Animali e varianti di SARS-CoV-2, tutto è connesso!

L’identificazione della temibile variante “omicron”, alias “B.1.1.529”, recentemente avvenuta in Botswana ed in Sudafrica – sebbene la stessa fosse gia’ presente e circolante da diversi giorni sia nei Paesi Bassi che negli USA -, ha reso ancora piu’ esiguo il numero delle lettere dell’alfabeto greco non ancora utilizzate per designare le varianti di SARS-CoV-2 via via emergenti sulla scena epidemiologica globale. In un siffatto contesto si sta contemporaneamente assistendo ad un graduale aumento del numero delle specie domestiche e selvatiche naturalmente e/o sperimentalmente suscettibili nei confronti del betacoronavirus responsabile della CoViD-19, che nel mondo ha sinora provocato più di 5.300.000 decessi, 135.000 dei quali in Italia.

L’ultima specie che si è aggiunta, in ordine di tempo, al già corposo elenco di quelle sensibili al virus è rappresentata dall’ippopotamo, con due esemplari (madre e figlia, rispettivamente di 41 e 14 anni) mantenuti all’interno dello zoo di Anversa, in Belgio, risultati entrambi SARS-CoV-2-infetti.

Di particolare interesse risulta, altresì, il comportamento  di due distinte specie animali – il visone e il cervo a coda bianca – nei confronti dell’infezione virale.

Negli allevamenti intensivi di visoni olandesi e danesi è stata infatti segnalata, oltre un anno fa, la presenza della variante “cluster 5” (recante la mutazione Y453F a livello del gene codificante per la proteina “spike“, grazie alla quale il virus è in grado di penetrare nelle cellule umane ed animali, previa interazione col recettore ACE2 posizionato sulla loro superficie), che si sarebbe sviluppata negli stessi a seguito di una pregressa acquisizione dell’infezione ad opera di allevatori SARS-CoV-2-infetti. I visoni avrebbero quindi ritrasmesso il virus mutato (“cluster 5“) all’uomo, fattispecie quest’ultima che ha provocato l’abbattimento/eutanasia, in Danimarca, di ben 17 milioni di esemplari mantenuti all’interno dei suddetti allevamenti!

Per quanto attiene ai cervi a coda bianca, una specie la cui suscettibilità nei riguardi dell’infezione sperimentale da SARS-CoV-2 era già stata resa nota da un precedente studio pubblicato nel Marzo 2021, desta fondati motivi di allarme l’elevata percentuale di esemplari sieropositivi, pari a circa il 40%, riscontrati fra la popolazione residente nella regione nord-orientale degli USA. Una successiva indagine condotta sui cervi a coda bianca dell’Iowa ha altresì consentito di dimostrare la presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 in una percentuale superiore all’80% degli individui testati, un terzo dei quali avrebbe parimenti fornito esito positivo alle relative analisi biomolecolari (RT-PCR) eseguite sui linfonodi retrofaringei. Gli studi di sequenziamento genomico effettuati sugli esemplari risultati positivi alle indagini biomolecolari avrebbero quindi permesso di documentare la circolazione, nei cervidi in questione, di numerose varianti virali già descritte nella nostra specie, prime fra tutte la “B.1.2” e “B.1.311”. E, mentre l’infezione da SARS-CoV-2 si sta diffondendo anche tra i cervi a coda bianca del Canada, la presenza della variante “alfa” (alias “B.1.1.7”) è stata recentemente riportata in Francia in un cane e in due gatti con miocardite, i cui proprietari erano affetti da CoViD-19. Un analogo caso d’infezione sostenuta dalla variante “alfa” di SARS-CoV-2 era già stato accertato qualche mese prima, in Piemonte, in un gatto i cui proprietari erano risultati parimenti affetti da CoViD-19.

E’ oramai acclarato che SARS-CoV-2 è un agente patogeno dotato di notevole “plasticità”, come eloquentemente testimoniano le numerose varianti virali (“variants of concern” e “variants of interest“) comparse e circolanti in ogni angolo del Pianeta. Queste sono il frutto, a loro volta, dei cicli replicativi che il virus compie all’interno sia delle nostre cellule sia di quelle delle numerose specie animali domestiche e selvatiche che a SARS-CoV-2 risultano sensibili, fattispecie quest’ultima alla quale non si presta la dovuta attenzione, secondo l’opinione di chi scrive.

Il genoma di SARS-CoV-2 consta di circa 30.000 nucleotidi e si stima che, ad ogni replicazione coinvolgente 10.000 delle succitate basi azotate, possa corrispondere la comparsa di una mutazione genetica. Ovviamente esistono varie tipologie di mutazione e solo un ridotto numero di esse permetterà al virus di acquisire “nuove” caratteristiche fenotipiche (la cosiddetta “gain of function“), quali ad esempio una più spiccata virulenza e/o un’accresciuta capacità di diffusione/trasmissione interumana e di colonizzazione delle nostre cellule, se non addirittura di elusione della risposta immunitaria indotta dall’infezione o dalla vaccinazione, caratteristiche che la ben nota variante “delta” e, presumibilmente – sulla base dei dati sin qui acquisiti -, anche la “new entry omicron (che presenta almeno 32 mutazioni a livello del gene codificante per la glicoproteina “spike“, il doppio rispetto a quelle caratterizzanti la variante “delta”) sembrano ricapitolare in maniera quantomai efficace.

In considerazione degli elementi sopra esposti e, nondimeno, in una salutare quanto opportuna prospettiva di One Health – la “salute unica di uomo, animali ed ambiente” -, sarebbe a dir poco miope e riduttivo considerare Homo sapiens sapiens quale “unico attore” coinvolto nelle intricate e complesse dinamiche d’interazione virus-ospite, tanto piu’ alla luce della probabile origine di SARS-CoV-2 dal mondo animale, come già dimostrato per i suoi due “predecessori” rappresentati dai betacoronavirus della SARS e della MERS e, più in generale, per almeno il 70% degli agenti responsabili delle cosiddette “malattie infettive emergenti”.

In un siffatto contesto spiace molto a chi scrive dover sottolineare che, a dispetto dei quasi due anni oramai trascorsi dalla sua istituzione, un solo Collega Veterinario non sieda ancora nel “Comitato Tecnico-Scientifico”, popolarmente noto con l’acronimo “CTS”.
Per dirla con Sant’Agostino, Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria all’Universita’ di Teramo




Questionario RIBMINS per Veterinari Ufficiali

Nell’ambito del progetto dell’azione europea COST RIBMINS CA18105 sulla modernizzazione dell’ispezione delle carni, al quale partecipa il Coordinatore scientifico SIMeVeP Maurizio Ferri, è stato elaborato un questionario online rivolto ai veterinari ufficiali che lavorano nei paesi europei.

L’obiettivo è caratterizzare i veterinari ufficiali in termini di demografia e opportunità di formazione.

Vi inviatiamo a rispondere alle domande per contribuire in modo sostanziale all’identificazione delle lacune formative e alla creazione di future opportunità di formazione per i veterinari ufficiali.

La risposta al questionario è riservata e anonima e richiederà 10 minuti.

Accedi al questionario

www.ribmins.com




Parere CNSA – Echinococcosi cistica: conoscenze attuali e suggerimenti per la prevenzione e il controllo della diffusione

L’Echinococcosi cistica (EC) è una malattia cronica disabilitante di origine parassitaria, diffusa in tutto il mondo e storicamente endemica in Italia, che costituisce un caso esemplare di one-health, coinvolgendo l’uomo, i cani, gli animali da reddito, l’ambiente e i prodotti alimentari.

Su scala internazionale, nonostante lo svolgimento di importanti programmi di ricerca, sussistono ancora numerose incertezze scientifiche e diverse criticità che non consentono di delineare un preciso quadro epidemiologico, sia per l’uomo che per gli animali. Nonostante, quindi, sia difficile calcolare con precisione l’onere sanitario ed economico dell’echinococcosi, si stima che tale patologia sia responsabile di perdite economiche significative nel settore della sanità pubblica. A livello globale, uno studio del 2006 ha stimato costo di almeno 760 milioni di dollari di perdite per l’infezione umana e di almeno 140 milioni di dollari per le perdite annuali di produzione degli animali da reddito. Per quanto riguarda l’Italia, l’EC risulta essere la seconda zoonosi per ospedalizzazione, e sono stati stimati un onere finanziario medio nazionale di circa 4.000.000 di euro l’anno per l’infezione umana e notevoli perdite economiche per la riduzione della produzione lattea negli animali da reddito.

La Sezione per la Sicurezza Alimentare del CNSA evidenzia la necessità di sensibilizzare ed informare cittadini ed operatori sanitari, al fine di assicurare il contenimento della parassitosi, ed auspica lo svolgimento di studi scientifici che possano contribuire alla conoscenza delle fonti di infezione e delle abitudini socioculturali coinvolte nella trasmissione della patologia nelle aree endemiche.

Parere CNSA – Echinococcosi cistica: conoscenze attuali e suggerimenti per la prevenzione e il controllo della diffusione




Cambiamenti climatici: la zootecnia sotto accusa

Cambiamenti climaticiNon sorprende più di tanto veder mettere sotto accusa il settore degli allevamenti di animali da reddito, dato che la zootecnia è da diverso tempo sottoposta alle attenzioni dell’associazionismo animalista, che trova ampia audience in trasmissioni televisive e inchieste
giornalistiche. Le criticità certo non mancano in questo settore, ma l’approccio è assai spesso ideologico e non contribuisce al necessario confronto, cedendo il più delle volte a una contrapposizione esasperata che, piuttosto che a un suo miglioramento, propone l’auspicio della sua scomparsa. Ma il tema è più complesso di quanto potrebbe apparire.

Il contributo del Vice Presidente SIMeVeP, Vitantonio Perrone, per La Settimana Veterinaria




Applicazione del Reg. Ue 2017/625 nei laboratori europei

Si è svolto il 23 Novembre presso l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie il primo incontro formativo ‘APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO UE 2017/625 NEI LABORATORI EUROPEI’ rivolto al personale dei laboratori.

Il corso tenuto dal dott. Ferri Maurizio, Coordinatore scientifico SIMeVeP, ha  inteso fare acquisire conoscenze sui requisiti previsti dal Regolamento UE 2017/625, con particolare approfondimento degli aspetti correlati alla sicurezza e sanità animale e al concetto di imparzialità dei laboratori ufficiali.

I temi specifici trattati hanno riguardato principalmente il requisito di assenza del conflitto di interesse nella gestione ed esecuzione di esami su campioni ufficiali sulla base della tipologia, classificazione e ambito di attività (sanità animale e sicurezza alimentare) e campioni prelevati dagli OSA, e procedure di campionamento di cui al decreto legislativo n. 27/2021.

Sono stati inoltre illustrati: casi pratici riferiti ad alcuni laboratori europei e i relativi strumenti messi in atto per l’applicazione del Regolamento 625/2017, e le modalità di gestione delle attività analitiche presso l’IZSVe nel contesto della sicurezza alimentare e sanità veterinaria.

Il corso che si conclude il 14 Dicembre, prevede sessioni pratiche con gruppi di lavoro che a partire da casi studio dovranno analizzare i relativi processi e formulare proposte atte a mitigare i rischi potenziali di conflitto di interesse e garantire l’ottemperanza al Reg.UE 2017/625 e alla legislazione nazionale/vincoli regionali.

Le slide presentate




Omicron: per quanto tempo ancora l’alfabeto greco designera’ le varianti di SARS-CoV-2?

L’identificazione della variante “omicron”, alias “B.1.1.529”, recentemente avvenuta in Sudafrica – sebbene la stessa fosse gia’ presente nei Paesi Bassi -, ha reso ancora piu’ esiguo il numero delle lettere dell’alfabeto greco non ancora utilizzate per designare le varianti di SARS-CoV-2 che progressivamente emergono sulla scena epidemiologica mondiale. Contemporaneamente si accresce, altresì, il numero delle specie animali suscettibili al betacoronavirus responsabile della CoViD-19.

In alcune di queste (gatto, cane, cervo a coda bianca) e’ stata parimenti segnalata la presenza di varianti (“alfa”, “B.1.2”, “B.1.311” ed altre ancora), verosimilmente acquisite da nostri conspecifici SARS-CoV-2-infetti.

In un siffatto contesto, risulta particolarmente degna di attenzione la variante “cluster 5”, comparsa oltre un anno fa negli allevamenti intensivi di visoni olandesi e danesi, per esser quindi ritrasmessa dai visoni stessi all’uomo.

In considerazione di quanto sopra esposto e, nondimeno, in una quantomai opportuna prospettiva di “One Health” – la “salute unica di uomo, animali ed ambiente” -, sarebbe a dir poco miope e riduttivo considerare Homo sapiens sapiens quale “unico attore” coinvolto nelle intricate e complesse dinamiche d’interazione virus-ospite, tanto piu’ alla luce della probabile quanto plausibile origine di SARS-CoV-2 dal mondo animale.

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria
all’Universita’ di Teramo




Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus

Sarà presentato il 6 dicembre 2021 a Perugia il libro di Maurizio Martina, vicedirettore generale della FAO, “Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus”

Ore 14,30 – Saluti istituzionali
Amedeo Bianco, Presidente della Fondazione Onaosi
Aldo Grasselli, vice Presidente della Fondazione Onaosi
Giorgio Eduardo Montanari, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche
Fabrizio Rueca, Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria
Maurizio Oliviero, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia

Tavola rotonda per la presentazione del volume
Chairman: Maurizio Monaci, Professore dell’Università degli Studi di Perugia
Coordina: Margherita D’Amico, Scrittrice e Giornalista
Nicola Bertinelli, vice Presidente Coldiretti, Presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano
Beniamino Cenci Goga, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare
Alessandro Fantini, Direttore Ruminantia
Maurizio Martina, vice Direttore Generale “Food and Agriculture Organizationof the United Nations”
Maurizio Oliviero, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia
Lorella Tosone, Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia

Ore 16,30 – L’impatto della pandemia sulla sicurezza alimentare nel mondo
Luca Pieroni e Lorella Tosone dialogano con Maurizio Martina a partire dal rapporto “The state of food security and nutrition in the world, 2021” (Fao, Ifad,Unicef, Wfp, Who).

E’ possibile partecipare all’evento anche attraverso la piattaforma Zoom

Locandina




FVE: ONE HEALTH ruolo dei veterinari e sostenibilità della produzione alimentare

FVE – Federazione dei veterinari europei è impegnata in una campagna di informazione sul ruolo e l’impegno dei medici veterinari per la sostenibilità dei sistemi alimentari attraverso attraverso la promozione della salute, del benessere e della salute pubblica degli animali nell’ottica dell’approccio One health.

• Documento di sintesi FVE https://bit.ly/3I2J1r6

• Il ruolo dei veterinari nella promozione di One Health – un bene pubblico globale – https://bit.ly/3riLMhX

• #Whylivestockmatter – Campagna ILRI – https://whylivestockmatter.org/livestock-pathways-2030-one-health

 




Long CoViD e anticorpi anti-idiotipo

Le sequele dell’infezione da SARS-CoV-2, efficacemente riassunte dall’espressione “long CoViD“, interesserebbero su scala globale circa 100 dei 260 milioni di individui virus-infetti, 5.200.000 dei quali hanno sinora sviluppato forme di malattia ad esito letale (con oltre 130.000 decessi segnalati in Italia).

Secondo uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, gli anticorpi anti-idiotipo potrebbero rappresentare una rilevante componente implicata nella dibattuta quanto intricata e, per molti aspetti, ancora misteriosa patogenesi della “long CoViD“.

Gli anticorpi anti-idiotipo, descritti per la prima volta nel 1974 da Niels Jerne*, verrebbero prodotti dall’ospite in risposta alle immunoglobuline primariamente/originariamente elaborate dalle plasmacellule nei confronti di qualsivoglia antigene, interagendo quindi con queste ultime e dando cosi’ vita ad un “complesso antigene-anticorpi primari-anticorpi anti-idiotipo”.

La principale caratteristica degli anticorpi anti-idiotipo risiede nella loro stretta somiglianza, per non dire pressoche’ completa identita’, nei confronti dell’antigene, il cui mosaico “not-self” sarebbe fedelmente ricapitolato dagli stessi.

Trasferendo ora queste nozioni sull’accidentato terreno della patogenesi della “long CoViD” e, nondimeno, delle forme gravi di malattia e delle pur rare reazioni avverse osservate a seguito della vaccinazione anti-SARS-CoV-2 – fattispecie accomunate tutte, verosimilmente, da meccanismi patogenetici immuno-mediati -, alla produzione di immunoglobuline primarie anti-SARS-CoV-2 potrebbe far seguito l’elaborazione, da parte dell’ospite, di una conseguente “ondata” di anticorpi anti-idiotipo.

E poiche’ questi ultimi, come piu’ sopra richiamato, sarebbero a loro volta contraddistinti da una “specularita’ antigenica” nei confronti dei diversi epitopi virali (a cominciare, ovviamente, dalla glicoproteina “spike“), ecco che il sistema immunitario si troverebbe nuovamente esposto ai medesimi stimoli antigenici che aveva dovuto fronteggiare in risposta alla primitiva infezione naturale e/o alla vaccinazione. Si metterebbe dunque in moto una sorta di circolo vizioso, progressivamente alimentato dalle anzidette “cicliche” ondate di anticorpi anti-SARS-CoV-2 e di anticorpi anti-idiotipo rivolti verso questi ultimi.

Un siffatto meccanismo patogenetico, suggestivo ed intrigante al contempo, potrebbe fare il paio e risultare complementare o, al contrario, alternativo rispetto a quello inerente la prolungata e reiterata persistenza di SARS-CoV-2 in uno o piu’ distretti tissutali dell’ospite in corso di “long CoViD“, come riferisco in una “Letter to the Editor” appena pubblicata sul BMJ. Quest’ultima ipotesi patogenetica muove le sue premesse da quanto chiaramente documentato in materia d’infezione da “Human Immunodeficiency Virus” (HIV), la cui grande variabilita’ antigenica (cd “antigenic drift”) coinciderebbe con la produzione di ondate consecutive di anticorpi da parte dell’ospite nei confronti del complesso quanto mutevole mosaico di epitopi progressivamente caratterizzanti l’agente virale nel contesto di un’infezione, quella da HIV perlappunto, che per sua intrinseca natura risulta cronica e protratta.

Qualora una sequenza di eventi piu’ o meno sovrapponibile a quella registrata in corso d’infezione da HIV dovesse verificarsi anche in corso di “long CoViD”, cio’ potrebbe rappresentare un ulteriore “prerequisito” ai fini della comparsa di addizionali varianti (“variants of concern” e “variants of interest”) di SARS-CoV-2, la cui ultima incombente minaccia sarebbe giustappunto costituita da quella denominata “omicron” e nota con la sigla “B.1.1.529”, che e’ stata recentemente identificata in Sudafrica ed in altri Stati limitrofi.

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria
all’Universita’ di Teramo

*Jerne NK. Towards a network theory of the immune system. Ann Immunol (Paris) 1974;125C:373-389

 




Le origini delle facoltà di veterinaria

Momumento dedicato all’eradicazione della Peste bovina – Roma, Ministero della salute

Sono un veterinario che per quasi 20 anni ha insegnato patologia generale e fisiopatologia veterinaria all’Università di Teramo e, mantenendo fede all’identità culturale appannaggio della categoria professionale cui mi vanto e mi onoro di appartenere, mi preme sottolineare che la ragion storica all’origine delle Facoltà di Medicina Veterinaria nel Vecchio continente, nate dapprima in Francia e in Italia a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, si deve alla peste bovina.

Questa malattia, sostenuta da un virus imparentato con quello del morbillo e che illo tempore era causa di gravissime perdite fra le mandrie di mezza europa, è stata dichiarata ufficialmente eradicata a livello globale nel 2011, grazie alla campagna di vaccinazione effettuata sulla popolazione bovina.

Analoga sorte è toccata al vaiolo, anch’esso debellato su scala planetaria nel 1980 grazie alla vaccinazioni di massa della popolazione umana.

Ai giorni nostri il “nemico pubblico” da combattere si chiamaSars-Cov2, il betacoronavirus che ha sinora mietuto oltre 5 milioni di vittime nel mondo.

Gli efficaci vaccini di cu disponiamo a distanza di un solo anno dall’identificazione del virus rappresentano una formidalbile arma di contrasto alla diffusioone di Sars-Cov2 con particolare riferimento alle forme gravi e a esito letale di Covid-19.

Di contro, la mancata vaccinazione di fette di popolazione, oltre a mettere le ali al virus (come in diversi Paesi dell’Est Europa), si traduce di fatto in un accresciuto rischio di comparsa di nuove varianti, non di rado più contagiose e/o patogene  rispetto a quelle circolant, come chiaramente testimoniato dalla variante delta

Giovanni Di Guardo
Gia’ Professore di Patologia Generale e
Fisiopatologia Veterinaria
all’Universita’ di Teramo

Lettera pubblicata su Il Corriere della Sera del 22 novembre 2021