L’Ue verso il divieto per tre neonicotinoidi killer delle api

Il Comitato permanente dell’Ue su piante, animali, cibi e mangimi (Paff) ha approvato il 27 aprile la proposta della Commissione europea di estendere il campo d’applicazione del divieto parziale di tre pesticidi della classe dei “neonicotinoidi” (Imidacloprid, Clothianidin e Thiamethoxam) dannosi per le api, proibendone ogni uso esterno nel territorio dell’Unione.

I tre pesticidi, indicati in molte ricerche scientifiche come i principali responsabili del fenomeno della moria delle api e degli altri insetti impollinatori, erano già stati proibiti nel 2013 per gli usi esterni su determinate colture e in determinati periodi dell’anno. Ora sarà possibile continuare a usarli solo nelle serre.

A favore della proposta della Commissione hanno votato 16 Stati membri: Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Italia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Austria, Svezia, Slovenia, Portogallo e Regno Unito. Solo quattro i paesi contrari: Repubblica ceca, Danimarca, Ungheria e Romania, mentre si sono astenuti i restanti otti Stati membri: Bulgaria, Belgio, Croazia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacca, Finlandia.

Da anni l’uso massiccio in agricoltura dei pesticidi, e in particolare di quelli “sistemici” come i neonicotinoidi, che penetrano all’interno dell’organismo delle piante, è sotto accusa per il fenomeno della morìa delle api, che ha assunto dimensioni estremamente preoccupanti in tutti i continenti. Con questa misura, l’Ue si pone all’avanguardia nel mondo nella protezione delle api e degli altri insetti impollinatori, che è essenziale, oltre che per la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche per la produzione alimentare, visto il ruolo nell’impollinazione delle piante coltivate dall’uomo, oltre che nella maggior parte delle piante selvatiche.

Il regolamento che vieta i tre neonicotinoidi, basato su una rigorosa valutazione dei rischi dell’Efsa, l’Autorità europea di sicurezza alimentare di Parma, sarà ora adottato formalmente dalla Commissione nelle prossime settimane, per entrare in vigore entro la fine dell’anno.




Specie Aliene, IZSlt individua un Platelminte

E’ stato identificato presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana il platelminta Obama nungara, specie aliena invasiva.

E’ la prima segnalazione di questa specie nel Lazio e la prima in Italia presso un allevamento di chiocciole. Il rinvenimento è stato effettuato a Latina in un impianto di elicicoltura attivo dal 2017.

 

Per maggiori informazioni consultare il sito dell’IZS Lazio e Toscana




L’etichettatura sull’origine dei prodotti promuove le economie locali e lo sviluppo sostenibile

Un nuovo studio ha rilevato che i prodotti alimentari collegati al loro luogo di origine sono economicamente e socialmente vantaggiosi per le aree rurali da cui provengono e promuovono lo sviluppo sostenibile.

I prodotti alimentari registrati con un’etichetta d’indicazione geografica vantano a livello mondiale un valore commerciale annuale di oltre 50 miliardi di dollari. Tali prodotti hanno caratteristiche, qualità e reputazioni specifiche derivanti dalla loro origine geografica.

Lo studio Rafforzamento dei sistemi alimentari sostenibili attraverso le indicazioni geografiche condotto dalla FAO e dalla Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, analizza l’impatto economico della registrazione dell’indicazione geografica in nove studi di casi: il caffè colombiano, il tè Darjeeling (India), il cavolo Futog (Serbia), il caffè Kona (Stati Uniti), il formaggio Manchego (Spagna), il pepe Penja (Camerun), lo zafferano Taliouine (Marocco), il formaggio Tête de Moine (Svizzera) e il vino Vale dos Vinhedos (Brasile).

In tutti e nove i casi, la registrazione legata all’origine ha sostanzialmente aumentato il prezzo del prodotto finale, con un valore aggiunto compreso tra il 20% e il 50%. Uno dei motivi è che i consumatori identificano caratteristiche uniche – come gusto, colore, consistenza e qualità – in prodotti con lo status d’indicazione geografica, e come tali sono disposti a pagare prezzi più alti.

Le indicazioni geografiche sono un approccio alla produzione alimentare e ai sistemi di marketing che pongono considerazioni sociali, culturali e ambientali al centro della catena di valore”, ha affermato Emmanuel Hidier, Economista del Centro investimenti della FAO. “Possono essere un percorso per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali promuovendo prodotti di qualità, rafforzando le catene di valore e migliorando l’accesso a mercati più remunerativi“.

Lo studio di casi: il pepe Penja e il cavolo Futog

Nel caso del pepe Penja, un pepe bianco coltivato nel terreno vulcanico della Valle Penja in Camerun – il primo prodotto africano a ricevere un’etichetta geografica – la registrazione ha contribuito a far aumentare di sei volte il reddito degli agricoltori locali.

Il processo – dall’impostazione degli standard alla registrazione e alla promozione – ha avvantaggiato non solo gli agricoltori locali, ma l’intera area locale in termini di entrate, produttività, crescita di altre industrie connesse e, soprattutto, l’inclusione di tutte le parti interessate“, ha affermato Emmanuel Nzenowo, dell’associazione dei produttori del pepe Penja.

La denominazione d’origine per il cavolo Futog, coltivato nelle fertili pianure lungo il Danubio, nel nord della Serbia, ha fornito a una piccola comunità di coltivatori un aumento sostanziale dei redditi negli ultimi anni, con alcuni agricoltori che hanno ottenuto un aumento del 70% del prezzo di vendita.

A partire dalla registrazione del prodotto, i produttori locali hanno iniziato a lavorare più strettamente insieme e questo ha contribuito a proteggere la qualità unica del cavolo Futog e la sua tradizione agricola. Ha anche contribuito a difenderne il nome e la reputazione, di cui in passato si era spesso abusato“, ha dichiarato Miroljub Jankovic della Futog Cabbage Association.

Non solo per ragioni economiche: si collegano prodotti, luoghi e persone

La registrazione di prodotti legati al loro luogo di origine ha implicazioni che vanno ben oltre i guadagni economici. I produttori e i trasformatori locali al centro del processo di registrazione contribuiscono a rendere i sistemi alimentari più inclusivi e più efficienti. Insieme, i produttori sviluppano le qualità specifiche del prodotto e promuovono e proteggono l’etichetta di origine. La creazione di tali etichette stimola anche il dialogo tra settore pubblico e privato, con le autorità pubbliche spesso strettamente associate al processo di registrazione e certificazione.

Nelle nostre regioni vicine all’unione Europea c’è un forte interesse per la denominazione d’origine controllata da parte dei governi, che possono vedere in che misura hanno innescato uno sviluppo rurale positivo in paesi come la Francia e l’Italia“, ha dichiarato Natalya Zhukova, Direttrice della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, responsabile del settore agroalimentare. “Ora, i nostri clienti agroindustriali nei settori della vendita al dettaglio e della trasformazione sono anche interessati a sostenere i processi e i mercati della denominazione d’origine in quanto possono vedere che i consumatori nei mercati locali e in quelli dell’UE sono interessati all’origine e alla qualità del cibo“.

Trovare il giusto equilibrio

La registrazione dell’indicazione geografica protetta segue le leggi e i regolamenti definiti da ciascun paese. A livello internazionale, le etichette sono regolamentate e protette ai sensi dell’accordo TRIPs, un accordo multilaterale sui diritti di proprietà intellettuale riconosciuto da tutti i membri dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Lo studio riconosce un numero di ostacoli che i produttori devono prendere in considerazione prima di richiedere un’etichetta di origine. Ad esempio, alcuni produttori su piccola scala o tradizionali potrebbero rimanerne esclusi se le specifiche del prodotto sono eccessivamente industrializzate o se sono onerose in settori come l’imballaggio.

Il rapporto sottolinea inoltre che deve essere preso in considerazione l’impatto ambientale e le specifiche devono includere requisiti per proteggersi dal sovra-sfruttamento delle risorse naturali.

Uno strumento per lo sviluppo sostenibile

“I legami unici di questi prodotti con le risorse naturali e culturali delle aree di provenienza li rendono uno strumento utile per il progresso degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in particolare preservando un patrimonio alimentare e contribuendo a diete sane”, ha affermato Florence Tartanac, Funzionario senior della Divisione FAO Nutrizione e Sistemi Alimentari.

La FAO e la EBRD hanno lavorato insieme per sostenere i produttori e le autorità locali nello sviluppo di prodotti d’indicazione geografica sostenibile in paesi come Montenegro, Serbia e Turchia. La FAO collabora anche con altri partner per promuovere prodotti basati sulla denominazione d’origine in Afghanistan, Benin e Tailandia, tra gli altri.

Fonte: Fao




Telerilevamento e controllo biologico, innovative soluzioni per l’apicoltura

impollinatoreNegli ultimi decenni il numero di api mellifere, api selvatiche e altri impollinatori è diminuito in Europa. Parassiti, patogeni, pesticidi e cambiamenti climatici hanno tutti portato la mortalità delle api a livelli preoccupanti. Attualmente, l’Europa ha circa 13 milioni di colonie di api mellifere in meno rispetto al fabbisogno di un’adeguata impollinazione delle colture.

Il pesante calo di api mellifere ha ispirato molti sforzi in tutta Europa per contrastare il problema. Due aziende hanno guadagnato un finanziamento dell’UE grazie alle loro innovative soluzioni per l’apicoltura: un metodo di controllo biologico privo di sostanze chimiche sostenuto dal progetto HApi e una concezione di arnia connessa che ha ricevuto aiuti da BEE LABEL.

Controllo dell’acaro Varroa

Il metodo di controllo biologico proposto da una società di consulenza ingegneristica austriaca si è incentrato sulla lotta alle infestazioni dell’acaro Varroa e sull’indebolimento del virus delle ali deformi che esso trasporta. Gli acari parassitari si infiltrano nelle arnie attaccandosi al dorso delle api adulte. Successivamente penetrano nei favi di covata e, una volta che questi sono sigillati, iniziano a nutrirsi dalle api in crescita. In pochi giorni, l’acaro madre inizia a deporre le uova, la cui progenie si accoppia una volta raggiunta la maturazione. Nel momento in cui le giovani api si sviluppano e lasciano la cella, almeno tre acari fecondati emergono con loro, continuando il ciclo. Una grande infestazione di acaro Varroa è in grado di uccidere interi alveari attraverso le malattie e i virus che trasmette.

La maggior parte dei trattamenti affronta il problema utilizzando sostanze chimiche per mantenere bassi i livelli di acari. Tuttavia, per evitare gli effetti avversi di queste sostanze sulla qualità della cera e sul sapore del miele, le arnie vengono trattate solo dopo l’estrazione del miele. Aspettare, d’altra parte, pone i suoi problemi: i cambiamenti climatici hanno anticipato il periodo riproduttivo delle api, il che dà agli acari più tempo per riprodursi.

Il metodo innovativo dell’azienda rende possibile effettuare il trattamento all’inizio della stagione, poiché non utilizza sostanze chimiche. La sua efficacia si basa su un elemento fondamentale: durante la fase di metamorfosi da larve ad api mature, esse sono in grado di sopportare temperature molto elevate, mentre i parassiti non riescono a farlo.

I telai che contengono i favi di covata vengono inseriti in un dispositivo, il Varroa Controller. Qui, i favi di covata sigillati sono esposti a temperature di 40-47 °C per due ore, operazione che non danneggia minimamente le larve, ma che fa morire gli acari nel giro di qualche ora.

Arnie connesse

Una start-up francese ha affrontato il problema del calo della popolazione di api da un’angolazione diversa, sviluppando cioè un sistema di telerilevamento, chiamato Bee Label, che avverte gli apicoltori di eventuali problemi nelle loro arnie.

La temperatura, la luminosità, l’umidità, l’orientamento e la stabilità a terra delle arnie intelligenti sono monitorati attraverso dei sensori. Un sensore di massa mantiene gli apicoltori aggiornati sulla dimensione della colonia e sulla produzione di miele. Anche i cambiamenti climatici che influiscono sul comportamento delle api sono registrati attraverso la funzione relativa alla pressione atmosferica. Le informazioni vengono inviate agli apicoltori per e-mail o messaggio.

Il sistema è inoltre dotato di una soluzione per il crescente problema del furto di arnie: un allarme antifurto avvisa gli apicoltori se le arnie vengono spostate.

BEE LABEL (Bee Label: A new remote beehive surveillance for better bee health and secured pollination) sta lavorando per migliorare il sistema aggiungendo nuovi sensori, telecamere e pannelli solari. HApi (HApi – Hyperthermia in Apiculture – A new product against the Deformed Wing Virus of honey bees), ormai terminato, era incentrato sull’ipertermia come metodo di controllo biologico privo di sostanze chimiche.

Per maggiori informazioni, consultare:
sito web di Bee Label e sito web di Varroa Controller

Fonte: Cordis




Monitoraggio della Vespa velutina, come costruire una trappola

Con i primi tepori primaverili si risveglia anche la Vespa velutina o Calabrone asiatico, un insetto alieno invasivo originario dell’Asia sud-orientale predatore di api e altri impollinatori che provoca gravi danni all’apicoltura e alla biodiversità.

Il progetto LIFE STOPVESPA, un gruppo di lavoro composto da Università, Enti di Ricerca, Associazioni, Apicoltori e Cittadini che si pone l’obiettivo è contrastare la diffusione della Vespa velutina in Italia, indica il periodo da marzo a maggio compresi come il momento migliore per monitorare l’imenottero, rilevarne l’eventuale presenza/assenza e individuare eventuali nuove aree di espansione.

Il monitoraggio può essere effettuato utilizzando apposite trappole, disposte in prossimità di alveari o in altre zone come giardini, parchi, etc.

Le trappole possono essere costruite utilizzando, come materiale di partenza, delle bottiglie vuote in PVC trasparenti della capacità di 1,5 litri e come attrattivo della birra chiara al 4,7%. L’alcol contenuto nella birra evita che insetti pronubi, come le api, possano essere catturati dalle trappole. Ogni bottiglia potrà essere dotata di un apposito tappo, facilmente reperibile in commercio e concepito ad hoc per questo tipo di attività. Il tappo, oltre ad evitare l’ingresso di acqua piovana facilita anche il posizionamento della trappola e agevola il ricambio dell’esca. In alternativa si può utilizzare un metodo di fabbricazione totalmente artigianale. Per quest’ultima versione occorrerà prevedere di dotare la trappola di un sistema di riparo per evitare l’entrata dell’acqua piovana. Le trappole devono essere controllate ogni 2 settimane, e, contestualmente, deve essere cambiata l’esca attrattiva.

Il monitoraggio deve essere svolto prima di tutto dagli apicoltori, ma  i cittadini possono comunque partecipare all’attività, per un più capillare controllo del territorio.

Il luogo di posizionamento della trappola e l’eventuale presenza di individui sospetti possono essere comunicati a info@vespavelutina.eu oppure al numero di cellulare 335 6673358.

Se l’esito del monitoraggio risultasse negativo è comunque fondamentale comunicarne il risultato al termine dello stesso.

E’ inoltre possibile compilare un breve questionario on line inerente la Vespa velutina, le specie aliene invasive e le attività di contrasto sviluppate dal progetto stesso, che si inserisce nell’ambito dell’attività di divulgazione del progetto e permette da un lato di sondare il livello di conoscenza dei cittadini in merito alle tematiche sviluppate dal LIFE STOPVESPA, dall’altro di individuare gli aspetti poco noti per poter migliorare le modalità di comunicazione.

A cura della segreteria SIMeVeP




Fao: l’agroecologia per la sostenibilità alimentare

Il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, ha sollecitato sistemi alimentari più sani e sostenibili e ha dichiarato che l’agro-ecologia può contribuire a una tale trasformazione. L’appello è stato lanciato nell’intervento di apertura al 2° Simposio Internazionale di Agro-ecologia che si tiene questa settimana presso la FAO (Roma 3-5 aprile).

Ha poi affermato che la maggior parte della produzione alimentare si basa su sistemi agricoli ad alta intensità di risorse, con un costo elevato per l’ambiente e di conseguenza il suolo, le foreste, l’acqua, la qualità dell’aria e la biodiversità continuano a degradarsi. L’attenzione sull’aumento della produzione ad ogni costo non è stata sufficiente a sradicare la fame “e stiamo assistendo a un’epidemia globale di obesità“, ha aggiunto.

Occorre promuovere un cambiamento trasformativo nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo. Dobbiamo proporre sistemi alimentari sostenibili che offrano cibo sano e nutriente, e servizi eco-sistemici resistenti al cambiamento climatico. L’agro-ecologia può offrire diversi contributi a questo processo di trasformazione dei nostri sistemi alimentari“, ha affermato.

Mettendo insieme conoscenze tradizionali e conoscenze scientifiche, l’agro-ecologia applica approcci ecologici e sociali ai sistemi agricoli, concentrandosi sulle ricche interazioni esistenti tra piante, animali, esseri umani e ambiente.

Il Direttore Generale ha poi sollecitato i responsabili delle politiche nazionali a fornire un maggiore sostegno all’agro-ecologia. “per andare avanti serve l’impegno di un numero maggiore di governi e decisori politici”, ha aggiunto.

Trasformare i sistemi alimentari in modo che siano sostenibili, significa operare cambiamenti a livello economico, sociale e culturale” ha affermato il presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), Gilbert F. Houngbo. “Questo è il motivo per cui i progetti promossi dall’IFAD adottano un approccio olistico, integrando investimenti con sostegno alle politiche, alle conoscenze e alle attività formative. Perché una produzione diversificata deve essere accompagnata da diete diversificate, e venire accettata da consumatori consapevoli delle implicazioni nutrizionali e climatiche“.

Stéphane Le Foll, ex Ministro francese dell’Agricoltura, nel suo intervento ha invitato ad un dialogo e ad azioni volte a creare una rivoluzione “doppiamente verde” della produzione agricola, basata sulla natura, sulle conoscenze locali e sulla scienza. “Siamo ad un punto di svolta nella storia dell’umanità, e sta a noi fare le nostre scelte – scelte fondamentali -, che saranno cruciali per il nostro futuro collettivo” ha affermato.

Un dialogo globale

Al Simposio di tre giorni partecipano oltre 700 tra responsabili politici, professionisti di agro-ecologia, accademici e rappresentanti di governo, della società civile, del settore privato e delle agenzie delle Nazioni Unite, riuniti per discutere gli elementi chiave e le azioni a sostegno del potenziamento dell’agro-ecologia. Il simposio si concentrerà sull’individuazione di quello che serve, delle sfide e delle opportunità per promuovere politiche, pratiche e investimenti in agro-ecologia.

L’ultimo giorno verrà lanciata l’iniziativa Scaling-Up, che mira a incoraggiare processi di transizione agro-ecologici più inclusivi e olistici attraverso strumenti, conoscenze e processi politici per la trasformazione dei sistemi alimentari e agricoli.

Un percorso verso uno sviluppo sostenibile

Un esempio pratico di agro-ecologia è offerto dagli agricoltori cinesi che hanno ideato un intelligente ecosistema in cui le foglie di gelso alimentano i bachi da seta i cui rifiuti organici vengono poi usati come cibo per i pesci. Il materiale organico presente negli stagni è quindi utilizzato come fertilizzante per i gelsi, completando così un circolo virtuoso di produzione. Per secoli questo sistema ha anche sostenuto attività complementari come la produzione di seta.

L’agro-ecologia può salvaguardare le risorse naturali e la biodiversità, nonché promuovere l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. Può anche migliorare la capacità di risposta dei piccoli agricoltori familiari, specialmente nei paesi in via di sviluppo dove più alta è la malnutrizione. Può contribuire alla produzione e al consumo di alimenti sani e nutrienti e promuovere l’economia e i mercati locali. Questi molteplici vantaggi rendono l’agro-ecologia un percorso importante per raggiungere l’Agenda 2030 e affrontare le sfide interconnesse.

Conoscenza e innovazione per guidare il cambiamento

Investire in conoscenza e innovazione è la chiave per realizzare il pieno potenziale dell’agro-ecologia. Il Simposio include una mostra che mette in evidenza le innovazioni nell’agro-ecologia di tutto il mondo. Un team di scienziati spagnoli espone CONECT-e, una piattaforma online progettata per gli agricoltori per registrare e condividere le conoscenze ecologiche tradizionali con gli scienziati.

La mostra ghanese mette in luce un progetto guidato da un agricoltore e sostenuto da ActionAid, che promuove l’accesso delle donne a servizi di divulgazione agricola con particolare attenzione alla promozione dell’agro-ecologia. Il progetto ha avuto come risultato che le donne contadine hanno aumentato la loro produzione agricola attraverso l’agro-ecologia con una minore dipendenza da fattori esterni come gli erbicidi.

Dare maggiore slancio all’azione

Il primo Simposio di Agro-ecologia si è tenuto presso la FAO nel 2014 e da allora si sono tenuti incontri regionali in America Latina, Africa sub-sahariana, Europa, Asia centrale e orientale. Negli ultimi quattro anni, oltre 1.400 partecipanti provenienti da 170 paesi sono stati coinvolti in questo sforzo globale per discutere ed evidenziare l’importanza e il potenziale dell’agro-ecologia.

Il Simposio si concluderà giovedì 5 aprile.

Fonte: Fao




Il punto di vista veterinario. La contaminazione da Pfas negli alimenti: l’anello mancante tra qualità dell’ambiente ed esposizione dell’uomo

lente_ingrandimentoI dati prodotti dallo studio sui Pfas in varie matrici alimentari presentati alla stampa il 16 novembre scorso forniscono spunti di approfondimento per la contaminazione ambientale dei suoli agricoli, e per l’apporto di Pfoa da parte di alimenti solidi, di origine animale.

Tali elementi non sembra siano stati adeguatamente considerati fino ad ora, dove l’attenzione è stata fondamentalmente rivolta al ruolo delle acque potabili, e all’adozione dei sistemi di depurazione adeguati.

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Dieci anni di REACH: sostanze chimiche più sicure per i consumatori, i lavoratori e l’ambiente

Negli ultimi 10 anni la principale normativa dell’UE sulle sostanze chimiche (“REACH”) ha migliorato sensibilmente la protezione della salute umana e dell’ambiente e ha promosso alternative alla sperimentazione animale. Forte di questo successo, la Commissione propone misure per agevolarne ulteriormente l’attuazione.

Le sostanze chimiche accompagnano ogni aspetto della nostra vita: al lavoro, ma anche nei beni di consumo come i capi di abbigliamento, i giocattoli, i mobili e gli elettrodomestici. Pur essendo essenziali nella vita quotidiana, alcune di queste sostanze possono comportare rischi per la salute umana e per l’ambiente. Nel riesame del REACH pubblicato il 5 marzo si legge che grazie al “regolamento concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche” (cioè il REACH), le imprese e le autorità dell’UE garantiscono l’impiego in sicurezza delle sostanze chimiche e la progressiva eliminazione delle sostanze pericolose.

Elżbieta Bieńkowska, Commissaria responsabile per il mercato interno e l’industria, ha dichiarato: “REACH è la normativa in materia di sostanze chimiche più avanzata e completa al mondo e molte altre giurisdizioni hanno seguito l’esempio dell’UE in questo senso. Grazie a questa normativa l’industria dell’UE rende le sostanze chimiche più sicure per i cittadini e per l’ambiente. Dobbiamo sfruttare questo successo e fare in modo che i produttori dell’UE non si trovino svantaggiati rispetto alla concorrenza dei produttori di paesi terzi, in particolare garantendo che i prodotti importati rispettino la normativa dell’UE in materia di sostanze chimiche.”

Il Commissario per l’ambiente Karmenu Vella ha dichiarato: “Gran parte degli europei si preoccupa dell’esposizione a sostanze chimiche pericolose. Grazie al REACH, l’UE risponde in maniera valida a queste preoccupazioni, diffondendo informazioni sulle sostanze chimiche e proibendo le sostanze nocive sul mercato dell’UE. Il REACH è già fonte di ispirazione per la normativa in materia di sostanze chimiche in altri paesi; un ulteriore perfezionamento ci permetterà di tutelare ancora meglio la salute dei cittadini e l’ambiente.”

Il REACH continua a produrre per gli europei risultati concreti tra cui:
Prodotti più sicuri per i consumatori, i lavoratori e l’ambiente Grazie al REACH l’UE ha fatto dei passi avanti nella restrizione e nel divieto d’uso di determinate sostanze chimiche che possono essere nocive per la salute umana e per l’ambiente e ne ha avviato la sostituzione con alternative più sicure. Alcuni esempi:

  • Divieto di sostanze chimiche nocive: sono state emesse 18 restrizioni per diversi gruppi di sostanze come il cromo, il nickel e il piombo nei prodotti di consumo, il bisfenolo A, un interferente endocrino, negli scontrini di cassa e i composti di nonilfenolo, tossici per l’ambiente acquatico, nei prodotti tessili.
  • Sostituzione delle sostanze più pericolose (“sostanze estremamente preoccupanti”) con alternative più sicure: finora sono state individuate 181 sostanze chimiche che possono avere gravi ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente e 43 sono state inserite nell’“elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione REACH”; ciò significa che le imprese devono ottenere un’autorizzazione per l’uso di queste sostanze, le quali a loro volta vengono gradualmente eliminate man mano che diventano disponibili alternative adeguate.
  • Contro la sperimentazione animale: il REACH promuove metodi alternativi alla sperimentazione animale per la valutazione dei rischi legati alle sostanze chimiche, riducendo così la necessità di esperimenti di questo tipo. Tra il 2012 e il 2016 la Commissione ha stanziato circa 40 milioni di euro all’anno per sostenere la ricerca di metodi alternativi.
  • Una raccolta dati completa per la sicurezza delle sostanze chimiche sul mercato unico dell’UE: a oggi la procedura di registrazione REACH ha permesso di raccogliere informazioni su oltre 17 000 sostanze tramite 65 000 fascicoli di registrazione delle principali sostanze chimiche prodotte e utilizzate nell’UE, migliorando così la comunicazione e la trasparenza nella catena di approvvigionamento e permettendo all’Europa di affrontare meglio i rischi legati alle sostanze chimiche e di approfondire l’armonizzazione del mercato interno dei prodotti chimici.

Per tutelare ancora meglio i consumatori, i lavoratori e l’ambiente, la Commissione europea propone oggi diverse misure concrete per migliorare l’attuazione della normativa REACH. Queste misure sono volte a migliorare la qualità dei fascicoli di registrazione presentati dalle imprese, semplificare il processo generale di autorizzazione e garantire condizioni di parità tra le imprese dell’UE e quelle di paesi terzi. La Commissione intende continuare a sostenere le PMI nel loro sforzo di conformarsi alla normativa e di rafforzare l’applicazione di quest’ultima da parte delle autorità nazionali.

La Commissione auspica inoltre di aumentare la coerenza del regolamento REACH con la normativa in materia di tutela dei lavoratori e sui rifiuti. Per maggiori informazioni cliccare qui.

Prossime tappe

La Commissione discuterà i risultati e le azioni di follow-up del secondo riesame del REACH con il Parlamento europeo, gli Stati membri e le parti interessate nel quadro di una conferenza pubblica prevista per il mese di giugno 2018.

Contesto

Il regolamento REACH riguarda la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche a livello europeo. È entrato in vigore nel 2007, quando ha sostituito il precedente quadro legislativo per le sostanze chimiche nell’UE, che era stato adottato tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70. Il REACH si applica a pressoché tutte le sostanze chimiche.

In linea con il principio “chi inquina paga”, il REACH ha spostato l’onere della prova sull’industria, rendendola responsabile della sicurezza delle sostanze chimiche lungo la catena di approvvigionamento. Le imprese devono individuare e gestire i rischi legati alle sostanze chimiche e dimostrare in che modo sia possibile utilizzare tali sostanze in sicurezza. Ciò richiede nuove forme di cooperazione tra le imprese, un miglioramento della comunicazione lungo la catena di approvvigionamento e lo sviluppo di strumenti per guidare e assistere le imprese e le autorità pubbliche nell’attuazione del regolamento.

La procedura di registrazione ha avuto inizio nel 2009, e il primo termine per la registrazione era fissato al 2010. La fase di preregistrazione (indispensabile per poter registrare le sostanze esistenti entro i termini scaglionati) ha avuto luogo nel 2008. La data del 31 maggio 2018 è fissata come termine ultimo entro cui le imprese possono registrare le sostanze chimiche che producono, importano o immettono sul mercato dell’UE in quantità superiori a una tonnellata l’anno. Questa relazione rappresenta il secondo riesame del REACH.

Da quando è stata istituita, nel 2007, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ricopre un ruolo fondamentale nell’attuazione di tutte le procedure REACH. L’ECHA ospita la più grande banca dati sulle sostanze chimiche al mondo e consente il facile accesso online ai dati relativi alla sicurezza chimica. L’ECHA partecipa inoltre all’attuazione di altre normative dell’UE riguardanti le sostanze chimiche ed è destinata a diventare un riferimento per la gestione sostenibile delle sostanze chimiche.

Fonte: Commissione Europea

Il testo del Regolamento REACH




Deputati UE: Prospettive e le sfide per il settore dell’apicoltura

I deputati esortano l’UE e gli Stati membri a investire maggiormente nella protezione della salute delle api, nella lotta contro l’adulterazione del miele e nel sostegno agli apicoltori.

L’ UE ha bisogno di una strategia ad ampio raggio e a lungo termine per migliorare la salute delle api e ricostruire la popolazione apicola, afferma il Parlamento in una risoluzione non legislativa approvata giovedì con 560 voti in favore, 27 voti contrari e 28 astensioni.

A questo fine, gli eurodeputati chiedono:

  • un piano d’ azione europeo per combattere la mortalità delle api;
  • programmi di allevamento per aumentare la resistenza a specie invasive come l’acaro distruttore di Varroa e il calabrone asiatico o a malattie come la peste americana;
  • il rafforzamento della ricerca su farmaci innovativi per le api;
  • il divieto di tutti i pesticidi che hanno effetti negativi scientificamente dimostrati sulla salute delle api, compresi i neonicotinoidi e la promozione di alternative sicure per gli agricoltori;
  • la segnalazione preventiva dei periodi di irrorazione delle colture per evitare danni alle api.

Rafforzare il sostegno agli apicoltori e promuovere i prodotti apicoli

L’UE dovrebbe aumentare il bilancio dei programmi nazionali di apicoltura del 50% e istituire un regime di sostegno specifico per gli apicoltori nell’ambito della politica agricola comune per il periodo successivo al 2020. Inoltre, dovrebbe essere introdotto un indennizzo per la perdita di colonie di api.

Gli Stati membri dovrebbero fare di più per informare il pubblico, in particolare i bambini, dei benefici del consumo di miele e degli usi terapeutici dei prodotti delle api.

Fermare le importazioni di finto miele

Per garantire che il miele importato rispetti gli elevati standard dell’UE, è necessario armonizzare le ispezioni alle frontiere e i controlli sul mercato unico, e rendere più rigorosi tutti i requisiti in materia di tracciabilità. Inoltre la Commissione dovrebbe sviluppare procedure di analisi di laboratorio più efficaci e gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni più severe per i trasgressori.

Il miele e i prodotti dell’apicoltura, infine, dovrebbero essere considerati “prodotti sensibili” nei negoziati commerciali con i Paesi terzi, o addirittura essere completamente esclusi dai trattati di libero commercio.

Il relatore Norbert Erdős (PPE, HU) ha dichiarato: “Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere il nostro miele e le nostre api; il 76 % della produzione alimentare europea dipende dall’impollinazione e quindi le api sono indispensabili per la nostra sicurezza alimentare. Oggi il Parlamento ha proposto una strategia di sopravvivenza per le nostre api e i nostri apicoltori e un piano per aumentare la trasparenza per i nostri consumatori, sostituendo l’attuale etichetta “Miscela di mieli UE e non UE”, fuorviante e quindi inaccettabile, con una chiara indicazione dei paesi da cui provengono i mieli, comprese le percentuali di diversi tipi di miele utilizzati nel prodotto finale. Ora è giunto il momento che la Commissione europea e i governi nazionali mettano in atto le nostre proposte affinché le nostre api e i nostri apicoltori possano tornare a prosperare “.

Contesto

Con circa 600.000 apicoltori (di cui più o meno 50.000 in Italia) che producono circa 200.000 tonnellate di miele all’anno, l’UE è il secondo produttore mondiale di miele dopo la Cina.

I maggiori produttori europei nel 2016 sono stati Romania, Spagna e Ungheria, seguiti da Germania, Italia e Grecia.

L’UE importa 200.000 tonnellate di miele, principalmente da Cina, Ucraina, Argentina e Messico. I test effettuati dal Centro comune di ricerca della Commissione hanno dimostrato che il 20% dei campioni prelevati alle frontiere esterne dell’UE o presso gli importatori non è conforme alle norme europee.

Fonte: Parlamento europeo




Report Ue sull’uso sostenibile dei pesticidi in Italia

pesticidiLa Direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare dell’Unione europea ha pubblicato la relazione sulla missione conoscitiva n°2017-6006 condotta in Italia dal 3 all’11 maggio 2017 sull’attuazione di misure intese a realizzare l’uso sostenibile di pesticidi stabilite ai sensi della direttiva 2009/128/CE  sull’uso sostenibile dei pesticidi (Cd direttiva SUD) e individuare le buone pratiche adottate per la sua attuazione

Gli ispettori Ue hanno rilevato la presenza di un Piano d’Azione Nazionale  – che delinea gli obiettivi generali, le priorità e le misure specifiche per assicurare la realizzazione della norma – che tuttavia manca degli obiettivi quantitativi e degli obiettivi specifici richiesti dalla direttiva.

L’adozione del primo PNA ha subito un ritardo di 14 mesi e ciò ha causato ritardi nella sua attuazione nonché nella formazione e certificazione degli utilizzatori professionali e nell’ispezione degli irroratori.

La missione ha rilevato i seguenti elementi positivi: l’irrorazione aerea è limitata ad aree localizzate,
sono in atto misure per vietare o limitare l’uso di prodotti fitosanitari in aree specifiche e il monitoraggio delle acque superficiali mostra alti livelli di conformità. Sono stati rilevati alcuni esempi di buone pratiche, uno dei quali è il sistema in atto per la sorveglianza dei casi di avvelenamento acuto.

Inoltre esiste una vasta rete nazionale per il monitoraggio delle specie nocive, e un’ampia gamma di
strumenti è a disposizione dei coltivatori per sostenere l’assunzione di decisioni relative alla difesa
integrata. I controlli per determinare la conformità agli otto principi della difesa integrata descritti
nell’allegato III della direttiva sono tuttavia limitati ai coltivatori che ricevono aiuti finanziari per
partecipare a regimi volontari.

Consulta il report UE (disponibile anche in italiano)

A cura della segreteria SIMeVeP