Ferri al Webinar della SIFO su AMR

Oggi 15  settembre il dott. Maurizio Ferri partecipa alla FAD Webinar dal titolo “Prevenzione e gestione delle malattie infettive e dell’antimicrobico-resistenza in ottica One Health”, con un  intervento  sugli antibiotici in ambito veterinario e  su AMR in ottica One Health.

La resistenza agli antibiotici (AMR) è una grave minaccia per la salute pubblica, specialmente in Italia, a causa degli alti tassi di infezioni correlate all’assistenza sanitaria e delle conseguenze che queste hanno sulle cure mediche. I farmacisti, medici umani, veterinari del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) hanno un ruolo cruciale nel combattere l’AMR attraverso diversi interventi nei relativi settori, come la promozione dell’uso appropriato degli antibiotici e il monitoraggio dei consumi in una prospettiva OneHealth, che riconosce il legame tra la salute umana, animale e ambientale. Questo approccio permetterà loro di espandere il proprio campo d’azione e di collaborare con altri professionisti per affrontare l’AMR in modo più efficace.

Con il webinar organizzato da SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici farmaceutici delle Aziende Sanitarie) verrano trattati questi temi e la mia relazione avrà un focus sugli interventi nel settore veterinario tra cui le azioni di prevenzione, monitoraggio armonizzato AMR e la sorveglianza integrata veterinaria e di medicina umana.

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Influenza aviaria, il ruolo delle specie “ponte” nella trasmissione del virus dai selvatici al pollame

AvicoliAironi, garzette, gallinelle d’acqua e fagiani comuni potrebbero rappresentare anelli importanti nella catena di trasmissione del virus dell’influenza aviaria dagli uccelli selvatici al pollame allevato nel Nord Italia, svolgendo il ruolo di “ospiti ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

È quanto emerge da uno studio di eco-epidemiologia realizzato dal Laboratorio di epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), pubblicato di recente sulla rivista scientifica Transboundary and Emerging Disease. Lo studio ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto) durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio, identificate da una ricerca svolta nel 2019 tramite fototrappole installate nei pressi di 10 allevamenti.

Uno studio IZSVe ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio. Il cluster comprendente la maggior parte delle specie osservate – appartenenti alla famiglia degli ardeidi (aironi e garzette), assieme alla gallinella d’acqua e al fagiano comune – mostra una maggiore associazione con la distribuzione dei focolai domestici. Queste specie potrebbero rappresentare un “ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

Basandosi sui dati di rilevamento relativi alle specie e al territorio considerati disponibili nella libreria online eBird, oltre che su ulteriori variabili ambientali e bioclimatiche, sono stati sviluppati dei modelli di distribuzione spaziale per ciascuna specie. Data la numerosità delle specie, queste sono state raggruppate in 7 cluster diversi in base alla somiglianza della loro distribuzione, che si allineava anche con la loro affinità ecologica e tassonomica. L’associazione tra la distribuzione dei focolai e quella delle specie selvatiche è stata quindi analizzata tramite un approccio che ha combinato diverse metodiche, includendo sia tecniche statistiche classiche sia approcci di machine learning.

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Fonte: IZS Venezie




Nanoplastiche, quando il piccolo non è così bello

microplasticheQualcuno certamente ricorda Piccolo è bello (il sottotitolo era Uno studio di economia come se la gente contasse qualcosa). Pubblicato nel 1973, un anno dopo I limiti della crescita del Club di Roma e nel mezzo della crisi petrolifera, era una raccolta di saggi che anticipava molti temi ambientalisti dei decenni successivi. Il titolo è rimasto il simbolo di un’economia attenta all’ambiente e ai limiti posti dal rispetto della natura.

L’autore, Ernst Friedrich Schumacher, non poteva sapere che mezzo secolo dopo il piccolo, impersonato dalle nanoplastiche, avrebbe rappresentato uno dei più gravi pericoli per l’ambiente e la salute.

Mi riferisco alle nanoplastiche, che risultano dal decomporsi con il tempo della microplastica, i frammenti di dimensioni inferiori a 5 mm in lunghezza (più piccoli di un chicco di riso). Le nanoplastiche hanno la dimensione di un micrometro (un milionesimo di metro) e sono visibili solo con appositi strumenti di precisione.

Già l’anno scorso era stato lanciato un allarme da ricercatori della Columbia University per la presenza di grandi quantità di nanoplastiche nelle bottiglie in plastica di acqua minerale: mediamente una bottiglia conteneva 240.000 piccoli frammenti di sette diversi tipi di plastica, il 9% costituito da nanoplastiche (l’argomento è stato ripreso da Ilaria Broglio in un articolo pubblicato oltre un anno dopo, Perché non dovresti più bere acqua in bottiglia: scatta l’allarme, 23 marzo 2025).

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Fonte: scienzainrete.it




Tagliare o non tagliare la coda ai maiali? Una scelta etica con risvolti economici

Ormai da diversi anni la Commissione Europea raccomanda a tutti gli stati Membri di ridurre la pratica del taglio routinario della coda (caudectomia) nei suinetti. Tale pratica viene utilizzata per prevenire i fenomeni di morsicatura, che potrebbero invece essere ridotti attraverso il miglioramento delle condizioni di allevamento. Per questo motivo l’allevamento di suini con coda integra rappresenta un indicatore indiretto di benessere animale.

In risposta al richiamo e alla crescente sensibilità dei consumatori, gruppi di allevatori hanno iniziato volontariamente il percorso attraverso adeguamenti manageriali e strutturali e la graduale introduzione di gruppi di animali a coda integra. Inoltre, dal 2019 è entrato in vigore un Piano nazionale obbligatorio del Ministero della Salute per il progressivo abbandono della pratica della caudectomia.

Lo studio IZSVe

Ricercatori IZSVe hanno effettuato un’analisi retrospettiva su un campione di 22 allevamenti di una stessa filiera che dal 2015 al 2022 avevano volontariamente intrapreso il percorso di abbandono del taglio della coda (caudectomia) nei suinetti. Il processo ha seguito tre fasi: 1) 100% di suini con coda tagliata; 2) fino al 50% di suini a coda integra; 3) 100% di suini a coda integra. L’analisi ha rivelato che il passaggio dalla fase 1 alla fase 2 è avvenuto con successo, mentre quello alla fase 3 ha aumentato mortalità e lesioni al macello, e ridotto gli indici di conversione alimentare. Lo studio rimarca la complessità nella gestione efficace di suini non caudectomizzati.

In un recente studio pubblicato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) sulla rivista Animals, in collaborazione con l’IZS del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, l’Università di Padova (Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali – TESAF) e l’Università di Torino (Dipartimento di Scienze veterinarie), i ricercatori hanno effettuato un’analisi retrospettiva su un campione di 22 allevamenti di una stessa filiera (4 svezzamenti e 18 ingrassi), che dal 2015 al 2022 avevano volontariamente intrapreso il percorso di abbandono del taglio coda in tre fasi:

  • Fase 1: 100% di suini con coda tagliata
  • Fase 2: fino al 50% di suini a coda integra
  • Fase 3: 100% di suini a coda integra

Nel corso delle fasi sono stati raccolti dati relativi a:

  • Produttività: mortalità, indice di conversione alimentare, incremento medio giornaliero
  • Costi: mangime, farmaci, suinetti, manodopera, consulenze veterinarie, strutture, management
  • Consumo di farmaci: somministrazione di antibiotici e antinfiammatori
  • Registrazione della frequenza di lesioni della coda al macello

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Fonte: IZS Venezie




Aggiornato l’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale

Lo scorso 17 luglio è stato pubblicato il regolamento di esecuzione (UE) n. 2025/1422, che porta a 29 (su 48) le specie vegetali segnalate in Italia
È sempre più difficile parlare di biodiversità vegetale, poiché nella nostra epoca moltissime persone hanno ormai perso il contatto con la natura e tendono a vedere le piante come un generico e anonimo oggetto di arredo o “sfondo verde” davanti al quale svolgere le proprie attività quotidiane. Questo fenomeno è ben noto ed è stato definito “cecità alle piante”. Nonostante ciò, interessarsi, conoscere e proteggere la biodiversità vegetale è fondamentale, poiché è proprio dalle piante che dipende la vita sulla terra per come oggi la conosciamo. Stime recenti indicano che oltre l’80% della biomassa di ambienti emersi sul nostro pianeta sia costituita da piante, che in quanto produttori primari sono alla base di tutte le catene alimentari, inclusa ovviamente la nostra specie Homo sapiens Linnaeus, 1758.

Assieme al consumo di suolo e al cambiamento climatico, uno dei principali problemi che nell’ultimo secolo stanno mettendo a rischio la biodiversità delle piante è il fenomeno delle invasioni biologiche: la presenza, cioè, di specie introdotte – consapevolmente o inconsapevolmente – dall’uomo al di fuori del loro areale naturale. Normalmente, le piante sono introdotte in coltivazione in un determinato territorio per essere utilizzate come ornamento o alimento. Può succedere che alcune di queste specie aliene (definibili anche alloctone o esotiche) inizino a sfuggire alla coltivazione (aliene casuali) e che, col tempo, acquisiscano la capacità di autosostenersi e riprodursi autonomamente senza l’intervento dell’uomo (aliene naturalizzate). Una porzione di queste specie può trovarsi talmente bene in un territorio da iniziare a diffondersi in modo incontrollato, andando a sottrarre spazio alle specie native (definibili anche autoctone) presenti nello stesso territorio con dinamiche naturali, o addirittura a sostituirle completamente. Si parla in questo caso di specie aliene invasive.

Il problema è ben documentato dalla comunità scientifica a livello globale. Recentemente, l’Unione Europea ha preso coscienza degli enormi rischi connessi con le invasioni biologiche, emanando una serie di regolamenti con elenchi – periodicamente aggiornati – di specie animali e vegetali da non detenere, da non commercializzare, da monitorare in caso di rinvenimento in natura e da eradicare precocemente ove possibile, secondo il Regolamento europeo UE 1143/2014 e successivi Regolamenti di esecuzione UE 2016/1141, 2017/1263, 2019/1262, 2022/1203 e 2025/1422, l’ultimo dei quali pubblicato lo scorso 17 luglio 2025. Tale regolamento è stato recepito dallo Stato italiano, che ha delegato alle Regioni la piena responsabilità della corretta gestione di questi organismi.

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Fonte: www.georgofili.info




Il 40% delle malattie di origine alimentare si verifica nella cucina di casa, dall’Iss un questionario per saperne di più

issSi chiama “Mangia sicuro!” ed è rivolto a tutti, per testare le conoscenze sulla sicurezza alimentare casalinga

Oltre il 40% delle malattie legate al consumo di alimenti nel mondo si verifica in ambito domestico, ma questo dato è fortemente sottostimato a causa della mancanza di segnalazioni di focolai domestici Un luogo che si tende a considerare sicuro ma che può nascondere delle sorprese. Conoscere in maniera approfondita le regole di conservazione e preparazione dei cibi aiuta a ridurre il rischio. Per questo l’istituto Superiore di Sanità lancia oggi un questionario diretto a tutti, “Mangia Sicuro!”, che consente di colmare i gap e consumare i cibi in sicurezza.

Entro l’8 ottobre in 15 minuti si potranno testare le proprie conoscenze e alla fine si riceveranno risposte corrette, consigli utili e spunti pratici che aiuteranno a confutare alcune abitudini e credenze ancora diffuse, ad esempio su come trattare la carne cruda o l’insalata in busta.

“Le risposte – sottolinea Antonella Maugliani, ricercatrice Iss e referente scientifica del progetto- ci aiuteranno a migliorare le informazioni rivolte ai cittadini su comportamenti alimentari sicuri: dalla spesa, alla conservazione, fino alla preparazione dei cibi. Il contributo delle persone che sceglieranno di compilarlo è importante per rendere la comunicazione più vicina ai reali bisogni e promuovere la salute di tutti”.

Il questionario fa parte del progetto Iss ‘SAC’ (acronimo di Sicurezza Alimentare Casalinga), partito ad aprile 2024 e che avrà una durata di due anni. È coordinato dal Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria (SANV) e coinvolge un gruppo multidisciplinare dell’Iss con esperti in vari settori.

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Fonte: ISS




Gli alimenti ultra-processati danneggiano la salute riproduttiva e metabolica degli uomini. Lo studio internazionale

Negli ultimi 50 anni, i tassi di obesità e diabete di tipo 2 sono aumentati vertiginosamente, mentre la qualità dello sperma è crollata. A guidare questi cambiamenti potrebbe essere la crescente popolarità degli alimenti ultra-processati, che sono stati collegati a una serie di effetti negativi sulla salute. Tuttavia, gli scienziati non sono ancora certi se sia la natura industriale degli ingredienti stessi, la lavorazione degli alimenti o se sia perché inducono le persone a mangiare più del dovuto.

Un team internazionale di scienziati ha scoperto che le persone aumentano di peso con una dieta ultra-processata rispetto a una dieta minimamente processata, anche a parità di calorie assunte. Lo studio sugli esseri umani ha anche rivelato che una dieta ricca di alimenti ultra-processati introduce livelli più elevati di inquinanti, noti per influenzare la qualità dello sperma. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Metabolism.

“I nostri risultati dimostrano che gli alimenti ultra-processati danneggiano la nostra salute riproduttiva e metabolica, anche se non vengono consumati in eccesso. Ciò indica che è la natura processata di questi alimenti a renderli dannosi”, afferma Jessica Preston, autrice principale dello studio, e ricercatrice presso il Centro NNF per la Ricerca Metabolica di Base (CBMR) dell’Università di Copenaghen.

Stesse calorie, risultati diversi Per ottenere i dati più precisi possibili, gli scienziati hanno confrontato l’impatto sulla salute delle diete non elaborate e ultra-elaborate sulla stessa persona. Hanno reclutato 43 uomini di età compresa tra 20 e 35 anni, che hanno seguito ciascuna delle due diete per tre settimane, con tre mesi di “washout” tra una e l’altra. Metà dei soggetti ha iniziato con la dieta ultra-elaborata e l’altra con quella non elaborata. Metà degli uomini ha anche seguito una dieta ipercalorica con 500 calorie giornaliere in più, mentre l’altra metà ha ricevuto la quantità di calorie normale per la loro corporatura, età e livello di attività fisica. Non è stato detto loro quale dieta stessero seguendo. Sia la dieta non elaborata che quella ultra-elaborata contenevano la stessa quantità di calorie, proteine, carboidrati e grassi.

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Fonte: quotidianosanita.it




L’Animal Task Force sottolinea il ruolo multifunzionale della zootecnia

Un nuovo e significativo documento, chiamato “Policy Brief – Livestock are more than food” (Gli animali da allevamento sono molto più che cibo), elaborato dall’Animal Task Force (ATF) e reso noto da FEFAC (Federazione Europea dei Produttori di Mangimi), mette in luce l’ampio spettro di benefici che la zootecnia europea offre alla società, andando ben oltre la mera produzione alimentare. Questa pubblicazione mira a sensibilizzare i decisori politici e il pubblico sulla profonda multifunzionalità del settore.

Il documento della ATF sottolinea come gli allevamenti siano un pilastro non solo per la sicurezza alimentare, garantendo proteine di alta qualità e micronutrienti essenziali, ma anche per la circolarità dell’economia. Gli animali, infatti, trasformano sottoprodotti agricoli e scarti non commestibili dall’uomo in risorse preziose, contribuendo a ridurre gli sprechi e a valorizzare filiere che altrimenti sarebbero sottoutilizzate. Questa capacità di conversione è fondamentale per un sistema alimentare efficiente e sostenibile.

Oltre a ciò, la zootecnia riveste un ruolo cruciale nella gestione del territorio e nella preservazione della biodiversità. Attraverso il pascolamento e la gestione delle aree rurali, gli animali contribuiscono a mantenere paesaggi aperti, a prevenire incendi e a sostenere ecosistemi complessi. Le loro deiezioni, opportunamente gestite, sono una risorsa preziosa per la fertilizzazione dei suoli, riducendo la dipendenza da fertilizzanti chimici e migliorando la salute del terreno.

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Fonte: mangimiealimenti.it




Nel mondo 1 persona su 4 non ha ancora accesso all’acqua potabile sicura. Il report Oms e Unicef

Nonostante i progressi compiuti nell’ultimo decennio, miliardi di persone in tutto il mondo non hanno ancora accesso ai servizi essenziali di acqua, servizi igienico-sanitari e igiene, il che li espone al rischio di malattie e di una maggiore esclusione sociale.

E così 1 persona su 4, ovvero 2,1 miliardi di persone in tutto il mondo, non ha ancora accesso ad acqua potabile gestita in modo sicuro, compresi 106 milioni che bevono direttamente da fonti di superficie non trattate. 3,4 miliardi di persone non dispongono ancora di servizi igienici gestiti in modo sicuro, tra cui 354 milioni che praticano la defecazione all’aperto. E 1,7 miliardi di persone non hanno ancora accesso ai servizi igienici di base in casa, di cui 611 milioni senza accesso ad alcuna struttura.

Questi i dati del nuovo rapporto Progress on Household Drinking Water and Sanitation 2000–2024: special focus on inequalities” (Progressi nell’acqua potabile e nei servizi igienico-sanitari per le famiglie 2000–2024: focus speciale sulle disuguaglianze), lanciato dall’Oms e dall’Unicef nei giorni scorsi in occasione della Settimana mondiale dell’acqua 2025.

Dal Rapporto emerge che le persone nei paesi meno sviluppati hanno più del doppio delle probabilità rispetto alle persone in altri paesi di non avere accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari di base, e più del triplo delle probabilità di non avere accesso all’igiene di base.

Nei contesti fragili, la copertura di acqua potabile gestita in modo sicuro è inferiore di 38 punti percentuali rispetto ad altri paesi, evidenziando forti disuguaglianze. Sebbene vi siano stati miglioramenti per le persone che vivono nelle aree rurali, si registra ancora un ritardo. La copertura di acqua potabile gestita in modo sicuro è aumentata dal 50% al 60% tra il 2015 e il 2024, e la copertura igienica di base dal 52% al 71%. Al contrario, la copertura di acqua potabile e servizi igienici nelle aree urbane è stagnante.

I dati provenienti da 70 paesi mostrano che, mentre la maggior parte delle donne e delle adolescenti dispone di materiale per il ciclo mestruale e di un luogo privato in cui cambiarsi, molte non hanno materiale sufficiente per cambiarsi tutte le volte che è necessario.

Le ragazze adolescenti di età compresa tra 15 e 19 anni hanno meno probabilità rispetto alle donne adulte di partecipare ad attività durante il ciclo mestruale, come la scuola, il lavoro e i passatempi sociali.

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Fonte: quotidianosanita.it




25 anni di Igiene Urbana Veterinaria

animali d'affezioneIl 12 settembre 2025 si terrà il Convegno “Venticinque anni di Igiene Urbana Veterinaria” presso Palazzo Vecchio, Sala delle Armi, Piazza Signoria a Firenze,  con il patrocinio della SIMeVeP.

L’evento è inserito nel sistema SPC per medici veterinari.

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