Fenologia, questa sconosciuta

Che cos’è la fenologia?

“Per fenologia intendiamo tutti quegli eventi che sono ricorrenti durante l’anno nella vita di un animale o di una pianta: ad esempio il periodo di deposizione delle uova, il periodo riproduttivo, delle nascite, di ingresso e di uscita dall’ibernazione, il periodo di arrivo dalle migrazioni…” spiega Sandro Bertolino, docente di Ecologia e Conservazione della natura all’Università degli Studi di Torino. “Insomma, sono tutti aspetti della fenologia quelli che caratterizzano il ciclo vitale di un individuo e che si ripetono di anno in anno. Questo per quanto riguarda gli animali. Esempi per le piante possono essere invece il periodo di comparsa delle foglie, il periodo della fioritura e di comparsa di semi e frutti e via dicendo”.

Ma perché è un concetto così strettamente correlato al cambiamento climatico? “Quello che si è visto col cambiamento climatico è che l’aumento della temperatura ha degli effetti sulla stragrande maggioranza degli organismi, che cambiano il periodo della loro fenologia. Questo nelle piante determina, in genere, un anticipo della riproduzione o della comparsa delle foglie e per gli insetti un anticipo della deposizione delle uova, ad esempio per molti lepidotteri o altre specie la comparsa dei bruchi è anticipata rispetto al passato”.

Lo stato dell’arte degli studi

“Ci sono studi su molte specie, di vertebrati e invertebrati” prosegue Bertolino. “In molti uccelli, ad esempio, la nascita dei piccoli è sincronizzata nel periodo di massima di disponibilità alimentare. Nelle cince e in altre specie, i piccoli vengono alimentati coi bruchi, quindi è conveniente avere i piccoli quando c’è il massimo di disponibilità di bruchi. Il problema è che con l’anticipo dello sviluppo della vegetazione a causa dell’aumento delle temperature e l’anticipo della deposizione delle uova da parte dei lepidotteri, si verifica spesso uno sfasamento temporale – detto mismatch – di diversi giorni o addirittura settimane tra il picco massimo di disponibilità dei bruchi e il periodo di massima richiesta di cibo da parte dei piccoli degli uccelli. Bisogna infatti considerare che gli insetti riescono a reagire più velocemente rispetto ai vertebrati ai cambiamenti climatici. Per gli uccelli è più difficile anticipare il periodo di deposizione delle uova, essendo questo regolato da un ciclo fisiologico più complesso. Se gli insetti possono anticipare il picco massimo di abbondanza anche di una o due settimane, gli uccelli spesso non riescono ad anticipare la deposizione delle uova e la loro schiusa. Questo sfasamento temporale può determinare una minore disponibilità alimentare nel momento delle massime esigenze da parte dei nascituri, con potenziali conseguenze negative nel lungo termine”.

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Fonte: piemonteparchi.it




Selvatici o domestici? Il confine tra cattività e domesticazione

Il commercio di animali esotici venduti come pet, animali d’affezione, sembra essere in perenne crescita e, alimentato anche dai social media, vede anche di continuo nuove specie che si aggiungono alla lista di quelle in voga, dai galagidi ai gufi. In alcuni casi, questi animali vanno anche incontro a un processo di selezione da parte degli allevatori, che li incrociano per ottenere determinate caratteristiche dal punto di vista estetico: ne sono un esempio i pitoni, commerciati in diversi morph, con colorazioni e pattern delle squame differenti.

La letteratura scientifica ha ampiamente sottolineato i rischi del commercio di animali esotici, che vanno dalla diffusione di specie aliene invasive (nel caso di abbandoni volontari o fughe involontarie) al contrabbando, fino alle minacce, in alcuni casi, per la conservazione delle specie. Ma c’è un altro aspetto sul quale vale la pena riflettere tenendo in considerazione i dati scientifici: possiamo iniziare a considerare questi animali come domestici, magari in virtù di una lunga storia di detenzione come animali d’affezione o della selezione genetica nell’allevamento?

Un animale nato in cattività, cresciuto con l’essere umano, che non lo teme ed è confidente, magari figlio e nipote di animali nati in cattività, non è automaticamente un animale domestico. La domesticazione è qualcosa di ben diverso dalla confidenza con la nostra specie: è un processo lungo centinaia o più spesso migliaia di anni e relativo numero di generazioni, sulle quali da un lato ha agito in modo più o meno deliberato l’essere umano, scegliendo certi animali ed escludendo gli altri, in base alle caratteristiche che di volta in volta gli venivano utili (docilità, tasso riproduttivo, dimensioni, velocità di crescita eccetera).

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Fonte: scienzainrete.it




G7 Veterinaria: zoonosi, antibioticoresistenza e biosicurezza “Concentrati sulle sfide del prossimo futuro”

“Una parola ricorrente durante i nostri lavori è stata “trust”, fiducia, perché i Paesi del G7 hanno chiaro il loro ruolo di leader nel proporre a livello globale le migliori pratiche per garantire la salute ed il benessere animale e la sicurezza alimentare, affinché il commercio di prodotti agroalimentari sia basato su regole sanitarie chiare e condivise e, appunto, sulla fiducia reciproca fra i Paesi”. Queste le parole di Ugo Della Marta, Capo dei Servizi Veterinari italiani,  che ha presieduto  il G7 della veterinaria, evento che ha riunito a Padova le delegazioni veterinarie dei Paesi più industrializzati per fare il punto sullo stato della salute animale sul nostro pianeta.

Presenti i capi veterinari di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni sanitarie internazionali come Commissione Europea, FAO e WOAH.

Durante l’incontro sono stati presentati i sistemi messi a punto in Italia per verificare negli allevamenti il rispetto del benessere animale, la biosicurezza e tracciare l’uso di antibiotici, per supportare l’impegno continuo nella riduzione dell’uso di questi farmaci, per favorire la diminuzione di fenomeni di antibiotico resistenza.

Secondo recenti dati di Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, tra il 2014 e il 2021 l’uso degli antibiotici in Europa a livello zootecnico è diminuito del 44%.

Per quanto riguarda il nostro Paese, stando alle percentuali fornite da Aifa relative al 2022, per le specie animali destinate alla produzione di alimenti la riduzione totale di utilizzo di antibiotici è stata del 13,4%, con una riduzione del 14,2% del consumo di antibiotici autorizzati in formulazioni farmaceutiche per via orale.

Sempre stando all’analisi dell’Agenzia Italiana del Farmaco, nel 2022 i livelli di consumo negli animali delle classi di antibiotici considerati critici per l’uomo sono state sotto la media europea.

L’Italia, se pur con risultati in linea con quelli europei, ha ancora molta strada da fare, le sfide che attendono il settore sanitario e quello agro-alimentare si stanno facendo via via più complesse. Carenze a livello di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento e consumo eccessivo di antibiotici danno origine a rischi sanitari sempre di più connessi tra loro, rendendo necessario un approccio e un osservatorio epidemiologico integrato.

Per affrontare queste sfide, tra gli strumenti a disposizione, c’è Classyfarm, fortemente voluto dalla Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari  del Ministero della Salute.

E’ un sistema integrato nato  con l’obiettivo di categorizzare gli allevamenti in base al rischio per la sanità pubblica veterinaria e che è risultato fondamentale, per esempio, proprio nella lotta all’abuso di antibiotici.

“L’antibiotico resistenza – spiegano Antonia Ricci, DG dell’IZS delle Venezie, e Giorgio Varisco, DG dell’IZS della Lombardia e Emilia-Romagna – è un problema che, in un’ottica e con un approccio “One Health”, riguarda la salute di tutti, dell’uomo e dell’animale. Dal punto di vista veterinario stiamo puntando naturalmente sulla sorveglianza e il controllo ma anche sulla formazione. I sistemi informatici moderni, come Classyfarm, ci permettono poi di quantificare in modo oggettivo l’uso degli antibiotici e l’antibioticoresistenza, per evidenziare le situazioni più critiche dove bisogna intervenire, e quelle più virtuose da premiare. Il lavoro da fare è tanto ma possiamo dire di aver imboccato la strada giusta”.

Al centro del dibattito poi altri temi legati alla biosicurezza e alle zoonosi.

“Le sfide che la veterinaria italiana sta affrontando sono molteplici e complesse, basti ricordare la Peste Suina Italiana, l’influenza Aviaria, la Blue Tongue” conclude Giovanni Filippini,  DG Salute animale e Commissario per il contrasto alla PSA presso il ministero della Salute, ” ma il sistema nazionale, che vede una stretta collaborazione fra Ministero della Salute, servizi veterinari territoriali e la rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, ha tutte le competenze per far fronte a queste difficoltà e tutelare le eccellenze produttive dell’agroalimentare italiano”

Fonte: IZS Venezie




Nel cervello umano micro e nanoplastiche. Uno studio italiano spiega le conseguenze

microplasticheIn occasione del Planetary Health Festival, Il Festival Italiano della Salute Planetaria, svoltosi a Verona dal 3 al 5 ottobre, si è tenuto un panel dedicato a un tema di crescente rilevanza globale: l’impatto invisibile delle micro e nanoplastiche (MNP) sulla salute umana. Durante l’incontro, è stato presentato lo studio intitolato Tutta la plastica che non vediamo. Rapporto sulla presenza delle micro e nanoplastiche nel corpo umano, commissionato da VERA Studio a un gruppo di esperti dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
La ricerca, condotta dal professor Raffaele Marfella, del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate, dal professor Pasquale Iovino, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche, e dal dottor Francesco Prattichizzo, dell’IRCCS MultiMedica, Polo Scientifico e Tecnologico di Milano, si propone di colmare una lacuna significativa nella letteratura scientifica: l’assenza di una meta-analisi che documenti l’accumulo di micro e nanoplastiche negli organi umani e il loro impatto sulla salute.

Micro e nanoplastiche ovunque. Anche nel cervello e nella placenta

Negli ultimi anni, ricercatori da tutto il mondo hanno iniziato a esplorare l’accumulo di MNP nel corpo umano e le loro potenziali conseguenze per la salute. Il Rapporto sintetizza le fonti di esposizione alle MNP, le tipologie di queste particelle e le associazioni patologiche connesse.

Durante la presentazione, sono emerse informazioni di grande interesse per la comunità scientifica. Le concentrazioni più elevate di MNP sono state riscontrate in organi di vitale importanza come il cervello, la placenta e l’albero cardiovascolare. Per esempio, nel cervello, i livelli di MNP riscontrati in un cervello di peso medio di un adulto corrispondono all’equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri.

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Fonte: foodandtec.com




L’Oms lancia un piano strategico globale contro la dengue

I casi di dengue sono aumentati in tutte e sei le regioni dell’Oms. Una chiamata all’zione per combattere anche le altre malattie arbovirosi trasmesse da Aedes

Oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato il Global Strategic Preparedness, Readiness and Response Plan (Sprp) per affrontare la dengue e altri  arbovirus trasmessi da Aedes . Il piano mira a ridurre il peso della malattia, della sofferenza e dei decessi causati dalla dengue e da altre  malattie arbovirosi trasmesse da Aedes come Zika e chikungunya, promuovendo una risposta coordinata a livello globale.

Il piano delinea le azioni prioritarie per controllare la trasmissione e offre raccomandazioni ai paesi interessati in vari settori, tra cui la sorveglianza delle malattie, le attività di laboratorio, il controllo dei vettori, il coinvolgimento della comunità, la gestione clinica e la ricerca e sviluppo, attraverso un approccio che coinvolga l’intera società e le regioni.

Si stima che quattro miliardi di persone siano a rischio di infezione da arbovirus in tutto il mondo e si stima che questo numero aumenterà a 5 miliardi entro il 2050. I casi di dengue sono aumentati in tutte e sei le regioni dell’Oms e il numero di casi è approssimativamente raddoppiato ogni anno dal 2021, con oltre 12,3 milioni di casi alla fine di agosto di quest’anno, quasi il doppio dei 6,5 milioni di casi segnalati in tutto il 2023.

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Fonte: panoramadellasanita.it




Vespa velutina in Puglia e in Corsica

vespa velutinaL’espansione di Vespa velutina segna due record con i ritrovamenti dell’insetto a centinaia di chilometri di distanza dalla zona in cui ormai è pressoché stabile, cioè la Liguria e la Toscana.

Di questi giorni la notizia, riportata dalla rete StopVelutina, del ritrovamento di un adulto dell’insetto in un apiario nel comune di Lecce, in Puglia.

Al momento si tratta di una segnalazione isolata, a cui non sono seguiti altri ritrovamenti né di singoli individui né di nidi.

Ma in ogni caso si tratta del primo ritrovamento del calabrone asiatico in Puglia e anche del punto più a Sud d’Italia raggiunto da questa specie.

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Fonte: agronotizie.it




I coleotteri che spaventano l’Europa: 12 specie aliene dannose per le nostre foreste

Per l’Europa alcuni sono innocui come il coleottero dei chicchi di caffè, un parassita che attacca piante che in Europa crescono solo in un paio di campi sperimentali in Sicilia. Altri insetti della stessa famiglia sono, al contrario, molto più pericolosi. Ad esempio quelli del genere Euwallacea, appartenenti al gruppo dei coleotteri dell’ambrosia, colonizzano il legno sotto la corteccia degli alberi e per sopravvivere coltivano funghi che poi conducono la pianta al capolinea.

Nel 2021 ai giardini Trauttsmandorf in provincia di Bolzano è stato necessario bruciare tutte le piante della serra tropicale, comprese 500 orchidee, per l’introduzione accidentale di uno di insetti originari del sudest asiatico, sbarcato in Europa una volta sola, per sbaglio, in Polonia nel 2017.

Ora l’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha identificato 12 specie aliene di questi coleotteri ad alto rischio di introduzione nei paesi dell’Unione. Sono tutti scolitidi, una famiglia che comprende 6.495 specie delle quali circa 350 native, e innocue, del nostro continente. Colpiscono in particolare le latifoglie, un genere che include tanti alberi importanti sia per la biodiversità forestale come il faggio o il frassino, e altri di valore economico come il noce, il ciliegio e il castagno.

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Fonte: repubblica.it




Pfas. Da Commissione Ue nuovi restrizioni all’uso

Bandiera Unione EuropeaLa Commissione Ue ha adottato nuove misure a norma del regolamento REACH – la legislazione dell’UE in materia di sostanze chimiche – per proteggere la salute umana e l’ambiente limitando l’uso dell’acido perfluoroesanoico (PFHxA) e delle sostanze affini al PFHxA. “Questi sottogruppi di sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) sono molto persistenti e mobili nell’acqua e il loro uso in alcuni prodotti presenta un rischio inaccettabile per la salute umana e l’ambiente”, evidenzia una nota della commissione che annuncia le misure.

La restrizione adottata si concentra sugli usi per i quali il rischio non è adeguatamente controllato, per i quali sono disponibili alternative e per i quali i costi socioeconomici sarebbero limitati rispetto ai benefici per la salute umana e l’ambiente.

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Fonte: quotidianosanita.it




Il battito della natura selvaggia: intervista a David Quammen

albero, proteggereNon è sicuramente facile parlare di temi come la perdita di biodiversità, la comparsa di nuovi virus, l’evoluzione o il rapporto con animali pericolosi tenendo i lettori incollati al libro con tomi di quattrocento e più pagine, ma David Quammen ci riesce splendidamente. Complici i suoi viaggi avventurosi, lo stile ironico, tagliente e molto diretto dei suoi scritti, la capacità documentaristica di descrivere luoghi, situazioni e persone. È uscito la scorsa settimana per Adelphi Il cuore selvaggio della natura, che Quammen ha presentato alla ventottesima edizione del Festival Letteratura di Mantova.

L’ho incontrato nella splendida cornice di palazzo Castiglioni, cuore della città animata dalla kermesse letteraria, in una giornata rinfrescata da continui scrosci temporaleschi. Quammen è gentile, sorridente e disponibile, ascolta fissandomi attentamente con i suoi occhi chiari dietro gli occhiali dalla montatura leggera; ripesca dalla memoria i mille aneddoti della sua vita avventurosa e sceglie con molta cura le parole con cui rispondere; chiacchierando scopriamo anche di avere conoscenze in comune nel mondo della conservazione. Dopo la presentazione al festival ripartirà alla volta del Mozambico, dove lo attende un workshop sulle foreste, e poi si sposterà in Tasmania, per raccogliere storie per il suo prossimo libro, che tratterà del cancro e della sua evoluzione.

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Fonte: scienzainrete.it




Le micro-nanoplastiche, una sempre più consistente minaccia per le balene, i giganti del mare!

L’ingente e progressivamente crescente contaminazione da micro-nanoplastiche (MNP) degli ecosistemi acquatici e terrestri del nostro Pianeta rappresenta senza dubbio un’emergenza di rilevanza prioritaria, come peraltro risulta testimoniato dalla lapidaria “sentenza” emessa qualche anno fa dal “World Economic Forum”, che recita testualmente: “Nel 2050 (vi sarà) più plastica che pesci nei mari e negli oceani del mondo” (World Economic Forum Report, 2016).

A rendere un siffatto scenario ancora più allarmante contribuisce il comprovato ruolo di potenti “attrattori e concentratori” esplicato dalle MNP nei confronti di una vasta gamma di “contaminanti ambientali persistenti”, ivi compresi metalli pesanti quali il metil-mercurio (MeHg), oltre a numerose categorie di xenobiotici di natura organica quali le diossine, i policlorobifenili (PCB), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS) (Xiang et al., 2022).

Fra le conseguenze negative di tale fenomeno, ritengo opportuno segnalare la consistente “destabilizzazione” arrecata alle catene trofiche in ambito marino e oceanico, con particolare riferimento alle balene, che da “consumatori secondari” (visto e considerato che di zooplancton normalmente si nutrono) si ritroverebbero “improvvisamente” a scalare numerose posizioni della catena alimentare, attestandosi in pratica sui livelli di “predatori apicali” quali delfini, orche ed orsi polari (Berta et al., 2022).

Le ricadute sulla salute e sulla conservazione di queste gigantesche quanto iconiche creature del mare, sempre più minacciate per mano dell’uomo, sarebbero particolarmente gravi in quei contesti geografici ove si registrano alti livelli di contaminazione chimico-ambientale, quali ad esempio il Mar Mediterraneo (Concato et al., 2023).

Ciò a motivo dei documentati effetti immunotossici e neurotossici prodotti da molti contaminanti ambientali persistenti, nonché dai variegati “cocktail” fra gli stessi, senza peraltro tralasciare la rilevante “interferenza” da essi esplicata nei confronti di molteplici attività e funzioni endocrine dell’ospite (Jeong et al., 2024).

Tale quadro risulterebbe ulteriormente aggravato dalla comprovata azione vettrice esercitata dalle MNP nei confronti di svariati agenti patogeni, ivi compresi batteri antibiotico-resistenti che potrebbero trasferire ad altri microorganismi una serie di geni coinvolti nel fenomeno dell’antibiotico-resistenza (Di Guardo, 2023).

Alla luce di quanto sopra esposto ed in considerazione della grande rilevanza e complessità della problematica qui rappresentata, ritengo che un approccio multidisciplinare, ispirato al principio/concetto della “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente -, possa verosimilmente costituire la migliore strategia sia per quantificare la reale “magnitudo” di tali fenomeni sia per mitigare le conseguenze deleterie connesse alla crescente esposizione alle MNP della cetofauna popolante i mari e gli oceani del nostro Pianeta.

Bibliografia consultata

1) Berta A., Kienle S.S., Lanzetti A. Evolution: Killer whale bites and appetites. Curr. Biol. 2022; 32(8):R375-R377. DOI: 10.1016/j.cub.2022.03.001.
2) Concato M., et al. Detection of anthropogenic fibres in marine organisms: Knowledge gaps and methodological issues. Mar. Pollut. Bull. 2023; 191:114949. DOI: 10.1016/j.marpolbul.2023.114949.
3) Di Guardo G. Flood-Associated, Land-to-Sea Pathogens’ Transfer: A One Health Perspective. Pathogens 2023; 12(11):1348. DOI: 10.3390/pathogens12111348.
4) Jeong H., Ali W., Zinck P., Souissi S., Lee J.S. Toxicity of methylmercury in aquatic organisms and interaction with environmental factors and coexisting pollutants: A review. Sci. Total Environ. 2024; 943:173574. DOI: 10.1016/j.scitotenv.2024.173574.
5) Xiang Y., et al. Microplastics and environmental pollutants: Key interaction and toxicology in aquatic and soil environments. J. Hazard. Mater. 2022; 422:126843. DOI: 10.1016/j.jhazmat.2021.126843.

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo