Nanotecnologie e sicurezza alimentare

Lo sviluppo applicativo delle nanotecnologie offre delle opportunità ma al contempo, come per tutte le attività umane, possono configurarsi rischi potenziali associati a specifici aspetti la cui valutazione è ancora da completare vista la grande complessità che richiede approcci del tutto innovativi per quanto concerne le tecniche di laboratorio.

Il dott. Vitantonio Perrone, Vice Presidente SIMeVeP, ha esaminato per Sanità Informazione le opportunità e rischi che l’uso di nanotecnologie e nanomateriali possono comportare per la sicurezza alimentare




FRESHDETECT, Test rapido della qualità microbiologica degli alimenti

Le malattie trasmesse tramite alimenti sono una grave fonte di preoccupazione per la salute pubblica in tutto il mondo. Secondo l’OMS ogni anno 600 milioni di persone, una ogni 10, si ammalano dopo aver mangiato alimenti contaminati e 420 000 muoiono.

Per contribuire alla sicurezza alimentare, il progetto FRESHDETECT, finanziato dall’UE, sta sviluppando uno strumento portatile che determinerà la qualità microbiologica dei prodotti a base di carne.

Un opuscolo del prodotto sul sito web del progetto evidenzia che l’apparecchio determina la «carica batterica totale (TVC, Total Viable Count) nella carne cruda senza estrarre campioni e senza incubazione». Il dispositivo utilizza un procedimento a spettroscopia di fluorescenza che dirige una luce blu intensa sulla superficie della carne e misura le firme fluorescenti caratteristiche e la flora batterica. «La TVC è quindi calcolata usando un affidabile algoritmo di analisi al fine di accertare la qualità microbiologica del prodotto. Le misurazioni non sono invasive e durano solo pochi secondi. I risultati sono visualizzati direttamente sul dispositivo subito dopo la misurazione».

Il dispositivo è in grado di memorizzare fino a 2000 misurazioni. I risultati possono essere trasferiti su un PC in qualsiasi momenti mediante una porta USB. Come dichiarato nello stesso opuscolo del prodotto: «I possibili campi di applicazione includono test rapidi per il controllo della carne all’interno dello stabilimento durante tutta la catena di trattamento e lavorazione della carne e il monitoraggio senza ritardi della qualità nelle aree di ricezione e spedizione».

In un articolo sul sito web di notizie «FoodNavigator», Oliver Dietrich, amministratore delegato dell’azienda che coordina il progetto FreshDetect GmbH, ha detto che questa innovazione «crea una nuova dimensione nella sicurezza alimentare».

Secondo CORDIS, il Servizio Comunitario in materia di ricerca e sviluppo che presenta i risultati della ricerca e dell’innovazione dell’UE, il «dispositivo rende possibile un controllo microbiologico non invasivo senza costi addizionali per il funzionamento o la manutenzione». Gli utenti a cui ci si rivolge includono mattatoi, impianti di sezionamento, aziende di lavorazione della carne, commercianti al dettaglio, grossisti e macellai.

In futuro l’applicazione saà ampliata a pesce, latticini, frutta e ortaggi. L’attenzione non si concentra esclusivamente sulla contaminazione batterica, ma anche sul rilevamento di pesticidi, erbicidi, origine, età (grado di maturità) e altri fattori.

Il progetto FRESHDETECT (FRESHDETECT – food safety – fast and reliable) in corso si occupa anche degli sprechi alimentari. CORDIS sottolinea che «la tecnologia di FreshDetect offre un livello finora senza uguali di controllo della lavorazione degli alimenti, consentendo un’ottimizzazione della produzione alimentare e la riduzione al minimo degli sprechi alimentari».

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EFSA/ECDC: l’antibioticoresistenza non mostra segni di diminuzione

efsa ecdcI dati diffusi oggi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) rivelano che gli antimicrobici usati per trattare malattie che possono essere trasmesse tra animali e uomini, come la campilobatteriosi e la salmonellosi, stanno perdendo efficacia.

Ha detto Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare: “Il rapporto pubblicato quest’oggi dovrebbe far squillare ancora una volta campanelli d’allarme: evidenzia che stiamo entrando in un mondo in cui infezioni comuni diventano sempre più difficili – e talvolta impossibili – da trattare. Tuttavia politiche ambiziose, promosse da alcuni Paesi in cui si limita l’uso degli antimicrobici, hanno portato a una diminuzione della resistenza ad essi.

Dunque, prima che i campanelli d’ allarme diventino sirene assordanti, assicuriamoci di agire sempre più tutti insieme, in ogni Paese e in tutti i settori della sanità pubblica, della salute animale e dell’ambiente sotto l’ombrello di un approccio unitario alla salute (One Health)“.

Esaminate i dati: l’antibioticoresistenza in Europa

Secondo il rapporto, che si riferisce ai dati del 2017, in alcuni Paesi la resistenza ai fluorochinoloni (come la ciprofloxacina) nei batteri del genere Campylobacter è talmente alta che tali antimicrobici non funzionano più per il trattamento di casi gravi di campilobatteriosi.

La maggior parte dei Paesi ha riferito che Salmonella nell’uomo è sempre più resistente ai fluorochinoloni. La multi-farmaco resistenza (ovvero la resistenza a tre o più antimicrobici) è elevata nella Salmonella trovata nell’uomo (28,3%) e negli animali, in particolare in S. Typhimurium.

Nel Campylobacter si sono scoperte percentuali da alte ad altissime di batteri resistenti alla ciprofloxacina e alle tetracicline. Tuttavia la resistenza congiunta agli antimicrobici di importanza decisiva era da bassa a bassissima in Salmonella e Campylobacter in esseri umani e animali, e in E. coli indicatore negli animali.

Ora è il momento di invertire l’andamento della resistenza agli antimicrobici, se vogliamo mantenere efficaci gli antibiotici” ha detto Mike Catchpole, direttore scientifico dell’ECDC. “Il fenomeno è particolarmente allarmante quando si parla di resistenza congiunta: percentuali anche basse di resistenza congiunta implicano che per molte migliaia di pazienti in tutta l’UE le opzioni di cura in caso di infezioni gravi sono limitate“.

Ha detto Marta Hugas, responsabile scientifico capo all’EFSA: “Abbiamo visto che quando gli Stati membri hanno attuato politiche rigorose, la resistenza agli antimicrobici negli animali è diminuita. Le relazioni annuali delle agenzie europee e nazionali includono di ciò esempi degni di nota. Ciò dovrebbe servire da ispirazione per altri Paesi”.

La relazione congiunta, che presenta i dati raccolti da 28 Stati membri dell’UE su esseri umani, suini e vitelli di età inferiore a un anno, conferma l’aumento della resistenza agli antibiotici già individuata negli anni precedenti.

Nel giugno 2017 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione sanitario unitario dell’UE contro la resistenza antimicrobica (One Health Action Plan against Antimicrobial Resistance), chiedendo un’azione efficace contro questa minaccia e riconoscendo che deve essere affrontata in termini sia di salute umana, che di salute degli animali e ambiente. L’uso prudente degli antimicrobici è essenziale per limitare l’insorgenza e la diffusione di batteri resistenti agli antibiotici nell’uomo e negli animali.

The European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2017




Farina di Gambero rosso della Louisiana nei mangimi per acquacoltura

gambero rosso della LouisianaSono stati presentati i risultati relativi al primo anno di attività del progetto SUSHIN, “SUstainable fiSH feeds INnovative ingredients”, che ha visto impegnati i ricercatori del Centro di Zootecnia e Acquacoltura del Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria (CREA), in collaborazione con l’Ente Parco Nazionale del Circeo e il Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Fogliano, nel contenimento del Gambero rosso della Louisiana, una specie aliena invasiva presente in alcune aree del Parco, come le zone umide di Caprolace, Fogliano e Monaci.

Tale attività sperimentale, volta allo studio di potenziali ingredienti innovativi e sostenibili in acquacoltura, ha permesso la cattura di oltre 23.000 gamberi, limitando l’espansione di questa specie dannosa nel Parco.

Il progetto SUSHIN, infatti, ha come principale obiettivo quello di implementare soluzioni mangimistiche innovative per gli allevamenti di pesce italiani, salvaguardando la qualità e la sicurezza alimentare del prodotto ittico. Per far questo intende reperire e testare nuove materie prime per la formulazione di mangimi da acquacoltura che rispondano anche a esigenze di sostenibilità ambientale. In questo anno di attività, i ricercatori del Crea hanno sperimentato, insieme ad altre materie prime sottoutilizzate, una farina ottenuta da questo crostaceo. Tale farina ottenuta dal Gambero rosso della Louisiana è stata identificata come uno dei possibili ingredienti per i mangimi da acquacoltura da testare su specie allevate quali orata e trota iridea.

Siamo soddisfatti per i risultati raggiunti in questo anno di attività, è stato fatto un importante passo avanti in ambito di agricoltura biologica e sostenibilità ambientale, proprio perché trasformano questa seria minaccia per la biodiversità del Parco in mangime negli allevamenti di pesce certificati bio – dichiara il direttore dell’Ente Parco Paolo Cassola – E’ solo l’inizio di un duro e importante lavoro per salvaguardare il patrimonio naturalistico dell’area protetta e non solo“.

Fonte: Progetto Ager




Il lupo in italia: monitoraggio dello stato di conservazione, delle minacce, della prevenzione dei conflitti

Dal 2006 al 2012, la popolazione di lupo occupava il 18,04% del territorio nazionale; dati preliminari relativi al periodo 2012-2018 indicano che la proporzione è cresciuta al 23,02%, evidenziando che la presenza della specie interessa oggi ¼ dell’Italia (dati del III rapporto Direttiva Habitat, coordinato da ISPRA). La presenza della specie è attualmente segnalata in anche in contesti diversi da quelli dove tradizionalmente è collocata, quali ambienti di pianura e caratterizzati da una maggiore presenza antropica.

In Italia, il declino del lupo è proseguito fino agli anni 70, quando la specie era definitivamente scomparsa dall’arco alpino e permaneva soltanto nelle zone appenniniche dell’Italia centro-meridionale.

Negli ultimi 40 anni, la specie ha avuto un naturale recupero, andando ad occupare tutto l’arco Appenninico e raggiungendo prima le Alpi occidentale e più recentemente quelle centro-orientali.

Dati recenti, riferibili al campionamento 2017-18, presentati in forma preliminare in occasione del convegno finale del progetto LIFE WOLFALPS nel marzo del 2018, riportano per le Alpi la presenza di 47 branchi, 6 coppie e 1 individuo solitario e un numero minimo di 293 individui (dati progetto Wolfalps). Per la restante porzione del territorio peninsulare nazionale, esistono due stime che tuttavia non derivano da un programma organico di monitoraggio e sono quindi associate ad un elevato grado di incertezza. La prima, a scala nazionale, riporta 1580 animali – con una valutazione dell’incertezza compresa tra 1070 e 2472; la seconda, un valore complessivo per il territorio italiano compreso tra un minimo di 1269 individui ed un massimo di 1800.

L’incremento numerico e distributivo del lupo impone un costante sforzo di aggiornamento delle conoscenze sulla specie, per fornire ai decisori dati scientifici credibili e autorevoli sui quali basare le scelte di conservazione e gestione. Con questo obiettivo, l’ISPRA è stato incaricato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di elaborare e applicare un Piano Nazionale di monitoraggio, che permetta di raccogliere dati standardizzati per tutto il territorio interessato dalla presenza della specie su distribuzione e abbondanza, prevalenza dell’ibridazione con il cane domestico, diffusione dei danni agli animali domestici, applicazione ed efficacia dei metodi di prevenzione degli impatti. Dell’avvio di questo Piano si questo si discute oggi e domani a Roma con i principali esperti del lupo del mondo della ricerca, dei parchi, delle regioni e province autonome e del mondo delle associazioni.

Quali sono le minacce per la conservazione della popolazione italiana di questa specie? Sicuramente la mortalità di origine antropogenica, per le quali mancano stime attendibili dell’impatto complessivo: bracconaggio, incidenti stradali, malattie trasmesse da domestici, l’ibridazione con il cane che mette a rischio il patrimonio genetico del lupo, il generale conflitto con le attività antropiche (danni all’allevamento).

Mancano dati attendibili sugli impatti del bracconaggio (che tutti gli esperti ritengono molto diffuso), degli incidenti stradali e degli effetti delle malattie trasmesse dai domestici. Mentre per l’ibridazione con il cane, che mette in pericolo il patrimonio genetico del lupo, rischiando di cancellare gli adattamenti frutti di milioni di anni di evoluzione, dal 2002 ad oggi il personale del Laboratorio dell’Area per la Genetica della Conservazione dell’ISPRA ha analizzato il DNA estratto da più di 13500 campioni biologici: da tale analisi condotte in 15 anni, sono emersi più di 2000 genotipi unici di cui l’8-13% presentava tracce di ibridazione. Tuttavia in alcune aree del paese, come la Toscana, si registra un picco di ibridazione che interessa il 25-33% degli esemplari (dati Regione Toscana, analizzati in collaborazione con ISPRA) arrivando a oltre il 50% nel Grossetano, e con diversi branchi prevalentemente ibridi.

E’ essenziale avere una fotografia precisa dei danni causati dal lupo, per meglio programmare le misure di prevenzione e compensazione, ma i dati raccolti restano molto frammentari: una ricognizione condotta dall’Unione Zoologica Italiana su incarico del Ministero Ambiente per il periodo 2010-2015, con dati relativi a 15 regioni, 2 province autonome e 9 parchi nazionali, indicava per l’Italia una media di 2590 capi predati/anno, con indennizzi erogati in media di 1.439.308 euro/anno




Individuare gli Interfenti endocrini, pubblicate le linee guida Efsa/Echa

L’EFSA e l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) hanno pubblicato linee guida sulle modalità per individuare le sostanze con proprietà d’interferenza endocrina in pesticidi e biocidi.

E’ la Commissione europea che ha incaricato l’EFSA e l’ECHA di sviluppare linee guida armonizzate, per garantire che i criteri di interferenza endocrina adottati dall’UE nel 2017 vengano applicati alla valutazione di biocidi e pesticidi in modo uniforme in tutta l’UE. La guida è stata redatta con il sostegno del Centro comune di ricerca, il servizio di scienza e conoscenza della Commissione europea.

Nel sistema UE, l’ECHA è responsabile della valutazione dei biocidi mentre l’EFSA valuta la sicurezza delle sostanze attive utilizzate nei pesticidi.

Le due agenzie avevano iniziato a lavorare alle linee guida l’anno scorso, in stretta consultazione con i portatori di interesse accreditati presso le due agenzie e con esperti in materia di interferenti endocrini, alcuni dei quali provenienti da Stati membri dell’UE.

A dicembre 2017 e gennaio 2018 si è tenuta una consultazione pubblica sulla versione in bozza e tutti i commenti ricevuti sono stati considerati dai redattori nella stesura del documento finale.

La guida verrà utilizzata per la valutazione dei biocidi a partire dal 7 giugno 2018. Per i pesticidi sarà utilizzata nelle valutazioni di quelle sostanze per le quali è in programma una decisione a partire dal 10 novembre 2018. Ciò perché i criteri per l’individuazione degli interferenti endocrini nei pesticidi sono stati concordati più tardi rispetto a quelli per i biocidi.

Per ulteriori informazioni

Fonte: Efsa




Fao: il commercio ha un ruolo chiave nel fornire cibo di qualità, sano e salutare

FAOIl commercio internazionale è uno strumento importante per combattere la fame ma i paesi devono garantire allo stesso tempo che il cibo commercializzato a livello globale sia di buona qualità, sicuro e salutare, ha affermato il Direttore Generale della FAO all’International Forum on Food Safety and Trade (Foro Internazionale sulla salubrità e il commercio del cibo ndt) che si tiene in questi giorni (23-24 aprile) presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) a Ginevra.

In molti paesi la disponibilità di cibo è legata fortemente alle importazioni” ha affermato Da Silva. “Sfortunatamente alimenti non salutari e ultra-processati si prestano meglio al commercio internazionale in termini di trasporto e conservazione”.

Graziano da Silva ha sottolineato come questi prodotti abbiano già contribuito in maniera sostanziale all’aumento dei tassi di obesità in paesi che importano la maggior parte del proprio cibo, come le isole del Pacifico e dei Caraibi.

Il Direttore Generale della FAO ha quindi lanciato un appello alla comunità internazionale perché vengano promosse regole e regolamenti commerciali in favore del consumo di alimenti sani e nutrienti.

La salubrità del cibo attraversa i confini. Oggi il cibo prodotto in un paese può raggiungere negozi, ristoranti e frigoriferi dall’altra parte del pianeta in 24 ore” ha affermato il Dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS. “Non esiste differenza tra salubrità per i ricchi e per i poveri. La salute di tutti, indifferentemente da dove vivono e da cosa mangiano, deve essere protetta allo stesso modo”.

L’accesso a cibo sicuro è fondamentale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. È quindi imperativo discutere come le politiche in materia di alimenti, salute e commercio possono essere allineate per realizzare questi obiettivi comuni” ha affermato il Direttore Generale del WTO, Roberto Azevêdo. “Sono lieto di avere l’opportunità di porre l’accento su questo tema oggi al WTO… Dobbiamo considerare come trarre il massimo vantaggio dalle opportunità offerte dal progresso tecnologico nel sostenere i progressi in salubrità alimentare e salute pubblica. Questo è esattamente il tipo di scambio che l’evento di oggi cerca di promuovere”.

Per essere sicuro, il cibo deve anche essere salutare

Intervenendo al foro, il Direttore Generale della FAO ha ricordato che la salubrità del cibo non può essere intesa solo come volta ad evitare intossicazioni alimentari o malattie di origine alimentare. Al contrario essa deve affrontare i le diverse minacce alla salute legate adiete di bassa qualità.

Al giorno d’oggi, molti alimenti ultra processati sono ancora considerati sicuri per il consumo” ha spiegato “ma la verità è che i cibi altamente processati sono la causa principale della preoccupante crescita dei tassi di obesità nel mondo. Possiedono un basso valore nutrizionale, con alti tassi di grassi saturi, zuccheri raffinati, sale e additivi chimici”.

Oggi più di 670 milioni di adulti sono obesi. Alcune stime indicano che il loro numero sorpasserà presto il numero quanti sono colpiti dalla fame – 821 milioni di persone nel 2017.

Ha sottolineato che mentre la fame è circoscritta ad alcune aree specifiche, soprattutto in zone colpite da conflitti e dai cambiamenti climatici, l’obesità è ovunque. “Stiamo assistendo alla globalizzazione dell’obesità. Otto dei venti paesi dove l’obesità cresce più rapidamente si trovano in Africa” ha aggiunto.

Graziano da Silva ha ribadito come l’obesità sia associata a diverse malattie croniche, come il diabete, i problemi cardiaci, l’ipertensione e alcune forme di cancro e costi circa due trilioni di dollari all’anno in cure sanitarie dirette e perdita di produttività. “Un impatto equivalente a quello del fumo o degli odierni conflitti armati. Perché il cibo sia adeguato per il consumo umano, oltre ad essere sicuro deve anche essere salutare” ha affermato.

Espandere gli standard internazionali di salubrità del cibo

Nel suo intervento, Graziano da Silva ha sottolineato l’importanza di standard unici sulla salubrità degli alimenti per assicurare pratiche commerciali eque. “Se ogni governo applicasse standard diversi, il commercio sarebbe più costoso, e sarebbe molto più difficile assicurare che il cibo scambiato sia sicuro” ha sottolineato.

In questo contesto, il Codex Alimnetarius – l’organo creato dalla FAO e dall’OMS per la definizione degli standard relativi alla salubrità del cibo – “è il principale punto di riferimento per gli standard alimentari” e ha invitato tutti i paesi a rafforzare la loro partecipazione al lavoro del Codex e a facilitare l’implementazione delle sue decisioni.

Graziano da Silva ha poi concluso ricordando l’impegno della FAO per promuovere, assieme a tutti i paesi e ai suoi partner, sistemi alimentari sostenibili e per assicurare che il cibo commercializzato sia sicuro, sano e nutriente: “non c’è sicurezza alimentare senza salubrità alimentare e diete sane” ha ribadito.

Fonte: FAO




FAO: Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura

biodiversità alimentareLa FAO ha pubblicato per la prima volta il rapporto sullo Stato della biodiversità mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura che  presenta preoccupanti prove che la biodiversità che sta alla base dei nostri sistemi alimentari sta scomparendo, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell’ambiente.

La biodiversità alimentare e agricola consiste in tutte le specie che supportano i nostri sistemi alimentari e cioè in tutte le piante e gli animali – selvatici e domestici – che forniscono cibo, mangimi, carburante e fibre e una volta persa non può essere recuperata.

Alla biodiversità alimentare e agricola si affianca la “biodiversità associata” cioè la miriade di organismi che sostengono la produzione di cibo attraverso i servizi eco-sistemici  il che include tutte le piante, gli animali e i microrganismi  (insetti, pipistrelli, uccelli, mangrovie, coralli, piante marine, lombrichi, funghi, batteri) che mantengono i terreni fertili, impollinano le piante, purificano l’acqua e l’aria, mantengono le risorse ittiche e forestali in buona salute, e aiutano a combattere i parassiti e le malattie delle coltivazioni  e del bestiame.

Il rapporto denuncia una riduzione della diversità delle coltivazioni,un maggiore numero di razze di animali a rischio d’estinzione e l’aumento della percentuale di stock ittici sovra-sfruttati; le cause sono da rintracciare nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, seguiti da inquinamento, sovra-sfruttamento, cambiamenti climatici, crescita della popolazione e urbanizzazione.

Il rapporto in pdf (in inglese)

La rapporto on line (in inglese)

L’articolo integrale sul sito della Fao (in Italiano)

A cura della segreteria SIMeVeP




Il ruolo della SPV nello spreco alimentare, com’è andato il convegno nelle Marche

Grande partecipazione e grande interesse per il corso Ecm “Recupero delle eccedenze e contrasto allo spreco alimentare. Prospettive, Tendenze, Nuovi progetti” che si è tenuto l’11 ottobre presso il Teatro Comunale di Porto San Giorgio (FM).

Non solo veterinari, cui il corso era rivolto in particolare. Sono infatti interfenuti il Prefetto di Fermo, Maria Luisa D’Alessandro, l’Arvicescovo di Fermo mosignor Rocco Pennacchio, gli alunni dell’alberghiero di Porto Sant’Elpidio, il Sindaco Nicola Loira e Il Vice Presidente della Regione e Assessore regionale al bilancio, Fabrizio Cesetti.

“Sono estremamente condivisibili gli obiettivi degli organizzatori del convegno, che si mobilitano contro lo spreco alimentare per una gestione consapevole e intelligente degli alimenti. Arginare il fenomeno dello spreco alimentare è diventata ormai una necessità sociale, ambientale ed economica”

La Regione Marche “ci crede e si è sempre attivata anche per orientare politiche di economia circolare perché le ritiene strategiche per una crescita economica, occupazionale, degli investimenti e dell’equità sociale compatibile con l’equilibrio delle risorse naturali. L’economia circolare, infatti, non significa solo salvaguardare l’ambiente ma si pone l’obiettivo di abbandonare il concetto lineare di produrre, consumare e scartare per incentivare invece l’applicazione dei metodi circolari che sono basati sul ridurre, riusare e riciclare” ha aggiunto l’assessore.

“Abbiamo deciso di costituire una cabina di regia con i medici veterinari dell’Asur Marche, l’Istituto Zooprofilattco Sperimentale di Umbria e Marche, l’Università di Camerino – Scuola di Bioscienzee medicina veterinaria, diretta dalla SIMeVeP. In questo diamo per primi in Italia attuazione al progetto sullo spreco avviato a Bergamo nel 2006” ha detto Antonio Angellotti, promotore dell’evento.

Nel servizio del TGR Marche, le dichiarazioni del Presidente SIMeVeP, Antonio Sorice, e di Antonio Angellotti, Segretario regionale




Indagine Istat sui prodotti agrolimentari di qualità, allevamenti in lieve calo

Nel 2017 si rafforza il trend di crescita dei prodotti agroalimentari di qualità nelle sue diverse componenti (produttori, trasformatori, superfici e numero di prodotti riconosciuti); solo gli allevamenti sono in leggero calo. Lo rileva l’Istat nell’indagine sui prodotti alimentari di qualità  (DOP, IGP, STG) nell’anno 2017.

Il numero di produttori Dop, Igp e Stg aumenta, rispetto al 2016, dell’1,8%.Cresce considerevolmente il numero dei trasformatori (+7,6%).

Nel confronto con l’anno precedente, gli allevamenti (40.043 strutture) si riducono dell’1,3% mentre la superficie (232.803 ettari) aumenta del 17,9%.

L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea. I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2017 sono 295 (4 in più sul 2016); tra questi, quelli attivi sono 285 (96,6% del totale).

I settori con il maggior numero di riconoscimenti sono: Ortofrutticoli e cereali (111 prodotti), Formaggi (53), Oli extravergine di oliva (46) e Preparazioni di carni (41); Carni fresche e Altri settori comprendono, rispettivamente, 6 e 38 specialità.

Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con più Dop e Igp (rispettivamente 45 e 38 prodotti riconosciuti).

Nel 2017 gli operatori certificati sono 85.592, 1.897 in più del 2016 (+2,3%). Tra questi, il 90,6% svolge solo attività di produzione, il 6,4% solo trasformazione e il 3% entrambe le attività.

Gli operatori sono soprattutto uomini: l’83,8% dei produttori e l’86,2% dei trasformatori.

I produttori (80.189) sono particolarmente numerosi nei settori Formaggi (26.491, 33% del totale), Oli extravergine di oliva (21.959, 27,4%) e Ortofrutticoli e cereali (18.746, 23,4%).

Anche i trasformatori (8.050) sono presenti soprattutto nei settori Oli extravergine (2.206, 27,4% del totale), Ortofrutticoli e cereali (1.674, 20,8%) e Formaggi (1.505, 18,7%).

Carni fresche: riparte la crescita di prodotti certificati
Nel corso del 2017 il settore delle Carni fresche consegue una nuova Igp, i Vitelloni piemontesi della coscia, ancora non attiva al 31 dicembre.

Le Carni fresche comprendono cinque prodotti Dop e Igp attivi: il Vitellone bianco dell’Appennino centrale (allevato in Emilia-Romagna e nelle regioni del Centro, Abruzzo, Molise e Campania), l’Abbacchio romano nel Lazio, l’Agnello di Sardegna e la Cinta Senese in Toscana. Gli animali allevati, bovini, suini e ovini, si utilizzano per la produzione di carne, distribuita come prodotto fresco dopo la lavorazione.

Il settore raggruppa 9.684 operatori, di cui 8.767 produttori/allevatori che gestiscono 8.809 allevamenti, con 17,8mila bovini, 1,0 milioni di ovini e 8mila suini, e 1.011 trasformatori con 2.148 impianti di lavorazione. Rispetto all’anno precedente aumentano i produttori (+122, pari a +1,4%), gli allevamenti (+129, +1,5%), i trasformatori (+73, +7,8%) e gli impianti di trasformazione (+132, +6,5%).

Il 62,6% degli allevamenti si concentra nelle regioni meridionali, il 63,3% dei produttori e il 62,1% dei trasformatori si trovano nelle aree collinari. Sono solo 94 i produttori che svolgono contemporaneamente anche l’attività di trasformazione.

Preparazioni di carni: aumentano trasformatori e impianti
Le Preparazioni di carni (prosciutti, insaccati, carne di maiale macellata e prodotti a base di carne bovina e suina) comprendono, come nel 2016, 41 specialità (21 Dop e 20 Igp), di cui solo una, l’Igp Mortadella di Prato, non attiva).

La maggior parte dei produttori e dei trasformatori risulta iscritta contemporaneamente a più prodotti Dop e Igp in quanto, per le diverse esigenze di mercato, più parti dello stesso animale allevato e macellato vengono destinate alla trasformazione in differenti prodotti di qualità. Le specialità riconosciute comprendono sia prodotti molto diffusi (Prosciutto di San Daniele, Prosciutto di Parma, ecc.) sia prodotti di nicchia (Lardo di Colonnata, Salame di Varzi, ecc.).

Il settore raggruppa 4.009 operatori, di cui 738 trasformatori con 1.042 impianti di lavorazione e 3.280 produttori/allevatori, che gestiscono 3.852 allevamenti.

Nel 2017 si riduce, nel confronto con il 2016, il calo degli operatori.  Al calo delle componenti zootecniche corrisponde un incremento dei trasformatori (+42, +6%) e degli impianti (+15 strutture, +1,5%).

Sono solo nove gli operatori che svolgono contemporaneamente la funzione sia di allevatore sia di trasformatore. La quasi totalità dei produttori e dei relativi allevamenti è coinvolta nella produzione di insaccati e prosciutti, mentre l’86,7% degli allevatori è interessato anche ai prodotti a base di carne suinicola macellata.

Il numero di allevamenti risulta superiore a quello degli allevatori: infatti una quota di produttori (soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte) gestisce contemporaneamente più allevamenti. Nel Nord si concentrano il 68,2% dei trasformatori e oltre il 90% dei produttori, degli allevamenti, delle scrofe e dei posti ingrasso.

Le regioni con la maggior consistenza produttiva sono Lombardia (1.337 allevatori e 1.575 allevamenti), Piemonte (737 e 845) ed Emilia-Romagna (497 e 629).

La consistenza degli operatori è estremamente contenuta nel Mezzogiorno. Tuttavia va segnalata la presenza di un piccolo nucleo di allevatori e trasformatori che producono e lavorano quattro rinomate specialità (Capocollo, Pancetta, Salame e Soppressata di Calabria) e di alcuni trasformatori siciliani che elaborano il Salame Sant’Angelo.

La nota ISTAT integrale