Virus nelle specie di insetti commestibili allevati, una revisione sistematica della letteratura scientifica

InsettiGli insetti hanno le potenzialità per diventare un’importante fonte alimentare sia per l’alimentazione animale che umana nel mondo Occidentale, ma con quali garanzie per la salute della specie e la sicurezza alimentare? Una revisione sistematica condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha individuato più di 70 specie di virus presenti negli insetti commestibili allevati, per la maggior parte non patogeni né per gli insetti né per l’uomo. Esistono però dei virus, specifici degli insetti, capaci di infettare e causare malattia e portare alla morte in breve tempo intere colonie di insetti allevati. Il rischio di trasmettere all’uomo virus di origine alimentare tramite insetti edibili è considerato basso, essendo al momento attributo loro solo un ruolo meccanico nella diffusione di patogeni. Dato il numero limitato di studi presenti finora in letteratura, lo studio IZSVe suggerisce la necessità di investire in ricerca e biosicurezza.

Insetti, allevamenti e virus

Gli insetti rappresentano il più grande gruppo di animali sulla terra in termini di biodiversità, che si riflette in una gamma corrispondente di virus infettanti. Appartenenti alla categoria dei novel food, gli insetti edibili sono già parte della dieta quotidiana di milioni di persone nel mondo, e rappresentano delle fonti di proteine alternative.

Appartenenti alla categoria dei novel food, gli insetti edibili sono già parte della dieta quotidiana di milioni di persone nel mondo. Rispondono inoltre al bisogno di fonti di proteine alternative che possano essere di qualità dal punto di vista nutrizionale, prodotte con un basso costo e limitato impatto ambientale. Attualmente dodici sono le specie segnalate dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per aver il maggiore potenziale di utilizzo come alimenti e mangimi nell’Unione Europea.

Gli insetti rappresentano il più grande gruppo di animali sulla terra in termini di biodiversità, che si riflette in una gamma corrispondente di virus infettanti, che possono avere un impatto importante sulla salute umana e animale. Sebbene i virus facciano parte del normale micriobiota di un insetto, in particolari situazioni potrebbero diventare patogeni per l’insetto ospite, causando un calo della crescita e delle prestazioni riproduttive, oltre a malattie e mortalità.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la capacità vettoriale degli insetti edibili allevati: virus presenti in questi invertebrati possono trasmettersi ai vertebrati (uomo, altri animali) ed essere elemento di criticità in allevamento, perché i diversi sistemi di produzione (allevamento industrializzato o raccolta selvatica) possono contribuire a differenze nella loro sicurezza.

Lo studio IZSVe

Mentre esiste un’abbondante letteratura sulla presenza di virus negli insetti di valore economico o di importanza per la salute pubblica (è il caso di bachi da seta, api e zanzare), sono ancora pochi gli studi condotti sui virus degli insetti edibili. Ricercatori del Laboratorio parassitologia, micologia ed entomologia sanitaria (SCS3) e del Centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’IZSVe hanno realizzato una revisione sistematica della letteratura, pubblicata sulla rivista Virus, con l’obiettivo di fornire una panoramica dei virus presenti negli insetti edibili e considerati promettenti per l’allevamento in Unione Europea. Sono state prese in considerazione 15 specie (comprese le 12 selezionate da EFSA), coprendo 5 ordini di insetti: coleotteri, ditteri, lepidotteri e ortotteri.

Una revisione sistematica condotta dall’IZSVe ha individuato più di 70 specie di virus presenti negli insetti commestibili allevati, per la maggior parte non patogeni né per gli insetti né per l’uomo. Nonostante alcuni virus patogeni per gli insetti rappresentino un rischio per i sistemi di allevamento di massa di insetti, il rischio di trasmettere all’uomo virus di origine alimentare tramite insetti edibili è considerato basso.

Negli insetti in esame è stata confermata la presenza di più di 70 specie di virus, appartenenti a 22 famiglie diverse. Non ci sono segnalazioni sul rilevamento di virus per due specie, A. grisella e H. illucens, mentre per altre specie le segnalazioni sono risultate a volte limitate o datate. L’ordine degli ortotteri sembra essere quello più colpito: sette le famiglie virali individuate, tra cui le Iridoviridae e le Densoviridae, generalmente considerate le più pericolose.

L’ordine dei lepidotteri (rappresentato da G. mellonella) è interessato da specie virali appartenenti alle famiglie Baculoviridae, Iridoviridae, mentre i Densovirus sono segnalati raramente; altre specie virali segnalate per infettare G. mellonella sono membri delle famiglie DicistoviridaeParvoviridae e Picornaviridae. Nell’ordine dei coleotteri sono stati segnalati per la loro mortalità virus appartenenti alle famiglie Iridoviridae e Parvoviridae. Solo due virus sono stati infine descritti come patogeni per i ditteri.

I virus rinvenuti negli insetti edibili possono essere non patogeni o patogeni per gli insetti stessi, per gli uomini e/o per gli animali. I virus patogeni per gli insetti costituiscono un rischio per i sistemi di allevamento di massa di insetti, in quanto capaci di causare elevate perdite economiche provocando sia un drastico calo della crescita nei stadi giovanili sia delle performance riproduttive degli adulti, fino a causare un’elevata e rapida mortalità. Inoltre alcuni virus veicolati dagli insetti e patogeni per l’uomo o gli animali potrebbero rappresentare un rischio per la salute pubblica, se non adeguatamente gestiti quando gli insetti vengono utilizzati per produrre alimenti e mangimi.

Il rischio di trasmettere all’uomo virus di origine alimentare tramite insetti edibili è considerato basso: i virus di origine alimentare potrebbero essere introdotti nella produzione primaria attraverso il substrato di allevamento o la manipolazione da parte dell’operatore. Tra gli studi analizzati, un solo articolo ha studiato la presenza di virus di origine alimentare in tre specie di insetti allevati a uso alimentare, ottenendo risultati negativi per la presenza di virus dell’epatite A, virus dell’epatite E e norovirus.

Ricerca e biosicurezza

La revisione sistematica fornisce un quadro d’insieme delle specie virali maggiormente presenti negli insetti edibili con possibilità commerciali: su queste sarà necessario focalizzare lo studio delle dinamiche virali e condurre più studi e infezioni sperimentali per comprenderne meglio l’impatto nei sistemi di allevamento industrializzati e in termini di sicurezza alimentare.

Nel frattempo, poiché a oggi non esiste una cura per le infezioni virali negli insetti edibili, le strategie di allevamento devono concentrarsi sulla definizione e standardizzazione di buone pratiche agricole. Le misure di biosicurezza si confermano ancora una volta una fondamentale e immediata strategia di prevenzione.

Fonte: IZS Venezie




B2CHEESE: a Bergamo l’unica fiera nazionale dedicata agli operatori della filiera lattiero-casearia 

Il 29 e 30 settembre p.v. si svolgerà presso la Fiera di Bergamo la manifestazione “B2CHEESE – Fiera Nazionale Lattiero Casearia”–  https://b2cheese.it/

La manifestazione, dopo l’ottimo debutto nel 2019 con l’arrivo di oltre 2mila buyer, anche stranieri – mette in vetrina una delle eccellenze indiscusse del nostro Paese e non a caso accende i suoi riflettori a Bergamo. La provincia orobica, oltre ad avere una storica tradizione nella produzione casearia, detiene infatti l’importante primato continentale del numero dei formaggi a denominazione di origine protetta (Dop), con ben nove prodotti tutelati dal marchio europeo.

Nell’ambito della manifestazione, il Dipartimento Veterinario dell’ATS di Bergamo ha organizzato un convegno, patrocinato dalla SIMeVeP, dal titolo: “PRODUZIONI LATTIERO CASEARIO IN ALPEGGIO – Ruolo del Veterinario a tutela della sicurezza alimentare e a valorizzazione delle produzioni tradizionali e DOP”.

Per i partecipanti al convegno, sarà offerto al termine dei lavori un buffet a base di prodotti del territorio; pertanto, per consentire la necessaria organizzazione, è obbligatoria l’iscrizione. 

Per iscriversi al convegno si deve utilizzare il QR Code od in alternativa il link di iscrizione presenti sulla locandina allegata alla presente comunicazione.

Dopo l’iscrizione verrà trasmessa un’e-mail di conferma, a cui ne seguirà una seconda, a ridosso dell’evento, che darà la possibilità di scaricare il biglietto d’invito, obbligatorio per partecipare al convegno e che consentirà, altresì, l’ingresso gratuito all’intera manifestazione.

Scarica la locandina




Api, l’ENEA mette a punto un nuovo biopesticida

apeL’ENEA, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, ha messo a punto un innovativo biopesticida che protegge le api.  Alla base del nuovo “antiparassitario” ci sono le biotecnologie, o meglio la tecnica dell’RNA interferente, che sfrutta un meccanismo naturale presente in organismi vegetali e animali per portare alla perdita di funzionalità un gene bersaglio, fondamentale per la sopravvivenza o la fertilità dell’insetto. Negli ultimi 10-15 anni, gli apicoltori europei hanno segnalato un’insolita diminuzione del numero di api e perdite di colonie, in particolare nei Paesi dell’Europa occidentale, tra cui l’Italia. Come spiega Salvatore Arpaia, ricercatore della Divisione ENEA di Bioenergia, bioraffineria e chimica verde, tante sono le cause: “l’agricoltura intensiva, l’uso di pesticidi, la perdita di habitat, i virus ma anche gli attacchi di agenti patogeni e specie invasive come l’acaro Varroa destructor, da anni presente in tutta Italia e, di recente, il calabrone asiatico Vespa velutina e il piccolo coleottero dell’alveare Aethina tumida che, al momento, ha una diffusione territoriale circoscritta alla parte più meridionale della Calabria”. L’innovativo biopesticida è stato testato proprio in questa regione, presso la sezione dell’Istituto Zooprofilattico di Reggio Calabria, dove il coleottero viene mantenuto in allevamento sottoposto a stringenti misure di contenimento. “I risultati ottenuti – precisa Arpaia – indicano chiaramente che la somministrazione per ingestione del nostro biopesticida, che si avvale dell’azione di molecole di RNA a doppio filamento specifiche contro due geni di Aethina tumida, induce effetti anti-metabolici sullo sviluppo e sulla riproduzione del coleottero. Infatti, le larve alimentate con dieta contenente le molecole che abbiamo sintetizzato nei nostri laboratori ENEA di Trisaia, in Basilicata, soffrono di un decremento nel tasso di sviluppo, di un rallentamento nel ciclo biologico e, da adulti, di una sensibile riduzione della fertilità. La coesistenza di questi tre effetti in una popolazione in natura porta a un prevedibile rapido contenimento dei danni del coleottero a carico dell’alveare, della produzione apistica, senza alcun rischio per l’ambiente e per l’uomo.

Quali le conseguenze sulle api e sulla loro salute?

“Per quanto riguarda la salvaguardia della salute delle api sottoposte a trattamento con un insetticida a base di dsRNA, è stata fatta una prima valutazione con un’analisi di similarità delle sequenze fra i due dsRNA utilizzati e il genoma di Apis mellifera, che risulta completamente sequenziato. La bassissima similarità rivelata dall’analisi BLAST porta a escludere eventuali effetti dovuti alla sequenza utilizzata. Per valutare la possibilità di effetti off-target sulle api, sarà necessario procedere a una successiva prova in vivo, anche se le evidenze disponibili in letteratura riferite ad altri dsRNA indicano che l’ape è generalmente poco sensibile al silenziamento genico indotto dalle molecole che abbiamo utilizzato”, spiega il ricercatore ENEA.

Chi è l’Aethina tumida 

Il piccolo coleottero dell’alveare, infestante delle colonie di Apis mellifera, è un insetto della famiglia Nitidulidae e dell’ordine dei Coleoptera, specie originaria del Sud Africa ed endemica delle regioni tropicali e subtropicali dell’Africa Sub-sahariana; è stata rinvenuta per la prima volta in Europa, in Calabria, nel settembre del 2014. L’insetto è inserito nell’elenco del Codice sanitario per gli animali terrestri della WOAH come patologia emergente delle api ed è soggetta a notifica internazionale. Inoltre, è inserito nell’allegato II del Reg. Ue 429/2016 che dispone l’obbligo di notifica e misure per l’eradicazione. Per contenerne la diffusione in Europa, sono in atto importanti misure restrittive che comportano la cessazione del nomadismo (inclusa la rilevante opera di supporto all’impollinazione in frutticoltura), il commercio delle colonie al di fuori dell’area infestata dal coleottero, il monitoraggio periodico degli alveari e, in molti casi, la distruzione delle colonie.

Fonte: Vet33




Autopsia degli animali selvatici con approccio One Health

Studiare l’impatto umano sulla fauna selvatica, ricorrendo all’11ma revisione dell’International Classification of Diseases per standardizzare, anche a fini statistici, i dati ottenuti dall’autopsia.

La crescita della popolazione umana ha portato, negli ultimi anni, a contatti sempre più frequenti con gli animali selvatici con cui condividiamo il territorio, fino ad arrivare talvolta a un’alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema. E a casi estremi come l’uccisione di individui o di intere specie animali e vegetali considerati indesiderabili o addirittura dannosi.

Si fa dunque sempre più pressante indagare nell’ambito della fauna selvatica cause e modalità di morte.

Con questo obiettivo, un team dell’Università di Parma ha scelto di applicare i codici contenuti nell’11ma revisione dell’International Classification of Diseases (ICD-11), in modo da codificare le cause di morte riconducibili all’impatto antropico sull’ecosistema.

I ricercatori, inoltre, si sono riproposti di verificare se il ricorso all’ICS-11 sia pure un valido strumento cui il veterinario possa ricorrere al fine di riconoscere e descrivere un sospetto abuso di animali come indicatore sentinella di violenza verso umani e non umani.

Lo scopo, dunque, diventa quello di ampliare il concetto di “One Health” anche in una prospettiva di indagine forense.

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Consumo di suolo: nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni

albero, proteggereCon una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato.

Como, Impruneta e Marano di Valpolicella si aggiudicano la prima edizione del concorso ISPRA e conquistano il titolo di “Comune Risparmia suolo” del 2022.




Come sviluppare pareri scientifici in materia di benessere animale nel contesto della strategia Farm to Fork

Il benessere degli animali riveste un ruolo sempre più preponderante nel mandato dell’EFSA. Le valutazioni scientifiche dell’Agenzia sono di aiuto ai gestori del rischio nell’individuare metodi per ridurre il dolore, il disagio e altre forme di sofferenza negli animali, migliorando il loro benessere dove possibile. Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sulla salute e il benessere degli animali  ha valutato molte delle componenti del benessere animale quali la stabulazione e la gestione, il trasporto e la macellazione di animali d’allevamento come suini, ovini, pollame, bovini e pesci. I portatori di interesse svolgono un ruolo centrale nell’emanare raccomandazioni e linee guida, individuando questioni di potenziale preoccupazione e fornendo commenti sulle attività dell’EFSA e sui suoi approcci scientifici.

EFSA ha prodotto una linea guida metodologica per sviluppare diversi pareri scientifici sul benessere e la protezione degli animali in risposta a sette mandati ricevuti dalla Commissione europea nel contesto della revisione della strategia Farm to Fork (F2F).

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West Nile, meno zanzare ma l’attenzione rimane alta

Anche quest’anno il virus della West Nile (WNV) ha fatto la sua comparsa nelle zanzare, negli animali e nell’uomo. Fin dalla prima osservazione nel 2008 in Veneto, la sua circolazione è stata evidenziata tutti gli anni fino ad oggi; il 2018 è stato un anno caratterizzato da un’intesa circolazione virale, con numerosi casi negli animali e nell’uomo e molti ritrovamenti di zanzare positive al virus, mentre gli anni successivi sono stati relativamente “tranquilli” con meno casi a tutti i livelli.

Quest’anno, anche se siamo ancora a metà stagione (il periodo estivo è quello dove si registrano i casi d’infezione, che corrisponde al periodo di attività delle zanzare) si evidenzia un elevato tasso di positività per WNV in zanzare catturate in tutta l’area della Pianura Padana. Finora (metà luglio 2022) è stato trovato un numero di pool di zanzare positivi pari alla totalità di quelli trovati durante tutto il 2021. Tali evidenze indicano un’elevata circolazione del virus nell’ambiente, confermata anche dal ritrovamento di uccelli positivi. Fortunatamente il numero di zanzare presenti quest’anno è inferiore allo scorso anno e al 2018. La siccità è la principale causa del ridotto numero di zanzare, in quanto vengono a mancare molti ristagni e raccolte d’acqua che vengono usati dalla zanzare per deporre le uova e dalle larve per svilupparsi.

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Virus West Nile ed agenti veicolati da artropodi: una sfida nel segno della One Health

Giovanni Di GuardoI casi umani di encefalite da virus West Nile (VWN) recentemente diagnosticati in Veneto –  uno dei quali ad esito fatale in un paziente ultraottantenne – impongono una seria riflessione, non limitata esclusivamente al virus anzidetto, ma più in generale all’ecologia ed all’epidemiologia delle infezioni veicolate da artropodi.

Si tratta di un folto gruppo di agenti patogeni, virali (virus Zika, virus della Dengue e della febbre gialla, virus delle encefaliti da zecche, etc.), batterici (Ehrlichia spp.) e protozoari (Leishmania spp., Plasmodium malariae, etc.), il cui ciclo biologico si svolge parzialmente in un ospite invertebrato (insetto o zecca), che acquisirebbe la noxa biologica in questione da un ospite animale o umano infetto, per ritrasmettere a sua volta la stessa ad un nuovo ospite suscettibile.

Nel caso del VWN, che nel 1998 sarebbe comparso per la prima volta in Italia, rendendosi responsabile di una serie di casi di encefalomielite equina in Toscana (Cantile et al., 2000), sarebbero le zanzare del genere Culex (Culex pipiens, in particolare) a rappresentarne i principali vettori. E’ notizia di questi giorni, infatti, l’avvenuta identificazione del virus in pool di zanzare catturate in Veneto.

Gli agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi costituirebbero all’incirca i due terzi di quelli responsabili delle cosiddette “malattie infettive emergenti”, il 70% e più dei quali trarrebbe origine, a sua volta, da uno o più serbatoi animali (Casalone & Di Guardo, 2020).

Complice il progressivo surriscaldamento atmosferico cui stiamo assistendo, come eloquentemente testimoniato dal fatto che i 7 anni compresi fra il 2015 e il  2021 sono stati quelli in cui si sono registrate, nel corso degli ultimi 140 anni, le più alte temperature a livello planetario, la capacità e l’efficienza vettoriale degli artropodi nei confronti di molti agenti infettivi verrebbero esaltate. Ciò in quanto i mesi autunno-invernali vengono superati dagli insetti e dalle zecche, oggigiorno, in maniera ben più agevole rispetto agli anni passati, con il conseguente “svernamento” (“overwintering”) che si tradurrebbe, a sua volta, in una riduzione dei tempi di “maturazione” (alias replicazione) delle diverse noxae biologiche nell’organismo dei rispettivi artropodi vettori (“extrinsic incubation period”).

Un ulteriore, inconfutabile elemento probatorio sarebbe costituito, in proposito, dalla più o meno recente identificazione di casi d’infezione da Leishmania spp. nella popolazione canina del Regno Unito, così come di numerosi casi d’infezione da sierotipo 8 di “Bluetongue virus” (BTV) fra i ruminanti domestici dei Paesi Bassi, del Belgio, della Germania e di altri Paesi nord-europei. Queste evenienze, infatti, ben più difficilmente si sarebbero potute realizzare negli anni precedenti, in cui le rigide quanto persistenti temperature proprie dei mesi invernali avrebbero seriamente ostacolato l’overwintering di pappataci e culicoidi, vettori rispettivamente di Leishmania spp. e di BTV.

Alla luce di quanto sin qui esposto e considerato altresi’ il documentato potere zoonosico di numerosi agenti responsabili di infezioni veicolate da artropodi (ivi compreso il VWN), il “leitmotiv” al quale dovrebbe ispirarsi una corretta gestione di tali evenienze – anche e soprattutto in termini di “capacità predittiva” nei confronti delle medesime – e’ l’approccio “One Health”, da perseguire mediante la multidisciplinarieta’, la sinergia ed il confronto permanente fra tutte le figure istituzionali e professionali coinvolte, prime fra tutte ovviamente quelle di Medici e Veterinari.

Giovanni Di Guardo 
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo 




Covid 19, strategica la collaborazione medici e veterinari in un’ottica “One Health”

Giovanni Di Guardo

Dalle pagine della Rivista statunitense “Emerging Infectious Diseases” apprendiamo la notizia relativa ad un singolare caso d’infezione da Sars-CoV-2 – il betacoronavirus responsabile della Covid-19 -, che una collega veterinaria tailandese avrebbe acquisito ad opera di un gatto infetto. Il felino in questione, i cui proprietari risultavano affetti da Covid-19, avrebbe a sua volta contratto l’infezione dagli stessi, sviluppando quindi una sintomatologia respiratoria in seguito alla cui insorgenza sarebbe stato condotto a visita dalla succitata collega, alla quale avrebbe infine trasmesso il virus.

Il gatto – la cui suscettibilità nei confronti dell’infezione naturale e sperimentale era già nota da tempo – si aggiungerebbe pertanto al crescente novero delle specie animali da cui il virus Sars-CoV-2 sarebbe stato trasferito all’uomo, un elenco già comprendente visoni (Paesi Bassi, Danimarca, USA), criceti (Hong Kong) e cervi a coda bianca (Canada).

E, per quanto il contagio interumano continui a rappresentare la modalità di gran lunga più frequente attraverso cui Sars-CoV-2 si diffonde in Italia, così come in Europa e nel resto del mondo – come le varianti e le sottovarianti “omicron” chiaramente testimoniano -, i reiterati “scambi” dell’agente virale fra l’uomo e gli animali, nonché fra gli animali stessi e fra gli animali e l’uomo, andrebbero attentamente monitorati in relazione (anche e soprattutto) alla comparsa di nuove, particolarmente contagiose e/o patogene varianti.

Giovanni Di Guardo
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo




Rafforzamento della governance EFSA: operativo il nuovo CdA

logo-efsaIl nuovo consiglio di amministrazione (CdA) dell’EFSA è operativo da oggi, 1° luglio 2022. Ne fanno parte rappresentanti di tutti gli Stati membri dell’UE, della Commissione europea e del Parlamento europeo, nonché rappresentanti della società civile e della filiera alimentare.

“In un contesto internazionale in cui la sicurezza degli alimenti e la loro disponibilità sono interconnesse è significativo che il CdA EFSA includa ora un’ampia gamma di rappresentanti che contribuiranno al funzionamento efficace della filiera degli alimenti e mangimi”, ha dichiarato Claire Bury, vicedirettrice per la sostenibilità alimentare presso la DG SANTE.

La struttura precedente del CdA contemplava 14 membri con competenze in materia di filiera alimentare che non rappresentavano alcun governo, organizzazione o settore, oltre a un rappresentante della Commissione europea.

Nel nuovo modello di governance saranno invece rappresentati nel CdA dell’EFSA gli Stati membri, il Parlamento europeo, la Commissione europea, la società civile e coloro che rappresentano gli interessi della filiera alimentare.

Il nuovo modello risponde ai requisiti prescritti dal regolamento sulla trasparenza, entrato in vigore nel 2019 , che rafforza il ruolo degli Stati membri e l’impegno di tutte le parti coinvolte nelle attività dell’EFSA.

Ruolo

Il consiglio di amministrazione garantisce il funzionamento efficace ed efficiente dell’Autorità, espleta il proprio mandato in conformità del regolamento istitutivo dell’EFSA e risponde alle aspettative delle istituzioni europee e nazionali, delle parti interessate e del pubblico.

Membri

Il nuovo consiglio di amministrazione è composto da 27 rappresentanti degli Stati membri (con supplenti), due rappresentanti del Parlamento europeo (senza supplenti), due rappresentanti della Commissione europea (con supplenti) e quattro rappresentanti della società civile e degli interessi della filiera alimentare (con supplenti).

Inoltre due rappresentanti dei Paesi EFTA/SEE (Norvegia e Islanda) e un rappresentante dell’Autorità di vigilanza EFTA (con supplenti) parteciperanno al consiglio di amministrazione dell’EFSA, ma senza diritto di voto. Il CdA è composto in totale da 38 membri.

Fonte: EFSA