Sebbene i mari e gli oceani coprano il 70% della superficie del nostro Pianeta, gli ecosistemi terrestri e gli organismi vertebrati ed invertebrati che li popolano hanno da tempo immemorabile goduto e continuano tuttora a godere di ben maggiore attenzione sul piano mediatico, narrativo e scientifico, in un contesto di riferimento sempre più “antropomorfico ed antropocentrico”.
Ben 8 miliardi di persone vivono attualmente sul nostro Pianeta e la popolazione terrestre potrebbe arrivare a sfiorare l’iperbolica cifra di 11 miliardi alla fine di questo secolo!
Un siffatto scenario si tradurrà, con ogni probabilità, in una potente “vis a tergo” rispetto alla comparsa di nuove pandemie, prime fra tutte quelle da virus influenzali ad elevata patogenicita’, nonché da agenti veicolati da artropodi e da batteri antibiotico-resistenti, successivamente alla presente pandemia da SARS-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della CoViD-19, verosimilmente emerso nel 2019 da un serbatoio animale primario (pipistrelli del genere Rinolophus) -, che avrebbe sin qui provocato la morte di quasi 7 milioni di individui.
La prima, fondamentale lezione che ci è stata insegnata dalla pandemia da SARS-CoV-2 e’ che tutti gli esseri viventi che popolano il nostro Pianeta sono reciprocamente interconnessi, così come la salute degli organismi terrestri risulta intimamente collegata a quella degli organismi marini e viceversa. Due illuminanti esempi potrebbero essere costituiti, a tal proposito, dalla crescente contaminazione chimica e da macro-meso-micro-nanoplastiche dei nostri mari, entrambe di chiara matrice antropogenica. Quella da materie plastiche, in particolare, sarebbe stata fortemente alimentata dalle innumerevoli mascherine e dagli altrettanto innumerevoli guanti che ci hanno validamente difeso e continuano tuttora a proteggerci dal coronavirus SARS-CoV-2, oltre che da una folta gamma di ulteriori agenti, virali e non, in grado di colonizzare le nostre vie respiratorie.
Quanto sopra esposto giustificherebbe ampiamente la definizione di “Antropocene” che e’ stata giustappunto coniata per la nostra era, vista e considerata l’abnorme quanto inedita “impronta ecologica” impressa dal genere umano su Madre Terra! Il cambiamento climatico, eloquentemente documentato dal riscaldamento globale (gli 8 anni appena trascorsi sono stati i più caldi degli ultimi 140 anni!), si sta traducendo in un progressivo scioglimento delle calotte glaciali artiche ed antartiche, con conseguente aumento del livello degli oceani e dei mari e con la contestuale migrazione verso latitudini via via più settentrionali di molte specie e popolazioni di mammiferi acquatici, secondariamente allo spostamento verso nord delle relative prede e fonti alimentari ittiche. E, di pari passo con la traslocazione di prede e predatori, si spostano pure gli agenti infettivi veicolati dagli stessi!
Al riguardo, numerosi agenti patogeni capaci d’infettare sia i Pinnipedi che i Cetacei – quali ad esempio Toxoplasma gondii, Listeria monocytogenes e Salmonella spp. – risultano caratterizzati da un “ciclo vitale” terrestre, vale a dire che a seguito di fenomeni meteo-climatici estremi quali alluvioni, frane, inondazioni essi possono trasferirsi agli ecosistemi marini ed essere in tal modo acquisiti dai mammiferi acquatici ed, in primis, da quelli che vivono in prossimità delle coste, quali ad esempio i tursiopi (Tursiops truncatus).
Ecco come la salute, le infezioni e le condizioni patologiche proprie degli organismi terrestri, ivi compreso Homo sapiens sapiens, risultano intimamente connesse a quelle delle creature popolanti gli ecosistemi marini!
Tutto ciò viene magistralmente riassunto, infine, dalla celeberrima frase riportata nella missiva scritta il 5 Giugno 2020 da Papa Francesco a Ivan Duque Marquez, il Presidente della Colombia, in occasione della Giornata Mondiale per l’Ambiente:
“Non possiamo pretendere di vivere sani in un mondo malato”.
Intelligenti Pauca!
Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo