Resistenza antimicrobica. Da Oms 13 interventi per aiutare i Paesi ad affrontare l’emergenza

AntibioticoresistenzaUn pacchetto di 13 interventi per guidare la definizione delle priorità dei paesi nello sviluppo, nell’attuazione e nel monitoraggio dei piani d’azione nazionali sulla resistenza antimicrobica (AMR). A pubblicarlo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) con l’obiettivo di affrontare attraverso un approccio alla resistenza antimicrobica incentrato sulle persone le esigenze e gli ostacoli che i pazienti devono affrontare quando accedono ai servizi sanitari.

A livello globale, la resistenza antimicrobica è una delle principali cause di morte, responsabile di circa 1,27 milioni di decessi e associata a 4,95 milioni di morti nel 2019.1 La mancata lotta alla resistenza antimicrobica avrà conseguenze finanziarie significative con un costo stimato per l’economia mondiale di 100 trilioni di dollari entro il 2050. Mentre oltre 170 paesi hanno sviluppato piani d’azione nazionali sulla resistenza antimicrobica, l’attuazione rimane frammentata e isolata e sono necessari maggiore impegno politico e investimenti.

Basandosi sul Piano d’azione globale per la resistenza antimicrobica, l’approccio incentrato sulle persone dell’OMS mira a spostare la narrazione della resistenza antimicrobica per mettere al centro le esigenze delle persone e le barriere del sistema migliorando la consapevolezza e la comprensione della resistenza antimicrobica tra i decisori politici e gli operatori sanitari. Il progetto dei 13 interventi sostiene inoltre una risposta più programmatica e globale alla resistenza antimicrobica a livello nazionale, sottolineando l’importanza di un accesso equo e conveniente a servizi sanitari di qualità per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle infezioni resistenti ai farmaci. “La resistenza antimicrobica è una priorità socioeconomica e sanitaria pubblica globale.

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Fonte: quotidianosanita.it




Prodotti medicinali veterinari a base di fagi: l’Ema pubblica linee guida di indirizzo

Lantibioticoresistenza’agenzia europea per i medicinali (Ema) ha pubblicato le “Linee guida sulla qualità, la sicurezza e l’efficacia dei prodotti medicinali veterinari specificamente progettati per la terapia con fagi”, con l’obiettivo di stabilire i requisiti regolamentari, tecnici e scientifici applicabili ai prodotti medicinali veterinari specificamente progettati per la terapia con fagi e composti da batteriofagi.

Cosa sono i batteriofagi

I batteriofagi sono virus che in grado di infettare i batteri, ma non le cellule eucariotiche. Sono presenti in tutta la biosfera (acque, suoli, piante, alimenti, pelle, mucose e tratto digestivo) e la stragrande maggioranza (96%) appartiene all’ordine dei Caudovirales (virus con coda). I batteriofagi di attuale interesse nella terapia con fagi appartengono principalmente a tre morfotipi: mi-, podo- e sifovirus, anche se in futuro altri morfotipi potrebbero risultare interessanti.

L’uso contro l’antibioticoresistenza

Hanno un’attività litica, generalmente limitata a ceppi batterici specifici, che sembra essere di particolare interesse come strategia alternativa o sinergica agli antibiotici in presenza di resistenza alla terapia. Alcuni studi mostrano infatti sinergie tra fagi e antibiotici, spesso caratterizzate da una ridotta comparsa di resistenza agli antibiotici e/o ai fagi nei batteri.

In voga in Europa orientale

La terapia con batteriofagi è stata utilizzata in realtà sin dall’inizio del secolo scorso, sia in esseri umani che in animali, ma nei paesi occidentali è stata abbandona a favore delle terapie antibiotiche, mentre continua a essere usate nell’Est Europa orientale. In alcuni paesi come la Georgia per esempio, l’uso della terapia con fagi negli esseri umani non è mai stato interrotto ed è ancora applicato, soprattutto contro i batteri patogeni resistenti agli antimicrobici. Nella medicina veterinaria, la terapia con fagi è stata utilizzata in polli, bovini e suini.

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Fonte:aboutpharma.it




Lotta all’antibioticoresistenza, al via il primo monitoraggio nazionale sulla piattaforma SPiNCAR

lente_ingrandimentoUna nuova piattaforma, unica in Europa, per verificare le azioni attuate nella lotta all’antibioticoresistenza. Regioni e Aziende Sanitarie Locali potranno scambiarsi le esperienze, misurare e migliorare le performance

Al via SPiNCAR, la piattaforma messa a punto e gestita dall’Istituto Superiore di Sanità per il monitoraggio delle azioni di contrasto all’antimicrobico resistenza destinata a Regioni e Aziende Sanitarie. Il sistema, realizzato all’interno dei progetti CCM 2018 del Ministero della Salute, definisce standard e indicatori omogenei per tutte le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, permettendo a Regioni ed Aziende Sanitarie di confrontare tra loro lo stato di avanzamento ed applicazione del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (Pncar), e di definire le priorità d’azione. Nella prima fase ogni ente coinvolto, regionale o locale, dovrà compilare delle checklist di tutte le azioni attuate fino al 2022, in base alle quali verrà definito lo stato dell’arte.

“Si tratta del primo monitoraggio di questo tipo che viene effettuato in Italia, dopo la messa a punto dello strumento, che non ha eguali nel resto d’Europa – sottolinea il Presidente dell’ISS Silvio Brusaferro  -.  I risultati della rilevazione saranno utili a tutti i livelli per comprendere lo stato di attuazione delle politiche di contrasto all’antimicrobico resistenza e individuare le principali aree di criticità”.

Che cos’è SPiNCAR

Di fatto lo strumento è una check-list di standard e criteri con la produzione di grafici sui risultati raggiunti che si possono confrontare alla media nazionale. Gli standard, i criteri e gli indicatori utilizzati sono stati selezionati mediante una  revisione delle evidenze scientifiche e delle buone pratiche disponibili a livello nazionale e internazionale, in ambito umano e veterinario, relativi a sette diverse aree tematiche: governance, sorveglianza e monitoraggio, uso appropriato degli antibiotici, controllo delle infezioni controllate all’assistenza, formazione, alleanza per il contrasto all’antimicrobico-resistenza, valutazione dell’impatto e implementazione del programma. La trattazione congiunta degli aspetti relativi all’ambito umano e veterinario ha lo scopo di favorire l’integrazione tra discipline e settori e promuovere un approccio comune nel pieno rispetto dei principi One Health. Lo strumento è disponibile tramite un’apposita piattaforma web ad accesso riservato per la rilevazione, per l’anno 2022 è iniziata nel mese di luglio e avrà la durata di un trimestre. Tutte le strutture del Sistema Sanitario Nazionale (Regioni e Province Autonome, Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere) sono state invitate a partecipare su base volontaria. Spincar è stato realizzato all’interno dei progetti CCM 2018 del Ministero della Salute con il coordinamento dell’Università di Udine e con il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità, delle Regioni Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna e Sicilia, dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, delle Università di Torino, Catania e Milano e dell’Aop di Catania. Lo strumento è ora messo a disposizione dall’Istituto Superiore di Sanità in accordo con il Ministero della Salute.

L’AMR

Il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR), cioè la capacità di un microrganismo di resistere all’attività di un farmaco antimicrobico, è considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una delle sfide più importanti nell’ambito di sanità pubblica a livello mondiale nel prossimo futuro. L’Italia si colloca ai primi posti tra i Paesi dell’Unione Europea sia per consumi di antimicrobici, spesso impropri, sia per i livelli di resistenza antimicrobica, con significative ricadute in termini clinici ed economici come riportato dai rapporti ECDC.

Sebbene la trasformazione dei ceppi batterici in organismi resistenti sia un meccanismo evolutivo naturale, l’uso improprio di antimicrobici a livello ospedaliero e territoriale, in campo veterinario e agricolo aumenta la pressione selettiva favorendo l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti.

Si tratta, dunque, di un problema strutturato su molteplici livelli che impone l’impiego di strategie di intervento interdisciplinari e intersettoriali, per contrastare le quali, il Ministero della Salute ha preparato il  Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020, prorogato al 2021, e il successivo aggiornamento per il triennio 2022-2025 indicando le azioni e gli obiettivi da perseguire nel contrasto a questa minaccia.

Il protocollo per la raccolta dati e l’accesso per gli utenti autorizzati per l’immissione dei dati sono disponibili sul sito https://spincar.iss.it

Fonte: ISS




Antimicrobici, la settimana di sensibilizzazione cambia nome

antibioticoresistenzaPer aumentare la consapevolezza e la comprensione globale della resistenza antimicrobica (AMR), puntando su un’impostazione in chiave One Health, nel 2015 è stata organizzata una campagna annuale globale di sensibilizzazione denominata allora World Antimicrobial Awareness Week (WAAW). Oggi, la quadripartita – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH) – ha annunciato il rebranding di WAAW, che diventerà: World AMR Awareness Week. Sul nuovo nome c’è stato un ampio consenso: “AMR”, infatti, include il termine “resistenza”, che meglio rappresenta la sfida di questi anni. L’acronimo rimarrà “WAAW”, mentre tutte le espansioni di questo acronimo verranno ora rinominate “World AMR Awareness Week”.

WAAW 2023

Il tema per WAAW 2023, che come ogni anno si celebrerà dal 18 al 24 novembre, rimarrà “Prevenire insieme la resistenza antimicrobica”, come nel 2022. Un sondaggio tra le parti interessate dei settori della salute umana, animale, vegetale e ambientale ha infatti confermato l’attualità della tematica. La resistenza antimicrobica, infatti, è una grave minaccia per tutti gli ecosistemi. Nel 2019, è stato stimato che quasi 5 milioni di decessi sono stati associati alla resistenza antimicrobica batterica, di cui 1,27 milioni direttamente causati da essa.

Fonte: vet33.it




Antibiotico resistenza. Consiglio Europeo: obiettivo di ridurre del 20% i consumi umani e del 50% quelli animali entro il 2030

AntibioticoresistenzaIn una nota diramata oggi la Commissione UE ha espresso “soddisfazione per l’odierna adozione da parte del Consiglio dell’Unione europea della proposta della Commissione volta a potenziare l’azione dell’UE contro la resistenza antimicrobica”.

Annunciata il 26 aprile scorso insieme alla revisione della legislazione farmaceutica ad opera della Commissione, la raccomandazione sulla resistenza antimicrobica, spiega la Commissione, “contribuisce a combattere tale problema nei settori della salute umana, animale e ambientale, seguendo il cosiddetto approccio One Health”.

La raccomandazione si concentra su prevenzione e controllo delle infezioni, sorveglianza e monitoraggio, innovazione e disponibilità di antimicrobici efficienti, uso prudente degli antimicrobici e cooperazione tra gli Stati membri e a livello mondiale.

Per il 2030 sono stati fissati a livello dell’UE diversi obiettivi, definiti insieme al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), questi i principali:

  • adottare misure nazionali adeguate volte a garantire che, entro il 2030, il consumo totale di antibiotici negli esseri umani (in dose definita giornaliera (DDD) per 1 000 abitanti al giorno) in ambito territoriale e nel contesto ospedaliero combinati, comprese le strutture di assistenza a lungo termine e il contesto dell’assistenza a domicilio, sia ridotto del 20% nell’Unione rispetto all’anno di riferimento 2019;
  • adottare misure nazionali adeguate volte a garantire che, entro il 2030, almeno il 65 % del consumo totale di antibiotici negli esseri umani corrisponda ad antibiotici del gruppo “Access” quale definito nella classificazione AWaRe dell’OMS (questo gruppo include antibiotici che hanno attività contro un’ampia gamma di agenti patogeni suscettibili comunemente riscontrati, mostrando anche un potenziale di resistenza inferiore rispetto agli antibiotici negli altri gruppi) ;
  • adottare misure nazionali adeguate volte a garantire che, entro il 2030, l’incidenza totale delle infezioni del sangue da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) (numero di infezioni per 100 000 abitanti) sia ridotta del 15% nell’UE rispetto all’anno di riferimento 2019;
  • adottare misure nazionali adeguate volte a garantire che, entro il 2030, l’incidenza totale delle infezioni del sangue da Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione (numero di infezioni per 100 000 abitanti) sia ridotta del 10% nell’UE rispetto all’anno di riferimento 2019;
  • adottare misure nazionali adeguate volte a garantire che, entro il 2030, l’incidenza totale delle infezioni del sangue da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (numero di infezioni per 100 000 abitanti) sia ridotta del 5% nell’UE rispetto all’anno di riferimento 2019;
  • predisporre misure adeguate per contribuire al conseguimento dell’obiettivo della strategia “Dal produttore al consumatore” e del piano d’azione per l’inquinamento zero di ridurre del 50% le vendite complessive nell’UE di antimicrobici utilizzati negli animali d’allevamento e in acquacoltura entro il 2030.

Più in generale la raccomandazione prevede poi:

  • il rafforzamento dei piani d’azione nazionali per aiutare a realizzare questi obiettivi e monitorare l’uso degli antibiotici a livello nazionale, compresi gli indicatori per valutare i progressi;
  • una migliore sorveglianza dell’AMR e del consumo di antimicrobici a tutti i livelli, compresi gli ospedali e le strutture di assistenza a lungo termine;
  • maggiori sforzi per migliorare la salute e il benessere degli animali da produzione alimentare per ridurre la diffusione di malattie infettive negli allevamenti;
  • maggiore sensibilizzazione del pubblico e dei professionisti che lavorano nei settori della salute umana e veterinaria, compresa la formazione per gli operatori sanitari e campagne di comunicazione.

Tali obiettivi raccomandati a livello dell’UE, e tradotti a livello nazionale per ciascuno Stato membro, spiega ancora la Commissione, “aiuteranno l’UE a contrastare la resistenza antimicrobica, tenendo conto delle specificità nazionali senza compromettere la salute e la sicurezza dei pazienti; permetteranno anche di monitorare meglio le infezioni e il consumo di antibiotici nei prossimi anni e di calibrare di conseguenza l’elaborazione delle politiche”.

La raccomandazione conferma inoltre la leadership internazionale dell’UE in materia di resistenza antimicrobica e chiede alla Commissione e agli Stati membri di includere tale tema nell’accordo sulle pandemie in fase di negoziazione. Essa invita inoltre a mantenere la resistenza antimicrobica in cima all’agenda del G7 e del G20.

Per Margaritis Schinas, Vicepresidente per la Promozione dello stile di vita europeo, “Oggi è un buon giorno per la salute. Non solo per la salute umana, ma anche per quella degli animali e per un ambiente sano! Grazie all’azione rapida della presidenza svedese e dei ministri della Sanità abbiamo una raccomandazione del Consiglio sulla resistenza antimicrobica. La nostra lotta contro la resistenza antimicrobica sarà lunga, ma questa raccomandazione rappresenta una pietra miliare”.

“Accolgo con favore l’adozione in tempi record da parte del Consiglio della nostra proposta, contenente misure più incisive per combattere la resistenza antimicrobica: questo mostra chiaramente che l’Unione europea è determinata a combattere la resistenza antimicrobica con la massima urgenza, aspetto fondamentale di un’Unione europea della salute forte e capace di proteggere i suoi cittadini. Ora ci siamo dotati di obiettivi chiari per affrontare una grave minaccia sanitaria, che ogni anno costa la vita a 35 000 persone nell’UE. Desidero ringraziare la presidenza svedese per gli sforzi e l’attenzione dedicati a questo tema così importante”, ha detto Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare.

Fonte: quotidianosanita.it




L’Antibiotico Resistenza in Ue i dati del 2021

AntibioticoresistenzaIl quadro sulla diffusione europea dell’antibiotico-resistenza viene fornito annualmente dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) che raccoglie i dati attraverso due reti di sorveglianza: la European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (EARS-Net) e la Central Asian and European Surveillance of Antimicrobial Resistance (CAESAR).

La rete CAESAR nel 2021 ha raccolto i dati provenienti da 16 Paesi. La rete EARS-Net nel 2021 ha raccolto i dati da 29 Paesi (gli Stati dell’UE più Islanda e Norvegia, appartenenti allo Spazio Economico Europeo – SEE).

Gli ultimi dati raccolti sono riassunti nel documento “Surveillance of antimicrobial resistance in Europe, 2021 data”, pubblicato ad aprile 2023 e contenente i dati relativi al 2021.

Sebbene entrambe queste reti utilizzino metodi comparabili per la raccolta e l’analisi dei dati, i risultati presentati nel documento, e in questa pagina, provengono da sistemi di sorveglianza nazionali distinti, per questo si consiglia cautela quando si confrontano i Paesi in termini di AMR, poiché i dati sono intrinsecamente influenzati da protocolli e pratiche diversi.

La resistenza antimicrobica nelle specie batteriche segnalate alle reti di sorveglianza varia ampiamente a seconda delle specie batteriche, del gruppo di antimicrobico e della regione geografica. Come già osservato nei precedenti rapporti regionali, esiste un gradiente di resistenza da Nord a Sud e da Ovest a Est, con tassi più elevati osservati nelle parti meridionali e orientali della regione europea.

Klebsiella pneumoniae

Carbapenemi: 14 (31%) dei 45 Paesi hanno riportato percentuali di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi inferiori all’1%, 15 Paesi (33%) hanno riportato percentuali pari o superiori al 25%, 8 dei quali (18% su 45 Paesi) hanno riportato percentuali di resistenza pari o superiori al 50%.

Cefalosporine di III generazione: il 16% dei 45 Paesi (7 Paesi) ha mostrato percentuali di K. pneumoniae resistente alle cefalosporine di III generazione inferiori al 10%, mentre 19 (42%), in particolare nelle parti meridionali e orientali della Regione, hanno riportato percentuali di resistenza maggiori o uguali al 50%.

Escherichia coli

E. Coli mantiene una rara resistenza ai carbapenemi e più bassa alle cefalosporine di III generazione rispetto a K. pneumoniae. Infatti solo 8 (18%) dei 44 Paesi hanno segnalato una percentuale di E. Coli resistente ai carbapenemi pari o superiori del 1%. Mentre per la resistenza alle cefalosporine di terza generazione in E. coli, 12 (27%) dei 45 Paesi hanno riportato percentuali inferiori al 10%, mentre percentuali di resistenza pari o superiori al 50% sono state osservate in 4 Paesi (9%).

La resistenza ai fluorochinoloni è risultata invece generalmente più alta (soprattutto nei Paesi della parte meridionale della regione europea dell’OMS). Infatti una percentuale di resistenza inferiore al 10% è stata osservata in due (4%) dei 45 Paesi che hanno riportato dati su questo microrganismo. Una percentuale di resistenza del 25% o superiore è stata riportata in 17 (38%) Paesi. Una percentuale di resistenza del 50% o superiore è stata osservata in quattro (9%) Paesi.

Pseudomonas aeruginosa

Sono state osservate percentuali di P. aeruginosa resistente ai carbapenemi inferiori al 5% in due (5%) dei 44 Paesi che hanno riportato dati su questo microrganismo, mentre sei (14%) hanno riportato percentuali pari o superiori al 50%.

Acinetobacter spp

Nel 2021 le percentuali di Acinetobacter spp. resistenti ai carbapenemi. variava ampiamente all’interno della regione, da meno dell’1% in tre (7%) dei 45 Paesi che hanno riportato dati su questo microrganismo al 50% o più in 25 (56%) Paesi, principalmente nell’Europa meridionale e orientale.

Staphylococcusaureus

Undici (25%) dei 44 Paesi che hanno riportato dati su S. aureus avevano percentuali di S. aureus meticillino-resistente (MRSA) inferiori al 5%, in tredici (30%) di 44 Paesi percentuali pari o superiori al 25%.

Streptococcus pneumoniae

Grandi differenze sono state osservate in tutta la Regione nella percentuale S. pneumoniae resistente alla penicillina. Due (5%) dei 43 Paesi che hanno riportato dati su questo microrganismo avevano percentuali inferiori al 5%, mentre percentuali pari o superiori al 25% sono state riscontrate in cinque (12%) Paesi.

Enterococcus faecium

La resistenza alla vancomicina variava notevolmente tra i Paesi della Regione. Percentuali di resistenza inferiori all’1% sono state segnalate da sei (14%) dei 44 Paesi che hanno riportato dati su questo microrganismo, mentre percentuali pari o superiori al 25% sono state riscontrate in 17 (39%), cinque dei quali (11% dei 44 Paesi) hanno riportato percentuali di resistenza pari o superiori al 50%.

Le informazioni specifiche per Paese per ciascuna specie batterica, sono disponibili sul sito web della Regione europea dell’OMS e sull’Atlante delle Malattie Infettive dell’ECDC.

Fonte: ISS




Approvato il nuovo Piano nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza

AntibioticoresistenzaApprovato in Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 30 novembre 2022, il Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025.

Il documento fa seguito al precedente PNCAR 2017-2020, prorogato fino al dicembre 2021, e nasce con l’obiettivo di fornire al Paese le linee strategiche e le indicazioni operative per affrontare l’emergenza dell’antibiotico-resistenza (ABR) nei prossimi anni, seguendo un approccio multidisciplinare e una visione One Health, promuovendo un costante confronto in ambito internazionale e facendo al contempo tesoro dei successi e delle criticità del precedente piano nazionale.

La resistenza agli antimicrobici (AMR), di cui l’antibiotico-resistenza rappresenta certamente il fattore di maggiore rilevanza, è un fenomeno che avviene naturalmente nei microrganismi, come forma di adattamento all’ambiente, ed è dovuto alla capacità di questi ultimi di mutare e acquisire la capacità di resistere a molecole potenzialmente in grado di ucciderli o arrestarne la crescita. A causa dell’enorme pressione selettiva esercitata da un uso eccessivo e spesso improprio degli antibiotici in ambito umano, veterinario e zootecnico, nel tempo questo fenomeno ha assunto i caratteri di una delle principali emergenze sanitarie globali.

L’ECDC ha stimato che il numero di infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici nell’UE/SEE è stato

  • 685.433 nel 2016
  • 865.767 nel 2019
  • 801.517 nel 2020.

Queste infezioni hanno determinato un numero annuo stimato di decessi attribuibili, che è aumentato da 30.730 nel 2016 a 38.710 nel 2019, con una lieve diminuzione nel 2020 (35.813 decessi).

Ma l’impatto dell’ABR non si limita alla sola mortalità, includendo anche ricoveri prolungati, ritardi nella somministrazione di terapie o nell’effettuazione di interventi, un aumento delle infezioni postchirurgiche e/o post-chemioterapia, a causa dell’inefficacia dei protocolli di profilassi comunemente impiegati.

Inoltre nel settore veterinario, l’ABR, oltre a comportare un aumento del potenziale rischio sanitario per i professionisti e proprietari degli animali, può essere responsabile della riduzione sia dell’efficienza degli allevamenti sia delle produzioni.

Per preservare il valore degli antibiotici e tutelare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente, è fondamentale che, non solo gli operatori sanitari e le istituzioni, ma anche i cittadini prendano piena coscienza della portata di questo fenomeno: solo collaborando si può sperare di porre un freno allo sviluppo e alla diffusione della resistenza agli antibiotici.

Fonte: Ministero della salute




L’impatto dell’antibiotico-resistenza in Europa e nel mondo

AntibioticoresistenzaLe malattie infettive sono da lungo tempo considerate una priorità di salute pubblica globale a causa del loro forte impatto in termini di salute sulla popolazione. Prima i vaccini e poi gli antibiotici ne hanno modificato la storia, riducendo notevolmente la circolazione dei patogeni e la mortalità per malattie infettive trasmissibili.

Ad oggi, quasi un secolo dopo la scoperta del primo antibiotico, l’antibiotico-resistenza rappresenta una delle principali minacce alla salute pubblica, e, secondo le stime, potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050. Per questo la sua diffusione è un problema urgente che richiede un intervento globale e un piano d’azione coordinato.

Alcuni studi hanno evidenziato che le infezioni da patogeni resistenti agli antibiotici hanno un notevole impatto per la salute pubblica, espresso come decessi attribuibili e anni di vita aggiustati per la disabilità (Disability Adjusted Life Years -DALY). Questi studi sono utili perché una delle principali sfide per contrastare l’antibiotico-resistenza è comprendere il vero impatto del fenomeno, in particolare nelle regioni del mondo dove la sorveglianza è limitata e i dati sono scarsi.

Avere delle stime sul numero di decessi dovuti alle infezioni da patogeni resistenti agli antibiotici e sulle loro cause è importante perché permette di programmare interventi di prevenzione e controllo, di definire le priorità per vaccini e farmaci in fase di sviluppo, e conseguentemente di ridurre i decessi associati o attribuibili a queste infezioni.

Queste stime non sono sempre disponibili per tutti i patogeni, a volte sono incomplete (es. per S. pneumoniae le stime sono per lo più ristrette ai bambini di età inferiore a 5 anni e alle infezioni causa di polmonite o meningite) e non coprono tutti i paesi o tutte le combinazioni patogeno-antibiotico.

Ad oggi gli studi sulle cause di mortalità dovuta a patogeni batterici comuni sono limitati, mentre esistono studi che riportano stime per agenti patogeni come Mycobacterium tubercolosisPlasmodium spp e HIV.

Un recente studio pubblicato nel 2022 ha stimato la mortalità globale associata a 33 specie batteriche considerando 11 sindromi infettive. Questo studio stima che nel 2019 si sono verificati 13,7 milioni di decessi per infezioni a livello globale, dei quali 7,7 milioni associati alle33 specie batteriche sia sensibili che resistenti agli antibiotici. I risultati mostrano che più della metà dei decessi sono stati causati da cinque principali batteri patogeni quali Staphylococcus aureusEscherichia coliStreptococcus pneumoniaeKlebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa. Questi batteri erano associati al 13,6% di tutti i decessi a livello globale e al 56,2% di tutte le morti per sepsi nel 2019. In particolare, lo S. aureus è stato associato a più di 1 milione di morti.

Un altro studio, anch’esso pubblicato recentemente (gennaio 2022), descrive un’approfondita analisi dell’impatto sanitario dell’antibiotico-resistenza per 23 patogeni e 88 combinazioni patogeno-antibiotico in 204 paesi, utilizzando specifici modelli statistici anche per le regioni del mondo per le quali non ci sono dati disponibili. È stato stimato che nel 2019, 4,95 milioni di decessi sono stati associati all’AMR, di cui 1,27 milioni di decessi direttamente attribuibili alla resistenza, cioè all’incirca la mortalità per malaria e HIV messi insieme.

Considerando tutte le età, il tasso più elevato di mortalità attribuibile alla resistenza è stato riportato nell’Africa subsahariana occidentale (27,3 decessi per 100.000 abitanti) e il più basso in Australasia (6,5 decessi per 100.000 abitanti). Le infezioni delle vie respiratorie inferiori hanno causato 1,5 milioni di decessi associati alla resistenza nel 2019, rappresentando una delle sindromi infettive più gravi.

Secondo questo studio, sei principali batteri patogeni (E. coliS. aureusK. pneumoniaeS. pneumoniaeP. aeruginosa e A. baumannii) hanno provocato 929.000 decessi attribuibili alla resistenza agli antibiotici e 3,57 milioni di decessi associati alla resistenzavagli antibiotici. In particolare, la combinazione patogeno-antibiotico, S. aureus con resistenza alla meticillina, ha causato più di 100.000 decessi.

I risultati di questo studio indicano che la resistenza dei batteri agli antibiotici è un problema di salute pubblica la cui dimensione è importante almeno quanto le principali malattie infettive, come HIV e malaria, e potenzialmente maggiore.

A livello europeo anche l’ECDC ha pubblicato un rapporto con le stime del numero annuale di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, del numero di decessi attribuibili, del numero e del tasso di anni di vita aggiustati per disabilità (DALY) e i tassi DALY specifici per gruppo di età.

È stato stimato che tra il 2016 e il 2020, il numero annuo di casi di infezioni da batteri resistenti a determinate classi antibiotiche (dati EARS-Net) nei Paesi dell’UE/SEE variava da 685.433 nel 2016 a 865.767 nel 2019 e 801.517 nel 2020, con un numero annuo di decessi attribuibili che va da 30.730 nel 2016 a 38.710 nel 2019 e 35.813 nel 2020. Se analizzate come DALY, le infezioni hanno portato a un impatto sanitario annuale che va da 909.488 nel 2016 a 1.101.288 nel 2019 e 1.014.799 nel 2020. È stato stimato che il 70,9% dei casi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici erano infezioni correlate all’assistenza.

Questo dimostra che dal 2016 al 2020 sono state osservate tendenze significativamente in aumento nel numero stimato di infezioni, decessi attribuibili e DALY per 100.000 abitanti a causa dell’antibiotico-resistenza, sebbene i numeri siano leggermente diminuiti dal 2019 al 2020. Il carico maggiore di malattia è stato causato da E. coli resistente alle cefalosporine di terza generazione, seguito da S. aureus resistente alla meticillina e K. pneumoniae resistente alle cefalosporine di terza generazione. Il peso totale specifico per gruppo di età era più alto nei neonati e negli anziani (oltre 65 anni).

Aggiustato per la numerosità della popolazione, il carico complessivo di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici è stato stimato essere il più alto in Grecia, Italia e Romania, ognuna con in totale più di 2000 DALY, stimati per 100.000 abitanti, nel periodo 2016-2020.

I cambiamenti nelle stime annuali dell’impatto, riporta l’ECDC, possono essere stati influenzati da cambiamenti nella sorveglianza o da cambiamenti nelle pratiche sanitarie, come nel 2020, quando la pandemia di COVID-19 ha messo sotto pressione tutti i servizi sanitari nei Paesi dell’UE/SEE. Parte della diminuzione nel 2020 può anche essere spiegata dalle misure adottate per controllare la diffusione di COVID-19, compresi i cambiamenti nella prevenzione e nel controllo delle infezioni, e i cambiamenti nella gestione dei pazienti negli ospedali a causa delle diverse pratiche di ricovero durante la pandemia.

Fonte: ISS




Ema, in Italia antibiotici in allevamento -51% in 10 anni

Le vendite annuali di antibiotici negli allevamenti italiani si sono più che dimezzate in dieci anni, ma restano tra le più alte in Europa.

Sono i dati del rapporto dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) sul consumo di antimicrobici veterinari nell’Ue/See. Dal 2011 al 2020 le vendite sono calate del 43% nei 31 Paesi coperti dal rapporto, in Italia è stata osservata una diminuzione del 51%.

Se si considerano le tonnellate di principio attivo, nel 2020 l’Italia era il terzo Paese per vendite dopo Spagna e Polonia. In rapporto alla popolazione animale negli allevamenti, la Penisola era seconda dopo la Polonia.

Nel 2019, l’Italia si è dotata di un sistema di tracciabilità digitale dei medicinali veterinari con dati anche a livello di allevamenti, che è un “passo importante verso lo sviluppo di un adeguato programma di gestione antimicrobica”, scrive Ema. I dati, sottolinea l’agenzia Ue, “mostrano progressi verso il raggiungimento degli obiettivi” del Piano nazionale contro la resistenza agli antibiotici, adottato nel 2017.

Fonte: Ansa




Ridurre la diffusione della resistenza agli antimicrobici durante il trasporto di animali: l’EFSA descrive misure attenuative

Ridurre al minimo la durata del trasporto e pulire accuratamente i veicoli, le attrezzature e gli spazi in cui gli animali vengono caricati e scaricati sono alcune delle misure considerate efficaci per ridurre la trasmissione di batteri resistenti durante il trasporto di animali.

Sono queste le risultanze di un parere scientifico dell’EFSA che valuta il rischio di diffusione di  resistenza agli antimicrobici (AMR) tra pollame, suini e bovini durante i trasferimenti tra allevamenti o ai mattatoi.

“Nonostante i dati disponibili evidenzino una riduzione del consumo di antibiotici negli ultimi anni, la resistenza agli antimicrobici rimane un’emergenza di salute pubblica che deve essere affrontata a livello mondiale e in tutti i settori”, ha dichiarato Frank Verdonck, responsabile dell’unità EFSA “Rischi biologici e salute e benessere degli animali”.

“Individuando i principali fattori di rischio, le misure di attenuazione e le esigenze di ricerca in relazione al trasporto di animali, la valutazione dell’EFSA segna un altro passo avanti nella lotta alla resistenza agli antimicrobici in base al principio di salute unica globale ‘One Health’, che integra la valutazione del rischio per l’animale e quello per l’uomo”.

Il parere sottolinea poi quanto sia essenziale un’adeguata organizzazione dei trasporti. Inoltre è molto probabile che qualsiasi misura che migliori la salute, il benessere e la biosicurezza degli animali immediatamente prima e durante il trasporto riduca il rischio di trasmissione di AMR. Le risultanze del parere vanno a integrare le indicazioni dell’EFSA recentemente pubblicate nell’insieme di raccomandazioni per migliorare il benessere degli animali durante il trasporto.

Principali fattori di rischio

La valutazione individua nella presenza di batteri resistenti negli animali prima del trasporto uno dei principali fattori di rischio che contribuiscono alla trasmissione di resistenza agli antimicrobici. Altri fattori di rischio che quasi certamente contribuiscono alla trasmissione sono l’aumento del rilascio di batteri resistenti attraverso le feci, l’esposizione ad altri animali portatori di più o diversi tipi di batteri resistenti, la scarsa igiene dei veicoli e delle attrezzature nonché la durata del trasporto.

Viaggi lunghi che richiedano soste nei centri di raccolta e nei posti di controllo sono associati a rischi più elevati, a causa di fattori specifici come lo stretto contatto con animali provenienti da allevamenti diversi, la contaminazione ambientale e lo stress.

Il quadro generale: le implicazioni per la salute pubblica

L’impatto della valutazione dell’EFSA va oltre la salute e il benessere degli animali, perché molti batteri possono essere trasmessi dagli animali all’uomo. Quando tali batteri diventano resistenti agli antimicrobici, l’efficacia della cura delle malattie infettive nell’uomo può essere compromessa.

Necessaria ulteriore ricerca

Mancano studi scientifici specifici sulla diffusione della resistenza agli antimicrobici tra gli animali durante il trasporto. Il parere evidenzia varie lacune nei dati e raccomanda di focalizzare la ricerca su determinati aspetti.

La valutazione è stata richiesta dalla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo (ENVI) nel settembre 2021, a seguito di discussioni sull’argomento tra Parlamento europeo, Commissione europea ed EFSA.

Fonte: EFSA