One Health: modelli di prevenzione a 360°, intervento di Grasselli al Congresso SItI

Il Presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli ha partecipato ai lavori alla sessione plenaria “ONE HEALTH, SE NON OGGI QUANDO? DALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA ALLA TRANSIZIONE EPIDEMIOLOGICA“, moderata da Alberto Fedele e Walter Ricciardi, che si è tenuta durante la prima giornata del 54° congresso della SItI – Società Italiana di Igiene “La sanità pubblica nel post-Covid. Occasioni di rilancio per una prevenzione integrata”.

Alla Sessione plenaria hanno partecipato, insieme a Grasselli: Alberto Fedele, Maria Teresa Montagna, Espedito Moliterni, Gianni Rezza (La Salute Planetaria nella prospettiva della Sanità Pubblica),  Margherita Ferrante (La transizione ecologica per il contrasto ai cambiamenti climatici), Antonella De Donno (Il caso Xylella in Puglia: risvolti ambientali e agroalimentari d’interesse sanitario)

Sintesi dell’intervento “One Health: modelli di prevenzione a 360°” di Aldo Grasselli




Medicina unica per la sanità: sogno o realtà?

Il Presidente Onorario SIMeVeP, Aldo Grasselli, sarà relatore al corso ECM “Medicina unica per la sanità: sogno o realtà?” che si terrà il 20 novembre 2021 presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie (DSV-UniTo), Università degli Studi di Torino.

Il corso, organizzato anche con il sostegno di SIMeVeP e FVM,  intende mettere in luce l’importanza della comunicazione bidirezionale tra medici e veterinari per il concetto di medicina unica per prevenire potenziali emergenze e affrontare le Antropozoonosi traendo spunto dalla pandemia COVID-19.

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Di Guardo: “I vaccini, una vera e propria manna per il mondo intero!”

Sono un veterinario che per quasi 20 anni ha insegnato patologia generale e fisiopatologia veterinaria all’Universita’ di Teramo e, mantenendo fede all’identità culturale appannaggio della categoria professionale cui mi vanto e mi onoro di appartenere, mi preme sottolineare che la ragion storica all’origine delle Facoltà di Medicina Veterinaria nel Vecchio Continente, nate dapprima in Francia ed in Italia a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, si deve alla peste bovina.

Questa malattia, sostenuta da un virus imparentato con quello del morbillo e che illo tempore era causa di gravissime perdite fra le mandrie di mezza Europa, è stata dichiarata ufficialmente eradicata a livello globale nel 2011 – a distanza di 250 anni esatti dall’istituzione della prima Facoltà di Medicina Veterinaria, fondata nel 1761 a Lione – grazie alle campagne di vaccinazione effettuate sulla popolazione bovina.

Analoga sorte è toccata al vaiolo, anch’esso debellato su scala planetaria nel 1980 grazie alle vaccinazioni di massa della popolazione umana.

Ai giorni nostri il “nemico pubblico” da combattere si chiama SARS-CoV-2, il betacoronavirus che ha sinora mietuto oltre 5 milioni di vittime nel mondo! Gli efficaci vaccini di cui disponiamo a distanza di un solo anno dall’identificazione del virus – quasi un miracolo (!) – costituiscono, come è ben noto, una formidabile arma nel contrasto alla diffusione di SARS-CoV-2, con particolare riferimento alle forme gravi e ad esito letale di CoViD-19.

Di contro, la mancata vaccinazione di ampie fette di popolazione, oltre a “mettere le ali” al virus (come sta avvenendo in diversi Paesi dell’est Europa), si traduce di fatto in un accresciuto rischio di comparsa di nuove varianti, non di rado più contagiose e/o patogene rispetto a quelle circolanti, come chiaramente testimoniato dalle varianti delta, delta plus, lambda e mu, di gran lunga prevalenti e dominanti la scena epidemiologica in molti Paesi se non addirittura in interi Continenti.

In un siffatto contesto, non andrebbe parimenti tralasciato il ruolo che gli animali potrebbero giocare nell’insorgenza di nuove varianti virali. Se da un lato, infatti, il range delle specie suscettibili nei confronti dell’infezione naturale e/o sperimentale da SARS-CoV-2 appare in progressiva espansione, come recentemente documentato dai “cervi a coda bianca” (Odocoileus virginianus) nella regione nord-orientale degli Stati Uniti d’America, l’emblematico “precedente” rappresentato dagli allevamenti intensivi di visoni nei Paesi Bassi e in Danimarca (ove ben 17 milioni di questi animali sono stati abbattuti!) dovrebbe essere adeguatamente enfatizzato: nei visoni allevati in questi due Paesi è stata accertata già nel 2020, infatti, la presenza di una nuova variante di SARS-CoV-2, denominata “cluster 5” e contraddistinta dalla mutazione Y453F a livello della glicoproteina “spike” (S), che si sarebbe “selezionata” a seguito della pregressa acquisizione del virus umano da parte dei visoni, che gli stessi avrebbero quindi “restituito” all’uomo.

Repetita iuvant e, cosa non meno importante, Historia magistra vitae!

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e
Fisiopatologia Veterinaria
all’Universita’ di Teramo

 




Cambiamenti climatici: la zootecnia sotto accusa

Cambiamenti climaticiNon sorprende più di tanto veder mettere sotto accusa il settore degli allevamenti di animali da reddito, dato che la zootecnia  è da diverso tempo sottoposta alle attenzioni dell’associazionismo animalista, che trova ampia audience in trasmissioni televisive e inchieste giornalistiche. Le criticità certo non mancano in questo settore, ma l’approccio è assai spesso ideologico e non contribuisce al necessario confronto,  cedendo il più delle volte a una contrapposizione esasperata che, piuttosto che a un suo miglioramento, propone l’auspicio della sua scomparsa.

Ma se le critiche, anche aspre, si rivolgono prevalentemente  e scontatamente all’allevamento intensivo, di recente tale coinvolgimento in negativo ha interessato anche il settore della zootecnia
biologica. Anch’essa viene vista infatti in qualche modo criptica e soprattutto, tra le altre cose, come una delle responsabili dell’emissione di gas serra, di cui è ormai da tempo acclarato il
contributo al riscaldamento globale e quindi ai  cambiamenti climatici.

Continua a leggere il contributo di Vitantonio Perrone, VicePresidente SIMeVeP, su La Settimana Veterinaria.




Covid, One Health e la Metagenomica

dnaLa pandemia di COVID-19 ci ha insegnato che la diagnosi clinica delle infezioni umane emergenti, nonostante la tempestività, non è sufficiente per arginare e controllare l’insorgenza dei focolai, soprattutto quando a causarli sono patogeni in grado di sostenere efficacemente la trasmissione interumana. Ci ricorda inoltre che, per prevenire e rispondere efficacemente alle future emergenze occorre una strategia rinnovata che poggi su due pilastri chiave: l’integrazione delle infrastrutture genomiche/metagenomiche all’interno di programmi di intelligence epidemica e la mobilizzazione delle diverse professionalità che collaborano per la sorveglianza delle malattie emergenti, che è One Health.

Covid-19 con i suoi effetti trasformazionali ha accelerato i tempi dei programmi di sorveglianza genomica, stimolato la condivisione globale del genoma di SARS-CoV-2 e generato una scala di sequenziamento senza precedenti che ha superato l’influenza, l’HIV ed i patogeni di origine alimentare. Ha anche indicato la strada da percorrere per una più efficace collaborazione intersettoriale e transdisciplinare e per la creazione di una base scientifica integrata utile al riconoscimento precoce delle sindromi di malattie insolite ed identificazione rapida di serbatoi animali (trasmissione pre-diagnostica), ancora prima dell’individuazione dell’agente o agenti causali nei casi clinici. E’ fin troppo evidente come l’attesa di prove sostanziali della trasmissione interumana abbia reso i successivi sforzi di contenimento della pandemia inefficaci se non impossibili.

L’ampia circolazione dei coronavirus tra gli animali selvatici, il probabile salto di specie (spillover) di SARS CoV-2 dai pipistrelli all’uomo (o tramite un ospite intermedio) ed il rapido aumento delle varianti SARS-CoV-2 in ospiti non umani, con il potenziale rischio di reinfezione umana, sono condizioni che richiedono attività di monitoraggio più estese con l’acquisizione delle sequenze genomiche dei virus, necessari per poter sviluppare mappe regionali del rischio ed attuare programmi di sorveglianza mirati. SARS-CoV-2 presenta un patchwork genetico unico, a cui hanno contribuito diversi progenitori ed è il risultato di un complesso processo evolutivo e di ricombinazione nei corredi genetici. A volte, la ricombinazione può trasformare un virus non minaccioso in una nuova minaccia, come è il caso della ricombinazione di due coronavirus isolati di recente nei cani in Indonesia con la formazione di un ceppo ibrido che ha infettato otto bambini. Lavori recenti indicano che la distribuzione geografica dei virus SARS-CoV-2 correlati sia molto più ampia di quanto ritenuto in precedenza.

La ricostruzione filogenetica di un frammento genomico chiave per il tropismo e lo spettro degli ospiti di SARS-CoV-2 ha permesso di individuare tre coronavirus nei pipistrelli della specie Rhinolophus spp. nel nord del Laos, geneticamente più simili a SARS-CoV-2 rispetto a RaTG13, ritenuto essere il suo parente più stretto. Sono nuovi virus che presentano un dominio RBD di legame al recettore che differisce di poco rispetto a SARS-CoV- 2, e diversamente dagli altri coronavirus SARS-CoV-2-correlati sono capaci di legarsi fortemente al recettore ACE2 espresso dalle cellule umane. Ciò suggerisce che SARS-CoV-2 abbia potuto acquisire la capacità di trasmissione interumana solo mediante una selezione evolutiva naturale e smentisce l’ipotesi del virus costruito in laboratorio. Pertanto, se la selezione è naturale, l’origine di SARS-CoV-2 deve essere cercata nei serbatoi naturali, in primis nei pipistrelli.

Questi sono gli obiettivi di altri studi di sorveglianza dei nuovi coronavirus condotti negli ultimi mesi in Cambogia, Cina e Tailandia, e parzialmente finanziati con 125 milioni di dollari dall’USAID per il progetto DEEP VZN (Discovery & Exploration of Emerging Pathogens Viral Zoonoses), che opera in Africa, Asia e America Latina. Riguardo ad altri potenziali serbatoi, di recente è stato dimostrato come il sito di scissione della furina S1/2, determinante per il tropismo virale, replicazione e patogenesi di SARS-CoV-2, non presente in genere nei coronavirus dei pipistrelli, sia invece comune nelle sequenze associate ai roditori. Le conferme provengono da altri studi.

Come suggerito di recente su Lancet, One Health è il filo conduttore dei programmi di sorveglianza genomica/metagenomica integrata, che combinano le infezioni umane a quelle degli animali (fauna selvatica e vettori) e alla circolazione ambientale dei patogeni. I potenziali siti di campionamento per le analisi dovrebbero includere sia le zone di maggiore interazione tra uomo e animali selvatici, e quindi a maggiore probabilità di eventi di spillover virale (es. parchi, siti di ecoturismo, foreste), sia luoghi associati ad un rischio più elevato di circolazione virale, come gli aerei a lunga distanza, le stazioni della metropolitana, ma anche i macelli, le acque reflue urbane ed i rifiuti animali.

In sostanza la minaccia di una nuova malattia X con potenziale epidemico o pandemico deve essere affrontata in una prospettiva One Health, utilizzando strumenti di sorveglianza integrata basati su sistemi di informazione geografica, telerilevamento di dati ed epidemiologia molecolare. Le buone intenzioni esistevano già nel 2004, quando l’OMS, la FAO e l’OIE indicarono congiuntamente le direzioni da seguire, ma ciò non è stato sufficiente per prevedere la pandemia di COVID-19. Per il futuro si spera che le raccomandazioni formulate dai leader dell’UE, del G7 e del G20 in occasione dell’Assemblea Mondiale della Sanità nel maggio 2021, e la promessa di importanti investimenti della Commissione Europea per rafforzare l’infrastruttura dedicata alle varianti SARS- CoV-2, forniscano il terreno ideale per affrontare e prevenire le future minacce pandemiche.

Maurizio Ferri
Coordinatore Scientifico SIMeVeP




Raid incendiario nella casa di un veterinario pubblico

Nei giorni scorsi Marcello Di Franco, medico veterinarioin servizio presso la Asl Caserta, Presidente Fespa nonchè componente della Task Force regionale per l’applicazione di un Piano straordinario di eradicazione di brucellosi e tubercolosi, già vittima in precedenza di minacce, ha subito l’ennesimo atto intimidatorio a causa delle attività di controllo ufficiale svolte in allevamenti infetti.

La SIMeVeP esprime solidarietà e vicinanza al collega e si appella alle istituzioni, per conto delle quali i veterinari di sanità pubblica operano a tutela della salute pubblica, perchè diano concretezza, con determinazione e fermezza, alle misure previste per prevenire atti intimidatori e sostenere le vittime di violenza.

 

 




Proposta di sterilizzazione farmacologica per nutrie e scoiattoli grigi

Scoiattolo_grigioLe specie aliene o esotiche invasive –  cioè quegli animali e piante  e microorganismi originari di altre regioni geografiche, introdotte volontariamente o accidentalmente in un ambiente naturale nel quale normalmente non risiedono e che insediandosi alterano gli ecosistemi –  rappresentano una minaccia per l’ambiente e la biodiversità.

Il Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 230  prevede una serie di misure di gestione volte all’eradicazione, al controllo demografico o al contenimento delle popolazioni delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, transnazionale o nazionale.

Recentenemente la Lav ha proposto al governo di finanziare  la ricerca per lo sviluppo del vaccino contraccettivo sia nel caso degli scoiattoli grigi sia nel caso delle nutrie




SIMeVeP al Sana di Bologna

Dal 9 al 12 settembre alla 33° edizione della Fiera Sana di Bologna sarà presente anche la Società Italiana di Medicina veterinaria Preventiva presso lo stand del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Il focus è tutto rivolto al mondo ittico e al contrasto delle fake news per una informazione sempre più corretta e autorevole per un mercato sempre più trasparente e di qualità, al contrasto della concorrenza sleale per una tutela sempre maggiore del consumatore anche sugli gli aspetti legati alla sostenibilità e al benessere del pescato e dell’allevato.

I medici veterinari sono impegnati nella tutela della salute pubblica e si occupano quindi anche di garantire la corretta tracciabilità e il benessere dei pesci. Da anni la SIMeVeP è impegnata nella corretta informazione, approfondimenti e confronti con i propri associati sui temi più “caldi” del settore ittico inerenti le problematiche igienico sanitarie.

Tra le ultime iniziative attivate, il  patrocinio di  un opuscolo che risponde in modo semplice alle principali fake news del settore ittico “ Acqua in bocca” e una interrogazione per ottenere maggiori chiarimenti sull’asterisco sui menu dei ristoranti.

SIMeVeP vi invita a partecipare agli eventi previsti ed a  iscrivervi agli appuntamenti con gli esperti previsti, consultando il programma e prenotandosi al seguente link http://www.event-way.it/landing-sana-bologna/

Molti i temi trattati dall’acquacoltura alla pesca, all’etichetta, al benessere alla sostenibilità all’antibiotico-resistenza. E molti i relatori autorevoli protagonisti degli eventi dal mondo universitario, istituzionale, dalle associazioni di produttori e di consumatori.

Il presidente di SIMeVeP Antonio Sorice è lieto di questa partecipazione e si complimenta con il MIPAAF per l’importante iniziativa presso il padiglione 37 c46/d45 .

Scriveteci per avere informazioni anche in merito alla possibilità di ottenere l’ingresso gratuito alla fiera per aderire alle iniziative di vostro interesse.




Usda conferma la positività di alcuni cervi a SARS-CoV-2

Il 27  agosto 2021 i National Veterinary Services Laboratories (NVSL) del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) hanno confermato il rilevamento di SARS-CoV-2 in alcuni cervi selvatici dalla coda bianca in Ohio.

Si tratta del primo caso di confermato in tutto il mondo. Studi precedenti avevano dimostrato che i cervi possono essere infettati sperimentalmente dal virus  e che alcuni cervi selvatici avevano anticorpi contro il virus.

Il comunicato integrale, in inglese, sul sito USA




Metà delle specie aliene marine arrivano in Ue via nave

Il trasporto marittimo svolge e continuerà a svolgere un ruolo essenziale nel commercio e nell’economia mondiale ed europea. Negli ultimi anni, il settore marittimo ha adottato misure significative per alleviare il proprio impatto ambientale.

In vista di un atteso aumento dei trasporti via mare a livello globale, con riferimento all’UE la relazione sull’impatto ambientale del trasporto marittimo europeo, presentata dall’Agenzia europea dell’ambiente e dall’Agenzia europea per la sicurezza marittima,  rivela per la prima volta la piena portata dell’impatto di tale settore sull’ambiente e individua le problematiche da risolvere per conseguire uno sviluppo sostenibile.

Dalla relazione emerge che nel complesso, dal 1949, il settore del trasporto marittimo è il principale responsabile dell’introduzione di specie non indigene nei mari dell’UE (circa il 50%), la maggior parte delle quali è stata rilevata nel Mediterraneo. Si tratta di un totale di 51 specie, tutte classificate ad alto impatto, perché possono incidere sugli ecosistemi e sulle specie autoctone. La relazione segnala anche che i dati disponibili per valutare l’impatto complessivo sugli habitat e sulle specie sono limitati.

Secondo il rapporto le navi che fanno scalo nei porti dell’Ue e dello Spazio economico europeo hanno generato circa 140 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2018, il 18% delle emissioni da trasporto marittimo su scala mondiale.

Migliora la situazione delle perdite di petrolio. Nonostante i volumi trasportati via mare siano aumentati negli ultimi 30 anni, su un totale di 18 grandi fuoriuscite accidentali di petrolio nel mondo dal 2010, solo tre sono state localizzate nell’Ue (17%).

A cura della segreteria SIMeVeP