla famiglia Tetraodontidae.

Attualmente, l’esemplare di capolepre è custodito presso la sede della Direzione Operativa C.Ri.S.Sa.P. (Centro di Riferimento Regionale per la Sicurezza Sanitaria del Pescato) dell’ASL Salerno, dove, dopo essere stato correttamente identificato, è stato crioconservato insieme ad altri esemplari di specie tossiche rinvenute nel corso degli anni.

Il rinvenimento è avvenuto in concomitanza con l’avvio di una campagna di sensibilizzazione promossa dal C.Ri.S.Sa.P. rivolta a pescatori professionali, subacquei e operatori del settore, ai quali si chiede di segnalare alle Autorità Sanitarie competenti la cattura accidentale, l’avvistamento o il rinvenimento nei circuiti commerciali di pesci velenosi e specie ittiche aliene. Tale intervento è finalizzato principalmente alla tutela della salute dei consumatori nonché all’acquisizione di informazioni relative alla presenza e diffusione nei nostri mari di tali specie, sensibilmente aumentate negli ultimi anni, di pari passo con il continuo riscaldamento delle acque del Mediterraneo.

Fonte: Sede operativa ASL Salerno C.Ri.S.Sa.P. (Centro di Riferimento Regionale per la Sicurezza Sanitaria del Pescato)




Cambiamento climatico e One Health, un solo Pianeta, un solo Oceano

Sebbene i mari e gli oceani coprano il 70% della superficie del nostro Pianeta, gli ecosistemi terrestri e gli organismi vertebrati ed invertebrati che li popolano hanno da tempo immemorabile goduto e continuano tuttora a godere di ben maggiore attenzione sul piano mediatico, narrativo e scientifico, in un contesto di riferimento sempre più “antropomorfico ed antropocentrico”.

Ben 8 miliardi di persone vivono attualmente sul nostro Pianeta e la popolazione terrestre potrebbe arrivare a sfiorare l’iperbolica cifra di 11 miliardi alla fine di questo secolo!

Un siffatto scenario si tradurrà, con ogni probabilità, in una potente “vis a tergo” rispetto alla comparsa di nuove pandemie, prime fra tutte quelle da virus influenzali ad elevata patogenicita’, nonché da agenti veicolati da artropodi e da batteri antibiotico-resistenti, successivamente alla presente pandemia da SARS-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della CoViD-19, verosimilmente emerso nel 2019 da un serbatoio animale primario (pipistrelli del genere Rinolophus) -, che avrebbe sin qui provocato la morte di quasi 7 milioni di individui.

La prima, fondamentale lezione che ci è stata insegnata dalla pandemia da SARS-CoV-2 e’ che tutti gli esseri viventi che popolano il nostro Pianeta sono reciprocamente interconnessi, così come la salute degli organismi terrestri risulta intimamente collegata a quella degli organismi marini e viceversa. Due illuminanti esempi potrebbero essere costituiti, a tal proposito, dalla crescente contaminazione chimica e da macro-meso-micro-nanoplastiche dei nostri mari, entrambe di chiara matrice antropogenica. Quella da materie plastiche, in particolare, sarebbe stata fortemente alimentata dalle innumerevoli mascherine e dagli altrettanto innumerevoli guanti che ci hanno validamente difeso e continuano tuttora a proteggerci dal coronavirus SARS-CoV-2, oltre che da una folta gamma di ulteriori agenti, virali e non, in grado di colonizzare le nostre vie respiratorie.

Quanto sopra esposto giustificherebbe ampiamente la definizione di “Antropocene” che e’ stata giustappunto coniata per la nostra era, vista e considerata l’abnorme quanto inedita “impronta ecologica” impressa dal genere umano su Madre Terra! Il cambiamento climatico, eloquentemente documentato dal riscaldamento globale (gli 8 anni appena trascorsi sono stati i più caldi degli ultimi 140 anni!), si sta traducendo in un progressivo scioglimento delle calotte glaciali artiche ed antartiche, con conseguente aumento del livello degli oceani e dei mari e con la contestuale migrazione verso latitudini via via più settentrionali di molte specie e popolazioni di mammiferi acquatici, secondariamente allo spostamento verso nord delle relative prede e fonti alimentari ittiche. E, di pari passo con la traslocazione di prede e predatori, si spostano pure gli agenti infettivi veicolati dagli stessi!

Al riguardo, numerosi agenti patogeni capaci d’infettare sia i Pinnipedi che i Cetacei – quali ad esempio Toxoplasma gondii, Listeria monocytogenes e Salmonella spp. – risultano caratterizzati da un “ciclo vitale” terrestre, vale a dire che a seguito di fenomeni meteo-climatici estremi quali alluvioni, frane, inondazioni essi possono trasferirsi agli ecosistemi marini ed essere in tal modo acquisiti dai mammiferi acquatici ed, in primis, da quelli che vivono in prossimità delle coste, quali ad esempio i tursiopi (Tursiops truncatus).

Ecco come la salute, le infezioni e le condizioni patologiche proprie degli organismi terrestri, ivi compreso Homo sapiens sapiens, risultano intimamente connesse a quelle delle creature popolanti gli ecosistemi marini!

Tutto ciò viene magistralmente riassunto, infine, dalla celeberrima frase riportata nella missiva scritta il 5 Giugno 2020 da Papa Francesco a Ivan Duque Marquez, il Presidente della Colombia, in occasione della Giornata Mondiale per l’Ambiente:

“Non possiamo pretendere di vivere sani in un mondo malato”.

Intelligenti Pauca!

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

 




Salvaguardia dell’ambiente, della salute dell’uomo e degli animali: il resoconto Unep del 2022

Un anno di risultati. Grandi o piccoli sarà il futuro a decretarlo. Ma per il pianeta è importante provarci. Il programma sull’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) ha fatto il resoconto delle pietre miliari ambientali del 2022.  

La risoluzione per porre fine all’inquinamento da plastica

Lo scorso 2 marzo, il ministro dell’Ambiente norvegese, Espen Barth Eide, ha suggellato una risoluzione globale con l’obiettivo di porre fine all’inquinamento da plastica, a lungo considerato uno dei problemi ambientali più urgenti del pianeta. L’accordo è stato uno dei tanti importanti passi in avanti nella tutela dell’ambiente che sono stati fatti nel corso del 2022, definito anno storico per il pianeta.  

Plastica: un pericolo per l’ambiente

Ogni anno vengono generati quasi 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, una cifra destinata a raddoppiare entro il 2040. Solo una frazione di questi viene riciclata, il resto finisce nell’ambiente e soprattutto negli oceani, causando danni a esseri umani e alla fauna selvatica. La risoluzione adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente a Nairobi, in Kenya, impegna le nazioni a mettere in atto una bozza di accordo entro la fine del 2024. 

50 anni di Unep

Sempre a marzo scorso, i delegati di tutto il mondo si sono riuniti in Kenya per una sessione speciale dell’Unep per commemorare il suo 50esimo anniversario. L’evento ha visto i partecipanti fare il punto su tutto ciò che è stato raggiunto negli ultimi cinquant’anni, inclusi gli sforzi per riparare lo strato di ozono, eliminare gradualmente il carburante con piombo e proteggere le specie in via di estinzione.  

La nascita del movimento ambientalista

A giugno 2022, nella capitale della Svezia, si è tenuto l’incontro internazionale di Stoccolma per commemorare il 50esimo anniversario della Conference on the Human Environment del 1972, considerata la nascita del moderno movimento ambientalista. È stata anche l’occasione per discutere degli obiettivi di sviluppo sostenibile e per affrontare la tripla crisi planetaria del cambiamento climatico, della natura e della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e dei rifiuti. 

Il diritto a un ambiente sano e pulito

A luglio 2022, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che tutti gli abitanti del pianeta hanno diritto a un ambiente sano e pulito e ha invitato gli Stati a intensificare gli sforzi per proteggere la natura. La delibera non è giuridicamente vincolante. Ma i sostenitori sperano che spingerà i Paesi a sancire il diritto a un ambiente sano nelle loro costituzioni, consentendo agli attivisti di sfidare politiche e progetti distruttivi per l’ambiente. 

Attività di sensibilizzazione

Quest’anno, le campagne dell’Unep hanno sensibilizzato su una moltitudine di questioni ambientali. La Giornata mondiale dell’ambiente, la  Giornata internazionale dell’aria pulita per i cieli blu e la Giornata internazionale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari hanno coinvolto milioni di persone in tutto il mondo, contribuendo a mettere l’ambiente al centro dell’attenzione pubblica. Nel frattempo, due importanti studi dell’Unep, l’Emissions Gap Report e l’Adaptation Gap Report, hanno puntato i riflettori sulla portata della crisi climatica e su ciò che l’umanità deve fare per evitare il peggio del cambiamento climatico. 

Cop27

Lo scorso novembre, alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27 ) in Egitto, gli Stati membri hanno concordato di istituire un fondo che sosterrà i Paesi in via di sviluppo alle prese con le conseguenze della crisi climatica. In un accordo definito dagli osservatori storico, il cosiddetto fondo loss and damage mira ad aiutare le nazioni vulnerabili a far fronte a siccità, inondazioni e mare in aumento, che dovrebbero diventare più gravi man mano che il clima del pianeta cambia. 

Cop15

Nell’ultimo mese di quest’anno, si è conclusa la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop15), a Montreal in Canada, con un accordo storico per guidare l’azione globale sull’ambiente fino al 2030. Il quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal include misure concrete per arrestare e invertire la perdita della natura, tra le quali mettere sotto protezione il 30% del pianeta e il 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030. L’accordo è stato pensato per contrastare quella che gli esperti definiscono un’allarmante perdita di biodiversità. Secondo un rapporto Ipbes del 2019, infatti, ci sarebbe un milione di specie che va verso l’estinzione, molte minacciate dall’attività umana. 

Fonte: aboutpharma.com




2022, l’annus horribilis dei calabroni predatori

vespa velutinaIl 2022 per l’apicoltura italiana è stato l’annus horribilis dei calabroni predatori.

Vespa velutina ha espanso il suo areale in diverse regioni del Nord Italia; il focolaio che già interessava le provincie di La Spezia e Massa Carrara, è sceso lungo le coste della Toscana, raggiungendo le province di LuccaLivornoPisa e Firenze. Nella zona appenninica della Liguria è stata segnalata in Garfagnana e ha raggiunto anche due località dell’Emilia-Romagna, in provincia di Piacenza e di Parma. Inoltre una segnalazione è arrivata dalla provincia di Venezia, con diversi esemplari adulti trovati presso un apiario. Anche nelle zone dove è presente da diversi anni, il Ponente ligure e la provincia di Cuneo in Piemonte, sono aumentate le segnalazioni; nel Ponente ligure i danni agli alveari e le conseguenti perdite sono divenuti insostenibili e nelle provincie di La Spezia e Massa Carrara i nidi trovati e distrutti sono stati quasi un centinaio.

Vespa orientalis, specie autoctona nel Sud Italia, ha continuato la sua espansione nelle regioni del Nord. In Toscana, dove era già presente a Grosseto e Firenze nel 2021, è stata segnalata anche a Livorno; in Liguria è stata trovata a La Spezia. Nel 2021 la specie era stata segnalata in Sardegna, in provincia di Cagliari, dove nel 2022 la sua presenza è ulteriormente aumentata. Moltissime segnalazioni sono inoltre arrivate dalla città di Roma, soprattutto nel contesto urbano, mentre in Campania e Sicilia i danni agli alveari sono stati drammatici, con effetti devastanti sull’attività apistica e perdite elevatissime di alveari.

Qui puoi trovare una mappa aggiornata dei ritrovamenti.

Questo aumento di pericolosità è stato probabilmente originato da fattori climatici favorevoli alla presenza di vespe e calabroni che si sono verificati nel 2022; ma non è da trascurare il cambiamento climatico generale, soprattutto per l’ampliamento di areale di Vespa orientalis, che fa temere per un trend sempre più in aumento.

La ricerca e l’apicoltura italiana intendono unirsi per fronteggiare questa minaccia, che sta sempre più seriamente mettendo a rischio l’apicoltura italiana.