Rinviata l’Assemblea Generale OIE

L’88ª Sessione dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) che avrebbe dovuto tenersi, come ogni anno, a maggio a Parigi è stata rinviata a data da destinarsi in conseguenza dell’emergenza Covid-19




PSA in Sardegna: vicini all’eradicazione

Peste Suina AfricanaGrazie alle attività messe in campo a partire dal 2015 da parte dell”Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana, e alle azioni dei Servizi veterinari e IZS, la Sardegna è un passo dal risultato: l’eradicazione della malattia, endemica nell’isola dal 1978 nei suini domestici, maiali bradi e cinghiali.

In questa fase cruciale vengono pubblicati due importanti studi che forniscono elementi utili alla conclusione del percorso.

I due studi, ad accesso libero sono pubblicati si Mdpi, Multidisciplinary Digital Publishing Institute.

Il primo “African Swine Fever Circulation among Free-Ranging Pigs in Sardinia: Data from the Eradication Program“, a cura dei ricercatori dell’IZS Sardegna, IZS Umbria e Marche e Università di Sassari, ha indagato la prevalenza e la distribuzione della PSA tra i suini liberi in Sardegna e la caratterizzazione dei ceppi di PSA che circolano tra i suini bradi nell’isola.

I dati dello studio suggeriscono fortemente l’assenza di varianti  non-HAD PSA o di altre varianti della PSA attenuate che circolano tra i suini liberi sardi, indicando così che altri fattori hanno contribuito alla tolleranza della PSA da parte dei suini illegali presenti in Sardegna.

Comprendere i fattori alla base della persistenza della malattia in ambienti endemici potrebbe contribuire a sviluppare contromisure efficaci, sostengono gli autori nelle conclusioni.

Tenuto conto che la persistenza della PSA cinghiali selvatici è maggiore rispetto agli allevamenti suini e le lacune di conoscenza nell’epidemiologia della malattia ostacolano l’eradicazione del virus, gli autori del secondo studio “Mathematical Approach to Estimating the Main Epidemiological Parameters of African Swine Fever in Wild Boar” –  cui hanno partecipato i ricercatori dell’IZS  Sardegna, IZS Umbria e Marche e ISPRA – hanno applicato diversi approcci matematici per stimare i principali parametri epidemiologici che sono in grado di descrivere l’evoluzione e l’attuale stato epidemico di PSA nel nord sardegna. Nelle ultime fasi di un’epidemia, queste stime sono strumenti cruciali per identificare l’intensità degli interventi necessari per eradicare definitivamente la malattia.

A cura della segreteria SIMeVeP




OIE: continuare la lotta alle malattie animali anche durante la pandemia da COVID-19

L’OIE, Organizzazione mondiale per la sanità animale, richiama i paesi a mantenere in atto le misure di prevenzione e controllo delle malattie degli animali, anche durante la Pandemia da COVID-19. Il sostegno alle attività veterinarie è essenziale per evitare gli impatti dannosi delle malattie degli animali, che potrebbero aggravare le attuali crisi sanitarie e socioeconomiche.
L’OIE presenta le principali conclusioni del report sulla situazione globale della salute degli animali.

Nonostante gli impatti devastanti di COVID-19, che hanno comportato restrizioni globali agli spostamenti, le malattie degli animali continuano a diffondersi in tutto il mondo. Le malattie transfrontaliere degli animali incidono gravemente sulla salute e sul benessere degli animali, così come sui mezzi di sussistenza di migliaia di famiglie. Queste malattie rappresentano una grave minaccia per la sicurezza alimentare globale e, se ampiamente diffuse, e mettono a rischio i sistemi di produzione animale.

l’OIE ha pubblicato il 19 giugno il report annuale sulla situazione globale della salute degli animali, richiamando l’attenzione sulle malattie animali per le quali osservate nel 2019 e nel 2020, è su altre malattie sottoposte a strategie di controllo globale o con processi di eradicazione in atto. Anche durante la pandemia di COVID-19, i paesi sono chiamati a mantenere i loro sforzi per preservare la salute e il benessere degli animali. A questo proposito, nel rapporto vengono fornite raccomandazioni per aiutare i servizi veterinari nazionali ad attuare misure efficaci di monitoraggio sorveglianza, segnalazione e controllo.

Frenare l’impatto delle malattie animali epidemiche
Negli ultimi anni diversi fattori hanno contribuito alla diffusione di malattie animali transfrontaliere comportando situazioni epidemiche che ancora persistono.

Nell’ultimo anno è stato osservato un aumento mondiale della Peste Suina Africana. Una delle maggiori sfide per il controllo di questa malattia mortale per i suini è l’assenza di un vaccino efficace. La PSA è stata segnalata dal 28% dei paesi membri dell’OIE (42 sui 150 paesi e territori dichiaranti). In breve tempo, la malattia ha scatenato una grave crisi nell’industria della carne suina, causando enormi perdite suine, gravi impatti socioeconomici, rischiando di interrompere la catena di approvvigionamento mondiale di carne suina e sottoprodotti derivati.
In risposta a questa minaccia globale, l’OIE ha lavorato a fianco dei paesi membri e della Fao mettere in atto iniziative regionali e una risposta coordinata, nell’ambito del Quadro globale per il controllo progressivo delle malattie transfrontaliere degli animali ( GF-ADT). Questi sforzi hanno contribuito ad aumentare il numero di paesi che attuano misure di sorveglianza e controllo per la PSA, raggiungendo il 90% dei paesi dichiaranti nel periodo 2018-2019. I paesi sono chiamati a continuare ad attuare le misure necessarie e a segnalare tempestivamente i focolai di PSA attraverso il Sistema mondiale di informazione sulla salute degli animali dell’OIE (World Animal Health Information System – WAHIS).

Tenuto conto della sfida rappresentata dalla malattia, la risposta deve comportare azioni coordinate e cooperazione internazionale. A breve sarà lanciata un’iniziativa nell’ambito del GF-TAD per il controllo globale della PSA.

Un’altra sfida per la sanit veterinaria e i sistemi di salute pubblica è rappresentata dall’influenza aviaria ad alta patogenicità, una delle malattie più segnalate negli ultimi anni che ha gravi ripercussioni sia sui mezzi di sussistenza di molte persone che sul commercio internazionale. L’analisi della dinamica dell’epidemia di HPAI presentata nel rapporto dell’OIE mostra una maggiore attività del virus nei primi mesi del 2020. I ceppi di influenza aviaria hanno un potenziale impatto zoonotico e la capacità di mutare ed evolversi rapidamente
In questo contesto, la promozione della trasparenza e la comprensione della situazione globale continuano ad essere una priorità per proteggere la salute pubblica e garantire un commercio sicuro di animali e prodotti di origine animale.

Questi esempi dimostrano che le epidemie di malattie animali comportano impatti devastanti che potrebbero intensificare la crisi in corso. In tempi di COVID 19, i paesi sono incoraggiati a mantenere e rafforzare i loro sforzi per prevenirle e controllarle.

A cura della segreteria SIMeVeP




La Politica di Sanità Animale nell’Unione Europea

Bandiera Unione EuropeaLe fasi iniziali di gestione dell’emergenza Covid-19 nell’UE sono state infelicemente caratterizzate da interventi sanitari degli stati membri non coordinati e talvolta in competizione e dalla mancanza di armonizzazione delle strategie di sorveglianza e misure di contenimento. Questa risposta frammentata appare essere il risultato inevitabile della competenza esclusiva degli stati membri per la tutela della salute umana (es. gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e assegnazione delle relative risorse), stabilita dall’art. 168 del Trattato sul funzionamento dell’unione europea, e su cui l’UE non può incidere direttamente tramite atti normativi propri. Purtuttavia la stessa UE in virtù del suddetto articolo può mantenere seppure limitatamente, la competenza per il sostegno, coordinamento e completamento dell’azione degli stati membri, con particolare riguardo alle misure comunitarie coordinate tra le autorità sanitarie per la gestione delle emergenze transfrontaliere [1]. Questo intervento è purtroppo mancato nella gestione dei focolai di Covid-19.

In aggiunta a ciò gli eventi hanno segnalato l’incapacità dell’UE di sfruttare appieno lo strumento rappresentato dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC), che non è riuscito a svolgere un ruolo più attivo in questa crisi nell’interesse della Commissione e degli stati membri, con il risultato di aver indirettamente alimentato comportamenti isolazionisti.

La cacofonia prodotta dalle variegate misure di controllo nazionali dei focolai di Covid-19, seppure limitatamente alla fase esponenziale della curva epidemica [3] ci spinge a fare un confronto con le strategie di sorveglianza epidemiologica e controllo utilizzate per la sanità animale, che a livello comunitario discendono dalla ‘Strategia di sanità animale’ e sono supportate da disposizioni normative consolidate e uniformi. E’ evidente come l’esistenza di un quadro normativo armonizzato per la sanità animale abbia costituito un punto di forza per la gestione efficace delle passate epidemie infettive animali (es. influenza aviaria, afta epizootica).

In un breve contributo di Maurizio Ferri, Coordinatore scientifico SIMeVeP, viene presentato e commentato un quadro sinottico delle principali componenti della Strategia comunitaria in materia di sanità animale, ispirata al principio “prevenire è meglio che curare”, come ampiamente declinato dal regolamento (UE) 2016/429 di sanità animale.




Non solo sicurezza alimentare: superlavoro dei veterinari durante la pandemia da Covid-19

La filiera agroalimentare non si è mai fermata neppure nelle settimane più cupe della pandemia, come pure i controlli di veterinari e tecnici, che hanno garantito l’arrivo di prodotti sicuri sulle tavole.

Ma non di sola sicurezza alimentare si sono occupati i veterinari di sanità pubblica, che in questo periodo non hanno smesso di occuparsi costantemente di altre attività indifferibili legate alla  della salute degli animali e al loro benessere, per sventare la diffusione di altre malattie infettive, dall’influenza aviaria all’encefalopatia spongiforme bovina, la cosiddetta muccapazza, per non parlare delle circa duecento variabili di agenti patogeni che possono passare dagli animali all’uomo, dall’anisakis alla salmonella.

Antonio Sorice, responsabile del Dipartimento Veterinario dell’ATS di Bergamo e Presidente della Società italiana di Medicina Veterinaria Preventiva ne ha parlato ne ha parlato con l’Eco di Bergamo

Se durante il lockdown, l’attività veterinaria si fosse fermata le conseguenze sarebbero state drammatiche, anche per l’economia del paese




ISS: Indicazioni ad interim sull’igiene degli alimenti durante l’epidemia da virus SARS-CoV-2

Il virus SARS-CoV-2 si diffonde per contagio inter-umano, e non vi sono evidenze di trasmissione alimentare, associata agli operatori del settore alimentare o agli imballaggi per alimenti.

La sicurezza degli alimenti, nel quadro normativo europeo, è garantita tramite un approccio combinato di prevenzione e controllo che abbraccia le filiere agroalimentari “dal campo alla tavola”. Nel corso dell’epidemia di COVID-19, tuttavia, la tutela dell’igiene degli alimenti richiede azioni aggiuntive mirate a circoscrivere nei limiti del possibile il rischio introdotto dalla presenza di soggetti potenzialmente infetti in ambienti destinati alla produzione e commercializzazione degli alimenti.

Il Rapporto ISS COVID-19 n. 17/2020, elaborato dal Gruppo di lavoro ISS Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, fornisce indicazioni e raccomandazioni specifiche per garantire l’igiene degli alimenti e degli imballaggi alimentari nelle fasi di produzione, commercializzazione e consumo domestico.

Fonte: ISS




COVID-19: Food safety risk? The facts

covid-19La pandemia da COVID-19 ha creato interruzioni senza precedenti e imprevedibili in ogni ambito della vita sociale ed economica e ha generato molte incertezze, fra cui quelle sulla salubrità della catena di approvvigionamento alimentare, ponendo nuove sfide agli agricoltori, produttori, distributori, aziende di beni di consumo, dettaglianti.

La filiera alimentare e l’industria alimentare sono sotto i riflettori a causa della preoccupazione, a volte amplificata dai media, sul potenziale ruolo degli alimenti nella trasmissione dell’infezione alle persone.

Maurizio Ferri, Coordinatore Scientifico SIMeVeP, propone un’analisi delle attuali posizioni e conoscenze scientifiche (in inglese)




ISS per COVID-19

issL’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato un numero speciale del notiziario all’attività svolta dall’Ente nell’ambito dell’emergenza
legata alla pandemia del nuovo coronavirus COVID-19, dall’inizio dell’emergenza sino alla data di pubblicazione del numero stesso.

Il Presidente dell’ISS, Silvio Brusaferro, membro del Comitato Tecnico Scientifico (Decreto del Capo della Protezione Civile n. 371 del 5 febbraio 2020), ha istituito 22 Gruppi di lavoro sui rischi per la salute legati all’infezione da COVID-19 a cui partecipano sia esperti ISS che esperti di altre importanti istituzioni.

I risultati delle attività, che riguardano importanti aree di ricerca, sorveglianza, formazione, informazione e comunicazione, forniscono al Governo le informazioni e i dati tecnico-scientifici utili per intraprendere misure di sanità pubblica e aggiornare il personale sanitario e gli stakeholder

L’intento è di rendere disponibili in un unico contenitore le diverse e molteplici attività svolte dall’ISS per farle conoscere, valorizzarle e documentarle nel tempo, offrendo ai lettori le chiavi di accesso a preziose informazioni per il contenimento dell’epidemia.

Le attività descritte non esauriscono il notevole impegno dell’ISS su più fronti e in continua e costante evoluzione. Per i documenti
prodotti dall’ISS è fornito il link alle risorse online, liberamente accessibili.

Accedi allo speciale




Api e Ambiente, nuovo manuale operativo

Dopo una lunga pausa riprende,  con una pubblicazione sulle attività di sanità pubblica veterinaria collegate all’apicoltura la collana di manuali dei “Quaderni di veterinaria preventiva”.

Il testo è frutto dell’impegno di colleghi esperti, ma anche appassionati, dell’allevamento delle api e quindi particolarmente sensibili alle problematiche che da diversi anni interessano l’apicoltura e quindi sulle loro ripercussioni economiche oltre che sanitarie nonchè della loro valenza di animali sentinella dello stato dell’ambiente.

Come per altri anche questo manuale rappresenta la sinergia tra nostri gruppi di lavoro e un’altra realtà associativa, giovane ma già fortemente affermata, come quella rappresentata dalla Società scientifica veterinaria per l’apicoltura (SVETAP).

Come per i precedenti quaderni il nostro obiettivo è quello di arricchire la “cassetta degli attrezzi” dei veterinari di sanità pubblica, ma non solo, con uno strumento in grado di fornire e meglio catalogare informazioni, sia teoriche che pratiche, per affrontare e quindi gestire tutti quegli input, non solo normativi, che coinvolgono in maniera sempre più pressante i colleghi che operano nei Dipartimenti di Prevenzione.

Come detto questo manuale vede la pubblicazione dopo una discreta pausa ma giunge comunque al momento giusto vista la recente applicazione del Regolamento 2017/625 che innova completamente il sistema dei controlli ufficiali previsto dal “pacchetto igiene” e in anticipo su quello 2016/429 sulla sanità animale che ancora di più confermerà che “prevenire è meglio che curare”.

Per ultimo possiamo di certo affermare che, vista ancora la insufficiente attenzione che la formazione universitaria riserva all’allevamento delle api e alle loro produzioni, il testo potrà rappresentare anche un valido strumento di conoscenza per gli studenti e in particolare per quelli per i quali, durante il loro percorso accademico, dovesse nascere attenzione e crescere passione per la medicina veterinaria preventiva.

Il manuale “Api e ambiente”, è disponibile per l’acquisto in forma cartacea ed è anche scaricabile gratuitamente in pdf




CoViD-19 e fase 2

Fase 2Sono un patologo veterinario e insegno da quasi 20 anni patologia generale e fisiopatologia veterinaria all’Universita’ di Teramo. Le “malattie infettive emergenti”, il 70% delle quali sostenute da agenti in grado di trasferirsi dall’animale all’uomo, sono da oltre 30 anni al centro dei miei interessi scientifici ed il coronavirus responsabile della CoViD-19 non rappresenta di certo “un’eccezione alla regola”, come peraltro testimoniato dai lavori che ho recentemente pubblicato su prestigiose riviste scientifiche quali Science e British Medical Journal (BMJ).

A tal proposito, il tanto agognato ed oramai imminente avvio della cosiddetta “fase 2” in data 4 Maggio mi spinge a fare le considerazioni che verranno esposte qui di seguito e che fondano le loro premesse sulle conoscenze scientifiche attualmente disponibili (e non) sulla CoViD-19 e su SARS-CoV-2, il betacoronavirus che ne e’ l’agente causale:

  1. L’effettivo numero dei casi d’infezione da SARS-CoV-2 in Italia potrebbe esser pari (secondo l’autorevole King’s Imperial College londinese) a 5 milioni, a fronte dei circa 200.000 finora accertati.
  2.  Gli individui SARS-CoV-2-infetti, seppur asintomatici o paucisintomatici, sarebbero in grado di trasmettere l’infezione ad altri individui.
  3. I tamponi naso-faringei e le relative indagini biomolecolari finalizzate a ricercare la presenza del virus sono stati/e finora effettuati/e in larghissima misura solo su pazienti sintomatici.
  4. La positivita’ ad un test sierologico (effettuato sul sangue ed opportunamente validato a cura dell’Istituto Superiore di Sanità) testimonia l’avvenuta esposizione a SARS-CoV-2, il che non equivale a dire che i soggetti sieropositivi abbiano acquisito un’immunita’ nei suoi confronti.
  5. L’immunita’ nei confronti del virus e’ comprovata dalla presenza degli “anticorpi neutralizzanti”, la cui “concentrazione minima” nel sangue in grado di rivelarci se quell’individuo abbia sviluppato (o meno) un’efficiente ed efficace risposta immunitaria anti-virale non e’ a tutt’oggi nota.
  6. Quand’anche un individuo venisse classificato come “immune” nei confronti del virus, non e’ dato ancora sapere per quanto tempo rimarrà tale.
  7. Uno studio appena pubblicato su BMJ riferisce che il 60% dei pazienti con CoViD-19 eliminerebbero il virus con le feci per un arco temporale mediamente pari a 22 giorni, a fronte dell’eliminazione di SARS-CoV-2 per via respiratoria, ad opera degli stessi, per un tempo mediamente pari a 18 giorni.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, che nella mia veste di rappresentante della comunità scientifica ho comunque inteso mantenere ben distinte e separate dalle pur fondamentali componenti e valutazioni di carattere economico-finanziario alle quali la drammatica “emergenza CoViD-19” risulta intimamente connessa, mi sento di esprimere una serie di perplessità su alcune delle misure appena adottate dal nostro Governo in vista della “ripartenza”, seppur parziale, scaglionata e graduale, che avverrà per le diverse attività lavorative a far tempo dal fatidico quanto agognato avvio della “fase 2”.

Nello specifico, come si può pensare di “ripartire” il 4 Maggio e di avviare, in pari data, lo “screening siero-epidemiologico” (mediante i “famosi” tests che ricercano la presenza degli anticorpi anti-SARS-CoV-2 nel sangue), oltre che l’eventuale, auspicabile effettuazione dei tamponi naso-faringei (e/o salivari), sulle lavoratrici e sui lavoratori interessate/i in prima istanza dalle succitate disposizioni governative?

Logica e buon senso avrebbero richiesto che per il 4 Maggio fossero già disponibili i risultati delle indagini laboratoristiche di cui sopra, non gia’ che si decidesse di avviarle! Aggiungo, per amore di verità (scientifica) e per completezza d’informazione, che bisognerebbe fare esclusivo riferimento a test di comprovata affidabilità, ovverosia ufficialmente validati e certificati come tali a cura dell’Istituto Superiore di Sanità, con l’ulteriore avvertenza che sarebbe “cosa buona e giusta” utilizzare test “unici ed univoci” sull’intero territorio nazionale, in maniera tale da poter consentire tutti i confronti “ex ante” e, soprattutto, “ex post” che si renderanno necessari via via necessari fra i diversi laboratori chiamati ad analizzare i numerosissimi campioni biologici prelevati e a refertarne i relativi esiti.

Così operando o, per dirla in maniera oltremodo prosaica, “confrontando mele con mele e pere con pere”, si potra’ fornire una risposta ben più rapida, affidabile e precisa a questi due fondamentali interrogativi:

  1. a quale titolo gli anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 presenti nel sangue risultano protettivi
  2. quanto dura l’immunità conferita dai succitati anticorpi nei confronti dell’agente virale?

Concludo esprimendo un’ulteriore perplessità, che racchiude al suo interno, per così dire, tutte quelle fin qui esplicitate: come mai, sic stantibus rebus e visto che questo temibilissimo virus lo conosciamo da soli 4 mesi, non e’ stato disposto dal nostro Governo, in una sana ottica di applicazione del salvifico “principio di precauzione”, l’obbligo incondizionato (unitamente al “social distancing“), per tutte e per tutti (indipendentemente dall’eta’), di indossare sempre e comunque (e non soltanto nei luoghi chiusi, sui mezzi di trasporto pubblico o durante le cerimonie funebri) l’oramai “famosa” mascherina chirurgica (che dovrebbe essere perfettamente “a norma”, peraltro)?

Giovanni Di Guardo
Università di Teramo
Facoltà di Medicina Veterinaria