Antibiotici nelle uova: un metodo innovativo per il monitoraggio su vasta scala

uovaMetodiche di ultima generazione per individuare rapidamente più di 70 molecole diverse: un contributo prezioso per le aziende e gli Organismi di sorveglianza

Un metodo “multiclasse” che grazie alla combinazione di cromatografia liquida e spettrometria di massa ad alta risoluzione riesce a individuare con una sola analisi 73 molecole ad azione antibiotica. È il sistema sviluppato dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo ed applicato per la ricerca di residui di antibiotici nelle uova.

La metodica, al centro di un lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Separations, è stata sviluppata dal  Reparto di Bromatologia e residui dell’IZSAM e implementata su uova destinate al commercio. Duecento campioni, prelevati nell’arco del triennio 2018-2021 in 119 allevamenti distribuiti in quasi tutte le regioni Italiane, isole comprese, hanno permesso di validarne l’efficacia, oltre a fornire una accurata valutazione della situazione nel nostro Paese.

“Il metodo da noi messo a punto – dice il dottor Giorgio Saluti, Dirigente Chimico presso il reparto di Bromatologia e residui, primo autore del lavoro scientifico – è in grado di coprire la stragrande maggioranza delle sostanze normalmente usate negli allevamenti. Lo scopo è di aumentare l’efficienza, la rapidità e la completezza delle analisi che possono essere portate avanti, e i dati raccolti in questa fase di implementazione della metodologia ci permettono di dire che la situazione italiana è rassicurante e rientra ampiamente nei parametri stabiliti a livello comunitario”

L’utilizzo di antibiotici nell’allevamento di animali vede un’attenzione crescente sia da parte delle autorità sanitarie che dei singoli cittadini, soprattutto per quanto riguarda il possibile sviluppo di batteri antibiotico-resistenti. Il fenomeno è considerato molto preoccupante a livello mondiale perché può ridurre l’efficacia di una delle principali armi a disposizione della medicina per combattere le infezioni batteriche negli esseri umani. L’Europa ha infatti stabilito dei limiti di concentrazione massimi per i residui di antibiotici negli alimenti di origine animale, quindi anche nelle uova.

“L’interesse verso la presenza di residui di antibiotici negli alimenti in genere – commenta Giampiero Scortichini, Responsabile del reparto di Bromatologia e residui – è molto elevato perché il loro consumo può portare alla comparsa di allergie oltre che a fenomeni di antibiotico-resistenza. Stiamo osservando, a livello europeo, un generale declino nel loro impiego, un segnale certamente positivo. La metodica sviluppata dall’IZSAM, grazie alla rapidità di esecuzione e all’elevato numero di sostanze che è in grado di individuare, rappresenta un contributo rivolto sia alle aziende produttrici, in una visione di supporto ai loro processi di produzione, sia alle istituzioni, per una sorveglianza sempre più attenta e accurata”.

 Fonte: IZS Teramo



Salmonella e Campylobacter continuano a presentare elevati livelli di resistenza agli antibiotici

AntibioticoresistenzaLa resistenza agli antibiotici nei batteri Salmonella Campylobacter è ancora elevata, si afferma in un rapporto pubblicato oggi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

Nel 2020 la campilobatteriosi è stata la zoonosi maggiormente segnalata nell’UE, oltre che la causa di malattia veicolata da alimenti riferita con maggior frequenza. I batteri Campylobacter isolati nell’uomo e nel pollame continuano a mostrare una resistenza molto alta alla ciprofloxacina, un antibiotico fluorochinolone comunemente usato per trattare alcuni tipi di infezioni batteriche nell’uomo.

Crescenti tendenze di resistenza alla classe di antibiotici fluorochinoloni sono state osservate nell’uomo e nei polli da carne riferiti a Campylobacter jejuni. In Salmonella Enteritidis, il tipo più comune di Salmonella nell’uomo, sono state osservate tendenze crescenti di resistenza alla classe di antibiotici chinoloni/fluorochinoloni. Negli animali la resistenza a tali antibiotici in Campylobacter jejuni e Salmonella Enteritidis è stata in genere compresa tra moderata ed elevata.

Tuttavia, nonostante le tendenze crescenti di resistenza ad alcuni antibiotici, la resistenza simultanea a due antibiotici di importanza primaria rimane bassa per E. coliSalmonella Campylobacter in batteri isolati in esseri umani e animali da produzione alimentare.

Un calo nella resistenza alle tetracicline e all’ampicillina in Salmonella isolata in esseri umani è stato osservato, rispettivamente, in nove e dieci Paesi nel periodo compreso tra il 2016 e il 2020, in maniera particolarmente evidente in Salmonella Typhimurium. Nonostante il calo, la resistenza a tali antibiotici resta ancora alta nei batteri di provenienza sia umana che animale.

Inoltre in più della metà dei Paesi dell’Unione europea è stata osservata una tendenza statisticamente significativa al calo della prevalenza di E. coli produttore di β-lattamasi a spettro esteso (ESBL) negli animali da produzione alimentare. Si tratta di un dato importante poiché particolari ceppi di Escherichia coli produttore di ESBL sono causa di infezioni gravi nell’uomo.

Resta estremamente rara la resistenza ai carbapenemi in E. coli e Salmonella isolati in animali da produzione alimentare. I carbapenemi sono una classe di antibiotici di ultima istanza e qual-siasi dato che evidenzi resistenza ad essi nei batteri zoonotici è motivo di preoccupazione.

Anche se i risultati e le tendenze sono in linea con i dati riferiti in anni precedenti, la pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto sulla quantità dei dati segnalati, in particolare in termini di salute pubblica.

Una pagina interattiva di visualizzazione dati sul sito EFSA mostra i livelli di resistenza nell’uomo, negli animali e negli alimenti, Paese per Paese, nel 2019 e nel 2020.

Dati sulla resistenza agli antibiotici contenuti in cibi e acqua destinati al consumo umano sono invece pubblicati in ECDC’s Surveillance Atlas of Infectious Diseases (alla voce, rispettivamente, campilobatteriosi, salmonellosi e shigellosi).

Fonte: EFSA




Resistenza antimicrobica, il monitoraggio della rete SNPA a supporto delle strategie One health

La resistenza antimicrobica rappresenta una delle principali problematiche sanitarie e di salute pubblica, una minaccia per la salute e lo sviluppo globale.

Anche in considerazione dell’imminente  approvazione del nuovo Piano nazionale  per il contrasto alla resistenza antimicrobica  2022-2025, nell’articolo “Il monitoraggio a supporto delle strategie “One health”” pubblicato sul numero 1/2022 di Ecoscienza, la rivista di Arpae Emilia-Romagna, Giuseppe Bortone – direttore generale Arpae Emilia-Romagna,  propone, in un ottica One Health, il potenziamento delle reti di monitoraggio del Snpa – Sistema Nazionale Protezione Ambiente per individuare le azioni di contenimento e prevenzione dello smaltimento di sostanze antibiotiche nell’ambiente.




Webinar Antimicrobicoresistenza – L’approccio ONE HEALTH al tempo della pandemia da COVID-19

In occasione delle giornata europea degli antibiotici il Ministero della Salute, in collaborazione con l’IZS Lazio e Toscana, sede del Centro di Referenza Nazionale per l’Antibioticoresistenza, organizzano due giorni di lavori su l’Antimicrobicoresistenza, uno dei fenomeni sanitari più importanti a livello mondiale.

ll 18 e 19 novembre 2021 sarà illustrato lo stato del problema a livello umano, veterinario e ambientale e saranno focalizzate le modalità per un uso prudente degli antibiotici.

L’evento, gratuito, è rivolto tutte le figure professionali del mondo della sanità, per un numero massimo di 200;

Le Iscrizioni vanno fatte entro il 15 novembre tramite Portale della Formazione dell’IZS Lazio e Toscana – https://formazione.izslt.it

Programma preliminare




Resistenza agli antimicrobici: quale il rischio di diffusione tramite il trasporto di animali?

L’EFSA ha intrapreso una nuova valutazione scientifica per esaminare la rischio di diffusione di batteri resistenti agli antimicrobici durante il trasporto di animali.

La valutazione, richiesta dalla Commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) del Parlamento europeo, si concentrerà sul rischio di diffusione di batteri zoonotici resistenti tra pollame, suini e bovini durante il trasporto ad altri allevamenti o al macello.

La resistenza agli antimicrobici (AMR), se si verifica in batteri zoonotici, ovvero batteri che possono trasferirsi dagli animali all’uomo, può persino compromettere l’efficacia della terapia di malattie infettive nell’uomo.

Ha affermato Marta Hugas, direttore scientifico EFSA: “La resistenza agli antimicrobici è una minaccia che incombe sulla salute pubblica, e una consulenza che si basi su evidenze scientifiche è vitale per sviluppare politiche e  leggi mirate ad affrontare questa sfida.

“Questo nuovo mandato – il cui fulcro sono le possibili implicazione per la salute umana – illustra ancora una volta la convergenza crescente tra salute animale e umana e la necessità di un approccio “One Health” –  ovvero di salute unica globale – da parte di valutatori e politici”.

Oltre a indagare su fattori che possono provocare la diffusione di batteri resistenti agli antimicrobici tramite il trasporto, l’EFSA vaglierà anche misure di prevenzione e opzioni per il controllo del fenomeno, e individuerà eventuali necessità di dati ulteriori per corroborare l’analisi della questione. Il parere scientifico dovrebbero essere completato entro settembre 2022.

La richiesta trae origine da colloqui intercorsi l’anno scorso tra la Commissione d’inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto (ANIT), la Commissione europea e l’EFSA.

Fonte: EFSA

 




Indagine internazionale sull’antibioticoresistenza in apicoltura

apicolturaAn international survey comparing antimicrobial resistance risk and  awareness between beekeepers in  Europe, the United Kingdom and North America”

Lo studio mostra i risultati di un’indagine internazionale on-line elaborata come strumento di valutazione del rischio sull’uso degli antimicrobici e la sensibilizzazione sulla resistenza antimicrobica tra gli apicoltori.

L’indagine è stata condotta in collaborazione tra la Divisione Produzione e Salute Animale della FAO, l’Appalachian State University (CARE) e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT).
Il sondaggio è durato 12 mesi in dieci lingue, a livello globale,  attraverso la piattaforma TECA (Tecnologie e Pratiche per i piccoli produttori agricoli) della FAO, in collaborazione con la Federazione Internazionale dell’Associazione degli Apicoltori (Apimondia).

Per quanto riguarda gli antibiotici, i risultati hanno mostrato, sia nel Nord America, nel Regno Unito e nell’Europa continentale, una percentuale piuttosto bassa di apicoltori (2-5%) che li utilizza per controllare le malattie infettive delle api mellifere.

In Europa non sono attualmente registrati antibiotici per le api perché si privilegia il controllo delle malattie infettive con l’applicazione di buone pratiche di apicoltura.

Per quanto riguarda la consapevolezza della resistenza antimicrobica da parte degli apicoltori, le esigenze specifiche di formazione sono legate alle carenti indicazioni in etichetta (soprattutto in Nord America) e  alle scarse conoscenze sulla funzione antimicrobica e sulla possibilità di trovarne i residui nei prodotti dell’alveare.

E’ importante garantire che gli apicoltori abbiano accesso a informazioni accurate, fornite da fonti affidabili e da esperti formati.

Fonte: IZS Lazio e Toscana




IZS Ve identifica una nuova specie di stafilococco proveniente dall’aria: Staphylococcus caeli

Il Laboratorio di batteriologia speciale della sezione di Treviso dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha identificato e dato il nome a una nuova specie di stafilococco.

Il genere stafilococco è costituito da diverse specie di batteri Gram positivi ampiamente diffusi in natura. Alcune di queste specie sono comuni abitanti della pelle e delle mucose sia di animali che dell’uomo, altre invece sono patogene. Tra le specie patogene più famose c’è sicuramente lo Staphylococcus aureus soprattutto a causa della comparsa di ceppi resistenti agli antibiotici ed in particolare alla meticillina.

Tali ceppi indicati con la sigla MRSA (Meticillin Resistant S. aureus) presentano resistenza agli antibiotici appartenenti alla famiglia delle penicilline e delle cefalosporine, e complicano quindi considerevolmente le possibilità terapeutiche e ne riducono le probabilità di successo. Questo tipo di resistenza è tipicamente conferita dal gene mecA; tale gene assieme alle sue varianti mecB e mecC sono stati isolati in varie specie di animali e nell’uomo.

L’isolamento di questo ceppo insolito e nominato inizialmente 82B è avvenuto durante le attività svolte per una ricerca finanziata dal Ministero della Salute (RC IZSVE 01/09 “Applicazione della PFGE, ricerca dei geni di virulenza e analisi del polimorfismo della proteina A in ceppi di S. aureus isolati da conigli da carne, con finalità epidemiologiche e diagnostiche”) che ha portato al primo isolamento di un clone MRSA ST398 nei conigli da carne, e i cui risultati sono stati pubblicati su International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology).

In particolare l’82B è stato isolato nel 2013 da un campionamento dell’aria di un allevamento da reddito della provincia di Padova. Il ceppo è parso subito anomalo in quanto si presentava resistente alla meticillina, quindi un potenziale MRSA, ma non era possibile arrivare a un’affidabile identificazione di specie, sia mediante prove biochimiche e molecolari che mediante spettrometria di massa. Inoltre, le prove di biologia molecolare eseguite per la rilevazione dei geni noti causa della resistenza alla meticillina, ossia il gene MecA e le varianti MecB e MecC, davano anch’esse risultati non conformi ai controlli utilizzati.

Leggi l’articolo integrale sul sito dell’IZS delle Venezie




Cala l’uso di antibiotici negli animali

AntibioticoresistenzaCala l’uso di antibiotici, che ora negli animali da produzione alimentare risulta più basso che nell’uomo, si afferma nel recente studio pubblicato congiuntamente dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).

Applicando un approccio del tipo “One Health” (di salute unica, globale) lo studio curato dalle tre agenzie dell’UE presenta dati sul consumo di antibiotici e sullo sviluppo di antibiotico-resistenza (AMR) in Europa nel periodo 2016-2018.

Il calo significativo nell’impiego di antibiotici negli animali da produzione alimentare indica che le misure assunte a livello nazionale per limitarne l’uso si stanno rivelando efficaci. Tra il 2016 e il 2018 si è quasi dimezzato negli animali da produzione alimentare l’uso di una classe di antibiotici chiamati polimixine, che include la colistina. Si tratta di uno sviluppo positivo in quanto le polimixine sono utilizzate anche negli ospedali per curare i pazienti infettati da batteri resistenti a più farmaci.

Nell’UE il quadro non è omogeneo: la situazione varia notevolmente da Paese a Paese e da una classe di antibiotici all’altra. Per esempio le aminopenicilline, le cefalosporine di terza e quarta generazione e i chinoloni (fluorochinoloni e altri chinoloni) vengono usati più nell’uomo che negli animali da produzione alimentare, mentre le polimixine (colistina) e le tetracicline sono usate più negli animali da produzione alimentare che nell’uomo.

Il nesso tra uso di antibiotici e resistenza dei batteri

Lo studio evidenzia che nelle infezioni umane da Escherichia coli l’uso di carbapenemi, cefalosporine di terza e quarta generazione e chinoloni è associato a resistenza ai medesimi antibiotici. Analoghe associazioni sono state riscontrate negli animali da produzione alimentare.

Lo studio mette in luce anche i nessi tra l’impiego di antimicrobici negli animali e l’AMR nei batteri presenti in animali da produzione alimentare, a loro volta associati ad AMR nei batteri presenti in esseri umani. Ne è un esempio il batterio Campylobacter spp. che si riscontra negli animali da produzione alimentare e causa infezioni alimentari nell’uomo. Gli esperti hanno rilevato un’associazione tra la resistenza in tali batteri negli animali e la resistenza dei medesimi batteri nell’uomo.

Combattere l’antibiotico-resistenza mediante la cooperazione

L’AMR è un grave problema di salute pubblica mondiale con gravi ripercussioni economiche. L’approccio “One Health” (vedi sopra) messo in atto grazie alla cooperazione tra EFSA, EMA ed ECDC e i risultati presentati in questo studio incoraggiano a proseguire gli sforzi per far fronte all’AMR a livello nazionale, europeo e mondiale in tutti i settori sanitari.

Fonte: EFSA




Linee guida per la corretta applicazione della MIC

valutare_antibioticiÈ disponibile l’opuscolo Linee guida per la corretta applicazione della MIC (minima concentrazione inibente), un documento redatto da esperti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) che:

La MIC è la più bassa concentrazione di un antibiotico in grado di inibire visibilmente la crescita batterica in vitro. La determinazione della MIC è uno dei test a disposizione del laboratorio di microbiologia clinica per saggiare la sensibilità agli antibiotici di un ceppo batterico precedentemente isolato da un animale malato.

Le Linee guida per la corretta applicazione della MIC sono consultabili, oltre che dai link e dal visualizzatore sottostanti, anche:

Visualizza le Linee guida MIC »

 




Resistenza agli antimicrobici e ambienti di produzione degli alimenti: fonti e opzioni per il controllo

Antibioticoresistenza

La resistenza agli antimicrobici (AMR) negli alimenti di origine vegetale e/o nell’acquacoltura ha origine per lo più da fertilizzanti di origine fecale e acque (compresa quella usata per irrigare). Secondo l’EFSA in zootecnia le fonti potenziali di resistenza sono riconducibili a mangimi, esseri umani, acqua, aria o polvere, suolo, fauna selvatica, roditori, artropodi e attrezzature.

Per la prima volta gli esperti dell’EFSA hanno valutato il ruolo svolto dagli ambienti destinati alla produzione alimentare nell’insorgenza e diffusione dell’AMR, mappando le principali fonti dei relativi batteri e geni, anche se i dati attuali non consentono di quantificare il contributo specifico di ciascuna di esse a questo problema di portata mondiale.

L’EFSA ha individuato i batteri e i geni resistenti di massima priorità per la salute pubblica che possono essere trasmessi tramite la catena alimentare, vagliando la letteratura scientifica per documentarne la presenza nelle suddette fonti ambientali.

Tra le misure volte a limitare la comparsa e la diffusione di resistenza negli ambienti per la produzione alimentare vi sono la riduzione della contaminazione microbica di origine fecale nei fertilizzanti, nell’acqua e nei mangimi nonché l’adozione di buone pratiche igieniche in genere . Gli esperti hanno inoltre formulato raccomandazioni per proseguire la ricerca nei settori ritenuti prioritari onde contribuire a colmare le lacune nei dati, affiancando così i responsabili dell’UE in materia di gestione del rischio nell’attuare il piano d’azione europeo «One Health» contro la resistenza agli antimicrobici.

Per elaborare il parere, gli esperti hanno lavorato a stretto contatto con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) e l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA).

Fonte: EFSA