La Commissione Ue attua il piano d’azione per l’economia circolare

economia circolareTutte le 54 azioni previste dal piano varato nel 2015 sono state attuate o sono in fase di attuazione. Ciò contribuirà a rafforzare la competitività dell’Europa, a modernizzare la sua economia e la sua industria per creare posti di lavoro, a proteggere l’ambiente e a generare una crescita sostenibile.

La Commissione europea ha pubblicato oggi una relazione completa sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare adottato nel dicembre 2015. La relazione presenta i principali risultati dell’attuazione del piano d’azione e delinea le sfide aperte per spianare la strada verso un’economia circolare competitiva e a impatto climatico zero, in cui la pressione sulle risorse naturali e di acqua dolce e sugli ecosistemi sia ridotta al minimo. I risultati presentati nella relazione saranno discussi durante la conferenza annuale delle parti interessate dell’economia circolare, che si terrà a Bruxelles il 6 e il 7 marzo.

Frans Timmermans, primo vicepresidente responsabile per lo sviluppo sostenibile, ha dichiarato: “L’economia circolare è fondamentale per immettere la nostra economia su un percorso sostenibile e per realizzare gli obiettivi mondiali di sviluppo sostenibile. Questa relazione mostra che l’Europa sta aprendo la strada al resto del mondo. Allo stesso tempo occorre fare di più per fare in modo che l’aumento della nostra prosperità avvenga entro i limiti del pianeta e per trovare l’anello mancante dell’economia circolare, in modo da evitare di sprecare le nostre preziose risorse.”

Jyrki Katainen, vicepresidente responsabile per l’Occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività, ha dichiarato: “Questa relazione è molto incoraggiante Essa dimostra che l’Europa è sulla buona strada per generare investimenti e creare posti di lavoro e nuove imprese. Il futuro potenziale di crescita sostenibile è enorme e l’Europa è sicuramente il luogo migliore in cui un settore industriale rispettoso dell’ambiente possa crescere. Questo successo è il risultato della collaborazione tra portatori d’interessi e responsabili decisionali europei.”

Passaggio dall’economia lineare all’economia circolare

A distanza di tre anni dalla sua adozione, il piano d’azione per l’economia circolare può essere considerato pienamente completato. Le 54 azioni previste dal piano sono state attuate o sono in fase di attuazione. Secondo le conclusioni della relazione, l’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare ha accelerato la transizione verso un’economia circolare in Europa, che a sua volta ha contribuito a riportare l’UE su un percorso favorevole all’aumento dell’occupazione. Nel 2016 oltre quattro milioni di lavoratori hanno trovato impiego nei settori attinenti all’economia circolare, il 6 % in più rispetto al 2012.

La circolarità ha inoltre schiuso nuove opportunità commerciali, dato origine a nuovi modelli di impresa e sviluppato nuovi mercati, sia all’interno che all’esterno dell’UE. Nel 2016 le attività circolari come la riparazione, il riutilizzo o il riciclaggio hanno generato quasi 147 miliardi di euro di valore aggiunto, registrando investimenti pari a circa 17,5 miliardi di euro.

Strategia dell’UE per la plastica

La strategia dell’UE per la plastica nell’economia circolare è il primo quadro strategico a livello dell’UE che adotta un approccio basato sul ciclo di vita dei singoli materiali al fine di integrare le attività di progettazione circolare, utilizzo, riutilizzo e riciclaggio nelle catene del valore della plastica. La strategia delinea una visione chiara e comprensiva di obiettivi quantificati a livello dell’UE – che prevedono, tra l’altro, la riutilizzabilità o riciclabilità entro il 2030 di tutti gli imballaggi di plastica immessi sul mercato dell’UE.

Per stimolare il mercato della plastica riciclata, la Commissione ha avviato una campagna di impegno volontario in materia di plastica riciclata. Settanta imprese hanno già assunto impegni, grazie ai quali il mercato della plastica riciclata crescerà almeno del 60 % entro il 2025. Tuttavia, vi è ancora uno scarto tra l’offerta e la domanda di plastica riciclata. Per colmarlo, la Commissione ha lanciato l’alleanza circolare sulle materie plastiche dei principali portatori d’interessi del settore che forniscono e utilizzano plastica riciclata.

Le norme relative agli articoli di plastica monouso riguardanti i 10 prodotti più frequentemente trovati sulle sue spiagge collocano l’UE in una posizione di primo piano nella lotta mondiale ai rifiuti marini. Le misure, tra le altre cose, vietano determinati prodotti in plastica monouso (per es. cannucce e posate) per i quali sono disponibili alternative e la plastica oxo-degradabile, proponendo azioni per altri prodotti – ad esempio obiettivi di riduzione del consumo, requisiti di progettazione e regimi di responsabilità estesa del produttore.

Innovazione e investimenti

Al fine di accelerare la transizione verso un’economia circolare è essenziale investire nell’innovazione e sostenere l’adattamento della base industriale europea. Nel periodo 2016-2020 la Commissione ha intensificato gli sforzi su entrambi i fronti, destinando alla transizione un totale di oltre 10 miliardi di euro di fondi pubblici.

Al fine di stimolare ulteriori investimenti la piattaforma per il sostegno finanziario all’economia circolare ha redatto raccomandazioni finalizzate a migliorare l’attrattiva finanziaria dei progetti riguardanti l’economia circolare, coordinare le attività di finanziamento e condividere buone pratiche. La piattaforma collaborerà con la Banca europea per gli investimenti al fine di fornire assistenza finanziaria e sfruttare le sinergie con il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile.

Trasformare i rifiuti in risorse

Solidi ed efficienti sistemi di gestione dei rifiuti sono presupposti essenziali dell’economia circolare. Nel luglio 2018 è entrato in vigore un quadro legislativo rivisto sui rifiuti volto a modernizzare i sistemi di gestione dei rifiuti che comprende, tra l’altro, nuovi e ambiziosi tassi di riciclaggio, chiarimento della qualifica giuridica per materiali riciclati, misure rafforzate di prevenzione e gestione dei rifiuti anche per i rifiuti marini, gli scarti alimentari e i prodotti contenenti materie prime essenziali.

Progettazione circolare e processi di produzione

La progettazione intelligente all’inizio del ciclo di vita di un prodotto è essenziale per garantire la circolarità. Con l’attuazione del piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile 2016‑2019 la Commissione ha promosso ulteriormente la progettazione circolare dei prodotti, insieme agli obiettivi di efficienza energetica. Attualmente le misure sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica relative a molti prodotti includono norme riguardanti specifiche per l’efficienza dei materiali, come la disponibilità di parti di ricambio e la facilità di riparazione e di trattamento alla fine del ciclo di vita. In un apposito documento di lavoro dei suoi servizi la Commissione ha inoltre analizzato le sue politiche per i prodotti, con l’intenzione di sostenere i prodotti circolari e sostenibili.

Responsabilizzazione dei consumatori

Per passare a un’economia più circolare è necessario che i cittadini si impegnino attivamente a cambiare i propri modelli di consumo. Le metodologie per calcolare l’impronta ambientale dei prodotti e delle organizzazioni, sviluppate dalla Commissione, consentono alle imprese di rilasciare dichiarazioni ambientali affidabili e comparabili affinché i consumatori possano effettuare scelte consapevoli.

Forte coinvolgimento dei portatori d’interessi

Il coinvolgimento dei portatori d’interessi è fondamentale per la transizione. L’approccio sistemico contemplato dal piano d’azione ha fornito alle autorità pubbliche, agli attori economici e sociali e alla società civile un quadro da riprodurre per incentivare i partenariati tra diversi settori e lungo le catene del valore. Il ruolo della Commissione nell’accelerare la transizione e nel guidare gli sforzi internazionali volti a promuovere la circolarità è stato anche riconosciuto dal Forum economico mondiale 2019, in occasione del quale la Commissione ha ricevuto il premio The Circulars nella categoria Settore pubblico.

Sfide aperte

Oggi l’economia circolare è una tendenza mondiale e irreversibile. Ciononostante, molto deve essere ancora fatto per potenziare l’azione sia a livello dell’UE sia a livello mondiale, trovare l’anello mancante e ottenere il vantaggio competitivo che l’economia circolare porterà alle imprese dell’UE. Saranno necessari maggiori sforzi per attuare la legislazione riveduta sui rifiuti e sviluppare i mercati delle materie prime secondarie. Inoltre, il lavoro avviato a livello dell’UE su alcune questioni (come sostanze chimiche, ambiente non tossico, marchio di qualità ecologica ed ecoinnovazione, materie prime essenziali e fertilizzanti) deve subire un’accelerazione se l’Unione vuole trarre il massimo vantaggio dalla transizione verso l’economia circolare.

L’interazione con i portatori d’interessi suggerisce la possibilità di esaminare alcuni ambiti non ancora contemplati dal piano d’azione per completare l’agenda in materia di circolarità. Sulla base dell’esempio della strategia europea per la plastica nell’economia circolare, molti altri ambiti ad elevato impatto ambientale e alto potenziale per la circolarità, come il settore IT, l’elettronica, la mobilità, l’ambiente edificato, il settore minerario, dei mobili, degli alimenti e delle bevande o il settore tessile, potrebbero beneficiare di un analogo approccio olistico.

Contesto

Nel 2015 la Commissione ha adottato un nuovo e ambizioso piano d’azione per stimolare la transizione dell’Europa verso l’economia circolare inteso a rafforzare la competitività a livello mondiale, incentivare la crescita economica sostenibile e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. Si prevedeva che le azioni proposte avrebbero contribuito a “trovare l’anello mancante” del ciclo di vita dei prodotti incrementando il riciclaggio e il riutilizzo, a vantaggio sia dell’ambiente che dell’economia. L’obiettivo era quello di contribuire a ricavare il valore e l’impiego massimi da tutte le materie prime, i prodotti e i rifiuti, favorendo il risparmio energetico e riducendo le emissioni di gas a effetto serra, beneficiando di un sostegno finanziario a titolo dei fondi SIE, di Orizzonte 2020 e dei fondi strutturali dell’UE e di investimenti nell’economia circolare a livello nazionale.

Un quadro completo dello stato di attuazione del piano d’azione è presentato nel documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la relazione.

Per ulteriori informazioni

MEMO: Domande e risposte

Relazione sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare

Documento di lavoro dei servizi della Commissione contenente informazioni dettagliate e riferimenti per le 54 azioni elencate nel piano d’azione

Documento di lavoro dei servizi della Commissione sui prodotti sostenibili in un’economia circolare

Documento di lavoro dei servizi della Commissione sulla valutazione degli impegni volontari di cui all’allegato III della strategia sulla plastica

Fonte: Commissione europea




La velutina è alle porte: allerta in Liguria e Toscana

Un esemplare di calabrone asiatico è stato trovato oggi in un apiario di Ameglia in Liguria, alla bocca del fiume Magra. Siamo solo a qualche chilometro dal confine con la Toscana. La segnalazione è arrivata al polo toscano di StopVelutina con due messaggi contemporanei all’Università di Firenze e a quella di Pisa. Che chiedono al mondo dell’apicoltura toscana di tenere alto il livello di guardia.

La velutina di Ameglia (SP) si trovava in un apiario. L’apicoltore, Paolo Bardine, l’ha vista mentre stava lottando con un calabrone europeo (Vespa crabro). Il punto di avvistamento è quello più vicino alla Toscana avvenuto nel 2018.

StopVelutina chiede a tutti gli apicoltori della Toscana di controllare attentamente i propri apiari in modo da trovare per tempo nuove infiltrazioni del calabrone asiatico nella regione.

Già nell’agosto 2017 la velutina era stata trovata a La Spezia, allertando i tanti apicoltori liguri e toscani dell’area. Ora, a un anno di distanza, le velutine sono tornate. Troppe, per non far pensare all’esistenza di più nidi nella zona.

Le prime velutine del 2018 in questa zona sono cadute nelle trappole della rete di monitoraggio a fine maggio, alzando immediatamente il livello di allarme. Poi gli apicoltori hanno cominciato a vedersele volare davanti agli alveari. La prima cattura è avvenuta il 19 agosto nel piccolo abitato di Pomara (SP). Poi, da quella data i luoghi in cui sono state avvistate le velutine sono diventati 9, molto distanziati (vedi mappa: le icone viola si riferiscono agli avvistamenti 2018, quelle azzurre al 2017).

Se questi dati da un lato testimoniano la straordinaria attenzione che il locale mondo dell’apicoltura – rappresentato dalle associazioni Toscana Miele APA, Apiliguria e ALPA Miele – sta dando alla diffusione del calabrone asiatico, dall’altro la situazione non può che preoccupare. Una così alta presenza di individui adulti di velutina non può essere semplicemente attribuita ad un trasporto passivo dell’insetto. Si tratta piuttosto di una presenza di più nidi nella zona. Le squadre e i mezzi del progetto Life STOPVESPA e la rete StopVelutina stanno valutando in queste ore come intervenire.

Fonte: stopvelutina.it




Chernobyl, il latte è ancora altamente contaminato

Lo rileva una ricerca condotta da Greenpeace Research Laboratories presso l’Università di Exeter e lo Ukrainian Institute of Agricultural Radiology i cui risultati sono stati pubblicati su Environmental International: ad oltre 30 anni di distanza dal disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986, il latte risulta ancora altamente contaminato

Lo studio ha interessato il latte di mucca proveniente da fattorie e famiglie private di 14 insediamenti situati nei territori della regione di Rivne,  a circa 200 chilometri dal reattore di Chernobyl, dal 2011 al 2016.

In 6 delle 14 fattorie esaminate sono stati riscontrati valori di cesio radioattivo superiori ai 100 becquerel per litro (Bq/L) consentiti per gli adulti mentre in otto di esse il latte presentava valori superiori ai 40 Bq/L consentiti per i bambini.

Più di 30 anni dopo i disastro di Chernobyl – ha spiegato la dottoressa Iryna Labunska, dei Greenpeace Research Laboratories dell’Università di Exeter – la gente è ancora esposta abitualmente al cesio radioattivo, attraverso il consumo di alimenti base locali,quale appunto il latte, nelle zone interessate dal disastro nucleare. Molte delle persone di quest’area possiedono una mucca per il latte e i bambini ne sono i principali consumatori. Sebbene il livello di contaminazione al suolo nelle aree esaminate non sia estremamente elevato, il cesio radioattivo continua ad accumularsi nel latte e in altri alimenti; in questo modo, gli abitanti di questi villaggi sono esposti cronicamente alla radioattività e questo comporta gravi rischi, soprattutto per i bambini”.

I ricercatori suggeriscono anche delle misure che consentirebbero di portare i livelli di esposizione alle radiazioni al di sotto dei limiti per le 8.336 persone che vivono nei 6 villaggi dove la contaminazione è risultata più alta, ad un costo 71.000 euro l’anno, inferiore di 10 euro a persona, con costi decrescenti per gli anni a venire.

Fra queste misure rientrano la somministrazione di Ferrocin alle mucche, la concimazione minerale dei campi di patate, campagne di informazione sul consumo di funghi selvatici e altri prodotti della silvicoltura e l’alimentazione di suini con mangimi incontaminati.

In assenza di programmi governativi per l’attuazione delle misure necessarie, la contaminazione del latte continuerà a superare i limiti consentiti ancora per molti anni, almeno fino al 2040, in alcune parti del paese.

A cura della segreteria SIMeVeP




Il lupo in italia: monitoraggio dello stato di conservazione, delle minacce, della prevenzione dei conflitti

Dal 2006 al 2012, la popolazione di lupo occupava il 18,04% del territorio nazionale; dati preliminari relativi al periodo 2012-2018 indicano che la proporzione è cresciuta al 23,02%, evidenziando che la presenza della specie interessa oggi ¼ dell’Italia (dati del III rapporto Direttiva Habitat, coordinato da ISPRA). La presenza della specie è attualmente segnalata in anche in contesti diversi da quelli dove tradizionalmente è collocata, quali ambienti di pianura e caratterizzati da una maggiore presenza antropica.

In Italia, il declino del lupo è proseguito fino agli anni 70, quando la specie era definitivamente scomparsa dall’arco alpino e permaneva soltanto nelle zone appenniniche dell’Italia centro-meridionale.

Negli ultimi 40 anni, la specie ha avuto un naturale recupero, andando ad occupare tutto l’arco Appenninico e raggiungendo prima le Alpi occidentale e più recentemente quelle centro-orientali.

Dati recenti, riferibili al campionamento 2017-18, presentati in forma preliminare in occasione del convegno finale del progetto LIFE WOLFALPS nel marzo del 2018, riportano per le Alpi la presenza di 47 branchi, 6 coppie e 1 individuo solitario e un numero minimo di 293 individui (dati progetto Wolfalps). Per la restante porzione del territorio peninsulare nazionale, esistono due stime che tuttavia non derivano da un programma organico di monitoraggio e sono quindi associate ad un elevato grado di incertezza. La prima, a scala nazionale, riporta 1580 animali – con una valutazione dell’incertezza compresa tra 1070 e 2472; la seconda, un valore complessivo per il territorio italiano compreso tra un minimo di 1269 individui ed un massimo di 1800.

L’incremento numerico e distributivo del lupo impone un costante sforzo di aggiornamento delle conoscenze sulla specie, per fornire ai decisori dati scientifici credibili e autorevoli sui quali basare le scelte di conservazione e gestione. Con questo obiettivo, l’ISPRA è stato incaricato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di elaborare e applicare un Piano Nazionale di monitoraggio, che permetta di raccogliere dati standardizzati per tutto il territorio interessato dalla presenza della specie su distribuzione e abbondanza, prevalenza dell’ibridazione con il cane domestico, diffusione dei danni agli animali domestici, applicazione ed efficacia dei metodi di prevenzione degli impatti. Dell’avvio di questo Piano si questo si discute oggi e domani a Roma con i principali esperti del lupo del mondo della ricerca, dei parchi, delle regioni e province autonome e del mondo delle associazioni.

Quali sono le minacce per la conservazione della popolazione italiana di questa specie? Sicuramente la mortalità di origine antropogenica, per le quali mancano stime attendibili dell’impatto complessivo: bracconaggio, incidenti stradali, malattie trasmesse da domestici, l’ibridazione con il cane che mette a rischio il patrimonio genetico del lupo, il generale conflitto con le attività antropiche (danni all’allevamento).

Mancano dati attendibili sugli impatti del bracconaggio (che tutti gli esperti ritengono molto diffuso), degli incidenti stradali e degli effetti delle malattie trasmesse dai domestici. Mentre per l’ibridazione con il cane, che mette in pericolo il patrimonio genetico del lupo, rischiando di cancellare gli adattamenti frutti di milioni di anni di evoluzione, dal 2002 ad oggi il personale del Laboratorio dell’Area per la Genetica della Conservazione dell’ISPRA ha analizzato il DNA estratto da più di 13500 campioni biologici: da tale analisi condotte in 15 anni, sono emersi più di 2000 genotipi unici di cui l’8-13% presentava tracce di ibridazione. Tuttavia in alcune aree del paese, come la Toscana, si registra un picco di ibridazione che interessa il 25-33% degli esemplari (dati Regione Toscana, analizzati in collaborazione con ISPRA) arrivando a oltre il 50% nel Grossetano, e con diversi branchi prevalentemente ibridi.

E’ essenziale avere una fotografia precisa dei danni causati dal lupo, per meglio programmare le misure di prevenzione e compensazione, ma i dati raccolti restano molto frammentari: una ricognizione condotta dall’Unione Zoologica Italiana su incarico del Ministero Ambiente per il periodo 2010-2015, con dati relativi a 15 regioni, 2 province autonome e 9 parchi nazionali, indicava per l’Italia una media di 2590 capi predati/anno, con indennizzi erogati in media di 1.439.308 euro/anno




FAO: Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura

biodiversità alimentareLa FAO ha pubblicato per la prima volta il rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura che  presenta preoccupanti prove che la biodiversità che sta alla base dei nostri sistemi alimentari sta scomparendo, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell’ambiente.

La biodiversità alimentare e agricola consiste in tutte le specie che supportano i nostri sistemi alimentari e cioè in tutte le piante e gli animali – selvatici e domestici – che forniscono cibo, mangimi, carburante e fibre e una volta persa non può essere recuperata.

Alla biodiversità alimentare e agricola si affianca la “biodiversità associata” cioè la miriade di organismi che sostengono la produzione di cibo attraverso i servizi eco-sistemici  il che include tutte le piante, gli animali e i microrganismi  (insetti, pipistrelli, uccelli, mangrovie, coralli, piante marine, lombrichi, funghi, batteri) che mantengono i terreni fertili, impollinano le piante, purificano l’acqua e l’aria, mantengono le risorse ittiche e forestali in buona salute, e aiutano a combattere i parassiti e le malattie delle coltivazioni  e del bestiame.

Il rapporto denuncia una riduzione della diversità delle coltivazioni,un maggiore numero di razze di animali a rischio d’estinzione e l’aumento della percentuale di stock ittici sovra-sfruttati; le cause sono da rintracciare nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, seguiti da inquinamento, sovra-sfruttamento, cambiamenti climatici, crescita della popolazione e urbanizzazione.

Il rapporto in pdf (in inglese)

La rapporto on line (in inglese)

L’articolo integrale sul sito della Fao (in Italiano)

A cura della segreteria SIMeVeP




149 le specie aliene più dannose presenti in Europa, molte in Italia

Un recente studio sulle specie aliene invasive in Europa identifica ben 149 specie aliene ad elevato impatto ambientale e socioeconomico.
L’elenco dei “peggiori invasori” segnala 54 piante, 49 invertebrati, 40 vertebrati e 6 funghi, tra cui alcune specie molto diffuse nel nostro Paese: dal gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), all’acaro (Varroa destructor) responsabile di danni gravissimi alle api, dal giacinto d’acqua (Eichhorniacrassipes) al kudzu (Pueraria lobata) che minaccia il paesaggio del Lago Maggiore, fino a diversi tipi di fiore molto diffusi in giardini e balconi come la Lantana camarao ai ratti (Rattus norvegicus) e ai topi muschiati (Ondrata zibethicus).
Nell’elenco, elaborato con un metodo scientifico di misurazione dell’impatto generato dalla specie invasiva e dei costi economici e sociali che ne conseguono, compaiono 64 specie che non apparivano invece in altri elenchi di specie aliene invasive particolarmente dannose (DAISIE – 100, ISSG – 100, EU 2017), tra le quali , ad esempio la Varroa destructor (rank 8 sulla lista dello studio), un ectoparassita
asiatico delle api responsabile del declino globale dell’impollinatore; l’Hymenoscyphus pseudoalbidus
(rank 18), il fungo respo nsabile della morte degli aceri e dei cambiamenti nella composizione forestale con relativa perdita di diversità; il Carassius auratus (rank 20), il pesce rosso cinese, che causa il declino
degli anfibi autoctoni e l’oomicete Phytophthora plurivora (rank 26), responsabile del decadimento di numerose specie arboree tra cui faggio e quercia.
Gli studi sugli impatti delle specie aliene invasive e le liste di specie a maggiore impatto sono strumenti molto utili per aumentare la consapevolezza dei rischi e degli impatti delle invasioni biologiche nell’opinione pubblica e anche per definire le priorità di azione, ma in molti casi le liste elaborate in passato erano realizzate sulla base di opinioni di esperti e avevano il limite di non essere confrontabili tra loro”, ha dichiarato Piero Genovesi, ricercatore Ispra e Project manager del Life ASAP, il progettoper la riduzione del tasso di introduzione di specie aliene invasive e il contenimento degli impatti sul territorio italiano: “Questa nuova lista è basata su un metodo rigoroso di calcolo degli impatti replicabile e valido per tutte le specie e tutti gli ambienti,e che considera non solo gli impatti sulla biodiversità ma anche le conseguenze socio economiche delle invasioni biologiche“.
La lista pubblicata in questo studio rappresenta un utile contributo sia per accrescere la conoscenza delle più pericolose specie aliene in Europa sia per permettere lo sviluppo di più efficaci politiche di risposta”.
L’ indagine sulle “peggiori specie aliene in Europa”, realizzata da un gruppo di studiosi provenienti da diverse università internazionali, è realizzata attraverso una valutazione semi quantitativa tra
taxa e habitat, con una procedura trasparente e riproducibile, fondamentale per garantire l’obiettività del la lista risultante. Inoltre, l’ampia base di specie analizzate (486) fornisce una base particolarmente ampia e robusta di indagine .
Altra novità importante di questo studio risiede nel valutare non solo gli effetti delle invasioni biologiche sulla biodiversità, come ad esempio una diminuzione delle specie autoctone o le alterazioni degli habitat cui possono seguire modifiche importanti per l’ecosistema, ma anche le conseguenze sulle attività  dell’uomo (sulla produzione agricola, la silvicoltura e l’acquacoltura o la pesca), nonché le minacce al benessere umano sul piano sanitario e infrastrutturale.
Va comunque ricordato che l’impatto delle specie aliene può cambiare nel tempo ed è quindi essenziale monitorare attentamente il fenomeno, aggiornando periodicamente la lista.
Per lo studio e la lista completa: Nentwig, W., Bacher, S., Kumschick, S. et al. Biological
Invasions (2018) 20: 1611.

Fonte: Life Asap




Il cibo del futuro nascerà grazie agli ecosistemi batterici

Il cibo del futuro? Il segreto sta nei batteri. È la promessa di CIRCLES, un nuovo, imponente progetto di ricerca europeo che punta a rivoluzionare la produzione alimentare migliorandone sicurezza, produttività, qualità e sostenibilità. Come? Sfruttando le enormi potenzialità di attori molto, molto piccoli: le comunità di microrganismi – note come microbiomi – che colonizzano ogni nicchia ecologica sul pianeta, inclusi tutti gli esseri viventi.

Premiato dalla Commissione Europa con un ampio finanziamento – circa 10 milioni di euro – nell’ambito del programma Horizon 2020, CIRCLES è coordinato dall’Università di Bologna. L’Ateneo bolognese – che proprio in questi giorni ospita il kick-off meeting di avvio del progetto – sarà alla guida di un vasto consorzio di 30 partner provenienti da 14 paesi europei. Parteciperanno sia istituti di ricerca leader nel campo della microbiologia, della genetica e delle scienze ambientali che aziende di punta nel settore della produzione alimentare come Aia, Orogel, Eurovix, DSM Nutritional Products e Bolton Alimentari, oltre ad esperti di business planning e di comunicazione.

Uno sforzo collettivo che ha come obiettivo la creazione di Smart Microbiome Food Products: nuovi alimenti a base di ortaggi, carne e pesce nati da sistemi alimentari in cui i microbiomi di animali e piante saranno ottimizzati per realizzare in modo sostenibile prodotti di qualità superiore.

IL SEGRETO NEL MICROBIOMA
La produzione alimentare a livello globale sta mettendo a dura prova la conservazione e la disponibilità di risorse naturali. E i problemi sono destinati a crescere. Si stima che nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a contare circa 9,7 miliardi di persone: produrre cibo sufficiente per tutti sarà una delle sfide più difficili per il genere umano. Per superarla, i sistemi di produzione alimentare dovranno diventare estremamente efficienti: filiere in grado di produrre cibo sicuro e nutriente, riducendo al tempo stesso in modo deciso l’impatto ambientale.

Una delle strade più promettenti per arrivare a questo risultato sta nel potenziale metabolico dei microbiomi, le vastissime comunità di microorganismi – batteri, virus, funghi – che colonizzano ambienti, piante e animali. “Viviamo in un mondo popolato, in termini numerici, principalmente da batteri”, spiega Marco Candela, docente dell’Università di Bologna che coordina il progetto. “Per questo è importante imparare a conoscerli e a convivere con loro, in modo da poter anche usare le loro abilità per migliorare la salute globale e promuovere un’economia sostenibile”.

Studi approfonditi su questi microorganismi hanno mostrato che la loro presenza è fondamentale per garantire lo sviluppo e la salute di tutti gli esseri viventi. “Oggi si guarda in modo integrato alla relazione tra un ambiente o un organismo e il microbioma che lo abita”, continua Marco Candela. “Per questo, i microbiomi rappresentano un potenziale probiotico per tutti gli attori principali nella filiera di produzione dell’alimento, from farm to fork: suolo, acqua, mangimi, piante e animali, prodotto finale, ambiente, prodotti di scarto, lavoratori e, infine, consumatori”.

CIRCLES (Controlling mIcRobiomes CircuLations for bEtter food Systems) parte proprio da qui: esplorare, traslare e diffondere applicazioni innovative basate sui microbiomi per migliorare la performance e la sostenibilità dei sistemi alimentari.

IL VIAGGIO DI CIRCLES
Nel corso del progetto, che durerà cinque anni, saranno studiate e migliorate filiere alimentari già esistenti, grazie alla collaborazione delle aziende partecipanti. Ci saranno dei veri e propri “laboratori sul campo” che permetteranno di sperimentare soluzioni innovative su sei sistemi alimentari strategici per il mercato europeo: gli ortaggi (pomodori e spinaci), l’allevamento intensivo (polli e suini), l’acquacoltura e la pesca (l’orata nel Mediterraneo e il salmone nell’Atlantico).

I ricercatori prepareranno strumenti specifici in grado di modulare e ottimizzare la composizione dei microbiomi (Smart Microbiome Modulators) da utilizzare in modo integrato e circolare. In questo modo sarà possibile ottimizzare tutta la filiera produttiva, migliorando qualità, produttività, sicurezza e sostenibilità dell’intero processo produttivo.

CIRCLES, insomma, arriverà a definire un nuovo paradigma di produzione sostenibile, basato sullo sfruttamento dei microbiomi: un vero e proprio Smart Microbiome Food System che permetterà di produrre alimenti di qualità superiore (Smart Microbiome Food Products) a base di ortaggi, carne e pesce. “Tutti i cibi saranno certificati, grazie anche ad un innovativo metodo di etichettatura che garantirà la trasparenza sulla qualità del processo produttivo”, dice il professor Candela. “Questi Smart Microbiome Food Systems saranno il risultato finale che CIRCLES offrirà all’Europa di domani. Una sfida importante che permetterà di fare un passo in avanti verso un’economia alimentare più sicura e sostenibile”.

Fonte: Università di Bologna




Vespa bicolor, un nuovo imenottero introdotto in Ue

Vespa bicolorIl sito del progetto www.vespavelutina.eu segnala la presenza ormai stabile in Ue di una nuova specie di calabrone,  Vespa bicolor, una specie aliena introdotta accidentalmente nella provincia di Malaga, nel sud della Spagna, normalmente diffusa nelsud-est asiatico.

Secondo lo studio citato “Una nueva introducción accidental en el género Vespa Linnaeus, 1758:
Vespa bicolor Fabricius, 1787 en la provincia de Málaga (España)” Vespa bicolor
è stata osservata per la prima volta negli ultimi mesi del 2013 a Coín (Málaga). Nel 2017 il calabrone è stati più volte avvistato a Alhaurín el Grande, nella stessa provincia. La presenza di Vespa bicolor sul territorio di Málaga è stata costante e confermata da nuovi avvistamenti a Coín nel 2017 e nel 2018 e in due punti distanti del vicino comune di Mijas nel 2018 e nel 2019. La conferma che il calabrone si stia riproducendo a Málaga arriva da due immagini del 2019, che mostrano un nido attivo e esemplari recenti.

vespavelutina.eu sottolinea l’importanza di monitorare l’ambiente, in modo da individuare precocemente eventuali specie invasive e poter intervenire prima che queste si diffondano in modo incontrollabile nei territori circostanti.

Date le scarse informazioni disponibili, conclude la ricerca, non è possibile stimare le implicazioni di questa nuova introduzione; molto dipenderà dal tipo di interazione con le specie autoctone: se si integrerà con un impatto minimo, o, al contrario, agirà come specie invasiva.

A cura della segreteria SIMeVeP




Food Sustainability Index, la Francia Paese più virtuoso

albero, proteggereLa Francia si riconferma il Paese più virtuoso al mondo. A decretarlo è la terza edizione del Food Sustainability Index (FSI) l’indice che analizza le performance di 67 Paesi in base alla sostenibilità del loro sistema alimentare e al reddito. I Paesi presi in esame dall’Index rappresentano oltre il 90% del PIL globale e i 4/5 della popolazione mondiale. Il Food Sustainability Index è stato sviluppato dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) in collaborazione con The Economist Intelligence Unit. L’edizione 2018 si concentra principalmente sulle best practices nel campo della sostenibilità alimentare che contribuiscono a raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed è stato presentato in occasione del nono Forum della Fondazione BCFN su Alimentazione e Nutrizione che si sta tenendo a Milano.

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La radio-telemetria per individuare i nidi delle vespe velutine

L’individuazione e la  distruzione dei nidi delle vespe velutine sono importantissimi per frenare la diffusione di questo pericoloso insetto alieno, finora però l’utilizzo di droni e radar non aveva dato esiti soddisfacenti poichè i nidi si nascondono su alberi alti e frondosi oppure su cornicioni posizionati anche a 20 metri di altezza, e sono quindi estremamente difficili da vedere.

Recentemente un team di scienziati franco-inglese ha testato la radio telemetria e la tecnica si è rivelata molto promettente: tramite l’istallazione di un trasponder sul corpo dell’insetto, l’animale diventa tracciabile.

I risultati, pubblicati su Communications biology, una rivista di Nature, riaccendono le speranze di poter trovare i nidi in maniera facile ed efficiente.

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