Il principio di proporzionalità nelle azioni della autorità competente locale

Le norme di principio sono norme a contenuto generale che esprimono determinati valori ritenuti di particolare importanza in quanto indirizzano l’azione amministrativa e dai quali dipendendono le altre disposizioni normative. L’azione amministrativa non è pertanto solo assoggettata alle norme specifiche per il singolo caso, ma anche a un insieme di principi generali che assicurano l’adeguatezza della scelta adottata dalla amministrazione.

Secondo Nicotra, crescente importanza e funzionalità ha assunto nel diritto pubblico il principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici. L’autore aggiunge che, in ragione di tale principio, ogni provvedimento adottato dalla Pubblica Amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinario (es. sanzioni, imposisioni di obblighi, ecc.), dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.

Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determina un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra i vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta.

Al principio di proporzionalità nelle azioni della autorità competente locale ex art. 138 del regolamento (UE) 625/2017 è dedicato un approfondimento a cura del Dott. Antonio Di Luca, Referente nazionale del Gruppo di lavoro SIMeVeP “Diritto e legislazione veterinaria”

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Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

efsa ecdcÈ stato pubblicato il 29 Gennaio 2025 il Rapporto Interagenzia ECDC-EFSA sulle indagini e gestione coordinate One Health dei focolai causati dai virus zoonotici dell’influenza aviaria nell’uomo e animali.

In risposta alla richiesta della Commissione europea entrambe le agenzie  hanno elaborato il documento di orientamento Coordinated One Health investigation and management of outbreaks in humans andanimals caused by zoonotic avian influenza viruses.

Il documento prende in considerazione cinque diversi scenari nell’interfaccia uomo-animale-ambiente per le indagini sui focolai,  inclusi un approccio generale alle indagini congiunte (sanità pubblica e veterinaria),  le valutazioni congiunte dei rischi che dovrebbero informare i gestori dei rischi e l’adozione di potenziali misure di gestione.

Tre scenari sono innescati da sospette epidemie negli animali, tra cui quelle di specie elencate e non elencate (uccelli), animali da compagnia e uccelli/mammiferi selvatici. Gli altri due scenari sono avviati da un probabile caso umano o dal rilevamento del virus in acque reflue o campioni ambientali (ad esempio acque superficiali o altre fonti).

In ognuno dei cinque scenari vengono delineate le azioni che dovrebbero essere intraprese dalle diverse parti interessate per indagare sulla fonte dell’infezione e prevenire un’ulteriore trasmissione utilizzando un approccio One Health.

Tutti gli scenari richiedono un coordinamento intersettoriale e un approccio One Health. Sebbene la sequenza specifica delle azioni e le esigenze di comunicazione possano variare tra gli scenari,  vanno tuttavia assicurati i meccanismi di risposta generali per le indagini e la gestione delle epidemie.

Il rapporto identifica anche le eventuali criticità relative agli strumenti (ad esempio le piattaforme di comunicazione e condivisione dei dati), i punti chiave per lo scambio di informazioni tra i diversi settori, i fattori scatenanti per le valutazioni congiunte del rischio e le lacune nelle conoscenze esistenti per le quali devono ancora essere sviluppate linee guida o regolamenti.

Per far sì che le indagini e la gestione delle epidemie siano tempestive ed efficaci, la strategia One Health dovrebbe essere stabilita in tempo di pace con l’individuazione delle responsabilità, delle capacità dei servizi di sanità pubblica e veterinari e dei meccanismi di collaborazione.

Inoltre, per lo sviluppo e l’implementazione degli strumenti che garantiscono la preparazione per rispondere rapidamente ed efficacemente alle minacce dell’influenza aviaria zoonotica,  devono esse garantiti risorse adeguate e supporto politico.

A cura di Maurizio Ferri




Linee guida Fao su influenza aviaria e rischio per i bovini

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha pubblicato le nuove linee guida per aiutare i Paesi membri a implementare programmi di sorveglianza per l’identificazione precoce dell’influenza aviaria nei bovini e altri mammiferi allevati. Lo si apprende da una nota ufficiale.

La FAO sottolinea la necessità di una pronta risposta sanitaria e l’adozione di misure per mitigare il rischio, soprattutto considerando il potenziale del virus di riassemblarsi geneticamente con ceppi influenzali umani. Le indagini dovrebbero includere la verifica dell’esposizione dei lavoratori agricoli e il coinvolgimento delle autorità sanitarie pubbliche.

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Le balene, sempre più minacciate per mano dell’uomo, ma anche un modello per lo studio della nostra longevità!

Secondo un interessante articolo recentemente pubblicato sulla prestigiosa Rivista Science Advances, la lunga aspettativa di vita, financo a 150 anni, caratterizzante varie specie di Cetacei Misticeti (cioè provvisti di fanoni, alias balene, balenottere, etc.) quali la balena franca australe (Eubalaena australis) costituirebbe un modello potenzialmente utile ai fini dello studio della longevità tipica di altre specie, fra le quali anche la nostra (1).

In un siffatto contesto, quantomai affascinante ed intrigante al contempo, andrebbero tuttavia sottolineate con particolare enfasi tutte quelle minacce, molte delle quali di natura antropogenica, che mettono a repentaglio il già pluriminacciato stato di salute ed il precario stato di conservazione di queste gigantesche e meravigliose creature popolanti i mari e gli oceani del nostro Pianeta.

Faccio riferimento, in special modo, alla caccia indiscriminata alle balene che, illo tempore (soprattutto nel XIX secolo), ha portato alcune specie quali la balena franca nord-atlantica (Eubalaena borealis) sull’orlo dell’estinzione, situazione aggravata ai giorni nostri dalle morti conseguenti sia alle collisioni con imbarcazioni sia all’intrappolamento in reti da pesca (1).

Se ciò si traduce, da un lato, in un temibile vulnus per il già precario quanto pluriminacciato stato di conservazione di questa e di altre specie di Cetacei Misticeti, andrebbe altresì rimarcato, dall’altro lato, che la loro pur lunga aspettativa di vita ne  risulterebbe notevolmente condizionata, con una sensibile riduzione della stessa (1).

Ad ogni buon conto, come faccio notare in una lettera all’Editore appena pubblicata sulla prestigiosa Rivista BMJ (2), sarebbe opportuno considerare anche il ruolo eventualmente esplicato da una serie di agenti patogeni, virali in primis, che si sono dimostrati capaci di esercitare un consistente impatto sulla salute e sulla conservazione dei Cetacei.

Un ruolo di primo piano è rivestito, in proposito, da Cetacean Morbillivirus (CeMV), che nel corso degli ultimi 35 anni si è reso responsabile di devastanti epidemie fra i Cetacei popolanti i nostri mari ed oceani, quali ad esempio il Mediterraneo, il Mar Nero, la costa orientale statunitense e il Golfo del Messico (3).

Premesso che delfini e balene mostrerebbero una differente suscettibilità nei confronti dell’infezione da CeMV in virtù della presenza, nei Misticeti, di due geni, Myxovirus 1 (Mx1) e Mx2, che nei Cetacei Odontoceti (cioè provvisti di denti, quali delfini, orche, etc.) avrebbero perso la propria funzionalità nel corso dell’evoluzione – circa 35 milioni di anni fa, allorquando gli antenati degli attuali Misticeti e Odontoceti si separarono gli uni dagli altri (4) -, non va tuttavia dimenticato che anche balene e balenottere risulterebbero più o meno sensibili nei confronti di tale infezione.

Un caso emblematico è, al riguardo, quello della balenottera comune (Balaenoptera physalus), la cui popolazione residente nell’area del Santuario Pelagos, nel Mediterraneo occidentale, si è dimostrata particolarmente suscettibile nei confronti dell’infezione da CeMV (5).

Ne consegue, pertanto, che le nostre attuali conoscenze in merito ai determinanti di suscettibilità/resistenza nei confronti dell’infezione da CeMV – così come di altre infezioni, virali e non, in grado di esercitare un più o meno rilevante impatto sulla salute e sulla conservazione dei Cetacei in natura – necessiterebbero di adeguati e consistenti approfondimenti, in una quantomai auspicabile e salvifica prospettiva di One Health, la salute unica di uomo, animali ed ambiente.

BIBLIOGRAFIA

  1. Breed GA, Vermeulen E, Corkeron P. (2024). Extreme longevity may be the rule not the exception in Balaenid whales. Sci. Adv. 10(51):eadq3086. doi: 10.1126/sciadv.adq3086.
  1. Di Guardo G. (2025). Whales’ longevity: A lot of food for thought. BMJ (Rapid Response-Letter to the Editor. doi: https://www.bmj.com/content/385/bmj.q1101/rapid-responses.
  1. Zinzula L, Mazzariol S, Di Guardo G. (2022). Molecular signatures in cetacean morbillivirus and host species proteomes: Unveiling the evolutionary dynamics of an enigmatic pathogen? Microbiol. Immunol. 66:52-58. doi: 10.1111/1348-0421.12949.
  1. Braun BA, Marcovitz A, Camp JG, Jia R, Bejerano G. (2015). Mx1 and Mx2 key antiviral proteins are surprisingly lost in toothed whales. Proc. Natl. Acad. Sci. USA112: 8036-8040. doi: 10.1073/pnas.1501844112.
  1. Mazzariol S, Centelleghe C, Beffagna G, Povinelli M, Terracciano G, Cocumelli C, Pintore A, Denurra D, Casalone C, Pautasso A, Di Francesco CE, Di Guardo G. (2016). Mediterranean Fin Whales (Balaenoptera physalus) Threatened by Dolphin MorbilliVirus.Emerg. Infect. Dis. 22: 302-305. doi: 10.3201/eid2202.15-0882.

 

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP, Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




La solitudine del veterinario

Di Francesco Tozzi

Gentile Direttore,

gli avvenimenti di questi giorni riaprono una ferita mai rimarginata nel corpo della nostra Categoria. In situazioni come questa il Veterinario si accorge di quanto la solitudine di fronte agli eventi sia drammatica, incontrollabile, dolorosa. Venire aggrediti per lo svolgimento dei compiti che il nostro lavoro ci impone per la tutela della salute pubblica è una situazione sicuramente molto difficile da sopportare ed affrontare anche perché difficile da comprendere.

E’ un attacco così intimo che agisce in profondità, con il rischio concreto di lasciare una ferita aperta e duratura in colui che lo subisce. La prima reazione che nasce spontanea all’interno della Categoria è quella della vicinanza verso la vittima in modo da non “lasciarla sola”. Su questo aspetto vorrei soffermarmi: la solitudine del Veterinario. Da sempre il Medico Veterinario dipendente è un professionista con un carico di responsabilità enorme che si trova ad affrontare con una buona dose di solitudine, sia fisica che operativa e professionale. Per di più opera in scenari già di per sé al limite delle soglie emotive, quali macelli, canili, allevamenti intensivi, laboratori, ambiti penali, economici e repressivi che ci impongono un carico emozionale e relazionale da tenere sotto controllo senza tregua. E in questo controllo ciascuno rischia di trovarsi spesso solo.

La nostra professione e il nostro ruolo, malgrado i passi avanti ottenuti negli anni, restano un qualcosa di poco conosciuto e di marginale per l’opinione pubblica e per le istituzioni. E questa è una seconda “solitudine” che il Veterinario pubblico si porta addosso: la difficoltà di far capire al sistema chi siamo, cosa facciamo, come operiamo. L’aggressione ad un Medico viene meglio riconosciuta nella sua gravità grazie al fatto che la figura e il lavoro del Medico sono valorizzati e ben noti a tutti e quindi l’evento aggressivo è di più diretta e facile assimilazione e partecipazione.

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PSA: I veri esperti non si limitano a seguire le raccomandazioni, le anticipano

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha pubblicato di recente un ampio rapporto scientifico dedicato alla Peste Suina Africana. Il documento analizza i principali fattori di rischio e quelli di prevenzione, offrendo una panoramica sulle misure più efficaci per contenere la malattia. Questo lavoro si basa su un’approfondita revisione della letteratura scientifica e su uno studio caso-controllo specifico, fornendo così una base solida per affrontare il problema.

L’EFSA e la Peste Suina Africana: perché questo rapporto è importante

L’EFSA riveste un ruolo cruciale nella tutela della salute delle piante, degli animali e dei consumatori nell’Unione Europea. La sua importanza non deriva solo dal prestigio istituzionale, ma soprattutto dal rigore scientifico con cui affronta questioni complesse. Quando l’EFSA esprime un parere, lo fa attraverso un’analisi approfondita delle evidenze scientifiche disponibili, avvalendosi di team multidisciplinari composti da esperti di fama internazionale.Iin questo caso il rapporto è stato redatto da un gruppo di undici esperti di diverse nazionalità. Le sue valutazioni non solo guidano le politiche e le normative europee, ma costituiscono anche un punto di riferimento globale per chiunque operi in ambiti legati all’agricoltura, alla sicurezza alimentare e alla gestione ambientale.

La Peste Suina Africana (PSA) rappresenta per l’Italia non una semplice emergenza sanitaria, ma una vera e propria sciagura, capace di colpire il cuore pulsante di uno dei settori più importanti del nostro Paese, ovvero l’agroalimentare. La PSA, inoltre, è una malattia che provoca enormi sofferenze negli animali infetti, con febbre, emorragie interne ed esterne e difficoltà respiratorie ed ha un tasso di mortalità estremamente elevato. Questo virus, spietato nella sua semplicità e devastante nei suoi effetti, non conosce antidoti: non esiste cura e non esiste neppure vaccino. L’unica arma, e purtroppo una delle più difficili da impiegare, è la prevenzione.
Il problema delle misure di profilassi è che sembrano inutili quando funzionano bene, ma la loro importanza diventa evidente quando non vengono applicate. E parlando di prevenzione, abbiamo trovato il nuovo rapporto scientifico degli esperti EFSA particolarmente interessante, in quanto formula precise raccomandazioni su questioni di grande importanza pratica, dalle recinzioni per limitare la diffusione della malattia al possibile utilizzo di vaccini che abbiano un effetto contraccettivo e conseguentemente capaci di ridurre la popolazione dei cinghiali.

Ma vorremmo soffermarci su una questione cruciale e controversa sulla quale EFSA si è espressa, relativa ai fattori di rischio di introduzione della PSA negli allevamenti suinicoli nel corso dell’estate, e che i dati emersi anche negli ultimi mesi indicano chiaramente essere della massima importanza, almeno nell’Italia del Nord: su 40 focolai verificatisi nei suini domestici nel 2023 e nel 2024 in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, 38 sono stati confermati nel periodo compreso tra la fine di luglio e metà settembre. Abbiamo assistito, cioè, ad un picco epidemico stagionale fortissimo, con il 95% dei focolai concentrati in soli due mesi. Un dato che suggerisce che esistano uno o più fattori di rischio specifici alla base della introduzione del virus negli allevamenti in piena estate (si consideri anche che la data di introduzione del virus in un allevamento è in generale precedente alla conferma del focolaio di almeno un paio di settimane, corrispondenti al periodo incubazione e ai tempi necessari alla successiva conferma della malattia: questo significa che i mesi di luglio e agosto sono quelli in cui sussiste in Italia settentrionale il massimo rischio di PSA per gli allevamenti). Fattori di rischio che, evidentemente, non sono presenti o sono comunque molto meno importanti nelle altre stagioni dell’anno.

 

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Malattie zoonotiche in crescita nell’UE. Casi di listeriosi: il picco più alto dal 2007

Nel 2023 i casi di listeriosi hanno raggiunto il picco più alto dal 2007, e campilobatteriosi e salmonellosi sono rimaste le malattie zoonotiche più frequentemente registrate nell’UE. Nel complesso i casi segnalati di malattie zoonotiche nell’uomo sono aumentati, mentre i focolai infettivi veicolati da alimenti hanno visto un leggero calo. Sono queste le principali risultanze dell’annuale rapporto One Health dell’UE sulle zoonosi, curato dall’EFSA e dall’ECDC.

Il numero di casi di listeriosi segnalati nell’uomo (2 952) ha registrato un aumento costante nel periodo 2019-2023, raggiungendo i livelli più alti dal 2007. Ciò potrebbe essere legato all’invecchiamento della popolazione europea (il 21,3% degli europei ha infatti oggi più di 65 anni) che, in relazione alla prevalenza crescente di malattie croniche legate all’età, aumenta il rischio di sintomi gravi nei gruppi di età più avanzata. Gli alimenti pronti al consumo (RTE) contaminati, come ad esempio il salmone affumicato, i prodotti a base di carne e i latticini, sono la fonte più comune di infezioni. I dati più recenti indicano che la percentuale di campioni provenienti da categorie di alimenti RTE che superano i limiti di contaminazione per Listeria monocytogenes varia tra lo 0,11% e lo 0,78%, con il tenore più alto registrato nelle salsicce fermentate.

La campilobatteriosi e la salmonellosi sono state le malattie zoonotiche più frequentemente notificate nell’UE nel 2022. Nel 2023 sono stati segnalati 148 181 casi di campilobatteriosi, in aumento rispetto ai 139 225 del 2022.
Dopo la campilobatteriosi, la salmonellosi è stata la seconda infezione gastrointestinale più segnalata nell’uomo, con 77 486 casi rispetto ai 65 478 del 2022. Solo 15 Stati membri e l’Irlanda del Nord (Regno Unito) hanno raggiunto tutti gli obiettivi prefissati per la riduzione di Salmonella nel pollame. Questo dato indica un peggioramento rispetto al 2022, anno in cui 19 Stati membri raggiunsero la piena conformità agli obiettivi.

La presenza persistente di Salmonella nelle popolazioni di pollame mette in evidenza la necessità di una continua vigilanza nella lotta alle malattie veicolate da alimenti. Strumenti di sorveglianza avanzati, come il sequenziamento dell’intero genoma, sono preziosi per individuare e controllare i focolai in modo più efficace“, ha dichiarato Frank Verdonck, responsabile dell’unità Rischi biologici e salute e benessere degli animali presso l’EFSA.

Il rapporto comprende anche dati tratti dal monitoraggio di focolai di origine alimentare definiti come “eventi durante i quali almeno due persone contraggono la stessa malattia consumando lo stesso alimento contaminato”. Nel 2023 sono stati segnalati in totale 5 691 focolai veicolati da alimenti, in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. Tuttavia il numero di casi di ricoveri e decessi nell’uomo è aumentato: i decessi hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi dieci anni. Salmonella è rimasta la principale causa di focolai infettivi, malattia, ricoveri e decessi legati ad alimenti. Le fonti più comuni di questi focolai risultano uova e ovoprodotti, alimenti composti e carne di pollo. L’uso crescente del sequenziamento dell’intero genoma ha migliorato la sensibilità della sorveglianza, aumentando la capacità di individuare i focolai negli Stati membri che lo hanno adottato.

L’incremento di esiti severi di questi focolai evidenzia la persistenza della minaccia per la salute pubblica costituita da Salmonella e altri patogeni di origine alimentare. Integrando salute umana, animale e ambientale all’interno di una strategia One Health possiamo prevenire con più efficacia la diffusione di queste malattie e proteggere la salute pubblica“, ha dichiarato Celine Gossner, responsabile della sezione “Malattie emergenti, alimentari e trasmesse da vettori” dell’ECDC.

One Health è un approccio multisettoriale che mira a bilanciare e ottimizzare la salute di persone, animali, piante e del loro ambiente comune, prendendo atto dell’interconnessione. Nell’intento di favorire misure congiunte, l’approccio One Health coinvolge specialisti di varie discipline per affrontare minacce sanitarie complesse in modo integrato.

L’EFSA pubblica oggi: una sintesi in linguaggio accessibile (PLS) (versione semplificata del rapporto “European Union One Health 2023 Zoonoses Report” ) oltre a pagine multimediali in versione storymap dashboard che consentono agli utenti di cercare e visualizzare dati sui focolai veicolati da alimenti e su 14 patogeni zoonotici. Nello specifico vengono pubblicati per la prima volta sei storymap e quattro dashboard su: Echinococcus, febbre Q, rabbia, Toxoplasma gondiiTrichinella, tularemia, virus West Nile e Yersinia.

Echinococcus

Dashboard

Echinococcus

Story map

Rabies

Dashboard

Rabies

Story map

Trichinella

Dashboard

Trichinella

Story map

West Nile virus

Dashboard

Yersinia

Story map

Toxoplasma gondii

Story map

Q-fever

Story map

Tularaemia

Story map

Other dashboards and story maps

Salmonella

Dashboard

Salmonella

Story map

Campylobacter

Dashboard

Campylobacter

Story map

Brucella

Dashboard

Brucella

Story map

Atti scientici di riferimento




H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi

Il virus dell’influenza aviare H5N1 corre e acquisisce mutazioni di adattamento ai mammiferi con il rischio di una nuova potenziale pandemia.

Lo conferma un recente studio pubblicato su Nature.

Il virus HPAI H5N1 derivato da bovini da latte si trasmette attraverso goccioline respiratorie nei mammiferi senza previo adattamento e causa infezioni letali in modelli animali.

Un team dell’Università del Wisconsin e del Giappone ha riferito che un isolato di H5N1 dall’occhio di un lavoratore del settore lattiero-caseario mostra una mutazione PB2-E627K legata alla replicazione nei mammiferi. Il lavoratore aveva mostrato una congiuntivite dopo l’esposizione a vacche infette.

I test hanno dimostrato la capacità del virus H5N1 di replicare sulla cornea umana e sulle cellule polmonari. Negli esperimenti sui tessuti di topo, il virus ha infettato 15 tessuti diversi, con i livelli più alti riscontrati nel tessuto respiratorio.

Il team ha infettato i furetti con un’alta carica del virus isolato dal lavoratore lattiero-caseario, trovando un modello di infezione simile a quello dell’uomo, non dei topi. Ricordo che i furetti sono modelli ideali per lo studio dell’influenza a causa dei sintomi clinici e trasmissione simili.

Tutti i furetti infetti sono morti entro cinque giorni e il campionamento dei tessuti ha mostrato la presenza del virus in tutti i tipi, in particolare nei tessuti respiratori. Al contrario, ricerche precedenti che utilizzavano un virus H5N1 bovino hanno rilevato gravi infezioni nei furetti, ma non così letali.

Tra il 17% e il 33% dei furetti nelle gabbie adiacenti sono stati infettati da goccioline respiratorie, indicando che il virus può diffondersi tra i mammiferi con questa modalità anche se con un’efficienza limitata. Tutti i furetti direttamente infetti sono morti entro sei giorni.

Maurizio Ferri,
Responsabile scientifico SIMeVeP




Le micro-nanoplastiche, una sempre più consistente minaccia per le balene, i giganti del mare!

L’ingente e progressivamente crescente contaminazione da micro-nanoplastiche (MNP) degli ecosistemi acquatici e terrestri del nostro Pianeta rappresenta senza dubbio un’emergenza di rilevanza prioritaria, come peraltro risulta testimoniato dalla lapidaria “sentenza” emessa qualche anno fa dal “World Economic Forum”, che recita testualmente: “Nel 2050 (vi sarà) più plastica che pesci nei mari e negli oceani del mondo” (World Economic Forum Report, 2016).

A rendere un siffatto scenario ancora più allarmante contribuisce il comprovato ruolo di potenti “attrattori e concentratori” esplicato dalle MNP nei confronti di una vasta gamma di “contaminanti ambientali persistenti”, ivi compresi metalli pesanti quali il metil-mercurio (MeHg), oltre a numerose categorie di xenobiotici di natura organica quali le diossine, i policlorobifenili (PCB), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS) (Xiang et al., 2022).

Fra le conseguenze negative di tale fenomeno, ritengo opportuno segnalare la consistente “destabilizzazione” arrecata alle catene trofiche in ambito marino e oceanico, con particolare riferimento alle balene, che da “consumatori secondari” (visto e considerato che di zooplancton normalmente si nutrono) si ritroverebbero “improvvisamente” a scalare numerose posizioni della catena alimentare, attestandosi in pratica sui livelli di “predatori apicali” quali delfini, orche ed orsi polari (Berta et al., 2022).

Le ricadute sulla salute e sulla conservazione di queste gigantesche quanto iconiche creature del mare, sempre più minacciate per mano dell’uomo, sarebbero particolarmente gravi in quei contesti geografici ove si registrano alti livelli di contaminazione chimico-ambientale, quali ad esempio il Mar Mediterraneo (Concato et al., 2023).

Ciò a motivo dei documentati effetti immunotossici e neurotossici prodotti da molti contaminanti ambientali persistenti, nonché dai variegati “cocktail” fra gli stessi, senza peraltro tralasciare la rilevante “interferenza” da essi esplicata nei confronti di molteplici attività e funzioni endocrine dell’ospite (Jeong et al., 2024).

Tale quadro risulterebbe ulteriormente aggravato dalla comprovata azione vettrice esercitata dalle MNP nei confronti di svariati agenti patogeni, ivi compresi batteri antibiotico-resistenti che potrebbero trasferire ad altri microorganismi una serie di geni coinvolti nel fenomeno dell’antibiotico-resistenza (Di Guardo, 2023).

Alla luce di quanto sopra esposto ed in considerazione della grande rilevanza e complessità della problematica qui rappresentata, ritengo che un approccio multidisciplinare, ispirato al principio/concetto della “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente -, possa verosimilmente costituire la migliore strategia sia per quantificare la reale “magnitudo” di tali fenomeni sia per mitigare le conseguenze deleterie connesse alla crescente esposizione alle MNP della cetofauna popolante i mari e gli oceani del nostro Pianeta.

Bibliografia consultata

1) Berta A., Kienle S.S., Lanzetti A. Evolution: Killer whale bites and appetites. Curr. Biol. 2022; 32(8):R375-R377. DOI: 10.1016/j.cub.2022.03.001.
2) Concato M., et al. Detection of anthropogenic fibres in marine organisms: Knowledge gaps and methodological issues. Mar. Pollut. Bull. 2023; 191:114949. DOI: 10.1016/j.marpolbul.2023.114949.
3) Di Guardo G. Flood-Associated, Land-to-Sea Pathogens’ Transfer: A One Health Perspective. Pathogens 2023; 12(11):1348. DOI: 10.3390/pathogens12111348.
4) Jeong H., Ali W., Zinck P., Souissi S., Lee J.S. Toxicity of methylmercury in aquatic organisms and interaction with environmental factors and coexisting pollutants: A review. Sci. Total Environ. 2024; 943:173574. DOI: 10.1016/j.scitotenv.2024.173574.
5) Xiang Y., et al. Microplastics and environmental pollutants: Key interaction and toxicology in aquatic and soil environments. J. Hazard. Mater. 2022; 422:126843. DOI: 10.1016/j.jhazmat.2021.126843.

Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP,

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Pillole ambientali e sanitarie sulle zanzare

Si svolgerà il 16 settembre a Piombino (LI) con il patrocinio del Comune e della SIMeVeP, l’evento “Pillole ambientali e sanitarie sulle zanzare” organizzato dall’Azienda Usl Toscana Nord ovest, pensato per sensibilizzare la cittadinanza sulla problematica delle zanzare e delle malattie che possono trasmettere, cercando di fornire informazioni e strumenti utili per prevenire e contrastare la diffusione di questi insetti molesti.

L’appuntamento è per le ore 17.00 presso il Centro Giovani di Piombino

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